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Misure di sicurezza e caratteristiche comuni alle pene
Le misure di sicurezza condividono alcuni caratteri comuni alle pene. Elenchiamoli:
- Personalità
- Riserva di legge
- Riserva di giurisdizione
Tuttavia, ci sono anche caratteristiche distintive rispetto alle pene:
- Sono regolate non dalla legge vigente nel momento del commissione del reato, ma da quella in vigore al momento della loro applicazione o, se diversa, da quella della loro esecuzione. Ciò comporta che una disciplina successiva più sfavorevole possa modificare il trattamento per il reo: esse hanno sempre efficacia retroattiva, ex art. 200. Tale disciplina si spiega in virtù della loro stessa natura; se servono a "difendere la collettività", potranno essere adattate qualora risultino non più rispondenti a tale funzione.
- Hanno durata tendenzialmente indeterminata, essendo dirette non ad infliggere una pena dal significato morale, ma a contrastare la pericolosità del reo.
Devono quindi perdurare finché tali condizioni di pericolosità non abbiano cessato di esistere.
6 - Pena: funzione di prevenzione speciale e le eccezioni ai principi di proporzionalità ed inderogabilità
Già nell'impianto originario del Codice Rocco, l'idea della pedissequa idea della pena in funzione retributiva era stata superata. Si stava affermando l'idea di una funzione di prevenzione: la pena doveva non solo mirare a "retribuire" il reo, a punirlo per il torto commesso nei confronti della società, ma anche a prevenire la recidiva del soggetto già condannato. Sulla scorta di questo principio, furono introdotti istituti eccentrici ed eterodossi rispetto a quelli approntati ad una concezione della pena quale puro castigo.
Anzitutto, all'art. 133, si stabilisce che - nella determinazione in concreto della pena fra il minimo ed il massimo edittali - il giudice dovrà tenere conto non solo
della gravità del reato, ma anche della capacità a delinquere del colpevole. Ancora, l'istituto della liberazione condizionale, di cui agli artt. 176 e 177, derogano il principio della inderogabilità: il condannato alla pena detentiva il quale, durante l'esecuzione della stessa, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere come sicuro il suo ravvedimento e che abbia scontato almeno metà della pena inflittagli, può essere ammesso alla libertà vigilata. L'art. 163, infine, introduce l'istituto della sospensione condizionale della pena, quando pronuncia una sentenza di condanna a pena detentiva per un tempo inferiore a due anni, qualora si presuma che il colpevole "si asterrà dal commettere ulteriori reati". 7 - La proposta di unificazione di pena e misura di sicurezza in una sola sanzione a finalità risocializzatrice L'idea, sancita anche nell'art. 27 comma III della Costituzione, che lapena debba essere volta alla rieducazione del condannato, ha nella dottrina – in particolare nel dibattito degli anni '50 e '60 – portato ad auspicare l'abolizione del sistema del “doppio binario”, per giungere ad una nuova sanzione, dal carattere misto e con finalità risocializzatrice.
Una sanzione il cui limite minimo sia formato dal limite edittale minimo della pena, ed indeterminata nel massimo.
Trapani è dell'idea che una simile sanzione sia incostituzionale, in quanto non prevede un limite massimo; tuttavia la formulazione della Dottrina presenta un fondo di verità, dal momento che, in certi casi, la fungibilità fra misura di sicurezza e pena è stata introdotta dallo stesso legislatore ed auspicata dalla Corte Costituzionale.
8 – La crisi della centralità della pena detentiva nel sistema sanzionatorio; il problema del sovraffollamento delle carceri
L'impianto sanzionatorio del Codice Rocco,
basato sul "doppio binario", entra in crisi negli anni '70, sia per un'evoluzione politico-ideologica del modo di vedere il diritto, sia per le mutate esigenze dell'ordinamento penale. La crisi non nasce tanto da evoluzioni coerenti di una linea di politica criminale, quanto da un suo atteggiamento schizofrenico, oscillante fra la bieca repressione e l'ingiustificata clemenza. La crisi della pena detentiva nasce, più in particolare, dal problema del sovraffollamento delle carceri. Problema dovuto sia al vertiginoso aumento della criminalità, a causa dello sviluppo tanto della c.d. criminalità di massa, "effetto collaterale" del passaggio del nostro paese dall'economia agricola al capitalismo avanzato, come anche all'esplodere della criminalità politica. Le ragioni del sovraffollamento erano da rinvenirsi non soltanto nell'aumento del numero dei condannati, quanto all'aumento dei tempi della giustizia.testo formattato con tag html:Foriera dell'esasperato aumento nelle carceri dei detenuti inattesa di giudizio, cioè in stato di carcerazione detentiva. Detenuti i quali rappresentavano già nel 1974 più della metà della popolazione carceraria, fino ad arrivare, nel 1984, a picchi del 70%.
39 – Gli strumenti della deflazione carceraria: provvedimenti clemenziali e depenalizzazione. Di fronte all'emergenza, unica via realisticamente predicabile era la fuga dalla pena detentiva. Un legislatore serio e razionale, si sarebbe mosso secondo quattro direttrici di intervento:
- Depenalizzazione di quei fatti non più meritevoli di tutela penale;
- Mitigazione dei limiti edittali delle pene ritenute dalla coscienza sociale come troppo severe rispetto alloZeitgeist ispiratore del Codice Rocco;
- Sostituzione delle sanzioni penali detentive con sanzioni non detentive;
- Previsione di Istituti di deflazione processuale e riduzione al minimo dei termini di carcerazione preventiva.
Promozione sociale di una classe - quella proletaria - assunta come "più debole".
11 - La riforma penitenziaria e le misure alternative alla detenzione. La trasformazione della pena detentiva in sanzione non legalmente predeterminata, atipica ed incerta.
Con la L. 354 del 26 luglio 1975, è intervenuta la riforma dell'ordinamento giudiziario. La differenza più rilevante rispetto al precedente ordinamento, consiste nel dato che alla determinazione delle concrete modalità di applicazione della pena detentiva provvede non più l'amministrazione carceraria, ma la magistratura di sorveglianza, cioè il potere giudiziario.
L'intera riforma è stata incentrata attorno all'idea che la pena doveva trasformarsi in un trattamento rieducativo personalizzato. Trattamento da determinarsi in concreto secondo l'efficacia della "cura", della rispondenza al reo della rieducazione impartitagli.
Ciò porta ad un'ampia discrezionalità nelle concrete modalità di esecuzione; a.e. attraverso la concessione di permessi premio e con l'assegnazione al lavoro all'esterno del carcere. Ma strumenti privilegiati ed essenziali del trattamento differenziato sono stati introdotti con le c.d. misure alternative alla detenzione: misure quali la Semilibertà, consistente alla concessione al condannato della possibilità di trascorrere parte del giorno fuori del carcere per partecipare ad attività utili al suo reinserimento, insieme alla concessione di licenze per una durata non superiore a 45 giorni l'anno;● Affidamento in prova al servizio sociale, adottato "sulla base dei risultati dell'osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un mese"
A queste misure deve aggiungersi, inoltre, l'istituto della liberazione condizionale, già previsto dal codice del 1930, che consente alcondotta del condannato, che possono variare da caso a caso. La trasformazione della pena detentiva in una sanzione non legalmente predeterminata, atipica ed incerta è stata determinata dalla combinazione di diverse misure alternative alla detenzione, come ad esempio la semilibertà, la detenzione domiciliare, il lavoro di pubblica utilità, la libertà vigilata, ecc. Tali misure sono state introdotte per cercare di ridurre il sovraffollamento delle carceri e favorire il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, questa trasformazione ha comportato la scomparsa della forma classica di pena, che prevedeva una durata predeterminata e una modalità di esecuzione specifica. La scelta se la pena detentiva debba essere scontata in carcere o in libertà è rimessa al giudice, il quale valuta caso per caso le condizioni del condannato e decide quale misura alternativa sia più adeguata. I parametri legislativi per l'applicazione delle misure alternative alla detenzione e delle altre misure sono espressi in modo generico e indeterminato, lasciando quindi ampio margine di discrezionalità ai singoli giudici di sorveglianza. Inoltre, i presupposti applicativi delle misure alternative alla detenzione non sono basati su fatti empiricamente verificabili, ma su giudizi prognostici e valutazioni sulla condotta del condannato, il che rende la loro applicazione incerta e soggetta a interpretazioni diverse.Personalità dei condannati affidate all'intuito ed alla discrezionalità dei giudici di sorveglianza. Ancora, l'istituto della liberazione anticipata consente la detrazione di 45 giorni per ogni semestre di pena espiata; beneficio che si moltiplica "a cascata". Ciò ha effetti significativi sulla durata effettiva della pena.