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Estratto del documento

Questo è uno dei punti di partenza più vitali in base al quale la dottrina si è interrogata sulla natura

della responsabilità. Non solo ma queste sanzioni possono essere applicate anche in via cautelare

prima che venga accertata la responsabilità dell'ente. Ne derivano rilevantissimi danni economici

per cui poi il legislatore ha previsto dei meccanismi di salvaguardia per esempio per il lavoro e un

sistema di commissariamento che porti avanti l'attività dell'ente.

Accanto alle sanzioni ci sono altri elementi che portano ad orientarsi per una sanzione penalistica.

L'illecito amministrativo nella 231 è dipendente da reato mentre normalmente l'illecito

amministrativo è autonomo e questo è un ulteriore argomento a sostegno della qualificazione penale

della responsabilità.

Inoltre è lo stesso legislatore che nell’applicazione fa rinvio alle regole del processo penale.

Questo problema non è astratto perché da esso discendono precise conseguenze in applicazione dei

principi costituzionali. Per esempio il criterio dell'interesse per il quale si deve rispettare l'art. 27

Costituzione, ma questo è sempre stato difficoltoso per le persone giuridiche in quanto sono

soggetti astratti e il principio di personalità e colpevolezza erano sempre stati sviluppati in

riferimento alla persona fisica e al suo dolo o colpa. E quindi come facciamo a garantire lo stesso

rispetto dei principi nei confronti di un ente fenomenologicamente diverso dalla persona fisica. È

una disciplina che rispetto agli arti ordinamenti è la più articolata, evoluta, migliore con i dovuti

profili da sciogliere.

Bisogna trovare nuovi criteri di imputazione per l'ente e che mi consentano di dire che il fatto

imputato all'ente è un fatto proprio dell'ente. I criteri di imputazione altro non sono che dei canali

che permettono di selezionare i possibili fatti riconducibili all'ente.

Ritornando all'interesse o vantaggio la giurisprudenza dice che bisogna valutare l'interesse al

momento della commissione del reato che creerà un collegamento genetico tra il reato e la politica

dell'ente, già al momento in cui il fatto nasce. Il vantaggio indica la conseguenza, quello che ex

post, l'ente potrebbe ricavare da un certo fatto in tutti i termini. Quindi il vantaggio non indica un

collegamento stabile con l'ente ma una conseguenza del reato che potrebbe essere anche

occasionale. Dal reato può derivare o no un certo vantaggio.

Il problema che si è posta la dottrina è se si evidenzia un fatto proprio dell'ente? No perché il

vantaggio è fortuito per l'ente, occasionale ma il reato non è nato legato agli interessi dell'ente.

Quello che è determinante per valutare il fatto proprio dell'ente è un collegamento ex ante, genetico

dell'ente. Si può parlare di interesse o vantaggio solo se questo criterio seleziona solo i fatti propri

dell'ente.

Per esempio, ma la giurisprudenza parla di due criteri alternativi e ritiene necessario solo il mero

vantaggio, Tribunale di Torino del 2013, all'ultima pagina nella ricostruzione si dice: "Con riguardo

invece al requisito alternativo del vantaggio, esso appare strutturato in termini oggettivi, tant'è che

si afferma esso vada verificato ex post, anche a prescindere dalla sussistenza di un profilo di

colpevolezza soggettiva in capo all'autore del reato penale. Tuttavia anche in questo caso al fine di

evitare surrettizie forme di responsabilità oggettiva, si ritiene che il vantaggio dell'ente possa

configurare la responsabilità ai sensi dell'art. 5 citato, solo ove sia al contempo riscontrabile un

profilo di c.d. " colpa nell'organizzazione", come descritta dai successivi artt. 6 e 7, giacché appare

necessario escludere dal novero delle ipotesi di responsabilità dell'ente tutti quei casi in cui un

qualsivoglia vantaggio si sia realizzato in maniera del tutto fortuita. "

La soluzione si avrebbe nella colpa di organizzazione.

Sentenza Tyssen-Krupp è rilevante. Qui la furbizia sta nella conoscenza dei criteri di imputazione e

sono state contestate diverse figure apicali però il PM ad alcuni ha contestato l'omicidio volontario

commesso con dolo eventuale, ad altri l'omicidio colposo. In realtà la ragione più furba è quella che

poiché l'ente collettivo risponde solo per colpa e non per dolo non si sarebbe consentita

l'applicazione della responsabilità dell'ente.

Questo caso ha affrontato molte questioni che nascono dal problema del rispetto dei principi e

quindi per esempio al fatto che questa colpa di organizzazione è ancora troppo astratta. E in effetti

nella sentenza, in merito alla questione di indeterminatezza e dell'inversione dell'onere probatorio

alla colpa organizzativa, la Corte di assise di Torino ha risolto semplicemente dicendo che si trattava

di responsabilità amministrativa e quindi non c'è una necessità stringente di rispetto dei principi

costituzionali. Ma è una sentenza un po’ isolata perché la restante giurisprudenza la considera una

responsabilità penale o parapenale.

Colpa di organizzazione: criterio che si basa sulla non organizzazione all'ente e che può essere

accostato alla colpa e non al dolo.

La domanda è la stessa di quella dell'interesse.

Alcuni autori dicono che è vero che nel penale tutto deve essere accertato senza inversione

dell'onere della prova ma sono solo gli elementi costitutivi del reato e la colpa di organizzazione

invece sarebbe una sorta di causa di giustificazione o di esclusione di responsabilità. Le cause di

giustificazione non devono essere provate dal PM ma se sorge il dubbio nel processo allora si, il PM

ne deve provare l'assenza. E quindi siccome la colpa di organizzazione siccome non è un elemento

costitutivo non contrasta con i principi penali.

Tuttavia la tesi può anche non essere condivisa e si veda l'art. 7.

Come funziona la colpa organizzativa?

Il riferimento ai modelli organizzativi deriva dalla disciplina statunitense che già dagli anni '90 ha

un modello simile dove però questi non escludono la responsabilità dell'ente ma la attenuano. L'idea

della colpa organizzativa, e quindi il modo per superare l'impossibilità di provare colpa e dolo,

deriva dalla dottrina tedesca che dice che l'ente non si può sapere se è in dolo o colpa ma si può

guardare il momento che precede ossia come si organizza. La colpevolezza si sposta dal momento

in cui il reato è commesso al momento in cui il soggetto si organizza. -> actio libere in causa.

Nonostante l'incapacità si viene colpiti perché l'imputabilità si ha nel momento che precede perché

si sono create le condizioni di incapacità che hanno portato al reato.

Come si accerta che il modello sia idoneo? L'art. 6 da alcuni criteri: mappatura delle attività

rischiose (comma 2), ossia l'attività preliminare in cui si valutano i rischi.

Come si prevengono i reati? Se prendiamo la corruzione, ci sarà l'ufficio che si occupa degli appalti

o dei rapporti con la PA, quindi come prima cosa ci si chiede dove è più probabile che il reato

avvenga.

Secondo criterio: prevedere specifici protocolli ... da leggere insieme al primo inciso del comma

secondo. Bisognerà evitare che ci sia un concentrazione eccessiva del potere...

Protocolli decisionali: le decisioni devono passare per una serie di fasi che consentono di scomporre

le attività e permettere il controllo. È ovvio che il presupposto è che a monte la distribuzione delle

competenze sia trasparente, ciascuna fase deve essere isolata e controllata.

Profilo della gestione delle risorse finanziarie, lettera c). Dove si prendono i soldi per la corruzione?

Si creano dei fondi neri, ossia delle pieghe nella contabilità per creare del denaro per illeciti e quindi

spesso si fa riferimento anche al reato di falso in bilancio.

Previsione di obblighi di informazione. Ci devono essere dei flussi informativi da comunicare

all'organismo di vigilanza che interviene. L'ODV deve anche aggiornare il modello per un efficace

attuazione del modello stesso. La prova centrale dell'aggiornamento sta nel fatto che il catalogo dei

reati presupposto è costantemente allargato.

Previsione di un sistema disciplinare. Ciò rende effettivo e concreto il modello che sia pure

astrattamente idoneo.

Questi criteri sono sufficienti per stabilire se il modello era idoneo o no? Sono abbastanza generali.

C'è un po’ di indeterminatezza che trova corrispondenza nell'impostazione originaria e cioè la colpa

organizzativa come colpevolezza che non indaga tanto sull'attività dell'ente ma sulla attività

preliminare alla commissione del reato.

La colpa penale parte sempre dalla violazione di regole cautelari che è tale se si pone in diretta

relazione al reato e quindi un regola comportamentale che dice come evitare quell'evento. Ma di

fronte una regola molto generale si può dire che la sua applicazione avrebbe impedito l'evento? Più

è generale più è difficile.

Sembrerebbe trovare conferma l'idea originaria ossia che ciò che si rimprovera all'ente è la sua

mancata organizzazione e quindi non è una colpa penale a tutti gli effetti e non garantisce il

principio di colpevolezza che è tale solo se è colpevolezza per il singolo fatto. Avremmo una forma

di colpevolezza che non soddisfa il principio costituzionale di colpevolezza. Di questo c'è una certa

conferma in giurisprudenza. In diverse sentenza si dice che la colpa di organizzazione è una

generale rimproverabilità dell'ente per la mancata adozione del modello. L'ente è in colpa non per la

mancata vigilanza ma perché non ha adottato un modello idoneo -> una specie di colpa d'autore,

ossia una colpevolezza che si fonda sulla pericolosità: ti condanno non per quel singolo reato ma

perché sei disorganizzato e crei pericoli per la comunità. È sufficiente la violazione di regole

generalissimi per far scattare la responsabilità dell'ente. Colpevolezza per l'autore e non per il fatto.

Un problema collegato è l'ipotesi in cui l''autore del reato non sia individuato. Si punisce l'ente

anche perché proprio la disorganizzazione non mi fa individuare chi ha commesso il fatto. Si crea

una sorta di "palleggiamento delle responsabilità" e questa è una delle ragioni per cui si è fatta la

231, art. 8 comma 1. La responsabilità dell'ente sussiste

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
8 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Anacleto21 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Catenacci Mauro.