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La realtà dei gruppi societari è ricollegabile alla necessità di organizzare l’attività in più settori
operativi che devono avere una direzione unitaria allo scopo di perseguire una politica di gruppo
che trascende l’interesse delle singole società. Tale fenomeno comporta una contrapposizione fra
la realtà economica e quella giuridica, dal momento che pur essendo la società unica dal punto di
vista economico, è giuridicamente composta da tanti enti quante sono le singole imprese facenti
parte del gruppo. Ma l’attuale assetto normativo comporta il superamento della concezione
secondo la quale il gruppo di società ha valenza solamente economica, di modo che non potrebbe
più considerarsi valido il principio secondo la quale non si possono applicare i vantaggi
compensativi (anche) ai fatti di bancarotta per distrazione. E questo lo si evince dall’articolo 2497
comma 1 c.c. :”(…)Non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato
complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a
seguito di operazioni a ciò dirette” e poi anche dall’articolo 2634 comma 3 c.c.:”(…)in ogni caso non
è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi,conseguiti o
fondatamente prevedibili,derivanti dal collegamento o dall’appartenenza al gruppo”.
_ comma 2 n.2:”hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della
società”.
Il delitto,invece, di cui all’articolo 223 comma 2 n.2 afferma che si applicano le pene previste per la
bancarotta fraudolenta agli amministratori,direttori generali, sindaci e liquidatori, che hanno
cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società. La dottrina in
merito ha osservato che la causazione dolosa del fallimento rappresenta un’ipotesi di reato di
evento a forma libera, cioè una fattispecie che può essere realizzata con qualsiasi forma idonea
(anche simulando un’insolvenza inesistente o anche ponendo in essere una condotta omissiva), a
differenza dei reati previsti dall’articolo 216 c.c., che è un reato di condotta(prescinde dalla
verificazione dell’evento).
Per “causazione dolosa del fallimento” si intende sanzionare la chiara ed espressa volontà di
cagionare l’insolvenza (che può essere anche una politica di impresa, nel caso si società illecite che
emettono fatture ad esempio).
Per quanto concerne la locuzione “con dolo” ,essa deve essere intesa alla luce dell’art.43 c.p., cioè
l’evento fallimento deve essere previsto e voluto dall’autore come conseguenza della sua azione od
omissione. Quanto alla nozione di “operazioni dolose” si ritiene che essa richiami tutti quei
comportamenti abusivi che si traducono in un atto di gestione contrario ai principi a cui deve essere
ispirata l’attività posta in essere da un buon amministratore; sono tutte espressione dell’infedeltà
dei titolari di funzioni sociali in ordine agli interessi dell’ente e dei creditori nei confronti dei quali i
soggetti attivi si troverebbero in una posizione di garanzia(ad esempio la violazione del divieto di
concorrenza e poi tutte quelle azioni e quindi non omissioni, che conducono ad un’infedeltà non di
tipo patrimoniale, così come devono essere escluse quelle condotte che anche se illecite sono
punite autonomamente con sanzioni che possono anche condurre al fallimento dell’ente stesso).
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo non vi sarebbe alcuna distinzione fra la locuzione con
dolo e per effetto di operazioni dolose, entrambe ammettono il dolo diretto o eventuale.
Per quanto riguarda l ’articolo 224 l.fall.(bancarotta semplice impropria) si rinvia a quanto esposto
in relazione all’articolo 217 l.fall., disciplinante le ipotesi di bancarotta semplice commesse
dall’imprenditore individuale (il fallito). La bancarotta semplice impropria , al pari di quella
fraudolenta rientra nel novero dei reati propri, anche se le disposizioni previste dal comma 1, n.1
dell’art. 217 non sono pienamente compatibili con le figure degli amministratori, direttori generali
e liquidatori delle società fallite, poiché le spese personali e per la famiglia eccessive non incidono
sul patrimonio dell’ente. La dichiarazione di fallimento continua comunque a fungere da condizione
di punibilità ed inoltre il n.2 dell’articolo 224, prevede espressamente anche la l’aggravamento del
dissesto, che deve essere valutato nel suo complesso e non con riferimento a singole situazioni
debitorie.
L’elemento soggettivo,secondo la dottrina maggioritaria, è per quanto riguarda le ipotesi
richiamate dal n.1 del l’art.224 sia il dolo che la colpa; mentre per il n.2 è richiesta la colpa
specifica(per distinguerlo dall’evento citato dall’art.223 comma2, n.2).
esistenza di un nesso causale fra la commissione dei reati societari ed il dissesto. Il legislatore ha
• preferito un concetto più graduabile rispetto al termine statico che è il fallimento, poiché esso o
viene dichiarato oppure non sussiste.
DIRITTO PENALE FALLIMENTARE (LEGGE FALLIMENTARE)
Fattispecie incriminatrici dell’imprenditore