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III).

C’è da dire che la parte speciale del codice penale non è costituita soltanto da fattispecie delittuose:

essa comprende anche numerose ipotesi contravvenzionali, che il legislatore riunisce in un libro a sé

stante (libro III cp), dedicato appunto alle contravvenzioni in particolare. Esso originariamente si

articolava in due titoli: il titolo I, comprendente le contravvenzioni di polizia ed il titolo II,

comprendente le contravvenzioni all’attività sociale della pubblica amministrazione. Ad essi è stato

aggiunto il titolo II bis dedicato alle contravvenzioni concernenti la tutela della riservatezza, ma

comprendente in effetti il solo art. 734 bis, per sanzionare la “divulgazione delle generalità o

dell’immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale”.

Facendo ancora riferimento all’analisi della tecnica organizzativa seguita dal codice Rocco per il

libro II dei delitti, si deve rilevare come essa assuma a criterio distributivo una progressione

discendente che, muovendo dai delitti contro la personalità dello Stato (titolo I), giunge ai delitti

contro la persona (titolo XII), per chiudersi con i delitti contro il patrimonio (titolo XIII): in

sostanza, si muove dai beni pubblici a quelli privati, collocando al vertice gli interessi attinenti alle

funzioni sovrane (personalità dello stato; pubblica amministrazione; amministrazione della

giustizia), a ridosso di questi gli interessi pubblici coinvolti nell’esercizio della sovranità o ad essa

correlati (delitti contro il sentimento religioso; delitti contro l’ordine pubblico). In posizione

mediana vengono situati gli interessi di natura sociale o collettiva (incolumità pubblica; fede

pubblica; economia pubblica; moralità pubblica e buon costume; integrità e sanità della stirpe), che

il codice Rocco assume in una dimensione fortemente istituzionale. Seguono da ultimo i delitti

contro la famiglia, la persona e il patrimonio nei quali si realizza la tutela degli interessi meno

rigidamente ancorati alla pervasiva invadenza dello Stato.

3. Il significato della “progressione discendente” in generale e nel codice Rocco in particolare:

il primato della tutela dello Stato nell’ideologia dello Stato etico totalitario.

Il modello della progressione discendente è molto diffusa e le sue radici risalgono sino alla

Constitutio criminalis Theresiana del 1768; tale tradizione appare saldamente attestata anche nella

esperienza legislativa italiana (il codice Zanardelli seguiva infatti un modello di progressione

discendente, sulla scia di tutti i codici preunitari). Non mancano peraltro esempi ispirati al diverso

modello della progressione ascendente, nella quale la parte speciale si organizza a partire dai delitti

contro la persona e il patrimonio, per poi svilupparsi sui delitti concernenti l’offesa di interessi

collettivi o sociali e raggiungere infine i delitti contro l’esercizio delle funzioni sovrane: era questo

il modello seguito dal Codex juris bavarici criminalis di Kreittmayr (1751), e poi compiutamente

attuato nel codice penale del Granducato di Baden del 1845.

In pratica, il modello della progressione discendente attrae in un’orbita “istituzionale” la maggior

parte degli interessi tutelati connotandoli in una dimensione pubblicistica, ed espelle soltanto i beni

irriducibili a questa prospettiva.

Naturalmente, non tutti i moduli organizzativi fondati sulla progressione discendente possono essere

considerati simmetricamente equivalenti. Basti in proposito richiamare l’esempio del codice

Zanardelli, primo codice penale dell’Italia unita. Anch’esso si ispira alla progressione discendente,

e colloca quindi al vertice della parte speciale i delitti “contro la sicurezza dello Stato”. Tuttavia, al

Titolo dei delitti politici segue immediatamente il Titolo dei delitti “contro la libertà”, affermando

così un binomio inscindibile tra “sovranità” dello Stato e “libertà” dei cittadini. In tal modo si 10

sottolineava come il senso primo dell’autorità politica si cogliesse non nel primato totalizzante

dell’organismo statuale, ma nella salvaguardia dei diritti politici e delle libertà fondamentali della

persona.

Viceversa, nel codice Rocco il modello della progressione discendente assume ben altre

connotazioni. Tale modello è stato infatti plasmato sulla falsa riga di un’ideologia politica ispirata

alla massima valorizzazione dello Stato.

Per quanto riguarda la collocazione, al vertice della parte speciale, dei delitti “contro la personalità

dello Stato”, si deve rilevare come essi tendano non già a realizzare la tutela di beni giuridici di

natura politica, quanto piuttosto a sancire l’intangibilità di una volontà superiore, che non può e non

deve essere contraddetta da comportamenti alternativi. La “personalità dello Stato” non può in

effetti costituire propriamente un bene giuridico.

Da questo punto di vista, effettivo elemento di raccordo del Titolo è rappresentato appunto dall’idea

di una volontà politica superiore che non può e non deve essere vulnerata da condotte

essenzialmente concepite come sintomi di disobbedienza. Questa conclusione è confermata da due

significative circostanze. In primo luogo, le più gravi fattispecie del Titolo assumono carattere

monosoggettivo, mentre è evidente che per realizzare gi eventi ipotizzati (mutamento della forma di

governo, guerra civile) bisogna disporre o di elevatissime funzioni costituzionali o di un alto

comando militare, oppure associarsi con altri per l’attuazione del piano eversivo. Ma mentre

quest’ultima eventualità è apprezzata autonomamente, nel quadro di diverse fattispecie

incriminatrici (cospirazione politica, banda armata: artt. 304 ss. cp) la prima risulta del tutto

ignorata.

In secondo luogo, nel quadro della fattispecie del Titolo I spicca la singolare assenza di qualsiasi

considerazione per la criminalità politica “interna” ai meccanismi di potere: i fatti punibili sono

essenzialmente concepiti come aggressione “dall’esterno”, da parte di chi non sia detentore di

potere politico. Un tale assetto non si spiegherebbe se la normativa fosse ispirata all’idea della tutela

di beni giuridici.

Le esigenze di lotta alle più recenti forme di terrorismo internazionale hanno determinato

l’inserimento, nel Titolo I, di nuove fattispecie incriminatrici: l’art. 270 bis (associazioni con

finalità di terrorismo), e l’art. 270 ter (assistenza agli associati), inseriti dal decreto legge 18 ottobre

2001, n. 334, convertito nella legge 15 dicembre 2001, n. 439; e gli artt. 270 ter (arruolamento con

finalità di terrorismo), 270 sexies (condotte con finalità di terrorismo), inserite dall’art. 15 d.l. 27

luglio 2005, n.144, convertito nella legge 31 luglio 2005, n. 155.

L’atteggiamento statolatrico che pervade il Titolo I trova diretti riscontri nella tutela della pubblica

amministrazione, soprattutto nel capo dei diritti privati (Capo II del Titolo II), dominati

dall’ossessione del “prestigio” dell’autorità. La serie degli oltraggi (artt. 341ss.) profilava una tutela

privilegiata dell’agente pubblico non per ragioni obiettive, dipendenti dalla necessità di assicurare

l’efficiente esercizio della funzione, ma per ragioni meramente soggettive, legate all’astratta dignità

del titolare di essa, in quanto partecipe dell’apparato di potere. Solo di recente sono state abrogate le

due significative figure di oltraggio: a pubblico ufficiale (art. 341 cp) e a pubblico impiegato (art.

344 cp). La tutela dell’onore di tali soggetti è rifluita nell’ambito comune dell’ingiuria (art. 594), sia

pure aggravata dalla circostanza prevista dall’art. 61 n° 10 cp. Si tratta di una riforma significativa,

non solo perché il delitto di ingiuria è punito assai meno severamente degli oltraggi ed è

perseguibile solo a querela di parte, ma anche perché la tutela da esso offerta non si estende sino al

“prestigio” dell’agente pubblico, ma include esclusivamente il suo onore e il suo decoro. 11

Il piano di tutela delle funzioni sovrane si completa con i delitti contro l’amministrazione della

giustizia (Titolo III del libro II), meno “compromesso” con la dimensione ideologica del codice

Rocco, ma non del tutto immune da essa: basti ricordare l’inserimento in questo contesto dei reati in

materia di duello (artt. 394 ss cp). Solo con la legge 25 giugno 1999, n. 205, si è provveduto ad

abrogare l’intero corpus delle disposizioni incriminatrici in materia di duello. La materia è così

rifluita nell’ambito della tutela comune della vita e dell’integrità fisica.

4. La “pubblicazione” degli oggetti di tutela.

Il processo di “pubblicizzazione” degli interessi realizzato dal codice Rocco è, infatti, pervasivo e

massiccio. (Titolo IV del libro II cp), la dimensione

- Nell’ambito dei delitti contro il sentimento religioso

pubblicistica risulta tanto spiccata, da non potersi conciliare con i principi costituzionali in materia.

In effetti, tali delitti erano riferiti, come già si accennava, alla “religione dello Stato” (artt. 402 ss

cp) e, in forma attenuata, ai “culti ammessi nello Stato” (art. 406 cp, il quale non ricomprende

peraltro l’ipotesi del vilipendio prevista dall’art. 402): in entrambi i casi, la tutela implicava un

rapporto istituzionale tra il culto e l’ordinamento dello Stato; un rapporto in cui è peraltro lo Stato

ad attribuirsi una religione (religione dello Stato) o ad ammettere un culto, sì che, in definitiva,

l’attività diretta contro la religione, il ministro di culto, il fedele, le funzioni religiose o le cose

oggetto di culto risulta diretta contro lo Stato che di quella religione è titolare o tutore. Un culto che

lo Stato non riconoscesse non meritava alcuna specifica tutela, e i fatti criminosi diretti contro le sue

manifestazioni o i suoi sacerdoti potevano solo accidentalmente rilevare ad altro titolo,

nell’occasionale quadro di tutela. L’attuazione dell’art. 8 3° comma cost. (intese tra Stato e

confessioni religiose diverse dalla Cattolica) ha messo in crisi la disciplina incentrata sui “culti

ammessi”, di derivazione fascista. In tali intese si è infatti espressa o la richiesta di una disciplina

penale equiparatrice, o la convinzione che la fede religiosa non necessiti di alcuna protezione

specifica e diretta, trattandosi solo di garantire la tutela dell’esercizio dei comuni diritti di libertà

coinvolti nella manifestazione del sentimento religioso. La disparità di trattamento tracciata fra

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A.A. 2013-2014
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher diehard1987 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Calabria o del prof Stortoni Luigi.