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Titolarità originaria dalla quale si passa alla responsabilità derivativa.
Il dato normativo distingue i reati propri dai reati comuni. L'omicidio è un reato comune ma
all'interno di un impresa quando contesto la violazione di una legge o la violazione di regole che
tutelavano la sicurezza del lavoratore il reato da comune diventa proprio perché è un reato del
datore di lavoro. E quindi la titolarità originaria ci porta al dato normativo e all'interpretazione delle
qualifiche normative. Chi è il datore di lavoro? È un problema aperto. Tutti pensiamo che sia chi
firma il contratto di lavoro e paga il dipendente ma nella FIAT, per esempio, chi è il datore di
lavoro? La FIAT!! Ma questa qualifica datoriale è agli effetti della legge civile e non è detto che lo
sia anche agli effetti della legge penale. Ci spostiamo sul dato normativo, per esempio il D. Lgs.
81/2008, testo unico in materia di sicurezza del lavoro, (oggi) dice chi sia il datore di lavoro all'art 2
comma 1 lettera b): il datore di lavori che deve garantire la sicurezza e ne risponde è "il titolare del
rapporto di lavoro (e fino a qui coincide con la definizione del c.c.) o comunque chi ha la
responsabilità dell'impresa o di una sua unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di
impresa"!! Due definizioni alternative tra di loro: il soggetto che sia titolare del rapporto; ma se c'è
un soggetto diverso che ha la responsabilità dell'impresa o di una sua unità produttiva è questo il
datore di lavoro responsabile.
E allora non è la Fiat Spa il datore di lavoro ma eventualmente il dirigente dello stabilimento in
quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Questo soggetto ha sia il dovere che il potere di
impedire l'evento. 12
La responsabilità in via originaria rinvia al tema del significato da attribuire alla qualifica normativa
che in questo caso è spiegato dal testo unico in materia di sicurezza del lavoro ma potrebbe non
essere spiegato come in materia ambientale. Il testo unico ambientale prevede una serie di
definizioni che hanno un loro significato agli effetti di quella disposizione. Ma la norma definitoria
potrebbe non esserci. Per esempio per gli scarichi inquinabili il soggetto imputabile è "chiunque",
come l'omicida. Chi è il chiunque? Anche chi esegue materialmente un ordine? Si, e invece no
perché questi reati sono i reati apparentemente comuni. Abbiamo un "falso amico". Il chiunque è
solo il soggetto che è titolare dell'obbligo di impedire l'evento. È il principio in base al quale chi è
titolare di un obbligo giuridico di impedire l'evento, e quindi chiamato a rispondere dell'evento ai
sensi del 40 cpv., è il soggetto indicato dalla legge (vedi il datore di lavoro), ovvero nei reati
apparentemente comuni il soggetto che è titolare dei poteri di impedimento dell'evento perché solo
lui è responsabilità ai sensi del 27 Costituzione. E quindi all'interno delle imprese la responsabilità è
personale solo se è accertata dal principio della corrispondenza tra poteri e doveri che è l'unico
principio che guida l'interprete nella individuazione del soggetto responsabilità perché è l'unico che
rispetta l'art. 27 Costituzione.
Interpretazione funzionalistica, ossia che guarda la funzione o la sostanza, della responsabilità a cui
si contrappone l'interpretazione formale che è quella da non seguire perché porta all'attribuzione di
responsabilità non personali.
Quando la legge indica il datore di lavoro non vuole guardare chi firma il contratto ma chi è titolare
dei poteri e doveri di impedire l'evento.
Già solo questo accertamento non è semplice e si complica in base alla struttura dell'impresa. Si
possono anche trovare più datori di lavoro. Se per esempio si accusa sempre il datore di lavoro, i
PM sbagliano, la conseguenza è l'assoluzione garantita con felicità dei difensori. Nei processi da
infortunio sul lavoro gli imputati sono tanti perché bisogna poi vedere chi sia il responsabile. Si
capirà poi in dibattimento chi è il responsabilità e quindi chi sia il titolare dei poteri e doveri di
impedire l'evento.
Delega di funzioni: acquisto a titolo derivativo di poteri e doveri di impedire l'evento da un
soggetto che li ha a titolo originario. La delega è un atto scritto, un atto recettizio bilaterale con il
quale il delegante si esonera di una serie di poteri e doveri mentre l'altro da quel mondo ne diventa
titolare (delegato) ed ha quindi un efficacia costitutiva della responsabilità penale.
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Il principio che garantisce il rispetto della responsabilità penale è quello della corrispondenza tra
poteri e doveri. È evidente che con la delega la responsabilità si sposta sul delegato che non
risponde più altrimenti al delega non avrebbe efficacia penalistica.
Presupposti:
c'è sempre stato una atteggiamento di forte sfiducia della giurisprudenza per questo istituto perché
genera uno scarico di responsabilità verso il basso. Inoltre questo soggetto può essere un soggetto
compiacente, un prestanome, un novantenne che non esercita i controlli e che quindi genera l'evento
lesivo.
Per evitare ciò la giurisprudenza ha moltiplicato i presupposti di validità; ci devono essere tutta una
serie di presupposti e ha onerato il delegante di dare la prova di questi presupposti e non il PM che
non deve accertare che non vi fossero deleghe valide ed effettive. Ha onerato il difensore del
delegante di provare non solo l'esistenza della delega ma anche i presupposti della sua validità, in
mancanza la responsabilità rimane in capo al delegante.
Presupposti tutti restrittivi nell'ottica di evitare lo scarico di responsabilità: non si può conferire
oralmente ma solo con atto scritto; ha efficacia penalistica solo nelle imprese di grandi, notevoli o
ramificate dimensioni in cui vi è effettiva necessità di delegare; particolari requisiti di
professionalità, capacità ed esperienza del soggetto delegato da valutarsi con le funzioni in concreto
trasferite, rispetto alle funzioni delegate il soggetto deve essere idoneo; requisito di effettività della
delega e di non ingerenza del delegante e quindi alla delega deve seguire la cessione effettiva dei
poteri e si è guardato alla non ingerenza del delegante il quale non può continuare a dire come
esercitare le funzioni delegate, nella pratica infatti non ci sarebbe delega.
Poi la legge tendenzialmente ha escluso in alcuni settori la possibilità di selezionare alcuni obblighi,
come in materia di sicurezza del lavoro -> art 17 d. lgs. 81/2008, non si possono delegare i rischi e
la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, a contrario tutti gli altri
obblighi sono delegabili. Principio della libera e piena delegabilità per il resto; ultimo requisito è
che oltre al fatto che il soggetto sia titolare di poteri (sia decisionali che di spesa) ci deve essere
l'autonomia del delegato nel senso che il delegato questi poteri li deve esercitare da solo.
Questi poteri si possono limitare, per esempio con un limite di spesa o di ambito ma bisognerà poi
valutare se i poteri trasferiti sono necessari per esercitare quell'attività e prevenire i danni. Se
concedo un certo potere di spesa devo anche concederlo in autonomia e se si deve chiedere
l'autorizzazione non si ha autonomia e la delega non ha efficacia penalistica. Inoltre il delegato deve
accettare la delega ed assumere la funzione; il delegato deve essere consapevole e lo stesso vale per
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il medico che è responsabile per la morte del paziente non solo perché è medico ma perché ha preso
in cura il paziente.
Se il delegante dà prova di questi requisiti superando il ragionevole dubbio il delegato risponde
dell'evento e non il delegante. In questo caso la condotta del delegante che ha omesso di prevedere
ecc è una condotta atipica che non rileva per l'ordinamento. Non si ha più un obbligo di
impedimento.
Sono rari i casi in cui la delega corrisponde a tutti i presupposti comunque difficili da accertare.
Tanto maggiore è la delega, tanto maggiore si vuole che sia l'esonero, tanto più difficile è provarne
la validità. Se lo si prova la responsabilità è derivata e si parla di datare di lavoro delegato o
derivato.
Nel caso del settore infortunistico la legge prevede questa delega con disposizioni ad hoc. Prima i
presupposti erano solo giurisprudenziali. D. Lgs. 81/2008, art. 16, tutti gli obblighi del decreto sono
delegabili ma il decreto prevede l'atto scritto ab substantiam che deve essere accettato, poi c'è il
principio dell'adeguatezza soggettiva, poi quello della effettività e del trasferimento dei poteri, e il
requisito di autonomia e non ingerenza da parte del delegante. Non c'è nell'art. 16 alcun riferimento
alla dimensione dell'impresa perché non è un requisito accettabile in quanto l'esigenza della delega
si può porre per qualunque imprenditore anche di un impresa piccola, è una scelta imprenditoriale e
soprattutto perché non c'è una definizione di piccola o media impresa ai sensi della legge penale e
quindi vi sarebbe incertezza: si guarda al fatturato? al numero dei dipendenti? qual è la soglia? i
criteri vanno cumulati?
La necessità di delegare non la può accertare il giudice ma è dell'imprenditore.
Ma in altre materie come quella ambientale o sanitaria, la delega non c'è, e allora lì? Si ritiene che
questi principi prima giurisprudenziali e oggi legali siano generali e quindi applicabili anche in altri
settori. Il principio è sempre quello del 27 Costituzione: non si può ritenere responsabilità un
soggetto che non abbia i poteri e doveri di impedire l'evento.
Punto più complicato: concorso tra disposizioni e persone. Il delegato viene chiamato a rispondere
in concorso col delegato non per aver evitato l'evento ma per non aver controllato sul corretto
espletamento delle funzioni da parte del delegato o per non averlo scelto adeguatamente o avergli
dato i poteri necessari. 15
In questi casi il delegato è chiamato a rispondere non perché la delega non ha efficacia ma perché
non ha effetti, culpa in eligendo -> presupposto di efficacia della delega -> colpa di assunzione e i
poteri e doveri rimangono in capo al delegante.
Ma quando la delega ha effetto, ci sono tutti i requisiti di efficacia, ma c'è una culpa in vigilando c'&e