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CONDOTTA INVESTITA DAL DOLO
Qual è l'atto, la condotta, che deve essere investita dal dolo?
Es. Uno parte con l'idea di ammazzare la persona, ci ripensa, butta per terra la persona ma cadendo uccide la persona.
Quindi prima era dolo intenzionale ma l'atto che ha determinato la morte non era sorretto da dolo.
Caso 1) : La ragazza madre
Partorisce da sola e dopo il parto cerca di sopprimere il bambino buttandolo nel wc..Ritenendo di averlo ucciso lo
rinchiude in un sacchetto e lo butta nella spazzatura. Il bambino muore per soffocamento e non per le manovre della
madre. Medico legale scopre che il neonato morì x asfissia!
Il dubbio è: siamo di fronte a omicidio volontario (in 1 grado) oppure a un tentato omicidio (dolo nel tentativo di
soppressione) più un omicidio colposo (colpa nell’aver cagionato la morte) (Cassazione).
La cassazione dice che per individuare il dolo occorre incrociare l’elemento soggettivo con la condotta tipica, cioè
occorre vedere se è dolosa la condotta tipica.
In questo caso è un atto ben preciso che cagiona la morte: la custodia del corpo nel sacchetto di plastica quindi in quel
momento il dolo era già esaurito!
Caso 2) 39
Un gruppo di teppisti effettua una spedizione punitiva: massacrano di botte una persona e danno fuoco a quello che
pensano essere un cadavere (cosa che non è). In questo caso la perizia medica stabilì che la persona era ancora viva e
morta per le ustioni (vi era cenere nei polmoni). Quindi questo spalanca la strada al dolo eventuale: nel momento in
cui i teppisti bruciano il cadavere senza sincerarsi della morte, accettano il rischio che la persona sia ancora viva.
Caso 3)
Caso di tentata violenza carnale con ripetute percosse. Quello che era stato ritenuto un cadavere viene poi bruciato.
1° grado omicidio doloso, confermato in Appello. In cassazione si ricorre tentando di spezzare in due il reato:
Tentativo + omicidio colposo. La Cassazione dice che se si riteneva che la persona fosse morta, bisognasse
accertarsene: in caso contrario, si accetta il rischio.
In tutti i casi l'ultimo antecedente causale che determina la morte non era doloso perché quando hanno messo in atto
l'ultimo atto antecedente la morte, non c'era il dolo perché si pensava che la vittima fosse già morta. Nel secondo caso
la Cassazione annulla con rinvio la sentenza di condanna perché si basa su un passaggio che sottolinea che il soggetto
stava respirando e quindi il giudice di merito deve valutare le i soggetti erano davvero certi della morte o appanno
accettato il rischio (dolo eventuale).
In queste vicende bisogna valutare se gli aggressori in generale erano davvero certi o se si configurasse il dolo
eventuale.
FIGURE MINORI DI OMICIDIO VOLONTARIO
INFANTICIDIO ED OMICIDIO DEL CONSENZIENTE
Alcune fattispecie meno gravi di omicidio, grazie ad una specifica previsione autonoma. sono state messe al riparo dal
rischio di essere proiettate sulle pene più gravi, previste per l’omicidio base. Queste figure particolari sono previste
dagli articoli 578, infanticidio (fattispecie che è cambiata nel corso degli anni) e 579, omicidio del consenziente. Si
colloca, invece, a parte la norma sull’istigazione al suicidio, ipotesi in cui non è detto che si verifichi la morte del
suicida ed in cui è innegabile che si tratterebbe di una forzatura parlare di omicidio attenuato.
Infanticidio ed omicidio del consenziente rappresentano vere e proprie ipotesi di omicidio doloso. Se si decidesse di
cancellare una di queste due fattispecie dal codice, la conseguenza sarebbe la riconduzione delle due fattispecie reato
alla norma base dell’omicidio (articolo 575). Entrambe risultano, in pratica, ipotesi di omicidio doloso, punite meno
gravemente in virtù del contesto in cui si verificano.
Tra le figure attenuate di omicidio fino al 1981 era previsto anche l’omicidio per causa di onore, che però è stato
abrogato dall’articolo 1 della legge numero 442 intitolata “eliminazione della rilevanza penale della causa d’onore”. In
seguito a questa legge è stato abrogato anche l’articolo 592 rubricato “abbandono di un minore per causa d’onore” ed
è cambiata la struttura della norma sull’infanticidio, articolo 578, da cui è sparito ogni riferimento alla causa d’onore.
A) Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale
ART 578 CODICE PENALE – Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale.
[1] La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto,
quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la
reclusione da quattro a dodici anni.
[2] A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno.
Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.
[3] Non si applicano le aggravanti stabilite dall’articolo 61 cod.pen.
Il codice in origine prevedeva l’infanticidio per causa d’onore, in un contesto generale normativo in cui la causa
d’onore svolgeva un ruolo ampiamente riconosciuto. Eliminata, è stato, all’inizio degli anni ottanta, prospettato un
diverso tipo di infanticidio, denominato “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale”, reato proprio
che può essere commesso dalla madre, che, in condizioni di abbandono materiale e morale, immediatamente dopo il
parto, uccide il neonato. La condizione di abbandono fa sì che la pena di 21 anni, normalmente prevista per l’omicidio,
si riduca ad un massimo di 12 anni ed un minimo di 4. L’abbattimento di pena, come si evince, è fortissimo e richiede
di conseguenza la presenza di una serie di elementi.
Si richiede innanzitutto un rapporto cronologico di immediatezza con il parto. La legge non si esprime in
1) merito all’elemento cronologico, ma si ritiene che di fatto l’infanticidio possa al massimo avvenire entro le
quarantotto ore successive al parto. Trascorsa questa fase, infatti, la giurisprudenza ritiene che la persona
abbia superato lo shock del parto, e non si può più parlare di infanticidio ma si rientra nell’omicidio
volontario, ex articolo 575.
Il problema più delicato riguarda l’individuazione di quelle condizioni di abbandono morale e materiale in cui
2) si deve trovare la madre. Si richiede la contestuale presenza di una situazione di abbandono, determinata da
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un lato dalla recisione dei legami con quelle persone in grado di dare un sostegno alla madre sia prima che
dopo il parto e dall’altro, ad esempio, dalle difficoltà di tipo economico ecc…
Analizzando la casistica giurisprudenziale, si riscontra che un’applicazione seppur sporadica del nuovo 578 si è
verificata. Le pronunce della Cassazione si sono suddivise in due indirizzi di cui uno decisamente più morbido, per la
verità meno frequente.
Come emerge da una pronuncia della Cassazione del 1987, l’indirizzo più morbido, più possibilista, non si è mostrato
rigoroso nell’accertamento dei requisiti dell’abbandono. Il caso in questione riguardava una studentessa che aveva
partorito in casa presso la famiglia d’origine a cui aveva tenuto nascosto la gravidanza. In una siffatta situazione, era
abbastanza difficile cogliere la condizione di abbandono materiale ed era ancor più difficile cogliere un abbandono di
tipo morale, per carenza di elementi conoscitivi da parte di chi avrebbe dovuto abbandonare la studentessa; tutt’al più
il grosso problema era costituito dal timore di essere buttata fuori di casa, che faceva capolino nella testa della
studentessa. Comunque, in questa situazione sia giudice d’Appello che Cassazione hanno riconosciuto l’esistenza delle
condizioni di abbandono morale e materiale.
La maggior parte delle pronunce della Cassazione sposa, invece, l’indirizzo più rigoroso. Tuttavia, spesso, tra i casi
fatti rientrare nell’indirizzo più rigoroso e quelli fatti rientrare nell’indirizzo più morbido ci sono forti similitudini. Per
esempio, in un caso una ragazza aveva portato avanti la gravidanza di nascosto dalla famiglia ed aveva ucciso il
neonato al momento della nascita. In questo caso il fatto non è stato valutato con particolare ferocia sul piano
sanzionatorio, ma sul piano dell’inquadramento teorico è stato considerato omicidio volontario. Lo stesso discorso è
valido per il caso della donna che aveva gettato dalla finestra il neonato appena nato, morto poi in ospedale.
Senza dubbio sul piano del più stretto diritto ha senz’altro maggior ragione l’interprete più rigoroso rispetto a quello
che, sorvolando su alcuni elementi, ha riconosciuto l’esistenza dell’articolo 578.
L’articolo 578 delinea nel secondo comma una disciplina particolare per il concorso di persone nel reato. Se non fosse
stata prevista una disciplina particolare per il soggetto che concorre con la madre si sarebbe potuto configurare, posto
che questa condizione sia compatibile con lo stato di abbandono, un concorso a pieno titolo nel reato proprio. Il
legislatore non ha però voluto che si seguisse questa strada ed ha delineato una disciplina particolare.
Quando il concorrente agisce con finalità, per così dire proprie, si applica la pena prevista per l’omicidio
a) doloso comune, anche se bisogna fare uno sforzo di fantasia per immaginare un soggetto che, dopo avere
partecipato all’isolamento della madre, ad un certo punto compaia sulla scena per aiutarla a sopprimere un
neonato (per fare un esempio ci potrebbero essere degli interessi ereditari).
Quando il concorrente agisce soltanto per favorire la madre si applica la seconda parte dell’articolo (un
b) esempio potrebbe essere quello del barbone che incontra la madre e collabora nel sopprimere il bambino). In
questo caso il soggetto non viene equiparato alla madre, soggetto attivo qualificato, perciò non viene
applicata la pena stabilita dal primo comma, ma una pena che è comunque minore rispetto a quella prevista
per l’omicidio doloso. In questo caso la pena dell’omicidio doloso può essere diminuita da 1/3 a 2/3.
L’infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale è procedibile d’ufficio e la competenza spetta al tribunale
in composizione collegiale, eccezion fatto per l’ipotesi del concorrente che non ha agito per favorire la madre che
risulta di competenza della Corte d’Assise.
B) Omicidio del consenziente
ARTICOLO 579 CODICE PENALE – Omicidio del consenziente
[1] Chiunque cagioni la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.
[2] Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61.
[3]