Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
TEORIA DEL REATO:
Quando si affronta la teoria del reato bisogna immaginare che noi facciamo uno spacchettamento di
un unità che nasce come tale. Lo spacchettamento si può fare in tanti modi, cioè ci sono diverse
teorie che però hanno gli stessi contenuti. La distinzione è necessaria per costruire il reato secondo
una scansione che anche il giudice deve applicare per verifica se ci sono tutti i punti.
Storicamente il reato si è diviso in un:
elemento oggettivo;
elemento soggettivo.
Questa è la suddivisione che i penalisti dell’Ottocento e fino alla seconda metà del Novecento si
distingueva. Con questa suddivisione si mette in luce la materialità del fatto e l’elemento soggettivo,
cioè il dolo e la colpa. Questa ipotesi è superata perché ci sono altri modi di intendere la
corrispondenza tra gli elementi del reato.
Il reato è diviso in:
fatto tipico;
antigiuridicità;
colpevolezza;
punibilità.
Il reato si compone di elementi materiali, che si devono realizzare in concreto, e da elementi
psicologici.
Come mai si passa dall’impostazione bipartita a quella quadripartita? La disposizione bipartita è
quella più vicina al reato come fatto naturale. La quadripartizione si basa su una concezione che più
come fatto storico è inteso come fatto normativo e valutativo. Sviluppa l’idea che il reato non sia
solo fatto storico ma anche giuridico. La bipartita aiuta a distinguere l’illecito perché è più
semplice; invece, la distinzione quadripartita esprime che il reato sia un fatto giuridico che si deve
valutare alla stregua di indici.
Cos’è il fatto?
Il fatto è l’insieme degli elementi che danno il corpo al disvalore del reato, si tratta degli elementi
costitutivi del reato. Es. “chiunque cagiona la morte di un uomo” si tratta del fatto. È ciò che nella
fattispecie non dobbiamo fare o dobbiamo fare. Il reato è un fatto antigiuridico, il fatto presenta un
disvalore, cioè merita di essere punito. Ma ci sono casi in cui un fatto è astrattamente tipico
potrebbe non essere antigiuridico. Come è possibile? Supponiamo che sono a casa mia e che entri
un ladro con un arma, rispondo all’aggressione usando la violenza. Nel Codice c’è il reato di
lesioni, ma dovrebbe essere valutato ad un’altra stregua, ovvero la legittima difesa. Con la legittima
difesa non viene meno l’essere un reato, ma la valutazione che si compie è di conformità al fatto a
un bilanciamento di valori che si esprime nel complesso dell’ordinamento. Es. sono un soldato è mi
viene detto di sparare al nemico, commetto un omicidio, ma il soldato è destinatario di due obblighi:
1. Non uccidere; 2. Esegui gli ordini.
Cosa fare? Non è detto che la commissione dei fatti sia illegittima, bisogna verificare che non ci
siano condizioni che legittimino o obbligano ad agire in quel modo. L’elemento oggettivo è la
somma degli elementi positivi (aver compiuto il fatto tipico) e negativi (presenza di una causa di
giustificazione). O il fatto non è tipico, quindi manca l’elemento oggettivo, o può mancare
l’elemento oggettivo anche se manca la causa di giustificazione.
Cos’è l’antigiuridicità?
L’ antigiuridicità è la contradizione tra fatto e l’ordinamento. Si tratta di una valutazione che si
esprime attraverso diverse cause di giustificazione che si esprimono nel c.p. agli articoli 50 e ss.
Art. 50 e ss.: consenso dell’avente diritto, esercizio di un diritto e adempimento di un dovere, difesa
legittima, uso legittimo delle armi, stato di necessità. S’è ricorre una di queste condizioni il fatto
non è considerato antigiuridico.
Possiamo avere un fatto che risponde ai connotati della tipicità, ma la sua punizione non si dà luogo
per la valutazione di congruenza di quel fatto ancorché tipico alle finalità proprie dell’ordinamento
inteso nel suo complesso. Es. militare che risponde all’ordine di sparare del suo superiore.
Nell’antigiuridicità vediamo che rapporto c’è tra il fatto e l’ordinamento.
Cos’è la colpevolezza?
Nella colpevolezza c’è un giudizio tra il reo e l’ordinamento. Che vuol dire tra il reo e
l’ordinamento? Significa che quando ci troviamo davanti a un fatto tipico e antigiuridico il giudice
deve porsi delle domande. Di che tipo? Es. la persona poteva conoscere la legge penale? Era in
grado di capire cosa stava facendo? Sapeva che era illecito? Questa persona è imputabile (capace di
intendere e volere)? Es. se un bambino colpisce un altro: è un fatto tipico, è antigiuridico ma non è
imputabile perché incapace di intendere e di volere. La valutazione tra reo e ordinamento si esprime
nella possibilità di rimproverare quel comportamento. Dobbiamo poter dire che al reo si può
rimproverare ciò che ha fatto.
Cos’è la punibilità?
Nel nostro Codice spesso si dice “non è punibile chi” o “non è punibile se”. A volte il non punibile
si riferisce all’antigiuridicità, in quanto se sono d’accordo non posso punire qualcuno. Quindi posso
consentire è quindi viene meno l’antigiuridicità. Es. art. 85 c.p. “Nessuno può essere punito per un
fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile”.
Dentro l’idea di “non è punito chi” ci sta tutto, il codice non ci aiuta. Dobbiamo vedere a che titolo
e perché non è punibile in quella determinata situazione.
Riassumendo:
Principi → (hanno a che fare con) legge penale: Riserva di legge, tassatività/determinatezza,
irretroattività e retroattività; i principi possono parlare del reato: materialità, offensività,
colpevolezza. Dentro il reato c’è il fatto tipico. Cosa c’è dentro il fatto tipico? Ci sono i soggetti
attivi, cioè chi commette il reato che può essere “chiunque” o qualcuno di individuato “pubblico
ufficiale”, avremmo quindi reati comuni e reati propri. Dentro il fatto tipico può esserci la condotta
vietata, che può essere attiva (divieto di fare qualcosa) o omissiva (imposizione di fare qualcosa).
C’è l’evento che a volte c’è e altre volte non c’è, non tutti i reati hanno un evento. Tra condotta ed
evento bisogna instaurare un rapporto di causalità, cioè bisogna poter dire che è quella condotta che
ha cagionato quel determinato evento. Ci sono reati che richiedono una condotta vincolata
(richiedono precise modalità) e reati che hanno una condotta liberà (si imperniano sulla
realizzazione dell’evento). Il fatto tipico può essere doloso, colposo o preterintenzionale. Dentro il
fatto tipico c’è l’antigiuridicità: c’è una disciplina generale dell’antigiuridicità e poi ci sono le
singole cause di giustificazione. La disciplina generale parla di come funzionano le cause di
giustificazione, le cause di giustificazione sono disciplinate dagli artt. 50 e ss. Nella colpevolezza
abbiamo: l’impunibilità, la conoscibilità, le scusanti e i motivi .
FATTO TIPICO:
Soggetto attivo:
È il soggetto che realizza il fatto illecito. Il soggetto attivo deve essere una persona, non animale o
fatto naturale, deve essere una condotta umana. Il soggetto attivo vive una dicotomia tra reati
comuni, sono reati che chiunque può realizzare, e i reati propri, sono specifici di alcuni soggetti (si
desume dalla natura del reato). La specificità del soggetto la si desume dalla natura del reato. Es.
art. 578 (Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale). La norma parla di un
soggetto, ovvero la madre di parto. Dentro questo reato vediamo un ipotesi di un reato
soggettivamente proprio, cioè non è “chiunque”, a volte il termine “chiunque” può riferirsi a una
soggettività ristretta. Es. art. 314 (peculato). Ci sono reati che descrivono una fattispecie che
sarebbe lecita (es. incesto).
Il fondamento dei reati propri si lega alla necessità di distinguere diversi statuti di punizione di un
fatto e si lega anche all’evoluzione della società: es. alcuni soggetti hanno un rapporto privilegiato
con alcuni beni. Ci può essere un rapporto particolare per un determinato bene per cui solo alcuni
soggetti sono in grado di offendere quel bene giuridico. Es. art. 375 “nella condotta del pubblico
ufficiale che orienta o depista l’indagine forte della sua capacità”. In altri casi il reato è proprio
perché se non si avesse quella qualifica non si potrebbe giuridicamente realizzare la condotta
illecita. Possiamo avere reati propri che consentono una valutazione differenziata del trattamento
punitivo. Es. infanticidio.
È importante capire che la qualifica del soggetto attivo deve preesistere al compimento del fatto
illecito ivi previsto. Es. se io non sono più un pubblico ufficiale non posso più realizzare i reati del
pubblico ufficiale. Es. se io sono un pubblico ufficiale ma non sono in servizio non rispondo come
pubblico ufficiale. Diversamente per i carabinieri, che rispondono anche se non sono in servizio.
Dentro i reati propri possiamo distinguere tra:
reati propri non esclusivi: sono fatti che se non fossero provisti di quella particolare
qualifica sarebbero un illecito extra penale (civile, amministrativo, etc.). Hanno una
dimensione offensiva che si percepisce come tale, solo se c’è la qualifica assumono la
rilevanza penalistica. Il termine non esclusivo significa che ci sono reati propri dove la
qualifica non cambia il disvalore del fatto, ma serve a ritagliare quali soggetti ne rispondono.
Non sono esclusivi perché quegli interessi non sono riservati;
reati propri semi-esclusivi: sono fatti che senza la qualifica costituirebbero un altro reato. Si
tratta dei reati previsti agli artt. 314, 646, 578, 575. In questi casi la qualifica cambia il
disvalore del fatto, non è la stessa cosa se lo fa un soggetto qualificato o non qualificato. Chi
non ha una qualifica soggettiva non può realizzare il reato. Es. il padre non può realizzare
l’infanticidio. Possono essere materialmente commessi ma non posso giuridicamente
rispondere;
reati propri esclusivi: sono quelli tipici di tutti quei casi in cui se manca la qualifica manca
l’offensiva del fatto, è la qualifica a dirci che quel fatto è illecito. Es. l’incesto. Senza quella
qualità noi non ci troveremmo difronte a u