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Messa alla prova come probation processuale

MESSA ALLA PROVA è un istituto di origine anglosassone. Si differenzia rispetto a come è stato ridefinito nel DPR 448 laddove possiamo qualificarlo come probation processuale perché, mentre nella versione anglosassone la messa alla prova interviene nella fase di esecuzione della pena - cioè il minorenne viene condannato e anziché andare in carcere viene sottoposto alla messa alla prova, cioè una misura alternativa alla detenzione - nel procedimento minorile riformato nel 1988 si è pensato di dare una connotazione tutta propria, cioè all'italiana e i risultati sono efficaci e sono diventati simbolo di una serie di legislazioni: quella portoghese, quella spagnola stanno riscrivendo questo istituto sul modello italiano, perché si sono fatte una serie di ricerche da cui si è evinto che il modello italiano sta funzionando. La sua caratteristica si chiama probation processuale perché interviene non alla fine del

Il processo dopo la condanna, ma interviene durante il processo, comportando la sospensione temporanea del processo, l'applicazione della messa alla prova al cui esito il processo verrà definito. (ora legge l'art 28): primo comma: il giudice sentite le parti può disporre con ordinanza la sospensione del processo quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova disposta a norma del comma 2. Quindi il giudice dispone la messa alla prova, quando?! – la norma dice sospensione del processo, non del procedimento, quindi non si può fare durante le indagini preliminari: il processo è udienza preliminare o dibattimento. La messa alla prova si può applicare in udienza preliminare o in udienza dibattimentale, perché il legislatore ha intitolato l'art 28 sospensione del processo e messa alla prova; non ha detto sospensione del procedimento; dopo di che dice il giudice "sentite le parti".

che il giudice d'ufficio, cioè di sua iniziativa, o su richiesta delle parti, può procedere con un provvedimento che assume la forma di ordinanza, alla sospensione temporanea del processo. Ma perché lo fa? Se ci limitassimo a leggere questo rigo del primo comma dell'art. 28 sarebbe asettico, cioè "quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova". Una volta ho intervistato un giudice, appena è uscito l'art. 28 nel '90: all'epoca era il presidente del tribunale per i minorenni Sara Carone dice: sembra quasi che siano richieste al giudice capacità divinatorie perché è come se il giudice debba guardare il minorenne e ipotizzare che all'esito della prova il minorenne possa essere cambiato; è un po' difficile da fare. Il presupposto è tutto qui: può disporre con

ordinanza la sospensione quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova. Non ci sono presupposti. Cioè il giudice sostanzialmente dovrebbe formulare un giudizio prognostico circa la possibilità di recidiva, di cambiamento che il minore deviante potrebbe avere, attraverso un investimento che si fa sul minorenne, mettendolo alla prova; in altre parole il giudice deve anticipare, osservando il minore, quindi osservando la sua personalità, deve sostanzialmente verificare se esiste concretamente la possibilità di cambiamento di quel minorenne, se esiste effettivamente la possibilità che a seguito del periodo di prova egli si dissocia definitivamente dalla condotta deviante; pensate un po' quanto è difficile fare questa valutazione, non è una valutazione semplice, ma è estremamente discrezionale. In realtà subito dopo essere stato introdotto il DPR 448 ci si è

Mi sono reso conto che mancavano dei parametri di riferimento ai quali potersi ispirare per capire se c'era qualche presupposto da vagliare; se voi ci pensate bene, l'unico riferimento normativo, anche se non espressamente richiamato, è l'articolo 9, perché il giudice per poter capire se c'è qualche possibilità di resipiscenza del minore a seguito del periodo di prova, di cambiamento, di definitivo abbandono del circuito penale si può avvalere di quegli accertamenti sulla personalità del minorenne che potrà condurre direttamente oppure potrà delegare ad un esperto, ad un criminologo, ad uno psicologo. Quindi ai sensi dell'art 28 non è richiamato espressamente l'art 9; tuttavia rappresenta uno dei parametri dei quali il giudice si potrà avvalere. Quale altra valutazione il giudice potrà fare????? Il giudice (non lo dice la norma, ma la dottrina: gli studiosi, e la giurisprudenza, in mancanzadi devianza occasionale e che il minore ha la possibilità di essere riabilitato attraverso un percorso educativo. In questi casi, l'applicazione dell'articolo 28 prevede che il giudice possa disporre la messa alla prova come alternativa alla pena. La finalità della messa alla prova è quella di favorire la reintegrazione sociale del minore, offrendogli l'opportunità di scontare la sua colpa attraverso un percorso di recupero e di educazione. Durante il periodo di messa alla prova, il minore sarà sottoposto a specifiche prescrizioni e dovrà dimostrare di aver compiuto progressi nel suo percorso di riabilitazione.

disbandamento e cioè che c'è la possibilità, lavorando su quella persona, facendo un trattamento particolare, di recuperarlo in valori sani; questo è in generale. Vediamo però quali presupposti - benché non espressamente richiamati - la dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato come presupposti da accettare per poter applicare una messa alla prova: partite dall'idea che la messa alla prova è una misura di natura penale, cioè una misura afflittiva; non pensate che per un minore tutte quelle prescrizioni che abbiamo già un po' sentito, siano una passeggiata, non a caso un ragazzo al quale era stata data tra le varie prescrizioni quella di dover andare a fare servizio sociale presso gli anziani rispose io non mi abbasso a fare il servizio sociale, tanto è vero che l'esito della prova è stato negativo, cioè non gli hanno dato l'estinzione del reato. Allora vediamo quali sono i

presupposti: siccome la messa alla prova è una misura di natura penale, qual è il primo presupposto che deve essere accertato affinché possa essere applicata???? La rilevanza penale del fatto e l'attribuibilità di quel fatto all'imputato, altrimenti sarebbe violato il principio di legalità, quindi l'art 1 del cod pen (vedete come è tutto collegato). Quindi il primo presupposto teorizzato dalla dottrina e dalla giurisprudenza per poter applicare efficacemente la messa alla prova è l'accertamento della responsabilità penale che non è un accertamento pieno perché non c'è una sentenza di condanna, però accertare che quel fatto è un fatto penalmente rilevante attribuito ad un determinato soggetto equivale a garantire il principio di legalità: nessuno può essere punito per un fatto che non è previsto dalla legge. Abbiamo detto che la messa alla prova è

una misura penale e afflittiva nei suoi contenuti. Secondo principio che non viene così violato è il principio della presunzione di non colpevolezza, perché dobbiamo salvaguardare il principio di presunzione di non colpevolezza, tu non mi puoi mettere alla prova se io non ho commesso niente; invece, intanto deve essere applicata la messa alla prova, in quanto sia stato accertato che un determinato fatto penalmente rilevante sia ascrivibile dal punto di vista soggettivo a quell'imputato. Adesso vi racconto una chicca: qualcuno in particolare in sede giurisprudenziale non si accontenta di dire accertiamo la responsabilità, accertiamo la rilevanza penale del fatto, ma vuole qualcosa di più: quel qualcuno è proprio il tribunale per i minorenni di Bari, ma non è l'unico, perché statisticamente ci sono anche altre sedi giudiziarie che non si accontentano semplicemente di accertare il fatto ma pretendono che vi sia, ai fini di

Applicare la messa alla prova, una vera e propria ammissione dell'addebito. Che cos'è l'ammissione dell'addebito????? È una confessione.

Ragazzi io ho una riserva in ordine a questo presupposto quanto mai fondata: prima di tutto il dato letterale: la norma non chiede la confessione per poter attribuire la messa alla prova, cioè mica c'è scritto che se il minore confessa il fatto, si può dare la messa alla prova, e questo è un primo punto.

Secondo punto: pensate, il minore pur di avere la messa alla prova confessa il fatto perché l'avvocato giustamente gli dice "tu ammetti l'addebito perché così ottieni la messa alla prova e poi vieni fuori pulito perché alla fine se la messa alla prova funziona tu hai l'estinzione del reato"; bè questa è una fregatura se per ipotesi quella messa alla prova non si può più fare.

Voi sapete che il

Il tribunale per i minorenni di Bari è competente dal punto di vista territoriale per la provincia di Bari e di Foggia; ci sono quei comuni del Gargano, quelli proprio più sperduti, dove non esiste nessun ufficio servizi sociali. Se ci insorgono dei problemi concreti, materiali, di inattuabilità della messa alla prova perché magari non si trova il lavoro dove poter accampare il minore, perché non si trova il servizio sociale che va a controllare, sono problemi concreti che nulla hanno a che fare con l'indagine sulla personalità. Supponiamo che questo accada o che la messa alla prova non funzioni, perché magari il minorenne non adempia a quelle prescrizioni, quel minorenne al quale gli era stata estorta quella confessione per ottenere la messa alla prova poi non ha più la messa alla prova. Ha offerto sul piatto d'argento la sua condanna penale ed è in realtà sull'ascorta di quella confessione che era stata data.

per poter ottenere la messa alla prova, che quel minorenne sarà sicuramente condannato. E pensate ad altri 2 principi fondamentali che vengono in gioco: il principio dell'onere della prova che ricade in capo al Pubblico Ministero: è il P.M. che deve accertare, deve dimostrare la colpevolezza del minorenne; e il principio del contraddittorio, che garantisce al minorenne il diritto di difendersi e di contraddire le prove presentate dal P.M.
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
8 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di diritto penale minorile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Colamussi Marilena.