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RILIEVI CONCLUSIVI SUL BENE GIURIDICO PROTETTO
Risulta persuasiva quell'interpretazione che ravvisa un nuovo volto della tutela penale alla trasparenza societaria. Ciò anche sulla base delle considerazioni effettuate sulla funzione della querela nell'art. 2622 c.c. Questa può essere considerata quale querela-commisurazione, dato che, mentre la querela rende operativa la nuova cornice prevista per il delitto, la sua assenza non pregiudica la repressione del fatto come contravvenzione. In pratica, ove il pubblico ministero non possa procedere per il delitto, a causa di un difetto di querela, non per questo risulta impedita l'ulteriore prosecuzione dell'azione repressiva per lo stesso fatto in base alla qualifica meno grave. Il mantenimento incondizionato dell'area dell'illiceità penale delle false comunicazioni sociali improduttive di danno patrimoniale conferma che il bene tutelato in via primaria dalla fattispecie contravvenzionale di cui all'art.
2621 c.c. risiede nella completezza e veridicità dell'informazione(trasparenza), cui si aggiunge, limitatamente all'ipotesi delittuosa di cui all'art. 2622 c.c. ilpatrimonio non solo dei soci e dei creditori, ma anche della stessa società.
SOGGETTI ATTIVI.L'ultima modifica normativa ha introdotto, oltre al tradizionale novero di soggetti attivi(amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori) i dirigenti preposti alla redazione deidocumenti contabili societari. Sono, invece, stati eliminati i promotori e i soci fondatori. Ciò non crea un vuoto di tutela, in quanto le ipotesi di falso in costituzione possono comunque esserericondotte alla truffa ex art. 640 c.p. In seguito, il d. lgs. 6/2003 ha ridisegnato la disciplina dellesocietà di capitali, introducendo delle modifiche sostanziali relative alle funzioni degli organisocietari, con ciò incidendo indirettamente circa l'individuazione dei soggetti responsabilidell'illecito.
La riforma ha, peraltro, creato nuovi modelli operativi: accanto al sistema tradizionale di amministrazione e controllo con consiglio di amministrazione e collegio sindacale, sono stati istituiti due sistemi alternativi mutuati da esperienze straniere, il sistema dualistico e il sistema monistico, che comprendono diversi e nuovi organi societari. I componenti di questi, però, non sono espressamente indicati tra i soggetti attivi agli artt. 2621 e 2622 c.c., poiché fanno riferimento al solo modello tradizionale vigente al momento della riforma penalistica. Innanzitutto, le norme appena citate, per la descrizione del fatto tipico, impiegano concetti normativi che si riferiscono ad altri settori dell'ordinamento, operando così un rinvio ricettizio a tali ambiti extrapenali. Inoltre, l'art. 2639 c.c. afferma l'equiparazione al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile, colui che sia tenuto a svolgere laStessa funzione, anche se diversamente qualificata, per i reati del relativo titolo. Ciò significa che i soggetti saranno quindi, ai fini penalistici, equiparabili ai soggetti attivi tipici della disposizione qualora svolgano la stessa funzione. Ai fini di valutare la possibilità di un'equiparazione, è sicuramente indubbio l'estensibilità ai componenti del consiglio di gestione (sistema dualistico) e ai componenti del consiglio di amministrazione (sistema monistico), la disciplina prevista per gli amministratori dalle disposizioni sulle false comunicazioni sociali. Per quanto riguarda i sindaci, nessun problema si pone circa l'estensione della disciplina loro riservata ai componenti del consiglio di sorveglianza (sistema dualistico). Il discorso può risultare meno agevole nel caso dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione (modello monistico), che sembrano investiti di compiti di vigilanza in parte diversi da quelli dei sindaci.
In questo caso, è necessario tener presente l'art. 223-septies disp. att.c.c., anch'esso introdotto dal d.lgs. 6/2003, che prevede espressamente che le norme del codice che fanno riferimento agli amministratori e ai sindaci siano applicabili, in quanto compatibili, anche ai componenti del consiglio di gestione e del consiglio di sorveglianza. La riforma ha inciso anche sul complesso dei poteri e doveri degli amministratori e sindaci, rendendo necessaria una valutazione approfondita ai fini dell'individuazione di forme di responsabilità penale di tipo omissivo ex art. 40 c.p. L'esempio è quello del sindaco assenteista o distratto che ignori colposamente che gli amministratori abbiano posto in essere comportamenti criminali e non si sia attivato per impedire l'evento. La giurisprudenza nel corso degli anni ha adottato un criterio di accertamento della responsabilità di tipo "presuntivo": nell'assenza di una prova circa lasussistenza del dolo intenzionale o diretto, il residuale dolo eventuale, quale necessario elemento costitutivo minimo della responsabilità penale, verrebbe desunto dall'inadempimento di doveri di vigilanza e controllo. Da tale inosservanza, insomma, si dedurrebbe la consapevolezza del reo che dalla propria inerzia possa derivare la realizzazione di un reato, prescindendo dalla prova di un collegamento causale psichico tra l'omissione e il successivo evento non voluto, e ciò sarebbe sufficiente per attribuire all'autore una responsabilità a titolo di concorso omissivo nel reato doloso. Questa impostazione non può ritenersi corretta, poiché per parlarsi di dolo eventuale è necessario che il risultato sia stato previsto come possibile, anche se solo in termini di mera probabilità. Quindi, il sindaco inerte, potrà essere condannato per concorso omissivo doloso nel reato doloso, solo previa prova di una sua effettiva.rappresentazione del fatto criminoso, come conseguenza della sua disattenzione. Deve cioè esserci un nesso causale fra l'effettiva previsione dell'evento come probabile conseguenza della condotta omissiva (e non mera, astratta prevedibilità) e l'evento dannoso. L'art. 2392 c.c. prevede una serie di obblighi in capo all'amministratore, il quale deve svolgere la propria funzione con la diligenza che l'incarico specifico impone. Al secondo comma, la norma accolla agli amministratori il dovere di porre in essere ogni possibile condotta per impedire eventi dannosi per la società, tra cui "l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale" (art. 2394). Per questa ragione è configurabile in capo all'amministratore della società una posizione di garanzia, che lo obbliga ad un comportamento che tuteli gli interessi indicati dal codice, in assenza del quale.sorge la responsabilità penale per omessocontrollo, per il tramite del nesso causale descritto dall'art.40 c.p., comma 2. La prova della rappresentazione dell'evento non suppone una completa conoscenza dello stesso, né è richiesto che pervenga al soggetto per tramiti formali o pre-determinati, anche se, come già detto, la sua dimostrazione non può discendere da presunzioni, bensì dalla positiva verifica della rappresentazione di una ragionevole probabilità del suo avveramento. Al riguardo, in relazione all'accertamento del dolo eventuale, sono di decisivo rilievo gli indici d'allarme (segnali perspicui e peculiari), sintomi eloquenti relativi all'evento illecito. La presenza o la dimostrata percezione di questi sintomi di pericolo in capo all'imputato, preposto alla posizione di garanzia, concreta un adeguato riscontro della responsabilità penale, salvo che sia fornita convincente e legittima giustificazione.Sulle ragioni che hanno indotto all'inerzia. La riforma del 2005 ha introdotto, nel novero dei soggetti attivi, la nuova figura dei dirigenti preposti alla relazione dei documenti contabili societari, che può quindi essere autore dei reati di false comunicazioni sociali. Tale soggetto è titolare anche di un rilevante ruolo di tipo certificativo. Egli infatti, con il direttore generale, deve attestare in apposita relazione la veridicità degli atti e delle comunicazioni sociali, previste dalla legge o diffuse al mercato, contenenti informazioni sulla situazione economica, patrimoniale, finanziaria della società stessa, nonché attestare la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili. Deve, inoltre, predisporre adeguate procedure amministrative e contabili per la predisposizione del bilancio e di ogni altra comunicazione di carattere finanziario e, delle stesse, deve attestarne l'adeguatezza ed effettiva applicazione.
Tale configurazione del nuovo soggetto risulta normativamente riferita solo alle società quotate, dal che se ne deduce che solo coloro che operano in tali contesti potranno rivestire la nuova qualifica ed essere soggetti attivi, in via autonoma, delle relative fattispecie tipiche di false comunicazioni. OGGETTO MATERIALE DELLA CONDOTTA. Il legislatore ha inteso perseguire l'obiettivo di porre un argine all'applicazione generalizzata del precedente delitto che, mediante l'eccessiva dilatazione della nozione di comunicazione sociale, finiva per ricomprendere ogni dichiarazione in qualunque modo espressa. Secondo l'attuale formulazione, risultano certamente meglio definite le comunicazioni che assumono rilievo ai sensi degli artt. 2621 e 2622. Innanzitutto, si tratta dei bilanci, intendendosi sia il vero e proprio bilancio di esercizio, che qualsiasi bilancio straordinario cui gli amministratori siano obbligati in particolari circostanze. In caso di più voci infedeli,si ha comunque unitarietà del comportamento illecito. È altresì pacifico l'inserimento, fra i documenti rilevanti, del bilancio consolidato, cioè quel complesso documento destinato a rappresentare la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica di un gruppo di imprese unitariamente considerate. Il richiamo al bilancio consolidato è reso esplicito dalle nuove formulazioni laddove incriminano qualsiasi comunicazione, prevista dalla legge e diretta a soci o al pubblico, che riporta notizie mendaci "sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene". In questo modo viene, però, lasciato irrisolto il problema relativo all'incolpevole trasferimento nel bilancio consolidato di dati falsi provenienti dalle società controllate (Suprema Corte distingue tra falsità originaria e falsità derivata). Mancando un obbligo normativo di vigilanza e/o verifica.dellaveridicità dei dati, l'affermazione di responsabilità ex art. 2621 c.c. degli amministratori dellacontrollante perde evidentemente ogni fondamento. In conclusione, in caso di trasposizione