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Sezione VIII: LA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA
Rilievi codicistici:
- Art.47/3 "errore sul fatto determinato da errore su legge extrapenale";
- Colpa specifica e responsabilità occulta, prevedibilità dell'evento;
- Condizioni Obiettive di Punibilità ex art.44 c.p.;
- Preterintenzione se intesa come dolo misto a resp. Oggettiva;
- Reati aggravati dall'evento;
- Aberratio ictus bioffensiva e aberratio delicti monoffensiva;
- Art.116 c.p.;
- Art.117 c.p.
CAPITOLO V - LE FORME DI MANIFESTAZIONE DEL REATO
Sezione I: IL REATO CIRCOSTANZIATO
Le circostanze sono tipiche situazioni di fatto, di carattere oggettivo e soggettivo (consistenti talvolta, queste, non essenziali per l'esistenza del reato a ultime, in un mero fine, che può essere aggravante o attenuante: art.573/2) cui si aggiungono. Esse rilevano come indici della gravità del reato, desumibile dalla lesività e riprovevolezza della condotta dell'agente o come
indici della capacità a delinquere del soggetto agente, comportando una modificazione, quantitativa o qualitativa della pena. Profondamente innovatore, il codice del '30 introduce il dualistico sistema delle circostanze indefinite intraedittali (art.133) e delle circostanze non solo attenuanti ma anche aggravanti, extraedittali. Il nostro diritto è ancorato al duplice principio a) della tassatività delle circostanze; b) dell'obbligatorietà della loro applicazione. Accanto ad un vasto sistema di circostanze definite (artt. 61, 62), sono previste anche circostanze indefinite, tali sono le attenuanti generiche dell'art. 62bis. In merito al principio di obbligatorietà delle circostanze, debbono considerarsi incostituzionali quelle a discrezionalità bifasica, poste in alcune disposizioni (artt. 62 bis, 114) nelle quali il legislatore usa il termine "può". Al riguardo s'intende che il potere del giudice“concerne solo la sua discrezionalità in ordine all'avvalutazione degli elementi di fatto sui quali fondare l'esistenza della circostanza e non l'applicazione della stessa che è obbligatoria”.
L'individuazione delle circostanze.
Le circostanze possono essere individuate direttamente dalla legge (artt. 61, 62, 625, 628).
Criterio ermeneutico può essere dato dalla diversa funzione degli elementi costitutivi e degli elementi circostanzianti. I secondi non mutano il tipo di reato ma ne graduano soltanto la gravità, possono costituire circostanze solo gli elementi specializzanti di corrispondenti elementi della fattispecie incriminatrice (rapporto di species a genus fra circostanze e fattispecie semplice).
Reati autonomi, benché la legge parli di “circostanze aggravanti”, sono le discusse ipotesi delle lesione gravi e gravissime (art.583), poiché sono in rapporto di esclusione reciproca con le lesione dell'art.582.
Come pure tra di loro. Lestesso dicasi per i reati di danno rispetto a quelli di pericolo. Questa sembra una soluzione per i reati aggravatidall’evento, nei quali si consideri l’evento ulteriore non voluto, si opti per la sua classificazione nell’ambitocircostanziante ed esso sia soggetto a bilanciamento con altre circostanze attenuanti.[errore sugli elementi specializzanti]
Classificazione delle circostanze.[comuni e speciali (artt. 56/4, 116/2, 117/2)][aggravanti e attenuanti][c. ad efficacia comune e ad efficacia speciale]Le prime stabiliscono la pena in modo dipendente dalla pena ordinaria del reato.La distinzione fra c. efficacia comune e speciale risulta, tuttora, dall’art.69/4. Ma risultava anchedall’art.63/3, prima che la L.400/84 sostituisse alle circostanze determinanti “la misura della pena in modoindipendente dalla pena ordinaria del reato” le circostanze ad effetto speciale, comportanti “un aumento ouna diminuzione superiore
ad un terzo" di tale pena. Due punti appaiono consolidarsi: a) che sono da considerarsi a tutti gli effetti, circostanze ad efficacia speciale anche le circostanze con variazione frazionaria, superiore ad un terzo della pena del reato semplice; b) che le suddette circostanze indipendenti continuano ad essere disciplinate non solo nell'art.69/4, ma anche nell'art.63/3, soluzione imposta da esigenze di razionalità del sistema. [oggettive e soggettive] rilevanti ai fini della comunicabilità delle circostanze ai concorrenti secondo l'originaria formulazione dell'art.118.Art.62 bis.Per buona parte della dottrina le a.g. andrebbero desunte dagli elementi indicati nell'art.133. Ciò viene sostenuto sul duplice presupposto che tale articolo prevede la norma chiave del sistema cui ricondurre tutte le ipotesi di discrezionalità penale ed altresì che, data la sua onnicomprensività, sarebbe pressochéimpossibileipotizzare elementi in grado di configurare a.g. che non siano già dallo stesso previsti. Si noti il duplicecriterio valutativo basato sulla gravità del reato e sulla capacità a delinquere che immette nel giudizio diindividualizzazione della pena una valutazione sulla personalità del soggetto.Esso costituisce, in fondo, una integrazione dell’art.133, poiché consente al giudice di scendere anchesotto al minimo edittale della pena.Disciplina delle circostanze.[concorso di c. omogenee][concorso di c. eterogenee], [bilanciamento delle c.]L’imputazione obiettiva delle circostanze aggravanti, deviante dal principio di personalità colpevole è statoriformulato con la modifica dell’art.59/1 e 2 ad opera della L. 19/90.Tenendo ferma l’irrilevanza delle circostanze putative [cfr. scriminanti putative] dopo la riforma leattenuanti sono soggette ad imputazione obiettiva mentre le aggravanti devono avere una
imputazione almeno colposa. [art.5 e Sent. '88] Il D.L. n.99/74 che ha abrogato il divieto ex art.69/4 del bilanciamento nei confronti, oltre che delle circostanze inerenti alla persona del colpevole, delle circostanze ad efficacia speciale (artt.625, 577); divieto volto a sottrarre al sindacato del giudice circostanze già "autonomamente" valutate dal legislatore e la cornice edittale per esse previste. Non vi è dubbio che nonostante la mancanza di un espresso raccordo normativo, il giudizio di bilanciamento va esteso anche alle c. ad effetto speciale di cui all'art.63 come modificato dalla L. n.400/84. Parte della dottrina nega la qualifica di circostanze anche a quelle che il codice chiama "circostanze inerenti alla persona del colpevole" (art.70/2) e che riguardano la imputabilità e la recidiva. Trattasi di status personali, che proprio perché tali, anche se influiscono sulla misura della pena, non possono considerarsi come
“accessori” del reato, assolvendo ad una funzione propria, e che solo di recente sono state illogicamente assoggettate al regime di concorso di circostanze.
Sezione II: IL DELITTO TENTATO
Innestandosi su tutte le fattispecie che prevedono delitti perfetti, la disposizione sul tentativo raddoppia le figure criminose, affiancando ad ogni figura di delitto perfetto una figura di delitto tentato, anticipatrice di tutela. Essa ha pertanto una funzione estensiva dell’ordinamento, consentendo di punire fatti altrimenti non punibili. Tale figura autonoma di reato è definita nel nostro sistema dalle disposizioni dell’art.56 c.p.I. Fondamento dell’incriminazione.
[D1] esposizione a pericolo dei beni giuridicamente protetti (teoria c.d. oggettivista)
[D2] Mantovani propende per la teoria mista, alla cui stregua il fondamento della punibilità del tentativo consiste tanto nella manifestazione di volontà criminosa, quanto nella esposizione a pericolo del bene protetto.
II.
Struttura oggettiva del delitto tentato. 45• Idoneità degli atti.Il requisito della idoneità degli atti è unanimemente considerato di natura obiettiva; sono da considerareidonei tutti gli atti adeguati alla commissione del delitto in quanto capaci, ad una valutazione prognostica,di contribuire in modo rilevante alla sua realizzazione.La formula dell’art.56 deve essere interpretata in conformità al principio di offensività, in modo cioèche sia costantemente assicurata la necessaria pericolosità del tentativo rispetto ai beni giuridici tutelatidalla norma di parte speciale.Secondo la dottrina dominante, l’idoneità va accertata in base al criterio della prognosi postuma, cioèsecondo un giudizio ipotetico effettuato ex ante e in concreto: in altri termini il giudice, collocandosiidealmente nel momento in cui l’azione è stata compiuta, dovrà accertare se un osservatore avveduto, chesi fosse
trovato nella stessa situazione concreta in cui si è trovato l'agente e, in più, avesse avuto lecognizioni particolari di quest'ultimo, avrebbe giudicato verosimile che l'agente avrebbe realizzato il delitto voluto.
- Direzione non equivoca degli atti.
Requisito oggetto di una duplice interpretazione. Secondo un primo orientamento, tale requisito allude ad un criterio di prova (concezione c.d. soggettiva): cioè l'univocità indicherebbe l'esigenza che, in sede processuale, sia raggiunta la prova dell'intenzione criminosa; prova peraltro desumibile non solo dall'atto in sé considerato ma anche aliunde (confessione, testimonianza, documenti). Si tratta di interpretatio abrogans rendendo necessario il solo amplissimo requisito della idoneità.
Secondo un altro orientamento, la direzione non equivoca degli atti rappresenta un criterio di essenza (concezione c.d. oggettiva): cioè l'univocità
viene concepita come una caratteristica oggettiva della condotta, nel senso che quest’ultima deve - di per sé - lasciare trasparire il fine delittuoso dell’agente. Il criterio della univocità assoluta degli atti (in sé e per sé), oggettivamente giudicati con direzione finalistica verso il compimento dello specifico reato, finisce non per limitare ma per eliminare la figura del tentativo perché la quasi totalità degli atti, anche quelli esecutivi, spesso risultano pluridirezionali. Seguendo il criterio di univocità relativa (in rapporto al piano criminoso) si dilata in maniera incontenibile il tentativo, in quanto al quasi totalità degli atti iniziali e preparatori di un delitto finiscono per poter apparire pressoché univoci (acquisto dell’arma per rapina, appostamento con arma per omicidio). Secondo MANTOVANI vi sarebbe "univocità degli atti" quando, per il grado di sviluppo raggiunto, lasciano.ere un'unica azione criminale. La previsione della realizzazione del delitto voluto dipende da diversi fattori, come la pianificazione dell'azione, la disponibilità di mezzi e risorse, la conoscenza delle leggi e delle procedure, nonché la capacità di evitare la scoperta e l'identificazione da parte delle autorità competenti. L'univocità di direzione degli atti è un elemento fondamentale per la realizzazione del delitto voluto. Questo significa che tutti gli atti compiuti devono essere orientati verso un unico scopo criminale. Ad esempio, se una persona pianifica di commettere un furto, tutti gli atti compiuti devono essere finalizzati a compiere effettivamente il furto, come ad esempio l'acquisizione di strumenti per forzare una serratura o l'individuazione di un obiettivo da rubare. La previsione della realizzazione del delitto voluto può essere valutata anche in base alla presenza di elementi di prova, come ad esempio la presenza di un piano dettagliato, la raccolta di informazioni sul bersaglio o l'acquisizione di strumenti specifici per commettere il reato. Tuttavia, è importante sottolineare che la previsione della realizzazione del delitto voluto non è un'attività esatta e può essere influenzata da molteplici variabili. La valutazione della verosimiglianza della realizzazione del delitto voluto spetta alle autorità competenti, come la polizia e i tribunali, che si basano su prove e indizi per determinare la colpevolezza di una persona.