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La condotta tipica: il compimento o il concorso nella deliberazione di atti dispositivi

Le condotte punite sono costituite dal compimento o dalla partecipazione alla deliberazione di atti di disposizione dei beni sociali. È chiaro come non ci si sia preoccupati di richiamare le forme tipiche attraverso le quali si realizza la violazione del dovere di fedeltà, ma sia stata prevista un'unica condotta e di per sé neutra, che esprime semplicemente il contenuto dell'attività gestionale.

Quindi, l'unico filtro selettivo per attribuire rilevanza penale o meno alla condotta tipica è la sussistenza del conflitto di interessi, unitamente alla presenza del particolare tipo di dolo. Il compimento di atti dispositivi permette di includere nell'ambito applicativo della norma anche ogni forma di attività gestoria assunta indipendentemente da una delibera consiliare. Inoltre, la locuzione "concorrono a deliberare" consente di attribuire

rilievo a qualsiasi contributo effettivo alla approvazione della delibera. In questo modo, il concorso nella deliberazione è integrato o dal voto favorevole, e non necessariamente decisivo, o da altra condotta che abbia effettivamente contribuito alla adozione della delibera dispositiva. Il concetto di "atti di disposizione di beni sociali". La locuzione "atti di disposizione" non è compatibile con le condotte omissive, né con gli atti meramente organizzativi, poiché questi non comportano alcuna immediata disposizione dei beni sociali, anche se in relazione ad entrambi può manifestarsi una situazione di conflitto di interessi. La condotta omissiva può, però, assumere rilevanza a titolo di concorso di persone nel reato qualora i soggetti qualificati non impediscano l'atto dispositivo dei beni sociali dannoso per la società. Controversa è la rilevanza dell'assunzione di obbligazioni: parte dellaLa dottrina propende per la soluzione negativa, anche se si evidenzia come l'assunzione di obbligazioni rappresenti la condotta tradizionalmente più idonea a realizzare un'ipotesi d'infedeltà gestoria. Estranee all'ambito di operatività dell'incriminazione rimangono anche le ipotesi di approfittamento personale da parte dell'amministratore, cioè le occasioni d'affari che avrebbero potuto e dovuto essere utilizzate a vantaggio della società, sempre perché non comportano una immediata disposizione dei beni sociali. La nozione di "beni sociali" comprende i beni dell'ente in senso lato, mobili e immobili, materiali ed immateriali, ecc. Inoltre, si ritiene che non sia necessario che l'ente abbia sul bene un diritto di proprietà, bastando un diritto reale o, comunque, un potere dispositivo che, se modificato o ridotto, sarebbe idoneo a cagionare all'ente un danno patrimoniale.NEI PATRIMONI GESTITI. Il comma 2 dell'art. 2634 c.c. prevede una autonoma fattispecie di infedeltà patrimoniale, caratterizzata dal fatto che la condotta tipica ha ad oggetto anziché i "beni sociali", i "beni posseduti o amministrati dalla società per conto terzi", con implicito riferimento alle società operanti nel campo dell'intermediazione bancaria o finanziaria. Per quanto riguarda il rapporto della norma con l'art. 167 t.u.f., quest'ultima fattispecie non delinea una figura di reato societario: i soggetti attivi possono essere tutti coloro che, operando nell'ambito di un intermediario finanziario, in violazione delle disposizioni regolanti i conflitti di interessi, pongano in essere operazioni che arrechino danni agli investitori. L'art. 2634 c.c. si rivolge invece agli amministratori e ai direttori generali di qualunque tipo di società commerciale; il reato societario richiede, inoltre, la

L'EVENTO: IL DANNO PATRIMONIALE.

La condotta tipica deve avere cagionato un danno patrimoniale alla società o ai terzi, il quale costituisce l'evento del reato. Il danno deve riverberarsi sul patrimonio sociale, cioè possedere una valenza economica: esula, quindi, dal concetto di danno patrimoniale qualsiasi forma di scorrettezza dell'amministrazione che generi semplice discredito oppure la perdita di un'aspettativa. Tale danno deve, ovviamente, essere causalmente riconducibile alla condotta dell'agente, e tale legame deve essere attentamente accertato di volta in volta.

L'ELEMENTO SOGGETTIVO.

Il dolo richiesto in capo al soggetto attivo è duplice. Innanzitutto, il dolo specifico, rappresentato dal "fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o vantaggio".

altro vantaggio”. In secondo luogo, il dolo intenzionale riferibile alla volontà dell'evento di danno patrimoniale. Il riferimento all'intenzionalità parrebbe escludere dalla rilevanza penale quelle ipotesi in cui l'amministratore, portatore di un interesse personale confliggente con quello della società e mosso dal perseguimento di un ingiusto profitto, si rappresenti come altamente probabile la verificazione di un danno patrimoniale alla società e tuttavia compia ugualmente l'operazione (esclusione del dolo eventuale). Il riferimento ad “altro vantaggio”, peraltro, comporta la punibilità di quelle disposizioni dei beni sociali, adottate in conflitto d'interessi, che siano sorrette da una finalità del soggetto attivo non di arricchimento patrimoniale, ma di altro genere.

L'INFEDELTA' NEI GRUPPI DI SOCIETA'. Al comma 3, il legislatore ha voluto tenere conto della complessa realtà

La teoria dei vantaggi compensativi sostiene che la gestione di una società può comportare scelte che possono essere dannose per la società stessa, ma razionali in un contesto di politica economica generale del gruppo. Pertanto, è necessario bilanciare gli interessi del gruppo e quelli delle singole società, in una logica di compensazione. L'interesse del gruppo non può essere considerato automaticamente extra-sociale e generare conflitti. Anche l'articolo 2497 del codice civile, dopo aver trattato la corretta gestione societaria, precisa che "non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette".

I criteri per determinare i vantaggi compensativi sono:

si tratterà di accertare se i vantaggi sono stati effettivamente conseguiti o meno, inoltre, bisognerà stabilire quando i vantaggi erano fondamentalmente prevedibili dal soggetto agente. Si tratta di un giudizio ex ante, una valutazione concreta, di carattere tecnico-economico, formulata sulla base degli elementi noti al momento in cui l'operazione è posta in essere ed il cui esito indichi non una mera probabilità, ma quasi certezza sul futuro riequilibrio dei vantaggi tra le società collegate ed il gruppo. Risulta evidente la difficoltà di accertamento indicata. In proposito, il giudice, in ordine all'accertamento della prevedibilità del vantaggio compensativo, potrà servirsi di due parametri: - proporzione tra danno e vantaggio: il vantaggio conseguito o fondatamente atteso dovrà essere non manifestatamente irrisorio, tale cioè da non poter ricevere la qualifica di vantaggio compensativo; - verifica dello

stato di insolvenza della società del gruppo che ha posto in essere l'atto di disposizione: il compimento di un atto dispositivo da parte degli amministratori della società controllata a favore della controllante, che manifesta sintomi seri d'insolvenza, rappresenta un'operazione da cui è facile prevedere che non possa derivare alcun vantaggio compensativo ma, al contrario, un grave pregiudizio economico alla società sacrificata.

CONSUMAZIONE, TENTATIVO, PROCEDIBILITÀ.

Il delitto si consuma col verificarsi del danno patrimoniale per la società o i terzi. L'ultimo comma della norma prevede la procedibilità a querela. La scelta di tutelare il patrimonio della società implica che quest'ultima sia la persona offesa. Dunque, secondo un principio affermatosi in tema di esercizio della querela nei reati societari, quando l'offesa è arrecata non da soggetti esterni alla società, ma da titolari di funzioni.

organiche della stessa, sarà pur sempre l'assemblea a dover decidere in proposito. In concreto, perciò, la decisione in ordine alla proposizione della querela spetterà alla maggioranza assembleare. Il termine per la proposizione decorrerà dalla notizia data in assemblea e, quindi, entro tre mesi dalla prima riunione di quest'ultima.

Il d. lgs. 231/2001 non include l'art. 2634 c.c. nell'elenco dei reati societari per i quali è prevista (anche) la responsabilità della società. È una soluzione coerente con il criterio di imputazione oggettivo stabilito dal d. lgs. 231/2001, per cui il reato societario deve essere commesso "nell'interesse della società". Nel caso di specie la società è parte offesa del reato.

RAPPORTO CON L'APPROPRIAZIONE INDEBITA (ART. 646 C.P.).

Il delitto di infedeltà patrimoniale è configurabile quando l'amministratore, per perseguire

Una finalità di profitto per sé o per altri ai danni della società, si avvalga degli schemi negoziali tipici della gestione d'impresa. È, invece, integrato il fatto tipico appropriativo nelle ipotesi in cui l'amministratore, muovendosi al di fuori dell'attività negoziale, realizza un arricchimento personale o di terzi mediante arbitraria acquisizione di beni sociali.

OMESSA COMUNICAZIONE DEL CONFLITTO D'INTERESSI.

Art. 2692-bis c.c. "L'amministratore o il componente del consiglio di gestione di una società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altro Stato dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero di un soggetto sottoposto a vigilanza ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, del citato testo."

unico di cui al decretolegislativo n. 58 del 1998, della legge 12 agosto 1982 , n. 576, o del decreto legislativo 21 aprile1993 , n. 124, che viola gli obblighi previsti dall'articolo 2391, primo comma, è punito con la

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A.A. 2012-2013
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Exxodus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Mazzacuva Nicola.