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IL FATTO TIPICO
Il fatto tipico rappresenta il nucleo centrale attorno al quale ruota l'intera
fattispecie incriminatrice prevista dalla norma penale. Esso consiste nella
descrizione della condotta di rilevanza penale contenuta nella norma stessa.
Per comprendere appieno il fatto tipico, dobbiamo analizzarlo da diverse
angolazioni e prospettive:
1. Prospettiva strutturale
Guardando alla struttura, all'interno del fatto tipico possiamo distinguere
elementi di tipo descrittivo ed elementi di tipo normativo:
Elementi descrittivi: sono quelle nozioni o definizioni immediatamente
percepibili oggettivamente (es. persona, casa, morte, etc). Vi rientrano
anche gli elementi naturalistici, concetti tratti dall'esperienza comune.
Elementi normativi: fanno riferimento a parametri valutativi esterni che
derivano da altre fonti giuridiche (es. il concetto di altruità della cosa per
il furto) o extra-giuridiche (es. l'oscenità per gli atti osceni).
2. Prospettiva contenutistica
Da questo punto di vista, il fatto tipico può includere elementi oggettivi,
attinenti alla condotta e alla realtà materiale, ed elementi soggettivi,
relativi alla sfera psicologica dell'autore. È il caso dei reati a dolo
specifico, in cui oltre agli elementi oggettivi ne sono richiesti altri di
natura soggettiva come lo scopo ulteriore perseguito dal soggetto
agente.
3. Prospettiva funzionale
Sotto il profilo funzionale, gli elementi del fatto tipico si distinguono in:
Presupposti: circostanze che preesistono ed esulano dalla condotta (es.
matrimonio per la bigamia)
Condotta: il comportamento umano rilevante, attivo (azione) o omissivo
Evento: il risultato naturalistico conseguente alla condotta (di danno o
pericolo)
Nesso di causalità: il legame che lega condotta ed evento secondo un
rapporto di dipendenza causale.
Il fatto tipico quindi accorpa diverse componenti essenziali che ne delineano la
struttura e il contenuto sostanziale. La sua funzione principale è quella di
delimitare e tracciare il confine tra ciò che è penalmente rilevante e ciò che
non lo è, consentendo ai consociati di orientare il proprio comportamento.
Senza la descrizione dettagliata del fatto tipico nella norma incriminatrice,
verrebbe meno il principio di legalità e di tassatività che deve caratterizzare il
precetto penale, aprendo alla possibilità di interpretazioni analogiche da parte
del giudice.
In sintesi, il fatto tipico racchiude tutti gli elementi costitutivi, oggettivi e
soggettivi, che il legislatore ritiene rilevanti per l'integrazione della fattispecie
criminosa, rappresentando il perno attorno al quale ruota la rilevanza penale di
un determinato comportamento umano.
Gli elementi del fatto tipico
La condotta è l'elemento chiave attorno al quale ruota il fatto tipico del reato.
Rappresenta il comportamento umano rilevante ai fini dell'integrazione della
fattispecie incriminatrice prevista dalla norma penale.
Cos'è la condotta:
È un movimento corporeo, un'attività fisica percepibile dall'esterno, che
trova la sua origine nella volontà del soggetto agente.
Deve essere accompagnata da coscienza e volontà, ovvero il soggetto
deve essere consapevole di star tenendo quel comportamento e volerlo
porre in essere.
Senza coscienza e volontà non può esserci condotta penalmente
rilevante, salvo casi eccezionali di forza maggiore (fatto esterno naturale)
o costrizione fisica (violenza altrui).
Le forme della condotta:
1. Azione: un comportamento positivo, un facere, un quid pluris rispetto alla
situazione precedente (es. sparare, colpire, sottrarre, etc.)
2. Omissione: un non facere, l'inosservanza di un obbligo giuridico di
attivarsi per impedire un evento (es. non soccorrere un infortunato).
Tipologie di azione:
A forma libera: il legislatore non descrive le modalità esecutive (es.
cagionare lesioni)
A forma vincolata: il legislatore detta specifiche modalità di realizzazione
(es. la truffa richiede artifici o raggiri)
Tipologie di omissione:
Propria: la semplice inosservanza dell'obbligo integra il reato (es.
abbandono di minori)
Impropria: dall'omissione deriva un evento ulteriore (es. non impedire un
omicidio)
Condotte c.d. Plurime o abituali:
Richiedono una reiterazione di più comportamenti per integrare il reato
(es. maltrattamenti)
Funzioni della condotta:
1. Classificatoria: distingue reati commissivi e omissivi
2. Limitativa: seleziona i comportamenti penalmente rilevanti
3. Dogmatico-applicativa: accerta l'unitarietà o pluralità della condotta
In sintesi, la condotta è il comportamento umano attivo (azione) o omissivo,
unitario o plurimo, percepibile, volontario e cosciente, che costituisce il nucleo
del fatto tipico e ne determina la rilevanza penale, salve alcune eccezioni
tassative.
L'evento può essere visto come il risultato oggettivo e materiale derivante
dalla condotta, oppure come l'offesa giuridica e normativa, di danno o pericolo,
che il fatto tipico produce sul bene giuridico tutelato dalla norma penale
violata.
Possiamo analizzare l'evento secondo due diverse prospettive:
1. Concezione naturalistica In questa concezione di tipo oggettivo e
materiale, l'evento è inteso come il risultato naturale, fisico e percepibile
che deriva dalla condotta umana. Un fatto della realtà empirica, esterno
all'autore, che modifica una situazione preesistente.
Esso può assumere due diverse valenze:
Evento costitutivo, quando integra un elemento essenziale della
fattispecie incriminatrice, necessario perché si perfezioni il reato (es. la
morte per l'omicidio).
Evento aggravatore, quando pur non costituendo il reato, ne aumenta la
gravità se si verifica (es. le lesioni gravi per il reato di lesioni).
2. Concezione giuridica Secondo questa concezione di tipo normativo,
l'evento non è il mero risultato naturalistico, ma l'offesa in sé al bene
giuridico tutelato dalla norma penale violata. Ogni volta che si commette
un reato, si realizza anche l'evento offensivo, consistente nella lesione o
messa in pericolo del bene protetto.
A sua volta, tale offesa al bene giuridico può configurarsi come:
Evento di danno, quando si verifica una effettiva lesione, violazione del
bene tutelato (es. il furto lede il patrimonio)
Evento di pericolo, quando la condotta crea solo un pericolo, un rischio di
lesione per il bene, senza necessariamente offenderlo (può essere
pericolo concreto o astratto/presunto).
In base a queste distinzioni, i reati possono essere:
Reati di evento o di danno, in cui l'evento naturalistico è elemento
costitutivo necessario (es. omicidio, furto).
Reati di mera condotta o pericolo, in cui invece l'evento non è richiesto,
punendosi la sola condotta pericolosa (es. istigazione a delinquere, falsa
testimonianza).
Il nesso di causalità rappresenta il rapporto di dipendenza causale che deve
necessariamente intercorrere tra la condotta posta in essere dal soggetto
agente e l'evento che ne consegue, affinché quell'evento possa essere
effettivamente attribuito e imputato a quel soggetto.In altre parole, il nesso di
causalità consiste nel legame che lega la condotta all'evento in base ad un
procedimento di tipo condizionalistico: se non ci fosse stata quella condotta,
l'evento non si sarebbe verificato.
Il codice penale, all'art. 40 comma 1, stabilisce che nessuno può essere punito
per un fatto previsto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso
da cui dipende l'esistenza del reato non è conseguenza della sua azione od
omissione.
Per accertare se sussista questo nesso causale, sono state elaborate due teorie
principali:
1) La teoria della condicio sine qua non o dell'equivalenza delle condizioni
Secondo questa teoria, una condotta è causa di un evento se, mentalmente
sottraendola o eliminandola, l'evento non si sarebbe verificato. Si effettua un
giudizio contro-fattuale o procedimento di eliminazione mentale: se tolgo
questa condotta, l'evento viene meno? In caso affermativo, quella condotta è
causa essenziale dell'evento secondo un criterio di equivalenza.
2) La teoria della causalità adeguata
Considera rilevante solo la condizione che, secondo l'esperienza comune,
appare ex ante idonea e adeguata a cagionare quel determinato evento,
escludendo condizioni eccezionali o sviluppi causali anormali e imprevedibili.
Il codice penale sposa la teoria condizionalistica, ma il giudice deve anche
sussumere il fatto sotto le leggi scientifiche di copertura, che possono essere
leggi universali o leggi statistiche, purché queste ultime siano accompagnate
da un elevato grado di credibilità logica nel caso concreto.
Nei reati omissivi impropri, mancando un comportamento materiale che
determina l'evento, si applica la clausola di equivalenza di cui all'art. 40 co. 2:
"non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a
cagionarlo". Il nesso causale viene quindi ricostruito in via ipotetica, valutando
se la realizzazione della condotta doverosa avrebbe impedito l'evento.
In sintesi, il nesso di causalità richiede un rigoroso accertamento da parte del
giudice, anche alla luce delle leggi scientifiche applicabili, per stabilire se,
eliminando mentalmente la condotta contestata, l'evento non si sarebbe
verificato, potendosi quindi imputare quella conseguenza dannosa o pericolosa
al soggetto agente.
L’antigiuridicità obiettiva
L'antigiuridicità obiettiva è un requisito fondamentale affinché un fatto
umano possa essere considerato reato. Essa rappresenta la contrarietà
oggettiva di quel fatto rispetto all'intero ordinamento giuridico.
Quando una persona commette un fatto che integra una fattispecie di reato
prevista dalla legge penale, si crea un contrasto tra l'interesse tutelato dalla
norma incriminatrice e l'interesse perseguito dal soggetto agente attraverso la
sua condotta illecita.
Ad esempio, se Tizio commette un furto, si pone in contrasto l'interesse di Tizio
ad appropriarsi indebitamente di un bene altrui con l'interesse dell'ordinamento
a tutelare il diritto di proprietà.
Il legislatore interviene per risolvere questo conflitto di interessi, stabilendo la
prevalenza dell'interesse protetto dalla norma penale rispetto all'interesse
perseguito dal reo. È questa prevalenza che fa emergere l'antigiuridicità
obiettiva del fatto commesso.
Tuttavia, non sempre questo conflitto di in