Diritto penale - il reato circostanziato
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aumenti di pena stabiliti per queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le
circostanze attenuanti.
Se fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza si applica la pena
che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze.
Le disposizioni precedenti si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole ed a
qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura
della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato.
potere discrezionale del giudice.
Come si evince dalla lettura, è lasciato spazio larghissimo al Il giudizio avviene,
valore che egli attribuisce in concreto
infatti, non sulla base di un criterio matematico o quantitativo, ma in base al a
quelle determinate circostanze. Così nulla impedirà al giudice di ritenere che una aggravante valga di più, nonostante
concorra con due, tre o più attenuanti; ovviamente vale anche il discorso inverso.
le circostanze inerenti alla persona del colpevole e quelle ad
Prima della riforma del 1974, che ha rinnovato l'art. 69,
effetto speciale non rientravano nel giudizio di bilanciamento. Ciò ha per Gallo avuto il pregio di tenere presente nel
vizio parziale di mente capacità
giudizio di bilanciamento circostanze così importanti. Basti pensare al (art. 89); alla
di intendere e di volere grandemente diminuita a cagione di ubriachezza dovuta a caso fortuito o a forza
maggiore fatto commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti sordomutismo
(art. 91); al (art. 95); (art. 96).
Bisogna invece tenere presenti gli'artt. 94 ed il 98. Il primo dispone un'aggravante per chi si trovi in stato di
ubriachezza abituale; attenuante il minore di 18 anni
il secondo una per maggiore di 14. Entrambe queste
non riguardano lo stato mentale.
circostanze tuttavia
Gallo, in conclusione, fa notare come la rilevanza delle circostanze inerenti alla persona del colpevole nel giudizio di
bilanciamento non abbia fatto che aumentare il potere discrezionale del giudice. Oggi una grave lesione, se nel
bilnciamento entrano anche le circostanze anzidette, può valere quanto una rissa da bar.
Circostanze del reato e potere discrezionale discrezionalità.
Abbiamo visto come tutta la disciplina delle circostanze sia caratterizzata dalla più ampia
Discrezionalità che irrita la concezione del paternalismo illuminista, del giudice bouche de la loi, che vorrebbe una pena
rimessa quanto più possibile alla legge e quanto meno possibile alla discrezionalità.
Per Gallo, tuttavia, la discrezionalità e la non prefigurazione della pena entro limiti sicuri e certi non è un male
necessario. L'illecito penale è illecito di modalità di lesione, e la norma penale si limita a fotografare un frangente della
regolo lesbio,
realtà. Ecco allora che fornire al giudice la discrezionalità equivale a fornirgli un adatto a misurare i più
minimi anfratti della realtà, il senso sinuoso delle cose.
L'altra faccia di questo potere è l'obbligo di motivazione come risulta dall'art. 132 c.p. Ma per Gallo, affinché esso sia
adempiuto, devono essere evitati gli stilemi e le frasi fatte che tanto vanno per la maggiore oggi. Unico contrappeso alla
discrezionalità potrebbe essere una sanzione processuale adeguata come conseguenza alla inosservanza di tale obbligo.
CAPITOLO II – IL DELITTO TENTATO
delitto tentato affianca
La figura del non importa una modifica della figura di delitto consumato. Anzi, il primo al
una autonoma previsione normativa: condotta con la quale si tenta,
secondo delinea la senza riuscirvi, di
delitto perfetto.
commettere un fatto corrispondente al delitto consumato, altrimenti definito
delitto tentato ha piena individualità formale e sostanziale:
La fattispecie del riceve sì i dati contenutistici dal delitto
consumato, a mantiene una sua propria autonomia.
perché
Viene ora da chiedersi si puniscano atti volti senza successo a realizzare un delitto, e perché essi sono sanzionati
alla stregua di un titolo autonomo nel codice penale. E vedremo che ciò deriva da ragioni storico giuridiche.
Per il senso comune si ha delitto tentato quando taluno intraprende un iter criminoso che poi viene troncato,
indipendentemente dalla sua volontà, prima che giunga a conclusione. Invece, il delitto perfetto è il delitto che è giunto
alla meta. Il cammino verso la consumazione di un delitto perfetto può arrestarsi a tappe più o meno distanti dalla
realizzazione dell'evento. Può a.e. non verificarsi l'azione idonea a produrre l'evento (a.e. Tizio compie tutti gli atti 6
preparatori per uccidere Caio, ma poi non spara per qualche motivo); oppure l'azione può verificarsi, ma essere inidonea
al prodursi dell'evento (il colpo non è ben sparato e non colpisce la vittima designata).
Prerché punire questi atti, che il nostro codice definisce come “atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere
concezione positivistica
un delitto”? Se la focalizza l'attenzione sui risultati esterni, oggettivi del comportamento del
sintomo della pericolosità sociale
soggetto, un tentativo è inequivoco di un determinato soggetto. Il soggetto ha con il
tentativo manifestato di essere pericoloso, ed il fatto che l'evento si sia realizzato o meno passa in secondo piano.
Dunque, chi ha manifestato questi sintomi va sanzionato, e non c'è motivo di applicargli una sanzione più lieve.
scuola della volontà.
Alle stesse conclusioni arrivano i seguaci della Scuola che pone l'attenzione sulle caratteristiche
intrinseche o modali dall'agire del soggetto, al suo libero arbitrio. Il soggetto, con il delitto tentato, ha per questa scuola
ribellione, mancanza di volontà ai vincoli che la comunità esige.
manifestato la sua Non c'è quindi motivo di non
punirlo, e la sua colpevolezza è pari a quella di chi è riuscito nell'intento.
La soluzione legislativa
Fra le due strade, il nostro legislatore ha scelto quella di mezzo. Ha, cioè, riconosciuto rilevanza al delitto tentato, ma
anche disposto di punirlo in misura minore rispetto al modo in cui è punito l'illecito realizzato. È l'art. 56 a fissare gli
estremi della figura del delitto tentato:
Art. 56. Delitto tentato. — Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto,
risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.
Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è
l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.
Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora
questi costituiscano per sé un reato diverso.
Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo
alla metà. codice toscano
La dottrina italiana ama far risalire questo articolo al vecchio art. 42 del del 1853:
“Il delitto si considera perfetto allorché tutti gli elementi che ne costituiscono l'essenza si riscontrano nel fatto
perpetrato”. realizzato
Sul quando un fatto possa considerarsi abbiamo già discusso nel volume I, nella parte sulla successione delle
reati necessariamente permanenti,
leggi penali nel tempo. Conviene ora tuttavia soffermarci di nuovo sui dei quali un
esempio potrebbe essere rinvenuto nel sequestro di persona, art. 605.
istantaneo
Se l'illecito è composto da elementi verificatisi i quali è impossibile pensare ad una ulteriore perpetrazione
permanente. lasso di tempo
del fatto, non è così per l'illecito Qui la condotta tipica deve perpetrarsi per un
apprezzabile; a.e., nel sequestro di persona, la privazione della libertà deve avere consistenza apprezzabile.
Nell'omicidio, invece, la morte dell'uomo è elemento che, con la sua presenza, chiude il fenomeno criminoso. Se tale
tentativo
lasso di tempo apprezzabile manca, è allora che si avrà nel reato permanente: a.e., sempre nell'ipotesi del 605,
se la persona riesce a divincolarsi.
Dunque, se negli illeciti istantanei è perfetto quel reato che è lecito definire consumato e realizzato, negli illeciti
permanenti il tentativo si verifica prima della realizzazione, non della consumazione.
Portata dell'art. 56 c.p. requisiti generali ed indifettibili del tentativo.
L'art. 56 è la norma che fissa i Segna il superamento della
formulazione del Codice Zanardelli, risalente al 1889, il quale esigeva per la punibilità a titolo di tentativo almeno il
“atti idonei diretti in modo non
cominciamento del delitto avuto di mira. Il Codice Rocco esige, invece, la presenza di
equivoco ...”. Tuttavia, nonostante la differente formulazione, il significato non cambia. Entrambe le norme hanno la
rilievo a condotte non
stessa funzione: quella di far acquistare che, alla stregua delle varie fattispecie di parte generale,
saebbero penalmente rilevanti. In altri termini, se l'art. 56 non esistesse, la condotta volta a porre in essere un delitto
che non sortisse l'effetto dovuto sarebbe penalmente irrilevante. Né si potrebbe trovare un altro modo per farle
acquistare questo rilievo, dal momento che l'analogia in campo penale – soprattutto quando si tratta di analogia
rigore della tassatività
sfavorevole al reo – è vietatissima. Il della legge penale può quindi essere superato soltanto con
una norma di tal fatta: l'art. 56 è quindi indispensabile nel sistema per la punibilità a titolo di tentativo.
effetto estensivo:
Come opera tale disposizione nell'ordinamento? Per Gallo lo fa tramite il suo effetto che non si 7
ordinamento.
innesta solo sulle singole fattispecie di parte speciale, ma che opera con riguardo all'intero
significato
Quale, invece, il che presenta la punibilit di quegli atti volti a porre in essere un delitto, ma che non
politiche:
sortiscono l'effetto voluto? Per Gallo è un significato frutto di valutazioni e volontà squisitamente quella di
spostare in avanti la soglia di rilevanza penale linea avanzata di trincee
di questi comportamenti, di disporre una a
difesa degli interessi ritenuti meritevoli di tutela dalla norma penale. Tale allungamento della soglia di rilevanza deriva,
a parere di molti commentatori, dalle preoccupazioni proprie di uno stato che mirava a presentarsi come “totalitario”.
Ma che, per Gallo, ha sortito comunque un effetto positivo.
La struttura del delitto tentato. Idoneità e direzione non equivoca degli atti: termini di relazione.
non esiste tentativo di reato contravvenzionale,
Dall'art 56 si coglie un primo dato: nel nostro ordinamento ma solo di
delitto. È questa una presa di posizione che si coordina con la mancata previsione di tentativo delitto colposo.
Affinché gli atti possano risultare idonei e rilevanti a titolo di tentativo, essi debbono essere qualificati da due note:
Idoneità;
● Direzione non equivoca.
● referente
Qual'è però il al quale queste note debbono essere rivolte? Cioè, a cosa dovevano essere idonei quegli atti, ed
soggettivo
a cosa non equivocabilmente diretti? Al delitto. Per Gallo dovrà essere tenuto in considerazione l'elemento
finalistico, a cosa effettivamente tendesse
al fine di determinare il comportamento dell'agente. Perché, qualora fossero
sufficienti le sole caratteristiche obbiettive, esteriori, fenomeniche per qualificare un atto “idoneo e non equivoco”. Per
accertare l'intenzione:
Gallo è necessario a.e. non sarebbe punibile per tentato delitto quel ladro che compie atti di
sopralluogo per un futuro furto; atti che, tuttavia, potrebbero esteriormente essere interpretati come atti di tentativo.
La Relazione al Re non sosteneva qualcosa di molto diverso: in essa è scritto che la non equvocità va desunta dalle
nulla vieta che siano prese anche altre circostanze
circostanze esterne, obiettive, fenomeniche; tuttavia in
considerazione. Comunque sia, anche l'indagine sull'intenzione – per Gallo necessaria – andrà comunque condotta sulla
base del criterio dell'id quod plerumque accidit: il problema dell'indagine sull'intenzione è quindi un non problema, dal
massime di esperienza.
momento che l'indagine sull'intenzione è possibile solo grazie alle
L'idoneità degli atti rapporto di idoneità
La dottrina vuole delineare il prendendo l'evento come riferimento. Ma quale evento deve essere
giuridico?
preso in considerazione? L'evento naturalistico o l'evento Il secondo: meno sostenibile è la posizione di chi
ritiene si tratti di evento naturalistico. Se fosse così, infatti, resterebbero esclusi dalla possibilità di essere commessi per
tentativo tutti i reati di mera condotta, che sono per definizione quelli sprovvisti di evento naturalistico.
capacità dell'atto a porsi
Prendendo in considerazione l'evento giuridico, l'idoneità potrebbe essere definita come la
con efficacia condizionante nella serie causale che avrebbe condotto alla realizzazione del delitto, ove non fosse
intervenuto qualcosa che abbia interrotto il crimine, indipendentemente dalla volontà dell'agente. Idoneità è dunque
condizione virtualità:
insieme e condizione per il motivo appena esposto, virtualità perché sappiamo che, nel caso
concreto, l'evento non si è verificato.
l'idoneità va misurata in concreto,
Gallo ripete più e più volte che non in astratto. Ciò perché un atto che, secondo le
comuni massime di esperienza, potrebbe essere inidoneo a costituire un tentativo, nel caso concreto potrebbe invece
rivelarsi come tale. Nessuno, per esempio, osa pensare che un cucchiaino di zucchero può essere idoneo a commettere
omicidio; però se lo somministriamo ad un diabetico di forma grave, ecco che si rivela come idoneo. Il giudizio in
concreto non potrò però spingersi oltre un certo limite, oltrepassarlo. Centrale sarà “bloccare il fotogramma del film”
criterio di valutazione di un
all'atto del quale va accertata l'idoneità. Lì dovrà essere compiuta un'analisi secondo il
osservatore medio, integrato con le conoscenze possedute dall'agente.
criterio di valutazione che dovrà essere
Astrazione concretizzata, quindi, perché se l'atto fosse stato effettivamente idoneo, il reato si sarebbe consumato.
Così, l'atto di chi insinua la mano in tasca ad un viaggiatore in un autobus pensando che dentro vi sia un potrafogli è un
atto che, secondo il senso comune, è atto idoneo a costituire un tentativo. Questo anche se poi, nel caso concreto, la
vittima il portafogli o ce l'ha in un'altra tasca, o non se l'è proprio portato appresso: la mancanza assoluta dell'oggetto,
infatti, non si traduce in impossibilità assoluta degli atti posti in essere a consumare un furto. 8
atti che si sono prodotti successivamente?
Oltre ciò, è forse necessario anche un'indagine sull'idoneità alla luce degli prognosi postuma.
Quelli che sostengono tale ordine di idee sono quelli che parlano, al riguardo, di Sono tuttavia in
molti a rigettare questa ipotesi, sostenendo che l'idoneità vada calcolata soltanto in base agli atti precedenti o coevi alla
sul nesso di
condotta umana. Per Gallo tali impostazioni non tengono conto del punto fermo dell'elaborazione
causalità: distinzione tra condizione e causa.
la La condotta è solo una delle condizioni che concorrono a formare il
risultato; risultato che è la causa – per il delitto è l'evento. Causa che sarà qualificabile come l'insieme di quella miriade
di condizioni, condizioni di cui la condotta umana è solo una. Non può quindi dirsi che l'atto o gli atti erano
necessariamente inidonei, dal momento che il risultato non si è prodotto in concreto:. Infatti, l'elaborazione sul nesso di
il mancato percorso causale può dipendere da altri fattori.
causalità pone in chiaro che Gli atti della condotta umana
Restano idonei
dunque non perdono la loro idoneità, anche se non si traducono nel risultato che si aveva di mira.
perché potevano inserirsi in una serie causale che avrebbe portato al prodursi dell'evento. Perché – e arriviamo al
nocciolo della questione – fermarsi alle sole circostanze presenti al momento in cui l'atto si è realizzato? Un atto in sé
considerato può considerarsi come inidoneo, al momento della sua commissione, a.e. a cagionare la morte. Ma
circostanze verificatesi successivamente al momento della sua commissione possono fargli acquistare l'idoneità. Basti
pensare a chi somministra una dose di veleno bassisima ad un malato; malato che successivamente ingerirà dosi di
farmaco che, per reazione, potranno condurlo vicino alla morte. Ecco qui che l'idoneità di un atto inidoneo al momento
della condotta si può manifestare quale idoneo in un momento successivo, per la sopravvenienza di ulteriori
condiciones al fine della completezza
che lo gli faranno acquistare questa qualificazione. Per Gallo, dunque, di un
si devono tenere in conto tutte le circostanze ANCHE SUCCESSIVE alla condotta
giudizio di idoneità in concreto
dell'agente. livello di capacità
Nel giudizio di idoneità, infine, quale deve avere l'atto affinché acquisti rilevanza penale? Basta la
possibilità probabilità?
oppure è necessaria qualcosa di più, come la Per Gallo la seconda: insomma, una potenzialità
senza ragionevole dubbio che la condotta umana possa inserirsi
superiore alla media matematica; cioè l'attitudine
in una serie causale idonea al prodursi dell'evento.
La direzione non equivoca direzione non equivoca,
C'è un'altra nota che contrassegna sul piano oggettivo gli atti costitutivo di tentativo: è la
come dispone l'art. 56. requisito soggettivo;
In cosa consiste? I compilatori del codice la ritenevano un con il termine “diretti”, in particolare,
della condotta,
si intendeva dare risalto al finalismo cioè al dolo. il
La lettura sistematica ci consente, tuttavia, di discostaarci dall'intento del legislatore. Anzitutto teniamo conto che
tentativo è esso stesso illecito delittuoso: il suo elemento psicologico rilevante, quindi, non può che essere il dolo.
l'atto deve
Come per l'idoneità, anche la non equivocità dha bisogno di un referente: per porla sotto forma di domanda,
essere diretto in modo non equivoco a che cosa? scopo.
Allo oggettivamente diretti in modo non
Bisognerà, quindi, appurare se gli atti compiuto dall'agente si presentino come
equivoco al raggiungimento di tale scopo. In secondo luogo, bisognerò chiederci se questo comportamento fosse o no
sorretto da dolo. desunta da altri dati esterni alla condotta?
Come per l'idoneità, anche la non equivocità potrà essere Sì, per Gallo,
dal oento che anche l'esplosione di un colpo di arma da fuoco può essere motivata da una gamma di intenzioni; gamma
che và dalla effettiva volontà omicida, fino allo scherzo. medio: massime di esperienza,
Anche qui, occorrerà rinviare al metro di giudizio formulabile dall'osservatore alle
all'id quod plerumque accidit. La condotta va messa in relazione con le sue finalità; e l'osservazione andrà condotta
ontologia degli atti.
tenendo conto della giudizio di un estraneo
In conclusione, il criterio per accertare la direzione non equivoca dovrà essere fornito dal che
operi sulla scorta di massime di esperienza condivise e collaudate.
l'enunciazione idoneità sia superflua,
Ad ultimo, non resta che da chiederci se del requisito della dal momento che ad
una prima e sommaria analisi quello della direzione non equivoca sembra includerlo in sé stessa. No, non è superfluo:
ad un'analisi non sommaria – ma approfondita – i due requisiti sono entrambi indispensabili. Un atto potrebbe, infatti, 9
essere qualificato come inidoneo, ma non equivoco: a.e. la puntura di una bambolina vodoo in un contesto in cui tutti
hanno fede cieca nella magia.
La clausola del mancato intervento di un comportamento volontario del soggetto agente
Riportiamo il penultimo comma dell'art. 56:
Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora
questi costituiscano per sé un reato diverso. desistenza volontaria.
Quello del penultimo comma è il c.d. fenomeno della Fenomeno che dà luogo a mille problemi
gli atti idonei siano interrotti volontariamente,
ed interrogativi. Comunque, ogni volta che non si soggiace più alla
comportamento attivo od omissivo
pena per tentativo. Ma cosa deve intendersi per “interruzione volontaria”? In un
si estrinsechi la volontà e la presa di posizione dell'agente.
nel quale Sempre che la condotta precedente alla
desistenza volontaria presenti tutti i requisiti dei primi commi dell'art. 56: idoneità e direzione non equivoca: altrimenti
il tentativo non si è ancora realizzato. Così, se Caio si proponeva di realizzare un furto con scasso, ma poi ha
volontariamente desistito, sarà giusto ed equo attribuirgli almeno il furto con scasso.
Potrebbe, tuttavia, darsi il caso che il momento dell'azione si sia già concluso, e che per impedire l'evento sia necessario
recesso attivo,
intervenire nel processo causale. Siamo qui in presenza della figura del disciplinata dall'ultimo comma
del 56: Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo
alla metà.
È questo il fenomeno, a.e., di chi, dopo aver somministrato il veleno con l'intento di uccidere una persona, si “pente” e
gli procura l'antidoto, che gli salva la vita.
L'elemento psicologico del tentativo dolo.
La dottrina sostiene che nel tentativo l'elemento psicologico non può essere altro che il Affermazione esatta, ma
alla quale arriva per un ragionamento sbagliato: quello, cioè, che l'elemento psicologico del delitto tentato sia lo stesso
del delitto che si voleva commettere.
Gallo arriva ad una conclusione simile, ma con un ragionamento diverso.
Anzitutto, egli considera che la pena per il tentativo è sempre determinata con riferimento a quella prevista per il delitto
che si voleva realizzare. Inoltre, ex art. 42 II comma il riconoscimento che la condotta di tentativo ha natura delittuosa
esclude la possibilità che si possa, sempre con riguardo al tentativo, fare riferimento alla colpa o alla preterintenzione.
dolo intenzionale dolo diretto.
Diremo di più: il tentativo ci può essere solo con o con Il comportamento per un fine
dolo eventuale
diverso – che c'è invece nel – non dà luogo a tentativo: rigirando la questione, non può darsi tentativo
con dolo eventuale. Ciò non toglie che, anche quando ci sia incertezza sull'idoneità della propria azione a cagionare
l'evento, possa comunque esserci tentativo: è questa un'ipotesi che si configura proprio con la presenza del dolo
intenzionale. Non è quindi necessario parlare di dolo eventuale, neanche nel caso di dubbio sulla capacità della propria
condotta a cagionare l'evento.
Rapporti tra l'art. 56 e 49 c.p. regolano la stessa materia: doppione
Parte della dottrina sostiene che l'art. 49 ed il 56 sarebberro, insomma, l'uno il
dell'altro. Per Gallo è strano: il legislatore, infatti, non è aduso ripetere negativamente quanto già ha disposto in
positivo. Ma ci sono argomenti più vincenti che ci inducono a rigettare nettamente questa visione ed, anzi, a ritenere
norma cardine
l'art. 49 come una del sistema, norma che Trapani “inserirebbe all'art. 1 di un futuro progetto di
riforma del codice penale”.
Art. 49 Reato supposto erroneamente e reato impossibile. — Non è punibile chi commette un fatto non
costituente reato, nella supposizione erronea che esso costituisca reato.
La punibilità è altresì esclusa quando, per la inidoneità dell’azione o per la inesistenza dell’oggetto di essa, è
impossibile l’evento dannoso o pericoloso.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se concorrono nel fatto gli elementi costitutivi di un reato
diverso, si applica la pena stabilita per il reato effettivamente commesso.
Nel caso indicato nel primo capoverso, il giudice può ordinare che l’imputato prosciolto sia sottoposto a 10
misura di sicurezza.
Art. 56 Delitto tentato. — Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto,
risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.
Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è
l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.
Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora
questi costituiscano per sé un reato diverso.
Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo
alla metà.
Considerandoli uno il doppione dell'altro, come poco prima si scriveva, si arriverebbe al paradosso di assoggettare a chi
contravvenzione
commette un atto idoneo a commettere in modo non equivoco una (dal momento che l'art. 49 include
anche queste nel proprio ambito, a differenza dell'art. 56) a nessuna sanzione, mentre ad assoggettare chi commette un
misura di sicurezza,
atto non idoneo a commettere una contravvenzione alla così arrivando ad una grave
incongruenza: quella di dar luogo ad effetti penali più gravi per chi ha commesso un fatto meno grave.
idoneità dell'azione; atti idonei.
Ma continuiamo. L'art. 49 parla di il 56 di Gallo fa notare come dire azione è cosa
diversa dal dire atti. Il 56 ha sue presupposti negativi: che l'azione non si compia e che l'evento non si verifichi. Solo in
questi casi può aversi tentativo. impossibilità
L'art. 49 possiede, invece, un elemento positivo: la del verificarsi dell'evento dannoso o pericoloso.
carenza di conformità al tipo descrittivo, carenza di realizzazione dell'offesa contenuto
Se nell'art. 56 c'è nel 49 c'è
del reato. Questo è il punto centrale, che ci fa capire perché le due norme non si ripetono:
se l'iter criminoso è incompiuto;
Si applicherà l'art. 56
● se l'iter criminoso è compiuto, a difetta dell'offesa.
Si applicherà l'art. 49
●
L'art. 49 dichiara non punibile la condotta se l'oggetto è inesistente: come nel caso di chi avvelena un cadavere, oppure
chi ruba un chicco d'uva. Qui l'inesistenza o l'inidoneità dell'oggetto a costituire offesa fanno venire meno ogni
punibilità.
Atti preparatori ed atti esecutivi
Art. 115. Accordo per commettere un reato. Istigazione. — Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora
due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse
è punibile per il solo fatto dell’accordo.
Nondimeno, nel caso di accordo per commettere un delitto, il giudice può applicare una misura di sicurezza.
Le stesse disposizioni si applicano nel caso di istigazione a commettere un reato, se la istigazione è stata
accolta, ma il reato non è stato commesso.
Qualora la istigazione non sia stata accolta, e si sia trattato d’istigazione a un delitto, l’istigatore può essere
sottoposto a misure di sicurezza.
Vediamo da qui che nessuno è punibile per il solo fatto dell'accordo o dell'istigazione a commettere un delitto; residua,
misure di sicurezza.
comunque, l'applicabilità delle forza normativa
Ma è il momento di appurare quale forza ha l'art. 155 nella teoria del tentativo. La sua è costituita dal
atti atipici
fatto che accordo ed istigazione risulteranno se non seguiti da un comportamento che realizzi, almeno nelle
forme del tentativo, l'offesa all'interesse o agli interessi protetti. In un'ipotesi di commissione di un reato ad opera di più
persone, la tipicità degli atti posti in essere potrà affermarsi o negarsi solo se quegli atti sarebbero apparsi tipici in un
processo di esecuzione monosoggettiva. limite esterno
Alcuni sostengono che l'art. 115 funzioni da all'art. 56. Per avvalorare questa tesi bisognerebbe però
dimostrare che gli atti che cadono sotto la disciplina di quest'ultimo, se non ci fosse, ricadrebbero sotto la disciplina del
delitto tentato. Ma possono negarsi all'accordo ed all'istigazione i requisiti della idoneità e della direzione non
commetterlo,
equivoca? Per Gallo no: queste ultime non debbono essere genericamente volte ad un delitto, ma a
realizzarlo come autore immediato. Non può parlarsi di limite esterno proprio perché l'accordo e l'istigazione sono
far commettere non a commetterlo.
rivolte a un delitto, Ecco quindi che l'art. 115 non può funzionare da limite
non sottrae al tentativo condotte che altrimenti ne avrebbero potuto costituire possibile
esterno; in altri termini
realizzazione.
È bene, dunque, ribadire la distinzione:
Atti esecutivi: sono quelli idonei e diretti in modo non equivoco a commettere un delitto.
● Atti preparatori: sono atti idonei a commettere un delitto, ma sono privi di univocità.
● 11
Se il delitto tentato sia o no perfetto
Stante la distinzione poco sopra delineata fra atti esecutivi ed atti preparatori, ne dovremmo concludere ritenendo il
delitto tentato come un delitto perfetto: esso è infatti costituito dall'inizio di un fatto criminoso non portato a termine, e
atti esecutivi.
quindi da Insomma, il delitto tentato non è un delitto “fermatosi a metà strada”: esso invece fonda la sua
rilevanza sulla idoneità e sulla direzione non equivoca cui è diretto.
delitto tentato delitto perfetto,
Si pone perciò una domanda: il dà luogo ad un penalmente autonomo rispetto al delitto
delitto imperfetto?
realizzato, oppure ad un Non dovrà trarci in inganno nell'indagine il fatto che la sanzione per il
tentativo si “appoggi”, sia ricollegata a quella per il delitto consumato. Ciò è spiegabile considerando che è dovuto a
tecniche di economia normativa e di equità: economia normativa perché si evitano ripetizioni inutili; equità perché la
sanzione per il delitto tentato non può non tenere luogo della sanzione per il delitto realizzato.
autonomo nella struttura autonomo nella sostanza
Dobbiamo invece vedere se il tentativo resta ed della pena
comminata. delitto tentato e delitto consuato sono
Quale, al riguardo, il pensiero dei compilatori del codice penale? Per essi
violazioni della medesima disposizione di legge; illecito che trova la sua unità
momenti di realizzazione di un
nell'offesa, nella messa in pericolo di uno stesso interesse.
l'autonomia del tentativo viene meno ogniqualvolta che manchi un'indicazione precisa
Ciò significa che – ma che
alla stregua della quale si debba concludere che il delitto tentato è visto
non deve essere necessariamente esplicita –
come entità individua. segni chiari ed inequivocabili:
Ci vogliono altrimenti il delitto tentato è un modo di
realizzazione dell'offesa contenuto del delitto consumato.
Tentativo e delitto consumato
circostanze sono applicabili
Le nel delitto tentato? Vediamolo caso per caso.
circostanze comuni,
Con riguardo alle non c'è dubbio che esse siano applicabili: esse aggravano o attenuano tanto
l'illecito concretamente realizzato, quanto quello solo tentato.
circostanze speciali
Le sono invece quelle dettate in rapporto ad uno o più deterinati titoli di reato: esempi possono
essere rinvenuto negli artt. 576 e 577. Dottrina e giuridprudenza sono unanimi: ritengono che le circostanze, in questo
caso, si debbono applicare.
Spesso, però, può sembrare che una circostanza sia incompatibile con il tentativo, per la struttura del dato fattuale. A.e.,
nei delitti contro il patrimonio un'aggravante è quella della causazione di un danno di particolare gravità. Qui sembra
che, affinché tale aggravante venga in rilievo, deve esserci almeno l'evento dannoso, e non basta che si ponga soltanto
come oggetto della volizione o della rappresentazione dell'agente. Comunque, se a.e. un furto non ha avuto esito ma il
danno ha avuto effetti dannosi sull'oggetto di particolare valore, non ci sono dubbi che la circostanza sia applicabile.
La condotta costitutiva di tentativo, insomma, può risultare circostanziata solo ad opera di uno o più elementi accessori
antecedenti, contestuali o immediatamente successivi alla condotta.
non si dà tentativo di delitto circostanziato, ma tentativo circostanziato di delitto.
Un celebre brocardo dice infatti:
Tentativo: configurabilità in relazione a determinati tipi di delitto esclude
È bene, prima di cominciare l'indagine, porre in chiaro ancora una volta che l'art. 56, nella sua lettera, possa
tentativo di contravvenzione.
darsi luogo a Non ci sono dietro ragioni “ontologiche”, di teoria generale del diritto;
scelta dal carattere prettamente politico.
nulla avrebbe infatti impedito di considerarle. È, invece, una
il sistema non prevede tentativo nei delitti di attentato.
Possiamo anzitutto concludere con discreta certezza che
Sono questi reati nei quali la condotta è tipicizzata alla stregua di una potenzialità; nei quali, cioè, la condotta risulti
rivolta ed idonea a cagionare un determinato tipo di risultato. Qui il fatto oggettivo di reato non si allontana dallo
schema del tentativo; l'attentato, infatti, riposa tutto sul dato psicologico determinato dal fine. Teniamo comunque in
considerazione che, in questo tipo di reati, qualora la condotta risultasse inidonea a cagionare l'offesa potrà sempre
trovare applicazione l'art. 49 II comma: a.e. qualora dovessi scrivere una lettera ai capitani reggenti della RSM
invitandoli ad annettere il Triveneto. delitti unisussistenti
Dubbi nascono a proposito di altri tipi di delitti. Molti, a.e., sostengono che nei – che si realizzano
non possa darsi tentativo.
o si consumano con un unico atto – Un esempio di un delitto di tale sorta è l'ingiuria 12
consistente di un'unica parola; risulta perciò strano a taluni che prima della parola che realizza e consuma l'illecito possa
darsi un atto idoneo diretto in modo non equivoco all'atto stesso. E, anche se tale atto potesse configurarsi, la verifica
sarebbe impossibile.
Tuttavia, per Gallo, questa difficoltà è dovuta solo ad un difetto nella capacità di ragionamento astratto. Ragionando ben
bene, non è difficile acclarare che può darsi tentativo anche nei delitti unisussistenti. Pensando all'ingiuria, a.e., si può
supporre che l'agente venga sorpreso in appostamento per il passaggio della vittima designata, vittima che è uno
straniero, con un foglio con su scritta una parola della lingua della vittima – che l'agente non conosce – lesiva dell'onore
della vittima, insieme ad un altoparlante che renda più plateale l'offesa. Nonostante l'esempio sia “scoppiato”, esso ci è
l'elemento unisussistente non è strutturalmente inidoneo a
servito ad avvalorare la tesi di Gallo: quella cioè per cui
dare tentativo, e che – semmai – i problemi possono nascere in ordine alla grave difficoltà dell'accertamento.
delitti di
Ancora, posizione negativa è stata da parte della dottrina assunta in tema di configurabilità di tentativo nei
omissione propria: quelli consistenti nella mancata tenuta della condotta cui si era giuridicamente obbligati. Il
problema però cessa di porsi come tale allorché ci muoviamo nell'ottica della concezione di Gallo (già esposta nel II
termine.
volume, I parte) di questi tipi di delitti, i quali presupporrebbero sempre un La condotta omissiva non si
perfeziona sempre alla scadenza di detto termine, ma può anche darsi che il titolare dell'obbligo possa porsi in una
situazione nella quale l'adempimento del dovere sia reso impossibile. Pensiamo, ad esempio, a colui sul quale grava il
dovere di consegnare una somma di denaro entro un certo termine, che venga sorpreso su un aereo, con la somma in suo
possesso, mentre questo sta partendo. Siccome le linee aeree non dispongono del servizio che garantirebbe il rientro
dell'agente nel termine stabilito, qualora Tizio venga fermato sull'aereo, prima che esso decolli, non potrà negarsi la sua
imputabilità a titolo di tentativo. delitti di omissione impropria.
Gli stessi dubbi hanno riguardato i Delitti qualificati, ai sensi del II comma 40, da un
evento naturalistico come conseguenza di una condotta omissiva. Ma qui Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel
ritenere la configurabilità del tentativo: basti pensare alla balia, che cessa di nutrire il bambino affidatole, che viene
scoperta prima che la denutrizione di questi diventi irreversibile.
delitti sottoposti a condizione obiettiva di punibilità:
Puntualizzazione meritano i quei delitti nei quali sono richiesti
eventi tenuti fuori dall'area coperta dalla volontà colpevole; eventi che stanno significare che l'offesa è ormai
pubblico scandalo,
divenuta definitiva. Così accade nell'incesto, in cui c.o.d.p. è costituita dal e nella bancarotta
sentenza dichiarativa di fallimento.
fraudolenta, dove invece essa è costituita dalla
È qui indubbio che, senza il quid pluris dell'evento, non punò darsi tentativo. Altrimenti è evidente che il sistema si
metterebbe in contraddizione; esso stesso in contrasto con le sue scelte. Questo però non significa che non possa darsi
pleno iure
Tentativo che si realizzerà
tentativo anche nei delitti sottoposti a condizione obiettiva di punibilità. quando,
agli “atti idonei diretti in modo non equivoco” seguirà il verificarsi della condizione obiettiva di punibilità.
configurabile delitti a condotta plurima:
Ancora, il delitto è anche nei quei delitti nei quali la consumazione è data
dalla realizzazione di un'azione preceduta da na realizzazione di un'altra azione dell'agente. A.e. l'art. 485, nella scrittura
privata, di chi usi una scrittura falsa come mezzo probatorio.
preterintenzionale
Invece, nell'omicidio – che è poi l'unico caso di preterintenzione o delitto oltre l'intenzione esistente
tentativo è incorporato
– il nello stesso delitto. Qui non c'è via di mezzo: non può esserci tentativo di omicidio
tentato omicidio omicidio preterintenzionale.
preterintenzionale, ma solo o È infatti la stessa struttura della
preterintenzione ad escludere l'ipotesi e la configurabilità del tentativo.
Desistenza volontaria e recesso attivo
Riportiamo il II ed il III comma dell'art. 56:
Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora
questi costituiscano per sé un reato diverso.
Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo
alla metà. desistenza volontaria:
Il III comma configura l'istituto della l'azione criminosa qui si arresta prima che sia messo in
manifestazione di volontà
moto il processo causale, successivamente distinto dalla condotta dell'agente. Qui la cade in
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criminosa tutta nel dominio
un momento nel quale l'azione è ancora dell'agente.
recesso attivo:
Il IV comma, invece, quello del la condotta dell'agente ha qui già messo in moto il processo causale in
controazione.
grado di sfociare nell'evento; si rende necessaria una Siamo in uno stadio più avanzato rispetto alla
desistenza volontaria: stato che giustifica l'applicazione della pena, anche se fortemente diminuita, al contrario del
primo caso, in cui la punibilità è esclusa.
Se, nella teoria, i confini tra le due figure sembrano lineari e precisi, nella realtà essi danno luogo a rilevanti problemi di
demarcazione. Cominciamo quindi col vedere quali sono gli elementi che danno luogo alle figure della desistenza
volontaria e del recesso attivo.
vecchio codice penale
Il prevedeva una formula diversa: quella della “desistenza dallo scopo”. Oggi è invece prevista
la “desistenza volontaria”. Prima, così, non era considerato desistente il ladro che interrompesse l'azione criminosa con
Non si dava abbandono dallo scopo,
l'intento di tornare l'indomani, pensando di trovare in tal modo più lauto bottino.
quando il raggiungimento era solo rinviato;
insomma, quel che conta oggi con il “nuovo” codice non è il pentimento,
volontaria desistenza.
il ravvedimento, qualche inflessione di un accento morale: quello che conta è solo la Neanche
motivi di interesse, paura, tornacont, ecc., hanno una qualche rilevanza. Dove “volontaria” significa che essa deve
riconducibile ad una scelta volontaria dell'agente.
essere La prossimità dell'arrivo delle forze dell'ordine, ad esempio,
varrà ad escludere una volontarietà nella desistenza: qui infatti l'elemento volontario viene meno. Insomma, la
retta dalla ragionevolezza di opzione.
desistenza deve essere interruzione della condotta:
Ora però un dilemma si pone; due scuole di pensiero si contrappongono sulla
azioni altrui,
C'è chi pensa che essa debba tenere conto anche delle cosicché si rimane nell'ambito della
● desistenza volontaria se, con una gomitata, si fa cadere il bicchiere con l'acqua avvelenata che la vittima
designata sta per bere; lettura restrittiva,
C'è chi propende per una per cui la desistenza si applica nei limiti della condotta
● dell'agente, e tutto ciò che segue può essere solo recesso attivo.
Gallo si schiera con la seconda teoria: quella della lettura restrittiva. Il processo causale, secondo lui, ancora non deve
essersi sviluppato: il discrimine è dato dalla circostanza che il processo causale ancora non si sia messo in moto.
Siccome la desistenza volontaria può essere colta anche nel compimento di azioni positive volte ad impedire l'innescarsi
del processo eziologico, qual'è qui il confine con il recesso attivo? Per Gallo, dal momento che la norma in esame, al IV
evento in senso naturalistico, recesso attivo è concepibile soltanto nei reati ad evento
comma, parla di il
naturalistico. In questi, due sono le possibilità: o la condotta non è portata a termine (e si avrà desistenza), o si spezza
il flusso causale quando la condotta si è già compiuta (ed allora si avrà recesso attivo).
delitti di omissione impropia,
Nei invece, la linea di confine è meno netta. Qui la desistenza volontaria è caratterizzata
ripresa dell'attività dovuta:
dalla a.e. la balia “desisterà” riprendendo a nutrire il bambino che le è stato affidato. Ed il
recesso? Qui sarà necessario portare il bambino al pronto soccorso. Ma bene può osservarsi che la balia potrebbe
portare ben prima del necessario – magari perché presa dall'agitazione – il bambino all'ospedale.
Qui il discrimine sarà dato dal fatto che, se a scongiurare l'evento sarebbe stata sufficiente la mera ripresa dell'attività, il
portare il bambino all'ospedale non sarà altro che una sovrabbondanza in precauzione. Se invece portarlo è necessario
necessario altro e diverso comportamento
affinché si salvi, cioè è da quello dovuto, allora vi sarà recesso attivo.
natura giuridica
È ora il momento di acclarare la tanto del recesso quanto della desistenza, nella fattispecie del delitto
tentato alla quale ineriscono.
desistenza. cause estintive del reato,
Cominciamo con la Essa è per Gallo riconducibile alle cioè agli artt. 150 e ss.
vengono meno anche le pene accessorie e le misure di sicurezza.
Con la desistenza, infatti, Altra sistemazione non
sarebbe possibile: non può infatti essere annoverata fra le esimenti, art 59 II comma, perché così si verrebbe ad
escludere il dolo per un comportamento successivo a quello che ha sorretto la condotta dell'agente. Unica obiezione che
può muoversi alla nostra tesi è quella che il legislatore ha rinunciato a definirla quale causa estintiva del reato in
fatti giuridici innominati
maniera espressa. Ma non è obiezione vincente: molti sono i che possono essere
tranquillamente ricondotti alla stessa categoria di altri fatti invece dotati di qualifica espressa. Tantopiù che, quando il
legislatore esprime il suo punto di vista scientifico, definendo il nomen iuris di certi fatti spesso finisce nei guai: basti
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DESCRIZIONE APPUNTO
Appunti per l'esame di Diritto penale del professor Trapani riguardanti il reato circostanziato. Le circostanze sono quegli elementi di fatto o di diritto che consentono di irrogare la pena, tenendo conto di chi è il reo e di cosa è stato il reato, ma che non fanno parte della struttura del reato secondo la fattispecie delineata dalla norma penale incriminatrice.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Roma Tre - Uniroma3 o del prof Trapani Mario.
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