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REATI CONTRO L’AMMINITSRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

La tutela della giustizia penale, civile e amministrativa.

Quello dei reati contro l’amministrazione della giustizia è un settore che presenta un certa frequenza

nella realizzazione dei reati e che denota spesso problemi interpretativi di non lieve peso: sussistono

infatti numerosi contrasti dottrinali e giurisprudenziali dovuti al fatto che il legislatore ha dimostrato

una fantasia esasperata nel prevedere tali reati, spesso dilatando notevolmente le fattispecie

criminose (ma è pur vero che anche altri ordinamenti prevedono un congruo numero di fattispecie a

tutela dell’amministrazione della giustizia).

Innanzitutto è opportuno chiedersi quale giustizia tutelino dette fattispecie: dovrebbe trattarsi della

giustizia in generale, senza aggettivazioni, ma in realtà le norme sono particolarmente sbilanciate a

tutela della giustizia penale (la tutela della giustizia civile è più marginale, e quella della giustizia

amministrativa lo è ancora di più). È pur vero che vi sono reati che attraversano tutti i settori (la

stessa corruzione in atti giudiziari è un reato essenzialmente contro la giustizia, coprendo tutte le

giurisdizioni), ma, ad esempio, la falsa testimonianza copre la giustizia penale e civile e non quella

amministrativa (lo strumento della testimonianza infatti non riguarda il processo amministrativo).

Alcune norme sono poi dedicate espressamente alla giustizia civile: si pensi all’inosservanza di

determinati provvedimenti del giudice (art. 388). Ma si tratta di eccezioni, poiché i reati di questo

settore che maggiormente interessano sono largamente appiattiti sul percorso di un processo penale.

I reati di omessa denuncia.

Il fatto che i reati di cui si tratta interessino soprattutto il procedimento penale è altresì evidente

dalla struttura del relativo titolo del codice, il quale non presentati i reati secondo una scala di

gravità, magari discendente, ma segue un ordine diverso. Infatti, proprio perché sullo sfondo rimane

sempre evidente l’attenzione verso il settore penale, il legislatore si preoccupa innanzitutto

dell’afflusso delle notizie di reato e tende a garantire questo stesso afflusso attraverso norme che

incriminano l’omessa denuncia (tale categoria di reati non ha peraltro conosciuto novità di rilievo

negli ultimi anni).

Tale tutela è senza dubbio collegata all’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale: se

l’ordinamento prevede che il PM debba esercitare l’azione penale nei confronti di qualsiasi reato

procedibile d’ufficio, è importante che egli venga messo nelle condizioni di conoscere la

commissione di questi reati, e quindi occorre garantire un afflusso di notizie di reato rispondente, in

primo luogo, alla realtà (in seguito ci occuperemo delle notizie di reato false).

È innanzitutto opportuno sottolineare come sia prevista una diversa modulazione degli obblighi di

denuncia in riferimento alla specifica qualifica dei soggetti che sono tenuti a presentarla. I maggiori

obblighi incombono su coloro che svolgono funzioni di PG, e ciò è ragionevole, poiché tra i

compiti della PG rientrano il dover cerare le notizie di reato e la collaborazione con gli organi del

PM: per cui un’omissione consapevole (si tratta di reati dolosi) nella trasmissione della notizia di

reato è particolarmente allarmante qualora provenga dalla PG. Peraltro, coloro che svolgono tale

funzione sono obbligati a denunciare i reati procedibili d’ufficio di cui siano venuti a

conoscenza in qualunque modo: taluni usano un’immagine inappropriata per la quale questi

soggetti sarebbero costantemente in servizio, ma è pur vero che essi sono tenuti a denunciare i reati

di cui vengono a conoscenza, anche nell’ambito della loro privata, proprio perché investiti nella

funzione di PG.

Una seconda categoria di soggetti ha invece un obbligo meno intenso: coloro che genericamente

svolgono una pubblica funzione o un pubblico servizio (pubblici ufficiali e incaricati di pubblico

servizio) sono tenuti a denunciare i reati di cui vengono a conoscenza nell’esercizio della

funzione o del servizio o a causa dell’esercizio della funzione o del servizio. Ad esempio, il

sindaco è tenuto a denunciare determinati illeciti avvenuti nell’amministrazione da lui diretta sia

quando li percepisce durante lo svolgimento della sua funzione sia qualora qualcuno glieli segnali in

quanto vertice di quel settore dell’amministrazione; viceversa, il medesimo soggetto in gita

domenicale, ovvero nell’ambito di un’attività squisitamente privata, qualora assista ad una rissa non

è tenuto a denunciare i rissanti (a differenza del poliziotto o del carabiniere, tenuti sia ad intervenire

che a denunciare).

Il normale cittadino normalmente non viene gravato da obblighi di denuncia, eccezion fatta per

una particolare obbligatorietà imperniata sui reati contro lo stato (art. 364), ma solo se puniti con

l’ergastolo (ovvero i più gravi): tuttavia, si tratta di vicende assolutamente prive di riscontri

giurisprudenziali, data l’estrema difficoltà nell’individuare un soggetto consapevole di questi reati e

che non ne sia anche coinvolto.

Alcuni obblighi di denuncia concernono i soggetti che svolgono professioni sanitarie (art. 365):

questi ultimi (in genere incaricati di pubblico servizio, ma non sempre) sono tenuti a segnalare i

reati (la norma parla di delitti per i quali si debba procedere d’ufficio) di cui vengono a conoscenza

nel prestare la loro assistenza o opera (tramite l’obbligo di referto), ma non quando questa

denuncia potrebbe frenare il ricorso alle cure da parte del soggetto che si rivolge a loro, ovvero

qualora il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale. In tal caso, ai sensi del c. 2,

sussiste un esonero dalla responsabilità per l’omissione di referto.

La simulazione di reato.

Le norme appena analizzate, in tema di omessa denuncia, si preoccupano di far giungere all’autorità

giudiziaria notizie di reato che siano vere. I reati che seguono si occupano ancora di notizie di

reato, ma questa volta prendendo in considerazione quelle non fondate: in effetti, in concreto può

presentarsi il rischio che l’amministrazione della giustizia venga messa in movimento sulla base di

notizie di reato fasulle e inconsistenti, e in tale contesto compare, su un versante speculare rispetto a

quello dei reati di omessa denuncia, la simulazione di reato, la cui ratio è appunto quella di non far

pervenire all’autorità giudiziaria o alla PG notizie di reato che non abbiamo un fondamento nella

realtà.

Art. 367 (simulazione di reato): chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se

anonima o sotto falso nome, diretta all'autorità giudiziaria o ad un'altra autorità che a quella

abbia obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto un reato, ovvero simula le tracce di

un reato, in modo che si possa iniziare un procedimento penale per accertarlo, è punito con la

reclusione da 1 a 3 anni.

La norma delinea un doppio modello di simulazione di reato: una simulazione formale, presa in

considerazione dalla prima parte della disposizione e più frequente, ed una simulazione reale.

La prima si estrinseca in comportamenti di denuncia, querela, richiesta o istanza (queste ultime

due rappresentano modelli del tutto peculiari, intervenendo per reati commessi all’estero) che

devono essere presentate o all’autorità giudiziaria (ipotesi abbastanza rara nella prassi) oppure

ad altra autorità che sia obbligata a riferire all’autorità giudiziaria stessa, e mediante i quali si

afferma falsamente essere avvenuto un reato. A questo punto occorre capire fino a che punto

colui che si inventa un reato entra nell’area di applicazione della simulazione: a tal fine il concetto

di altra autorità deve essere interpretato restrittivamente, per cui non rileva qualunque pubblico

ufficiale ma solo un soggetto che svolga funzioni di PG (per cui la denuncia rilevante ai fini della

simulazione non si sostanzia nel comportamento di taluno che si rivolge, ad esempio, al capoufficio

per segnalare un reato, ma si richiede un contatto diretto o con gli organi del PM o con soggetti che

svolgono funzioni di PG).

A tal proposito è però opportuno tenere a mente alcuni principi di carattere generale: stante quanto

appena detto, si potrebbe pensare che un soggetto, il quale voglia far partire un indagine a vuoto,

possa trovare conveniente non rivolgersi direttamente alla PG ma utilizzare come tramite, ad

esempio, il soggetto a lui gerarchicamente sovraordinato in un struttura pubblica (perché ai fini

dell’applicazione dell’art. 367, data l’interpretazione di “altra autorità” che si è appena fornita, non

è sufficiente trasmettere la falsa denuncia al dirigente dell’ufficio). In realtà, qualora tale soggetto

strumentalizzi colui al quale si rivolge, ben sapendo che quest’ultimo presenterà denuncia

all’autorità giudiziaria/PG, risponderà comunque di simulazione di reato: ciò perché in base

all’art. 48 (errore determinato dall’altrui inganno) del reato di cui oggettivamente si “macchia” il

dirigente, che sulla base dell’input ricevuto trasmette la falsa notizia di reato alla PG, risponde il

primo soggetto, perché il dolo di questo comportamento è riferibile a colui che ha fornito la falsa

informazione. In altre parole, se tale soggetto ha tenuto questo comportamento perché ben

consapevole del fatto che il dirigente avrebbe denunciato alla PG il fatto riferitogli, diventa autore

mediato della simulazione di reato (si tratta naturalmente di casi marginali, ma è utile riportarli al

fine di evitare una lettura troppo scolastica del fatto che la denuncia debba essere direttamente

presentata agli organi indicati dalla norma: può darsi infatti il caso di un autore del reato che usi, per

compiere una simulazione, uno strumento umano in buona fede. In tali casi soccorre la norma di

carattere generale dell’art. 48, la quale dà rilevanza, quale soggetto attivo, proprio a chi utilizza un

altro soggetto in buona fede per commettere il reato).

Questa prima forma di simulazione, c.d. formale, consiste quindi in una dichiarazione realizzata e

fatta pervenire a soggetti i quali in seguito sono tenuti ad avviare le indagini e, eventualmente,

l’azione penale. Quanto alla figura parallela della simulazione reale, essa riguarda i

comportamenti di chi crea false tracce di reato, ovvero pone in essere una messa in scena che

faccia pensare che sia avvenuto un reato. Tale comportamento, ovviamente meno frequente, a volte

si sostanzia in messe in scena che hanno una loro ragionevolezza, attuate

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Publisher
A.A. 2014-2015
51 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vale.ntina83 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Pisa Paolo.