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DIBATTIMENTALI
1. GENERALITÀ
Il fascicolo per il dibattimento, composto come è detto dagli atti relativi a informazioni non acquisibili col metodo orale, e quindi naturalmente esile, è destinato ad arricchirsi di contenuti durante o all'esito del dibattimento: come chiarisce l'art. 515 c.p.p. vi confluiscono infatti il verbale del dibattimento, che contiene, evidentemente la documentazione di tutte le attività istruttorie dibattimentali, i documenti la cui acquisizione sia stata richiesta dalle parti o disposta dal giudice ex officio, nonché i verbali degli atti d'indagine dei quali nel corso del dibattimento sia stata data lettura. Quanto ai verbali degli atti di indagine, la lettura condiziona e precede la loro acquisizione al materiale probatorio valutabile per la decisione: per alcuni verbali, ossia per quelli relativi ad atti ontologicamente irripetibili in dibattimento (artt. 511 e 511-bis c.p.p.), si tratta di una lettura,
dunque di una ‘acquisizione’, prevista direttamente dalla legge, come epilogo (naturale) dell’inserimento dell’atto nel fascicolo dibattimentale al momento del suo iniziale confezionamento, questo pure disposto ex lege (art. 511 c.p.p.), oppure all’esito di una richiesta di parte, come accade per i verbali di altri procedimenti (art. 511-bis c.p.p.). Per altri verbali la lettura consegue ad una iniziativa della parte che intende per questa via somministrare al giudice una informazione contenuta in un atto, compiuto nelle indagini, che sia divenuto accidentalmente irripetibile col metodo orale. 2. LETTURE E ORALITÀ Il giudice del dibattimento ha l’obbligo di disporre, anche d’ufficio, la lettura degli atti presenti nel fascicolo del dibattimento (art. 511 c.p.p.): si tratta di atti che documentano acquisizioni investigative irripetibili (art. 431 comma 1 c.p.p.) o che le parti concordi abbiano deciso di inserire nel dossier (artt. 431 comma 2 e493 comma 3 c.p.p.). Qualsiasi lettura degli altri atti investigativi, raccolti nel fascicolo del p.m., è di regola vietata, le eccezioni sono costituite da ipotesi in cui elementi già 'registrati' durante le indagini diventano, per varie cause, irripetibili; in questi casi la lettura potranno avvenire, però, solo su iniziativa di parte, e una volta che siano state riscontrati, in contraddittorio, i presupposti di legge (artt. 511, 512, 512-bis, 513 c.p.p).
La lettura di atti d'indagine rappresenta un metodo di acquisizione probatoria alternativo al contraddittorio nella formazione della prova, che trova la sua ratio legittimante nella 'impossibilità oggettiva' di cui all'art. 111 comma 4 Cost..
È discutibile che la lettura sia un portato della pubblicità del dibattimento: il fatto che l'art 511 comma 5 c.p.p., terzo e quarto periodo) abbia positivizzato la vecchia prassi di dare 'per letti' i verbali predibattimentali,
In sostituzione della lettura, salvo diversa opzione delle parti, dimostra che quel 'controllo della collettività sul processo' assicurato dal principio di pubblicità non ha ad oggetto l'esattezza o l'accuratezza della decisione, quanto la lealtà e la correttezza del dibattimento, ossia del comportamento delle parti ma specialmente del comportamento del giudice nei confronti delle stesse.
È parimenti discutibile che la 'lettura dibattimentale' sia espressione del principio di oralità dell'istruzione penale, tenda ad assicurare realizzicompensi: l'uso della parola (cd. oralità in senso stretto) quale strumento di comunicazione dibattimentale del contenuto delle prove scritte non ripara alla mancata oralità come tecnica di formazione dibattimentale della prova (cd. oralità-immediatezza), che si realizza solo quando il quale la prova si forma nel contraddittorio delle parti e davanti al giudice.
della decisione.Il valore metodologico della lettura sta, piuttosto, nella capacità di provocare una conoscenza "comune e contestuale" dell'atto in tutti i partecipanti al processo, ponendo in grado "gli uffici giudiziari" (dell'accusa, della difesa e della decisione) "di scambiare i propri giudizi con immediata possibilità di percezione e di reazione" (F). Essa è dunque principalmente uno strumento attuativo del contraddittorio processuale sulle prove formate fuori dal dibattimento.
La strumentalità al contraddittorio, fondamento dell'istituto della lettura, è anche il suo limite: solo in un processo "di stretta osservanza accusatoria", imperniato sulla giuria, sarebbe imprescindibile "una percezione corale delle prove ad opera dei partners del contraddittorio e del giudice" (C); nel nostro sistema, fondato sui giudici professionali con obbligo di motivazione, la
Lettura dei verbali delle attività informative extradibattimentali è imprescindibile soltanto quando, stimolando la discussione, serva a garantire un contraddittorio, ancorché postumo, inteso come "giudizio collettivo" - del giudice e delle parti - sulla prova. La lettura è dunque, in primis, un mezzo affinché il giudice verifichi alla presenza delle parti, la legalità-ammissibilità della prova fornita dall'atto investigativo. Il giudice potrebbe operare questo controllo anche a prescindere dalla lettura, eventualmente in camera di consiglio, ma è opportuno che questa verifica avvenga ad istruzione aperta e di fronte alle parti, le quali in tal modo potranno contribuire al controllo e, quando si rinvenga la non-utilizzabilità di una prova, ripiegare su un'iniziativa probatoria alternativa. In caso contrario qualsiasi errore in questa verifica (esclusione di prove valide valutazione di prove invalide) sarebbe
Rimediabile solo in sede di impugnazione, con evidente diseconomia.
In secondo luogo, la lettura dei verbali investigativi è uno strumento di argomentazione offerto alla parte per dimostrare o confutare il rilievo probatorio dell'atto (o di altre prove acquisite, che il contenuto di quell'atto può riuscire a 'spiegare'). Ecco perché quando la lettura non risulti in concreto funzionale al contraddittorio, essa può essere sostituita dalla 'indicazione di utilizzabilità dell'atto ai fini della decisione' (art. 511 comma 5 c.p.p.), che 'ostenta' alle parti il verbale d'indagine senza palesarne il contenuto.
Sebbene qualcuno ritenga che l'espediente sia impiegabile nelle letture di atti del fascicolo dibattimentale (art. 511 c.p.p.) e non anche in quelle riguardanti verbali del fascicolo del p.m. (artt. 511-bis - 513 c.p.p.: l'allegazione di questi ultimi al dossier ufficiale, ex art. 515
c.p.p.passerebbe necessariamente attraverso una lettura effettiva) (N ) da altraOBILIdottrina, e nella prassi, l’art. 511 comma 5 c.p.p. viene considerata normagenerale in tema di letture (P ). In questa prospettiva, il verbaleISAPIAinvestigativo che il giudice nel contraddittorio delle parti riscontri come‘leggibile’ vale come se fosse indicato, salvo che una delle parti richieda lasua lettura effettiva.L’’indicazione’ consente ed impone un pronunciamento del giudicesull’utilizzabilità, in concreto, di ciascuno degli atti selezionati astrattamentedal legislatore (ex art. 431 comma 1 c.p.p.) o dalle parti (art. 431 comma 2c.p.p.) oppure dei verbali a contenuto dichiarativo dei quali una parte chiedail recupero probatorio, invocando le condizioni di cui agli att. 512-513c.p.p.. L’operazione ha effetti diversi a seconda che l’atto sia già presentenel fascicolo dibattimentale o provenga invece da quello del p.m..
In quest’ultimo caso l’indicazione (espressa o per facta concludentia) è sicuramente conditio sine qua non della sua acquisizione al processo. Nel primo caso, l’omessa indicazione di un atto tra quelli utilizzabili, o è frutto di una mera svista, che non ne impedisce la valutazione in sede decisoria (l’atto è stato comunque esposto al contraddittorio), oppure concreta una mancata acquisizione nel senso che, esprimendo una valutazione di non-utilizzabilità dell’atto, esclude lo stesso dalle fonti della decisione. Quanto alla lettura effettiva dell’atto, essa è di regola disponibile dal giudice, risultando ‘obbligatoria’ solo quando sia richiesta dalla parte come strumento argomentativo (art. 511 comma 5 c.p.p. quarto e quinto periodo): in queste ipotesi l’omissione sembra tuttavia determinare - più che una mancata acquisizione (l’atto risulta, almeno implicitamente ‘indicato’) -unalesione del diritto delle parti a partecipare attivamente al dibattimento, produttiva di nullità ex art. 178 lett. b) o lett. c) c.p.p.502. L ( . 511 . . .)ETTURE DAL FASCICOLO DEL DIBATTIMENTO ART C P PArt. 511 - Letture consentite.
- Il giudice anche di ufficio, dispone che sia data lettura, integrale o parziale, degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento.
- La lettura di verbali di dichiarazioni è disposta solo dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che l'esame non abbia luogo.
- La lettura della relazione peritale è disposta solo dopo l'esame del perito.
- La lettura dei verbali delle dichiarazioni orali di querela o di istanza è consentita ai soli fini dell'accertamento della esistenza della condizione di procedibilità.
- In luogo della lettura, il giudice, anche di ufficio, può indicare specificamente gli atti utilizzabili ai fini della decisione (526). L'indicazione degli atti equivale alla loro lettura. Il giudice
Disponetuttavia la lettura, integrale o parziale, quando si tratta di verbali didichiarazioni e una parte ne fa richiesta. Se si tratta di altri atti, il giudice è vincolato alla richiesta di lettura solo nel caso di un serio disaccordo sulcontenuto di essi.
La facoltà di chiedere la lettura o l'indicazione degli atti, prevista daicommi 1 e 5, è attribuita anche agli enti e alle associazioni intervenuti anorma dell'art. 93. La lettura degli atti già inseriti nel fascicolo al momento del suoiniziale confezionamento consente la verifica, nel contraddittorio delle parti,delle condizioni di utilizzabilità di ciascun atto, fin'ora selezionati solo inbase a tipologie fissate ex lege o ad un accordo tra i contendenti.
In dottrina è assunto pacifico che la lettura ex art. 511 c.p.p. serva daveicolo di 'acquisizione' dei verbali.