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SECONDA IPOTESI – DOVERE IMPOSTO DA UN ORDINE LEGITTIMO DELLA PUBBLICA AUTORITA’:
L'ordine deve essere LEGITTIMO, cioè emanato sulla base di una norma giuridica che autorizza la pubblica autorità ad emetterlo (rango primario della fonte).
Nessuna rilevanza scriminante ha l'ordine del privato, perché solo la pubblica autorità agisce per l'interesse pubblico, unico interesse che può prevalere sull'interesse altrettanto pubblico tutelato dalla norma penale.
Esistono due tipologie di ordini, quelli GERARCHICI e quelli di POLIZIA.
•I primi si inseriscono in un rapporto qualificato di dipendenza pubblicistica in forza del quale la condotta di un soggetto è vincolata alla volontà di un organo sovra ordinato (esempio: ordini impartiti
nell'ambito militare).
•L'ordine di polizia si inserisce nell'esercizio da parte della pubblica autorità di un potere di esigere determinate prestazioni da parte del privato o di disciplinare determinati settori della vita sociale (circolazione
stradale, produttivo ecc).
Concetto di legittimità dell'ordine, esistono due profili di legittimità:
•FORMALE quando l'ordine proviene dall'autorità competente ad emanarlo, quando si rivolga ad un soggetto competente ad eseguirlo e quando viene emesso nelle forme prescritte dalla legge (esempio:
l'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP, rivolta agli organi di polizia giudiziaria, rispetta i criteri di forma degli artt. 273 ss. c.p.p.);
•SOSTANZIALE, che attiene al contenuto dell'ordine, esso è sostanzialmente legittimo quando è emesso in presenza dei presupposti legalmente stabiliti affinché sorga il potere di emanarlo e il correlativo
potere di eseguirlo (ordinanza di custodia cautelare, l'ordinanza è sostanzialmente legittima quando, ad esempio, è stata emessa in presenza di gravi indizi di colpevolezza e sussistono le esigenze cautelari indicate
dall'art. 274 c.p.p.).
In difetto di questi presupposti, il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine, ai sensi dell'articolo 51 comma 2, dovrà rispondere del fatto commesso dal suo sottoposto.
L'esecutore, peraltro, sarà a sua volta normalmente punibile: art. 51, 3° e 4° comma prevedono però due eccezioni:
•3° comma, stabilisce che risponde del reato anche chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo;
•4° comma, soggiunge che non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo quando la legge non gli permette alcun sindacato sull'ordine.
TERZO COMMA: uno potrebbe chiedersi perché il legislatore ha sentito il bisogno di stabilire che il soggetto che ha eseguito l'ordine, in caso di errore di fatto sulla legittimità dell'ordine, non debba
essere punito (una conseguenza di questo tipo discenderebbe dall'applicazione della scriminante putativa, art. 59 comma 4 il soggetto che suppone erroneamente la sussistenza di una scriminante, come nel
caso di specie dove il soggetto suppone la legittimità dell'ordine impartitogli, andrà esente da pena, salvo l'ipotesi di errore dovuto a colpa, in quest'ultimo caso, se il reato è punito anche per colpa, il soggetto
potrà esser punito per colpa).
Quale è, allora, il senso dell'art. 51 comma 3? Se la leggiamo, ci accorgiamo che questa disposizione non ripropone esattamente l'art. 59 comma 4, infatti non è espressamente prevista la punibilità del
soggetto nel caso di errore dovuto a colpa, inoltre si fa riferimento esclusivo ad un errore di fatto (mentre l'art. 59 comma 4 non fa esclusivo riferimento all'errore di fatto, richiama tutta la disciplina
dell'articolo 47 c.p. che, al terzo comma, fa riferimento alla valenza esimente, perché esclusiva del dolo, anche dell'errore sul fatto discendente da un errore su legge extra penale, cioè di diritto sul fatto).
Perché l'art. 51 comma 3 non si fa riferimento all'errore di diritto sul fatto? Perché in questo caso l'errore di diritto (cioè un errore sulla normativa da cui dipende la legittimità formale dell'ordine) si
risolverebbe sostanzialmente in un errore sull'illiceità, perché sarebbe un errore che attiene alle regole che ineriscono al fondamento stesso del rapporto ordinatorio, dunque sarebbe un errore non
distinguibile da quello previsto dall'articolo 5 c.p. (sul precetto) Ecco perché il 51 terzo comma deroga al 59 comma 4 (dice: è vero, il soggetto andrà esente da pene in caso di errore, ma non tutti
gli errori sulla scriminante giustificheranno questa soluzione, ma esclusivamente gli errori di fatto).
Quanto alla mancata espressa previsione della punibilità per colpa, il silenzio del legislatore è dovuto al fatto che la funzione dell’art. 51 comma 3 è quella di introdurre una deroga alla valenza esimente
dell'errore di diritto sulla scriminante.
QUARTO COMMA, ordine criminoso insindacabile: questo fa riferimento all'ipotesi di illegittimità SOSTANZIALE dell'ordine (il terzo a quella formale).
In linea di principio l'esecutore dell'ordine è sempre tenuto a sindacare la sua legittimità sostanziale, ma in alcune ipotesi l'ordinamento stabilisce che il soggetto non ha questa possibilità.
•Se è ammesso il sindacato sull'ordine si applica, in caso di errore, la disciplina della scriminante putativa;
•Nel caso di ordine insindacabile, l'art. 51 comma 4 prevede una ipotesi scusante, il soggetto, proprio perché non poteva neppure porsi il problema della legittimità sostanziale dell'ordine, andrà esente da pena, ma
non perché il suo comportamento sia obiettivamente lecito, il suo comportamento è illecito, però non si può formulare un giudizio di rimproverabilità personale nei suoi confronti, difetta il requisito della
colpevolezza (attenzione, è una SCUSANTE le scusanti sono quelle cause di non punibilità che impediscono di fondare un giudizio di rimproverabilità personale del soggetto, valorizzando alcune
circostanze concomitanti alla sua scelta di agire. In questo caso, la circostanza concomitante consiste nel fatto che il soggetto non poteva sindacare la legittimità dell'atto).
Esistono due eccezioni:
1) Siamo in una scusante, che rileva solo sul VERSANTE SOGGETTIVO (colpevolezza), quando il soggetto, pur non potendo sindacare l'ordine, è a conoscenza del fatto che si tratta di un ordine criminoso,
RDP/Diritto Penale I 81
allora, in quel caso, non potrà certamente andare esente da pena;
2) Ipotesi dell'ordine manifestamente criminoso (quando l'ordine è così evidentemente contra ius, alcune disposizioni prevedono che il soggetto in questione che abbia eseguito un ordine del genere non potrà
andare esente da pena. Pensiamo all'ordine di sparare indiscriminatamente sulla folla inerme).
3.1) PROBLEMA DELLE SCRIMINANTI NON CODIFICATE
Il problema è sorto dall'esigenza di attribuire efficacia esimente ad una serie di fenomeni ulteriori rispetto a quelli trasfusi in specifiche disposizioni di legge.
In
passato la dottrina penalistica ha legittimato, sulla base di diverse argomentazioni, l'esistenza di scriminanti implicite Questo atteggiamento della dottrina ha delle ascendenze molto lontane: si ricollega
all'incedere, nel secolo scorso, di una concezione dell'antigiuridicità arricchita da valutazioni sostanziali (tanto da far indurre la dottrina tedesca a parlare di una “antigiuridicità materiale”). Da questo concetto di
antigiuridicità materiale si è fatta discendere la possibilità di un bilanciamento di interessi suscettibile di venire operato anche al di fuori dei rigidi parametri fissati dal legislatore, per dare spazio a nuove esigenze e
a scelte di valore via via affermatesi a seguito dell'evolversi delle dinamiche interne alla comunità sociale.
Come
si è giustificata questa scelta di attribuire rilevanza a scriminanti non codificate? Richiamando, ad esempio, la consuetudine, o usando il ragionamento analogico (sia legis che iuris) il problema
dell'analogia è che noi ci muoviamo nel sistema penale, dove vige il principio generale per cui tutto ciò che non è vietato deve ritenersi penalmente lecito (il problema delle lacune non sussiste nel diritto penale,
l'analogia serve per colmare le lacune). Dunque, questa tesi delle scriminanti non codificate DEVE ESSERE RIGETTATA.
Ma quali sono le situazioni che, normalmente, questa dottrina (che invocava il soggetto di antigiuridicità materiale) prendeva in considerazione? L'attività medica chirurgica e l'attività sportiva violenta.
Partiamo dalla PRIMA: la dottrina maggioritaria riteneva che l'attività medico chirurgica, avente finalità terapeutiche, fosse riconducibile all'articolo 51 sub specie esercizio di un diritto (perché si tratta di una
attività giuridicamente autorizzata. Ciò lo desumiamo, innanzitutto, dall'art 32 costituzione, salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, ciò presuppone la piena liceità dell'attività
terapeutica. Poi lo desumiamo dall'apparato pubblico volto alla prevenzione e alla cura della malattia, infine dalla normativa volta a disciplinare l'idoneità tecnico-professionale del personale sanitario).
•Abbiamo quattro tipi di attività: attività terapeutica, terapeutica sperimentale, estetica pura e sperimentale pura.
-Con riferimento a queste ultime due, mancando il presupposto dell'art. 32, l'unica causa di giustificazione che potrebbe venire in considerazione è quella del consenso del paziente (art. 50), che
giustifica questa attività (nei limiti visti prima rispetto all'art. 50).
ATTIVITA’ TERAPEUTICA (anche sperimentale): riconducibile, seconda questa impostazione maggioritaria, all'art 51. Perché non possono essere prese in considerazioni altre scriminanti?
Art. 50: NO perché presenta limiti che mal si conciliano con l'attività terapeutica (il medico, ad esempio, potrebbe dover amputare un arto per arrestare la cancrena non si può dire che, in questi casi, non
ci sia una diminuzione dell'integrità fisica);
Art.
54 anche questo articolo non può venire in considerazione, se non in casi marginali, (l'attualità del pericolo non sussiste sempre, anzi, nella maggioranza delle ipotesi l'attività medica avrà finalità
preventiva. In più, l'art. 54 potrebbe legittimare un intervento anche contro la volontà del paziente, cosa che non è consentita dall'art 32 secondo comma della Costituzione).
Perché venga in gioco l'art. 51 sono necessari 4 requisiti dell'attività