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La vita come diritto umano
La vita si colloca altresì al vertice dei diritti umani contemplati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla Carta dei diritti (art.3), dalla Convenzione dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (art.2).
Lo strumento della pena criminale appare in linea di massima indispensabile all'efficace salvaguardia della vita umana; in effetti le incriminazioni poste a presidio della vita si atteggiano quali delitti naturali. L'obbligo degli stati membri della criminalizzazione della causazione dolosa della morte di un uomo è esplicitamente disposto dalla Corte europea in un'ampia serie di norme.
Nel nostro ordinamento la vita umana trova tutela diretta o indiretta, incriminatrici monoffensive e plurioffensive, dislocate in vari titoli della parte speciale del c.p., quale oggettività giuridica esclusiva o accanto a altri beni giuridici eterogenei o ad essa contigui o strumentali, nonché nella legislazione extra.
persona, ma anche nella sua dimensione sociale e collettiva. Pertanto, la normativa penale prevede una serie di reati che puniscono le aggressioni alla vita umana, sia quando queste sono dirette verso singole persone determinate, sia quando mettono a repentaglio la vita di un numero indeterminato di persone. I delitti contro la vita sono disciplinati nel capo I del titolo XII del libro II del codice penale. Questi delitti sono considerati particolarmente gravi, in quanto attaccano il bene più fondamentale e prezioso, ovvero la vita stessa. La tutela penale della vita umana è estesa e completa, in quanto copre ogni possibile modalità di aggressione al bene tutelato. La vita umana è protetta non solo nella sua dimensione individuale, ma anche nella sua dimensione collettiva. Infatti, oltre ai delitti contro la vita previsti nel capo I del titolo XII, esistono anche norme nel titolo VI del codice penale che tutelano l'incolumità collettiva. Queste norme puniscono le condotte che mettono a repentaglio la vita di un numero indeterminato di persone. La tutela penale della vita umana è garantita attraverso il principio del reato a forma libera, che significa che ogni forma di aggressione alla vita può essere considerata un reato. Inoltre, la colpevolezza è prevista in tutte le sue forme, il che significa che chiunque commetta un'aggressione alla vita sarà punito a seconda del grado di colpa. In conclusione, la tutela penale della vita umana è estesa e completa, in quanto copre sia le aggressioni dirette verso singole persone determinate, sia quelle che mettono a repentaglio la vita di un numero indeterminato di persone. La vita umana è considerata un bene fondamentale e prezioso, che merita la massima protezione da parte del sistema penale.1. La nozione di "persona umana" è un concetto che va al di là di ogni considerazione utilitaristica a vantaggio della collettività e dello stato. È un modello che prescinde da eventuali rinunce al bene individuale, garantendo una tutela rigorosamente oggettiva.
2. L'individuazione del bene della vita umana tutelato dal titolo XII si correla all'identificazione del titolare del bene stesso. Il soggetto passivo viene talvolta qualificato con il termine "uomo", che indica genericamente "qualsiasi persona umana". La qualità di persona va valutata indipendentemente dall'età e dallo stato di salute. È importante considerare un individuo dotato di vitalità autonoma, anche se non necessariamente di autosufficienza, ovvero indipendentemente da eventuali condizioni patologiche che possano compromettere alcune funzioni fisiologiche, rendendo necessario il ricorso a sostegno meccanico vitale o a alimentazione e idratazione artificiali.
oppure da malformazioni che ne precludano la sopravvivenza. Irrilevante è la morfologia fisica del soggetto, essendo sufficiente la condivisione del patrimonio genetico umano. Irrilevanti le modalità di fecondazione, sessuata o asessuata (mediante clonazione) e gestazione, materna o extramaterna (animale o meccanica) e la nozione di uomo deve essere estesa fino a coprire qualunque essere provvisto di materiale genetico umano, ancorché combinato con quello di altre specie. La nozione di uomo è ricostruita soltanto attraverso il riferimento a un complesso di disposizioni l'uomo afferenti da un lato alla disciplina in materia di aborto (l.n. 194/1978), al fine di distinguere dall'altro a quella in materia di accertamento della morte, al fine di distinguere dal concepito; l'uomo dal cadavere. Circa il criterio distintivo tra uomo e concepito e conseguentemente tra i delitti contro la vita del titolo XII e i delitti di aborto, la risalente tesi chericonosceva la qualità di persona soltanto al nato è sconfessata dall'art.578 ma anche "il fetoc.p. che considera uomo non soltanto il neonato durante il parto"; mentre la tesi che richiede il distacco dall'utero non si concilia con l'attuale disciplina dell'interruzione della gravidanza. in quanto aperta all'evoluzione scientifica e coerente con l'ordinamento vigente, è invece Fondata, la tesi che rinviene il criterio selettivo nella capacità di vitalità autonoma. per l'accoglimento di questa nozione l'art. 7, comma 2, ultimo periodo, l. n. 194/1978 Decisivo che ricollega alla mera possibilità di vita umana del feto il duplice effetto: di confinare la liceità dell'aborto nelle sole "situazioni necessitanti" a) in cui la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna. Il divieto di aborto indica che la legge considera il feto come uomo, dovendosi.pertanto riportare le eventuali violazioni nell'ambito dell'omicidio comune, doloso e colposo, ex. art. 575 o 589 (sarà configurabile il reato dell'art. 19, l. n. 194/1978 ove al fatto non consegua la morte del feto); di gravare il medico che esegue l'intervento interruttivo della gravidanza dell'obbligo b) di "adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto". La mancata previsione di una specifica sanzione per l'inosservanza dell'art. 19, che sanziona il fatto di chi cagiona l'interruzione "senza l'osservanza delle modalità" di all'art. 7, conferma l'applicabilità delle incriminazioni comuni poste a tutela della vita e salute umana. La violazione rientra nella sfera operativa dell'art. 591 trattandosi di abbandono di incapace, di cui il medico deve avere cura, e degli art. 575 e 582 ove la morte o lesioni, derivate dal mancato intervento, siano volute. 3. Il“diritto alla vita” e la tutela affievolita della vita prenatale
La distinzione tra uomo e concepito assume rilievo per il diverso grado di protezione accordato nei due casi dal diritto vigente al bene vita umana.
Nell’ordinamento italiano tutelata “fin dal suo inizio” la vita risulta espressamente (art. 1, comma 1, l. 194/1978) e l’embrione umano è tutelato anche prima, a prescindere dall’impianto in utero (art. 13 e 14 l. 40/2004).
Inoltre la tutela della vita del concepito trova fondamento nella Costituzione (sent. n. 27/1975 en. 35/1997) e è oggetto di esteso riconoscimento sul piano internazionale (“Dichiarazione sui diritti del fanciullo” approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1959).
Nonostante tali riconoscimenti, per il nostro diritto vigente il concepito non è giuridicamente persona umana e la sua vita gode soltanto di una protezione affievolita rispetto a quella dell’uomo.
disparità appare avallata sia dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la quale non indica il momento iniziale della vita, sia dalla giurisprudenza della Corte europea che ha con la sent.Evans del 2007 negato il diritto alla vita dell'embrione. Più precisamente, la l. 194/1978 consente il sacrificio della vita del concepito a tutela di beni di rango inferiore facenti capo alla donna, essendo l'aborto lecito entro i primi 90 giorni alla duplice condizione che: a) siano rispettate le procedure di cui alla stessa legge e ricorra una situazione di "serio pericolo per la salute fisica e psichica" della b) donna, in relazione allo stato di salute, alle condizioni economiche, sociali o familiari e alle circostanze del concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito (questo requisito è interpretato in modo ampio bastando la dichiarazione della donna di voler abortire. Le residue ipotesi di reato in materia di aborto miranoa tutelare beni diversi dalla vita del concepito, quali la volontà, la vita o l'incolumità della donna o il rispetto delle procedure indicate dalla legge. Quanto alla l. n. 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita, fin dalla sua formulazione originaria, ammetteva il rischio di morte di taluni embrioni che non riuscissero a impiantarsi, al fine di assicurare "concrete aspettative di gravidanza". Seguito della parziale dichiarazione di incostituzionalità dell'art.14 di detta legge nel 2009, Inoltre ala tutela del concepito subisce un nuovo ridimensionamento, essendo venuto a cadere il divieto di produzione di ulteriori embrioni soprannumerari (rispetto ai 3 previsti nel testo originario della norma) ai fini dell'eventuale ripetizione dell'intervento di fecondazione medicalmente assistita in caso di insuccesso. Nel testo vigente la protezione dell'embrione si riduce al divieto di sperimentazione con finalità diverse dallaTutela della salute e sviluppo dell'embrione stesso.
La morte costituisce l'evento tipico dei delitti contro la vita.
La sua definizione consente di differenziare l'uomo dal cadavere.
La nozione di morte è "concetto un costrutto morale con una base biologica di valore".
Nell'ordinamento vigente, la morte costituisce elemento normativo, potendo essere determinata unicamente attraverso il riferimento alla specifica disciplina dettata per il suo accertamento (l. n.578/1993) che la fa coincidere con la cessazione totale e irreversibile delle funzioni del sistema nervoso centrale, cioè con la morte encefalitica, che peraltro indica non la morte biologica in senso proprio, bensì l'entrate nel processo irreversibile della morte.
L'attuale definizione legislativa, basata sui criteri indicati nel Rapporto di Hardvard del 1968, accolti dalla maggioranza delle legislazioni (Europa, U.S.A., Australia, Canada,
America Latina, paesi africani e asiatici) è di recente contrastata su un duplice fronte da tesi che vorrebbero anticipare o posticipare la morte in senso giuridico con implicazioni sulla risoluzione del dupliceproblema della determinazione: cessazione dell'obbligo di curare1) del momento della2) del momento in cui diventa lecito il prelievo degli organi ai fini di trapianto, richiedendo la legge che sia effettuato "da cadavere". La critica secondo cui la morte encefalitica, non potendo essere equiparata alla morte biologica, non potrebbe essere considerata a pieno titolo come morte della persona comporterebbe il dupliceeffetto di protrarre il dovere di mantenere artificiosamente in vita corpi che non posso più essere considerati persona e di posticipare il prelievo di organi ai fini di trapianto. Crescente adesione trovano invece le tesi che propongono di sostituire la nozione legale di morte totale con quelle alternative di: a) morte tronco-encefaliticaLa funzione del cervello è estremamente complessa e coinvolge diverse regioni encefaliche. Ogni regione ha un ruolo specifico nel controllo delle funzioni cognitive, sensoriali e motorie.