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REATI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
203) Contenuto della classe - La categoria dei reati che vanno sotto il nome di "delitti contro l'amministrazione della giustizia" è collocata nel nostro codice nel titolo III del secondo libro. Occorre subito osservare che nel nostro codice l'espressione "amministrazione della giustizia" ha un significato molto ampio in quanto comprende, oltre ai reati che offendono l'attività giudiziaria vera e propria, anche quelli che implicano l'inosservanza dei provvedimenti giudiziari e anche i reati che si configurano allorché l'individuo si sostituisce agli organi della giustizia, assumendo arbitrariamente poteri riservati dalla legge all'autorità giudiziaria. Quando il legislatore del codice penale parla di amministrazione della giustizia quindi intende riferirsi a tutti i comportamenti che hanno una qualsiasi attinenza con lo scopo della
giustizia adeccezione di quelli che per il loro carattere generico possono verificarsi anche a danno di altre attività dello stato (diverseda quella giudiziaria) che sono contemplati tra i reati contro la pubblica amministrazione. In relazione a questo ampiocontenuto della categoria abbiamo tre distinti gruppi di norme. Il primo gruppo (delitti contro l’attività giudiziaria) è posto atutelare il normale ed efficace svolgimento dell’amministrazione della giustizia e quindi comprende i seguenti reati:
- violazione degli obblighi concernenti la notizia di reati (artt. 361-365)
- rifiuto di uffici legalmente dovuti (art. 366)
- simulazione di reato, calunnia e autocalunnia (art. 367-370)
- falsa testimonianza e altre falsità giudiziarie (art. 371-377bis)
- favoreggiamento (art. 378-379)
- prevaricazione (art. 380-382)
Il secondo gruppo (delitti contro l’autorità delle decisioni giudiziarie) tutela l’efficacia e
392 bis), che è stato abrogato nel 2013. Infine, il quarto gruppo (tutela dell’amministrazione della giustizia) punisce le condotte che ostacolano l’amministrazione della giustizia, come la falsa testimonianza (art. 368), l’alterazione di prove (art. 372), l’interruzione o la sospensione di pubblico servizio (art. 340) e l’omissione di denuncia (art. 361).394 -401 ora abrogati).Sezione I – I reati contro l’attività giudiziaria
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204) Violazione di obblighi concernenti la notizia di reati - Affinché l’attività giudiziaria si possa svolgere occorre la cooperazione di determinate persone e soprattutto attraverso la notizia criminis senza la quale l’attività stessa non potrebbe mettersi in moto. Abbiamo a tale proposito tre ipotesi di delitto:
1) Omissione di rapoorto (art. 361 – 362) – Tale ipotesi consiste nel fatto del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio il quale omette o ritarda di fare rapporto in caso abbiano notizia di un reato. E’ ovvio che la notizia deve avere un certo grado di concretezza, non essendo sufficiente un semplice sospetto ma non è necessaria la certezza assoluta bastando per far sorgere l’obbligo una situazione tale da indurre una persona di normale giudizio a concludere circa la
probabilità che sia stato commesso un reato. Il delitto è aggravato se la omessa o ritardata denuncia riguarda un delitto contro la personalità dello stato o se il colpevole è un ufficiale o agente di polizia giudiziaria. Presupposto del delitto è che il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio abbia avuto notizia di un reato nell’esercizio o a causa delle sue funzioni o del suo servizio. Per gli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria basta invece la semplice notizia del reato in quanto essi sono considerati in servizio permanente. Deve trattarsi di un reato non perseguibile a querela di parte e la notizia non deve essere notoria o già nota con certezza e completezza all’autorità giudiziaria. L’elemento oggettivo consiste nel fatto di omettere o ritardare la denuncia del reato all’autorità giudiziaria o ad altra autorità che ad essa debba riferire (es. polizia giudiziaria). Il ritardo si ha.quando l'indugio è tale da nuocere in modo rilevante agli interessi della giustizia. L'obbligo del rapporto implica l'obbligo di dire la verità e quindi è equiparabile all'omissione o ritardo la presentazione di un rapporto falso, reticente o incompleto. Il delitto si consuma nel tempo e nel luogo in cui doveva farsi il rapporto e, trattandosi di un reato di pura omissione, il tentativo non è configurabile. Il dolo è costituito dalla volontà di omettere o ritardare il apporto con la convinzione che si tratta di un reato perseguibile senza querela e quindi è escluso quando il soggetto è convinto che il fatto di cui ha avuto notizia non costituisce reato o, pur costituendo reato, è punibile solo su querela della persona offesa. All'omissione di rapporto non si applica la disposizione generica che contempla l'omissione o rifiuto di atti di ufficio la quale si applicherà solo quando
L'agente o ufficiale di polizia giudiziaria, avendo ricevuto una querela o una istanza, ne ometta o ritardi la trasmissione all'autorità giudiziaria.
2) Omessa denuncia di reato da parte del cittadino. L'art. 364 punisce il cittadino che, avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità dello stato per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria. Soggetto attivo di questo reato è solo il cittadino e affinché il reato sussista la notizia deve essere seria, non bastando una diceria vaga e non deve essere di dominio pubblico. Poiché la legge parla di notizia di delitto e non di semplice proposito o accordo a commetterlo, occorre che il delito sia stato commesso o sia in corso di esecuzione, il che priva quasi completamente di utilità pratica l'incriminazione. Il dolo deve ritenersi escluso se il cittadino ignora.
che il fatto commesso o in corso di esecuzione sia un delitto contro la personalità dello stato punibile con l'ergastolo. Occorre ritenere che il segreto professionale possa giustificare il fatto (es. sacerdote che ha appreso la notizia in confessione) in quanto se esso autorizza l'esenzione dall'obbligo di testimoniare a maggior ragione deve legittimare la mancata denuncia. 3) Omissione di referto. L'art. 365 punisce la violazione dell'obbligo di referto che incombe su coloro che esercitano una professione sanitaria. Queste persone, qualora nell'esercizio della loro professione abbiano prestato assistenza in casi che possono presentare il carattere di un delitto per il quale si debba procedere d'ufficio sono tenuti a riferire all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria entro quarantotto ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente. La norma non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita aprocedimento penale (es. cura di lesioni riportate dal partecipante ad una rissa). Per far sorgere l'obbligo previsto dalla norma non è sufficiente la semplice qualifica di sanitario in quanto occorre anche che il soggetto abbia compiuto una prestazione professionale e che il caso in cui l'opera è stata prestata possa presentare i caratteri di un delitto perseguibile d'ufficio. Essendo la possibilità qualcosa di meno della probabilità l'obbligo del referto sussiste anche quando sia improbabile che si tratti di un delitto, ferma restando che il giudizio sulla possibilità va effettuato in concreto in base alle circostanze del caso singolo. Per l'esistenza del dolo occorre, oltre alla coscienza e volontà di omettere o ritardare il referto, anche che il soggetto si renda conto che si tratta di fatti che possono presentare il carattere di un delitto perseguibile di ufficio. Pertanto il sanitario che non presenta il referto
Perché erroneamente crede che non sussista un delitto di questa specie deve essere assolto per mancanza di dolo. Circa l'obbligo di denunciare la verità e quindi la parificazione del referto falso, la consumazione del reato e il tentativo vale quanto si è detto per il delitto di omissione di rapporto.
205) Rifiuto di uffici legalmente dovuti - L'art. 366 punisce l'elusione o il rifiuto di prestazioni dovute da determinate persone all'autorità giudiziaria nei procedimenti penali, civili e amministrativi. Le persone considerate dalla legge sono le seguenti: 1) il perito 2) l'interprete 3) il custode di cose sottoposte a sequestro 4) il testimone 5) ogni altra persona chiamata ad esercitare temporaneamente una funzione giudiziaria (es. giudice popolare della corte di assise, notai chiamati a sostituire il cancelliere, curatori di fallimento, ecc). Non sono compresi invece gli arbitri non obbligatori e i componenti di
giurò d'onore. Inoltre poiché la norma si riferisce all'autorità giudiziaria italiana essa non si applica alle autorità giudiziarie straniere e le giurisdizioni ecclesiastiche. Il reato è previsto in due ipotesi: a) nel fatto del perito, testimone, ecc che ottiene con mezzi fraudolenti (es una malattia simulata) l'esenzione dell'obbligo di comparire o prestare il suo ufficio. È ovvio che la semplice non comparizione senza che sia usata frode non configura il reato in esame ma è punita solo con sanzioni amministrative. b) nel fatto di chi, chiamato davanti all'autorità giudiziaria per adempiere ad una funzione rifiuta di dare le proprie generalità, o di prestare il giuramento o di assumere o adempiere le funzioni stesse. In questo caso il rifiuto della prestazione deve essere definitivo non bastando la semplice esitazione. Se il soggetto non rifiuta di dare le generalità ma le dà false.risponde del delitto più grave previsto dall'art. 495. Le due ipotesi sono diverse perché la prima richiede un risultato esteriore dell'azione ossia che il soggetto sia riuscito ad evitare l'adempimento dell'obbligo (reato di evento) mentre per la seconda è sufficiente il fatto omissivo del rifiuto (reato di pura omissione) e ne consegue che il tentativo è punibile.