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PREMESSA: IL PROBLEMA DEL BENE PROTETTO
I "delitti contro l'ordine pubblico" (art. 414-421 c.p.) sono disciplinati nel Titolo V del Libro
II del codice penale.
Ci sono DUE ACCEZIONI DI ORDINE PUBBLICO:
• ordine pubblico in senso materiale (o empirico): si riferisce a una condizione di
pacifica convivenza immune da disordine e violenza. In questo senso, ordine
pubblico equivale a: pubblica tranquillità, sicurezza collettiva, buon ordine
esteriore;
• ordine pubblico in senso ideale (o normativo): si riferisce ad un'entità ideale
costituita da principi e istituzioni fondamentali dalla cui continuità e immutabilità
dipende la sopravvivenza dell'ordinamento. In questo senso, ordine pubblico è
sinonimo di ordine legale costituito.
La nozione di ordine pubblico ideale non è accoglibile per diverse ragioni:
si tratta di un concetto inafferrabile perché, i suoi contorni sfuggono a una
precisa delimitazione. L’ordine pubblico ideale non è suscettibile di
accertamento empirico e quindi
(ma esso si riduce ad un'entità concettuale astratta)
l'interpretazione può essere manipolata a copertura di interessi mutevoli e non
sempre effettivamente meritevoli di tutela;
l'offesa all'ordine pubblico ideale può anche essere arrecata con la semplice
manifestazione di idee contrastanti con l'ordine legale costituito ( c’è quindi il
pericolo di criminalizzare il semplice dissenso politico-ideologico).
Tra i due concetti, quello orientato secondo la Costituzione è l'ordine pubblico in
senso materiale:
la legge penale è legittimata a prevenire il disordine materiale che mette a repentaglio
la pace esterna e la sicurezza fisica delle persone (e non il disordine ideale scaturente dal
conflitto tra principio valori diversi).
La maggiore divergenza dal concetto empirico di ordine pubblico si registra nell'ambito
dei reati di apologia e istigazione a delinquere: si tratta di fattispecie che spesso hanno
svolto la funzione pratica di strumenti di controllo sociale e di repressione ideologica.
Le fattispecie incriminatrici a tutela dell'ordine pubblico non devono essere interpretate
come reati formali o a pericolo presunto: ma l'interprete deve recuperare la dimensione
concretamente pericolosa dei fatti incriminati (= pericolo concreto).
Nell'ambito dei delitti contro l'ordine pubblico, il legislatore ha configurato tre fattispecie
di istigazione e una di apologia di delitto. 1
Istigazione a delinquere art. 414 co. 1, 2 e 4 c.p.
“Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto
dell'istigazione:
1. (se si tratta di istigazione a commettere delitti);
con la reclusione da uno a 5 anni
2. (se si tratta di istigazione a
con la reclusione fino a 1 anno o con la multa fino a 206 €
commettere contravvenzioni).
Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti o una o più contravvenzioni, si
applica la pena stabilita nel numero 1 (reclusione).
Fuori dei casi previsti dall’art. 302 c.p. (istigazione a commettere delitti contro la personalità
se l'istigazione riguarda delitti di terrorismo o crimini
internazionale e interna dello Stato),
contro l'umanità la pena è aumentata della metà” ( questa è la circostanza aggravante ad
).
effetto speciale, introdotta dal DECRETO PISANU 155/2005
Natura giuridica:
• reato comune: soggetto attivo può essere chiunque
• reato di pericolo: semplice messa in pericolo del bene protetto
• reato di mera condotta: si perfeziona con il semplice compimento dell’azione o
omissione
• reato a forma libera: la legge richiede solo la produzione di un evento,
prescindendo dal modo in cui questo è cagionato.
L’art. 414 punisce, per il solo fatto dell’istigazione, chiunque, pubblicamente, istiga a
commettere uno o più reati. Trattasi di reato di pericolo presunto e, dunque, di una
DEROGA all’art. 115 c.p. (secondo il legislatore giustificata dal fatto che l'eccitazione
pubblica al delitto minaccia comunque la sicurezza collettiva), tanto il reato in esame,
quanto quello previsto dall’art. 415 c.p., devono essere commessi pubblicamente
(pubblicità ritenuta elemento essenziale, da altri condizione obiettiva di punibilità), cioè
ai sensi dell’art, 266, 4° co, c.p.:
a) col mezzo della stampa o di altro mezzo di propaganda;
b) in luogo pubblico o aperto al pubblico in presenza di più persone;
c) in una riunione non privata.
Oggetto giuridico:
• è rappresentato dall'ordine pubblico, inteso come tranquillità e sicurezza della
collettività.
Elemento soggettivo:
• dolo generico, consiste nella volontà di incitare alla commissione di determinati
fatti delittuosi, insieme alla consapevolezza, del loro carattere illecito e di agire in
pubblico.
Condotta incriminata:
• consiste nell'istigare pubblicamente a commettere delitti o contravvenzioni.
significa incitare, cioè compiere un'azione sull'altrui psiche volta a far sorgere o a
rafforzare motivi di impulso o ad affievolire motivi inibitori; 2
assume rilevanza penale solo se è idonea a
(secondo un giudizio ex ante e in concreto)
provocare delitti, perché in caso contrario si tratta di libera manifestazione del
pensiero;
deve essere commessa pubblicamente.
Questo REQUISITO DELLA PUBBLICITÀ rappresenta l'elemento costitutivo del fatto tipico
(e non una condizione obiettiva di punibilità): quindi per la configurabilità del dolo è
necessario che l'agente sia consapevole di realizzare la condotta istigatoria in pubblico.
Ai fini della punibilità non occorre che il fato istigato sia indicato col suo preciso nomen
iuris, ma è sufficiente che esso contenga i presupposti che consentono di inquadrarlo in
uno o più tipi di reato previsti dalla legge penale, perché l’istigazione a violare genericamente la
legge penale integra il reato di cui all’art. 415 cp.
Il reato non si configura se il delitto istigato è commesso in presenza di una causa
§ di giustificazione ( ad es. legittima difesa).
La punibilità, invece, non viene meno se, dopo l'istigazione, interviene una causa
§ di estinzione del delitto.
Invece, la punibilità viene meno in caso di successiva novazione legislativa che
abroga o modifica la norma incriminatrice del delitto istigato.
Consumazione del delitto:
• il delitto ha natura istantanea, e quindi, si consuma quando viene pubblicamente
realizzata la condotta istigatrice, a prescindere dall'effettiva commissione del
reato o dei reati istigati.
Secondo una parte della giurisprudenza, ai fini della consumazione non è
necessaria l'effettiva percezione dell'istigazione da parte dei terzi, ma basta la
semplice percepibilità delle espressioni usate dall'agente (lo stesso vale per
l'apologia).
Concorso di reati (= si verifica quando un individuo viola più volte la legge penale e quindi è
chiamato a rispondere di più reati):
• l'istigatore risponde anche del reato istigato, però perché ciò avvenga occorre
che: l'istigazione sia accolta
l'istigatore dia un contributo apprezzabile alla
(in qualità di concorrente)
commissione del delitto.
La fattispecie dell’art. 414 c.p. è generica, e quindi, essa non sarà applicabile in
presenza di fatti che integrano reati di istigazione dal contenuto più specifico (es.
l'istigazione di militari a disobbedire alle leggi).
Tentativo:
• è configurabile (nonostante le tre tipologie di istigazione siano reati di pericolo, il tentativo si
configura quando l’istigazione non è effettivamente percepita). 3
Apologia di delitti art. 414 co 3 c.p.
chi pubblicamente fa l’apologia di uno o più delitti".
"(È punito con la reclusione da 1 a 5 anni)
Fuori dei casi previsti dall’art. 302 c.p. (istigazione a commettere delitti contro la
personalità internazionale e interna dello Stato), se l’apologia riguarda delitti di
terrorismo o crimini contro l'umanità, la pena è aumentata della metà” (questa è la
circostanza aggravante ad effetto speciale).
L’apologia di un reato consiste nell’apologizzare, cioè nell’esaltare o difendere
pubblicamente un’azione riconosciuta reato dalla legge della nazione in cui si vive.
Nel diritto italiano, l’apologia di un reato è prevista in due differenti aspetti:
1) il divieto di apologia del fascismo, sanzionante la propaganda a favore della
ricostituzione del partito fascista
2) il divieto di apologia di delitto, previsto dall'articolo 414 co.4.
L'ordinamento sanziona solo l'apologia dei diritti, cioè i reati particolarmente gravi,
lasciando l'apologia delle contravvenzioni un comportamento legittimo.
Differente è istigazione a delinquere trattata dall'art. 414, sanzionante l'istigazione a
commettere reati, ( delitti o contravvenzioni che siano).
Secondo la SUPREMA CORTE, l'elemento oggettivo dell'apologia non si identifica nella mera
ma consiste
manifestazione del pensiero, diretto a criticare la legislazione o la giurisprudenza,
nella rievocazione pubblica di un episodio criminoso, diretta e idonea a provocare
l'immediata esecuzione di delitti o quanto meno, la probabilità che essi vengano
commessi in un futuro prossimo.
(Costituisce apologia sotto forma di istigazione a delinquere, il fatto di erigere un monumento
a perenne memoria di persona, famosa per aver ucciso un capo di Stato.)
CASO
Alcuni membri dell'Organizzazione Anarchica Lucchese redigono e diffondono uno stampato
nel quale, in relazione all'assassinio di un commissario di polizia, si afferma "ognuno ha ciò
che si merita".
Il reato di apologia di delitti ha posto il problema della sua compatibilità con il diritto
di libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.).
Sul punto si è pronunciata la CORTE COSTITUZIONALE affermando che "l'apologia
punibile è quella che per le sue modalità integra un comportamento concretamente
idoneo a provocare la commissione di delitti".
In applicazione di questo criterio, il reato del caso-esempio non è configurabile, perchè
l'espressione "ognuno ha ciò che si merita" non è idonea a eccitare immediatamente al
compimento di reati ben determinati, ma si come una forma di istigazione indiretta: per
tale motivo parte della dottrina ha affermato che il rea