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ISTIGAZIONE O AIUTO AL SUICIDIO

ARTICOLO 580 CODICE PENALE – Istigazione o aiuto al suicidio

[1] Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.

[2] Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1) e 2) dell’articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità di intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all’omicidio.

Il reato di istigazione al suicidio è procedibile d’ufficio e la competenza è attribuita alla Corte d’Assise.

La figura dell'istigazione al suicidio pone problemi di contiguità con la figura precedente dell'omicidio del consenziente. Una sentenza recente ha puntualizzato il rapporto tra le due fattispecie. È stato chiarito che si verifica omicidio del consenziente quando la morte viene portata per mano dell'imputato. Se, invece, l'imputato si limita a fornire il mezzo per il suicidio, o spinge, o persuade al suicidio si rientra nell'ipotesi prevista dall'articolo 580, Cassazione Penale Sezione I, 27/06/1991, in Pisa P., "Giurisprudenza commentata di diritto penale", vol.I, Cedam, Padova, 1999, pag.55. Cassazione Penale Sezione I, 12/03/1998, in Pisa P., "Giurisprudenza commentata di diritto penale", vol.I, Cedam, Padova, 1999, pag.57.

Parte 7° - I reati contro la persona 166 I reati a tutela della vita che è punito in maniera meno grave e che resta configurabile solamente nel caso in cui la vittima abbia soppresso

la sua vita per mano propria.
  1. OMICIDIO PRETERINTENZIONALE

Superati i problemi concernenti l'omicidio doloso e le sue varianti, si può intraprendere l'analisi dell'ipotesi intermedia tra omicidio doloso ed omicidio colposo, rappresentata dall'omicidio preterintenzionale. L'articolo 584 prevede una pena non irrilevante, da un minimo di 10 anni ad un massimo di 18, per chi, compiendo atti diretti a cagionare lesioni o percosse provochi, come conseguenza non voluta né prevista, la morte della persona verso cui tali atti erano diretti. La condotta del reato è costituita dalla realizzazione di atti finalizzati a cagionare al massimo lesioni ed al minimo percosse (calci, pugni, spintoni), che però andando oltre le intenzioni (come emerge dal nome stesso del reato) provocano la morte della vittima.

Così come l'omicidio volontario, anche l'omicidio preterintenzionale è procedibile d'ufficio e la competenza

È attribuita alla Corte d'Assise.

ARTICOLO 584 CODICE PENALE – Omicidio preterintenzionale[1]

Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti previsti dagli articoli 581 e 582 cagiona la morte di qualcuno, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni.

Il primo elemento da accertare è l'assenza del dolo di omicidio (sia diretto, che eventuale), bisogna cioè verificare che dalla condotta di dolo e percosse non derivi un possibile effetto ulteriore non voluto dal soggetto, ma di cui si è comunque accettato il rischio. Se un soggetto abbandona in una zona poco frequentata un altro individuo insanguinato da lui percosso si ritiene che, pur non avendo agito con dolo eventuale di omicidio, abbia accettato, una volta accortosi dell'eccessiva perdita di sangue, il rischio che, la vittima, nell'ipotesi in cui non possa transitare nessuno in soccorso, possa morire. Quindi, la prima operazione da effettuare non è quella di

ricondurre alla fattispecie dell'omicidio preterintenzionale le ipotesi di omicidio che derivino da percosse o lesioni, ma quella di accertare che non sia presente dolo eventuale o magari anche dolo intenzionale di omicidio nella condotta incriminata (un soggetto, infatti, potrebbe essere partito con una condotta di percosse ma, provandoci gusto, potrebbe aver calcato la mano, oppure potrebbe aver calcato la mano dopo aver trovato un'inaspettata resistenza da parte della vittima). 26 Cfr. per una visione introduttiva di insieme della nozione di preterintenzione, pag. 47-48 di parte generale. Parte 7° - I reati contro la persona 167 I reati a tutela della vita A) Profilo oggettivo E' innanzitutto opportuno chiedersi quale sia la condotta sufficiente per configurare un'imputazione a titolo di omicidio preterintenzionale. Sicuramente NON rientrano in questo caso altri comportamenti che non siano lesioni o percosse (comportamenti verbali). Se il soggetto ha colpito la vittimae gli ha cagionato percosse, ci si trova senzadubbio nell'ambito della condotta prevista. Tuttavia, visto e considerato che la norma parla di atti diretti a realizzare le ipotesi previste dagli articoli 581 e 582, ossia percosse o lesioni, bisogna valutare se non ci possa essere una lettura diversificata della condotta oggettiva. Al riguardo è possibile distinguere due differenti impostazioni.
  1. I seguaci della prima teoria ritengono che l'accezione atti diretti sia necessario che la condotta integri almeno un tentativo di lesioni o percosse. Con atti diretti si richiama la formula dell'articolo 56, che però in realtà parla di atti idonei e diretti in modo non equivoco, formula simile ma non uguale.
  2. La seconda lettura, che è quella prevalente in giurisprudenza, interpreta l'accezione atti diretti in modo più lato, cioè come atti
siano necessariamente idonei a produrre lesioni o percosse. In altre parole, gli atti diretti sono quelli compiuti con l'intenzione di ledere o percuotere, ma non è richiesta una progressione degli atti che li renda già idonei a produrre lesioni o percosse. Un esempio scolastico può essere quello di Caio che sa che Tizio prova astio nei suoi confronti e, vedendolo arrivare da lontano con fare minaccioso, fugge in preda all'agitazione e attraversando la strada con scarsa attenzione viene investito. In un caso del genere, è difficile scardinare il nesso di causalità, poiché la possibilità che un soggetto inseguito o aggredito non presti attenzione a dove si dirige non costituisce un fattore così eccezionale da interrompere il nesso causale. Certamente non si può considerare errata l'interpretazione letterale, infatti "atti diretti" significa semplicemente atti sorretti da dolo intenzionale di ledere e percuotere, ma che non sono necessariamente idonei a produrre lesioni o percosse.richiedono uno sviluppo dell'azione tale da portare alla realizzazione di atti idonei a cagionare lesioni o percosse, che implichi una vicinanza stretta tra aggredito ed aggressore. Per quanto concerne la prima interpretazione, non è corretto sostenere che si debba definire errata, in quanto è vero che, in determinati contesti, l'espressione "atti diretti" viene interpretata così come previsto dall'articolo 56 cod.pen. Però, normalmente, il contesto in cui viene attribuita, computandovi anche l'idoneità agli atti diretti una valenza più ampia. In merito al concetto di atti idonei diretti in modo non equivoco, si veda pag. 67 ss. di parte generale. Parte 7° - I reati contro la persona 168. I reati a tutela della vita raggiungimento dello scopo, è diverso da quello dell'omicidio preterintenzionale, ma più conforme ai delitti di attentato. Per quanto riguarda, invece, l'omicidio preterintenzionale.

L'agente ha tenuto un comportamento che ha prodotto un evento, ha cioè cagionato la morte di un uomo. Quindi le esigenze garantistiche dei delitti di attentato (anch'essi costruiti attraverso la formula atti diretti), non si ripropongono nello stesso modo, in quanto nell'ipotesi di omicidio preterintenzionale l'agente ha tenuto un comportamento tutt'altro che innocuo, che seppur preparatorio, ha portato alla morte di una persona.

Analizzando questa interpretazione, ci si potrebbe chiedere dove si possa collocare la necessità di introdurre un elemento non richiesto, in quanto la pericolosità di un comportamento è provata dal fatto stesso della causazione della morte di un uomo. Poiché l'autore del reato è partito con un dolo particolarmente pesante, avendo già preventivato di mettere a repentaglio l'incolumità fisica della vittima, ci sono ragioni di politica criminale che hanno indotto il legislatore.

A creare la figura dell'omicidio preterintenzionale. Queste ragioni consistono essenzialmente nel fatto che la condotta voluta era indirizzata verso l'aggressione all'incolumità fisica. Non si tratta di una generica condotta illecita. Pertanto, in quest'ottica, non è sbagliato accontentarsi di atti dolosamente orientati.

Caso del tifoso. La Cassazione, in merito ad un episodio avvenuto in Sicilia, in cui un tifoso, minacciato dalla tifoseria opposta, si era buttato dal finestrino, ha optato per la configurazione di un omicidio preterintenzionale, malgrado nei gradi precedenti le interpretazioni si fossero dirette verso il reato di morte come conseguenza di violenza privata.

Sempre sul piano oggettivo, deve essere sottolineato come lo spazio dell'omicidio preterintenzionale sia amplificato anche da un'altra ampia interpretazione inerente la condotta di percosse. Usualmente, nel linguaggio comune, vige l'abitudine di considerare la

Condotta di percosse come particolarmente violenta, anche se in campo giuridico la condotta di percosse ha una valenza molto più ampia, comprendente qualunque manomissione dell'altrui persona (come per esempio una semplice spinta). Anche la spinta, infatti, può integrare la condotta di percosse che innesta l'imputazione per omicidio preterintenzionale, come emerge da una pronuncia della Cassazione del 1988.

Scippo con strappo. Normalmente la caduta per via dello strappo configurerebbe il 586 (omicidio colposo aggravato). Ma alcune vicende sono caratterizzate da dati più aggressivi.

28 Cassazione Penale Sezione V 22/03/1988, in Pisa P., "Giurisprudenza commentata di diritto penale", vol.I, Cedam, Padova, 1999, pag. 62.

Parte 7° - I reati contro la persona 169. I reati a tutela della vita. Sentenza novembre 2008. La vicenda parte come furto con strappo, ma si trasforma subito dopo in rapina perché...

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A.A. 2010-2011
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Pisa Paolo.