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Estratto del documento

P.A.peculato - che presuppone il possesso da parte del pubblico ufficiale - richiedono necessariamente la qualifica di pubblico ufficiale, ed è solo questi che può commettere il fatto. Ma nel caso della bancarotta può ammettersi una condotta da parte di un soggetto estraneo. Si tratta di reati con condotta frazionabile che quindi può essere realizzata anche dal terzo; ma d'altra parte sono reati propri in senso particolarmente pregnante. Infatti certi elementi del fatto tipico richiedono necessariamente la componente soggettiva in capo all'intraneus. Nel caso di specie l'elemento che necessariamente richiede che sia l'intraneus ad avere tale requisito è il dolo (di recare il pregiudizio ai creditori). Non può mancare la volontà implicita che fuoriesce dal tenore delle parole di recare il pregiudizio in capo all'imprenditore. Questo elemento non può mancare. L'importanza sta nel fatto che non è

possibile una bancarotta per induzione ex art. 48 cod. pen. secondo il quale «le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche se l’errore sul fatto che costituisce il reato è determinato dall’altrui inganno; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commetterlo». Non può esistere una bancarotta così configurata perché l’imprenditore non può assumere la veste di persona ingannata. Inoltre, il problema è quello di verificare se, prosciolto l’intraneus, possano rispondere per concorso i compartecipi. La risposta è che se viene meno la punibilità dell’imprenditore, anche il compartecipe deve essere prosciolto. La Cassazione tuttavia non è di questo avviso. Ovviamente diventa fondamentale l’apporto (necessario) dell’intraneus per l’elemento della colpevolezza. In definitiva, è necessario tanto.

unnesso causale tra lo stato di dissesto e la condotta dell'agente, quanto un dolo dello stesso nella causazione15del dissesto stesso. L'art. 232 l. fall. L'art. 232 l. fall. viene qui in considerazione in quanto rappresenta una sorta di concorso. Il co. 3 recita: "È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque: 1) dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorsoin bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni delfallito; [ovvero] 2) essendo consapevole dello stato di dissesto dell'imprenditore distrae o ricetta merci o altri beni dello stessoo li acquista a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente, se il fallimento si verifica". Una delle argomentazioniper cui la Cassazione esclude la consapevolezza del dissesto è ancora una volta il principio espresso dalbrocardo "ubi lex dixit voluit, ubi non dixit noluit". Se in questo

articolo è richiesto, allora dove non lo richiede Cass., Sez. V, 17 maggio 2017, n. 54291, afferma che "in tema di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il dolo dell' "extraneus" è configurabile ogniqualvolta egli apporta un contributo causale volontario al depauperamento del patrimonio sociale, non essendo richiesta la consapevolezza dello stato di dissesto della società". Ancora una volta parla soltanto di depauperamento. Anche questo è errato, perché per poter esservi una compartecipazione per bancarotta bisogna sapere che il soggetto si trovi in una situazione di pericolo per le ragioni dei creditori.

BENUSSI In senso contrario, v. Cass., Sez. V, 23 settembre 2012, n. 47502, che ha stabilito che "nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, lo stato di insolvenza che dà luogo al fallimento costituisce elemento essenziale del reato, in qualità di"

Il requisito per l'evento di distrazione e dissipazione è che sia un evento giuridico, ossia un'offesa insita nelle condotte dell'agente, che deve essere in rapporto causale con la sua condotta e deve essere sorretto dall'elemento soggettivo di dolo. Tuttavia, la giurisprudenza costante conferma che non è necessaria la consapevolezza dello stato di dissesto.

Questa sentenza è stata molto criticata, ma l'unico suo errore è quello di non spiegare in dettaglio cosa si intende per "evento". Alcuni hanno inteso l'elemento naturalistico che non c'è, mentre qui si intende l'"evento giuridico", ossia l'offesa che è insita nelle condotte di distrazione e dissipazione e si riferisce alla zona grigia.

Non è necessario spiegare il motivo per cui non si tratta di concorso, ma vi è una norma autonoma. Il principio è valido, ma ci sono situazioni in cui il silenzio non va spiegato come una contrarietà, ma come una mera non presa di posizione.

Fonte: BENUSSI

In questo caso il terzo non è portatore dell'interesse dell'imprenditore, bensì di un interesse autonomo e contrapposto a quello dell'imprenditore alienante, che spesso si trova costretto ad alienare, e dunque chi fa l'affare è il terzo. Questo spiega la norma ad hoc. Si tratta di una fattispecie a struttura necessariamente bilaterale in cui si contrappongono il fallito e il terzo. Se vi è concorso invece non si applica la norma. Il discrimine è dato dall'eventuale istigazione o rafforzamento del proposito dell'imprenditore di mettere in pericolo le ragioni del creditore. Anche nell'art. 232, co. 3, sono descritte condotte che prendono il nome dalla dottrina di "ricettazione", dove il n. 1) rappresenta una ricettazione post-fallimentare perché presuppone l'avvenuto fallimento, mentre il n. 2) una ricettazione pre-fallimentare. Deve mancare l'accordo di recare pregiudizio ai.creditorialtrimenti si sfocia nel concorso di. bancarotta. ex2. La bancarotta fraudolenta documentale art. 216 co. 2Nell'ambito dell'art. 216 co. 2 l. fall. si profila un dolo alternativo: o per procurare pregiudizio ai creditori o per procurarsi un ingiusto profitto. La norma recita "è punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che: [...] 2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari". La pena rimane ferma da tre a dieci anni, mentre si differenzia dalla bancarotta preferenziale perché l'interesse non è la conservazione del patrimonio per la soddisfazione dei creditori, bensì la

salvaguardia della par condicio ex art. 2741 cod. civ. La pena è la stessa perché se delle scritture fanno fede, allora il creditore è in grado attraverso il curatore di ricostruire le operazioni compiute in modo da ottenere un più pieno soddisfacimento. È dunque evidente la funzione strumentale rispetto al bene giuridico tutelato. Una parte della dottrina aveva individuato un diverso piano di tutela spostato sul versante della fede pubblica o dell'amministrazione della giustizia, perché (per tali autori) la norma prevede la tenuta per evitare una procedura più lunga e un ostacolo per il curatore. Mentre l'importanza dell'individuazione del bene deve essere letto alla luce dello stesso interesse tutelato. Infatti, la funzione delle scritture è diretta a consentire ai creditori un'esatta visione di quella che è la situazione patrimoniale, una rappresentazione fedele. In questo caso la tutela è

però strumentale, perché l'omessa tenuta, per costituire reato ex art. 216 l. fall. (e non ai sensi dell'art. 217), deve essere tale da non rendere possibile la ricostruzione della situazione. La funzione strumentale delle scritture è essenziale perché se nella singola condotta non vi è stato il pericolo di incidere sulla garanzia patrimoniale, quindi se effettivamente non c'è la rappresentazione errata tale da incidere negativamente sui creditori, non ci sarà punibilità. La norma va letta infatti alla luce della bancarotta semplice documentale ex art. 217 "la stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta". Qui l'irregolarità o la

La completezza non ha inciso così fortemente; se consente la ricostruzione patrimoniale si risponde di bancarotta semplice e non fraudolenta. In questo caso invece la tenuta corretta delle scritture è strumentale. Se avviene per altri fini ad esempio fiscali non scatta la norma (come avvenne in Parmalat). Se non vengono tenute scritture ufficiali, ma si tiene un libro nero in cui sono segnate tutte le operazioni allora non vi sarà punibilità per bancarotta fraudolenta.

Si può ricostruire lo spettro di tutela sotto due profili: uno statico e uno dinamico. Quello statico del patrimonio riceve tutela attraverso la previsione come reato della sottrazione, distruzione o falsificazione; mentre quella dinamica che riguarda il movimento degli affari è necessaria a spiegare il dissesto e a recuperare i beni. Infatti nel momento in cui si consente al curatore di ricostruire l'asset e di recuperare ex art. 67 l. fall. (azione revocatoria del curatore) i beni.

fuoriusciti non c'è punibilità, vista la mancanza della frustrazione dell'interesse tutelato. Il primo problema riguarda la documentazione fornita, se viene fornita da altri soggetti rispetto all'imprenditore: seguendo il testo della norma "o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile" soltanto l'imprenditore deve essere in grado di fornire gli elementi per recuperare i beni mancanti. La funzione è quella di consentire il massimo soddisfacimento dei creditori. parlava di una NUVOLONE funzione documentale non tanto sul piano della tutela dei creditori, quanto sul piano oggettivo: le scritture costituivano mezzi di prova e come tali la tutela doveva riguardare la fede pubblica o l'amministrazione della giustizia. È una chiave di lettura che potrebbe essere attendibile se non vi fosse la seconda parte della norma "li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli"affari», risulta evidente allora che la finalità è quella della tutela dei creditori. La falsificazione Una nota particolare riguarda la falsificazione. Che rilevanza può avere il falso contabile nell’ambito delle scritture fatta dall’imprenditore non per ledere la garanzia dei creditori, ma ad
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