Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Il principio di determinatezza
Il principio di determinatezza esprime l'esigenza che le norme penali descrivano fatti suscettibili di essere accertati e provati nel processo. Per mettere il cittadino al riparo dagli arbitri del giudice non basta che la norma abbia un contenuto comprensibile, ma deve anche rispecchiare una fenomenologia empirica che può essere verificata nel corso del processo attraverso massime d'esperienza o leggi scientifiche, solo così il giudizio di conformità del caso concreto alla previsione astratta non è abbandonato all'arbitrio del giudice.
La norma incriminatrice del plagio prevista dall'art. 603 c.p. è stata dichiarata dalla Corte costituzionale illegittima (con la sentenza 96 del 1981) perché contrasta con il principio di determinatezza, in quanto, anche se il significato del precetto è chiaro, non potevano essere verificate empiricamente "le attività che potrebbero concretamente".
esplicarsi per ridurre una persona in totale stato di disoggezione".
Il terzo principio che, in base alla riserva di legge, il legislatore è tenuto a rispettare è il principio di tassatività, a imporre al giudice il divieto di estensione analogica delle norme penali a sfavore del reo e a formulare le norme penali in modo da rispettare questo divieto di analogia.
Il divieto di analogia a sfavore del reo (la cosiddetta analogia in malam partem) è prevista in base al quale il giudice non può punire fatti che non siano espressamente previsti dall'art.1 c.p. come reato dalla legge, e in base al quale il giudice non può applicare le leggi penali oltre i casi e i tempi in esse considerati.
ES. In Italia si discute se, in base alla legge 40 del 2004 che riguarda
"Le norme in materia di procreazione medicalmente assistita", commette un reato chi fa ricerca su cellule staminali embrionali importate dall'estero; questa legge all'articolo 13 vieta sotto minaccia di pena qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano. Queste due attività sono simili ma diverse perché la cellula staminale viene ricavata da un embrione che ha cessato di esistere, quindi la ricerca su cellule staminali embrionali non è prevista come reato dalla legge e solo il legislatore potrebbe colmare questa lacuna, mentre se lo facesse l'interprete, violerebbe il principio di tassatività. Il rappresenta la linea di confine tra l'interpretazione Significato Letterale Della Legge estensiva e l'analogia: un'interpretazione è estensiva se il giudice attribuisce alla norma un significato che abbraccia tutti i casi che possono essere ricondotti al suo tenore letterale, mentre il giudice fuoriesce
dall'interpretazione se collega alla norma situazioni che non sono riconducibili a nessuno dei suoi possibili significati letterari, soprattutto, viola il divieto di analogia se estende la norma a casi simili a quelli che sono contemplati dalla legge, solo capitolo 2: le fonti 13 perché c'è l'esistenza di una disciplina comune. NB. Il divieto di analogia presuppone che il legislatore abbia formulato norme incriminatrici precise. In molti casi in cui si rimprovera al giudice di applicare per analogia le norme incriminatrici ci si trova in realtà in presenza di norme costituzionalmente illegittime per la loro imprecisione. Quando l'analogia riguarda le norme incriminatrici, la Corte di cassazione distingue tra l'interpretazione (che è consentita) e l'analogia (che è vietata). Da questa distinzione certe volte la Cassazione trae delle conseguenze coerenti: Ad es. nell'omissione di soccorso, prevista dall'art. 593 c.p., laLa giurisprudenza ritiene che l'espressione "trovare" si riferisca solo a chi è in presenza di una persona in pericolo, mentre solo un'estensione analogica della norma consentirebbe di includere la notizia, ricevuta magari attraverso una telefonata, del ritrovamento da parte di altre persone di una persona in pericolo. Altre volte però la cassazione ha violato il divieto di analogia: ad esempio, ciò che è accaduto per quanto riguarda la riproduzione abusiva di programmi per elaboratore elettronico, cioè il software, prima dell'introduzione della normativa nel 1992. La giurisprudenza riconduceva il software alla legge sul diritto d'autore, anche se il tenore letterale di questa legge, che faceva riferimento alle opere di letteratura scientifica, non consentiva di abbracciare i programmi per elaboratore elettronico. Un altro caso in cui opera il divieto di analogia è quello in cui viene sanzionata penalmente la che appartiene a un.
settoreviolazione di un precetto contenuto in una disposizione extra penaledell'ordinamento che ammette il ricorso all'analogia.Ad es. nel gli interpreti estendono con l'analogia il divieto di acquistare quote della società stabilitodiritto societariodall'art. 2483 c.c. per gli amministratori della società a responsabilità limitata anche al caso, non previsto da questoarticolo, di assunzione di partecipazioni in altre imprese, previsto dall'art. 2361 c.c per le società per azioni. Questaestensione analogica è legittima sul terreno civilistico ma non su quello penale, l'articolo 2630 c.c che punisce gliamministratori che violano l'articolo 2483 non può essere applicato agli amministratori della società a responsabilitàlimitata che assumono partecipazioni in altre imprese. Quindi l'analogia è vietata agli effetti penali ma è ammissibile ai fini extra penali.7.2 Il principio diIl divieto di analogia trovando il suo fondamento nella riserva di legge e avendo dunque rilevanza vincolante costituzionale (art. 25.2 cost.), non solo si oppone all'eliminazione delle disposizioni (art. 1 c.p. – art. 14 delle preleggi) che vietano al giudice l'applicazione analogica delle norme incriminatrici, ma vieta anche l'introduzione di norme che consentono l'analogia nel diritto penale o non consente di creare fattispecie ad analogia espressa. Il divieto di analogia vincola il legislatore ordinario soprattutto nei casi in cui la norma si apre con la descrizione di una serie di condotte, situazioni o oggetti, e si chiude con formule del tipo "e altri simili", "e altri analoghi". Queste norme violano il principio di tassatività quando contengono elenchi di ipotesi eterogenee, una sola.ipotesi di riduzione in schiavitù o mantenimento in servitù" e 602 "sfruttamento della prostituzione" del codice penale. Questa riformulazione ha permesso di superare il problema dell'incostituzionalità, in quanto ha fornito una definizione più ampia e precisa delle condizioni che configurano la schiavitù e la servitù. La Fattispecie Ad Analogia Espressa è un meccanismo interpretativo che consente al giudice di estendere l'applicazione di una norma a casi simili non espressamente previsti dalla legge. Tuttavia, questa attività creatrice di norme da parte del giudice può essere incontrollabile, poiché non vi sono limiti precisi o criteri definiti per l'applicazione della fattispecie ad analogia. Un esempio di utilizzo della fattispecie ad analogia espressa si trova negli articoli 600, 601 e 602 del codice penale. Nel testo originario di queste norme si faceva riferimento alla schiavitù e a condizioni analoghe alla schiavitù. Tuttavia, poiché non vi erano indicazioni legislative che definivano in modo chiaro e ampio il concetto di schiavitù, spettava al giudice individuare le condizioni analoghe secondo il procedimento analogico. Di conseguenza, queste norme incriminatrici erano esposte a censura di incostituzionalità in base all'articolo 25,2 comma della Costituzione. Nel 2003, il legislatore ha riformulato l'articolo 600 del codice penale introducendo la definizione di "riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù", a cui fanno riferimento gli articoli 601 e 602. Questa riformulazione ha permesso di superare il problema dell'incostituzionalità, in quanto ha fornito una definizione più ampia e precisa delle condizioni che configurano la schiavitù e la servitù.persone" e 602 "acquisto e alienazione dischiavitù". Per eliminare ogni dubbio di illegittimità costituzionale per violazione dei principi tassatività, la legge 228 del 2003 ha stabilito che per schiavitù e servitù s'intende "l'esercitare su una persona poteri che corrispondono a quelli del diritto di proprietà, o ridurre o mantenere una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali, o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento".
Capitolo 2: le fonti 14. Invece sono costituzionalmente legittime le norme che contengono formule del tipo "e altri" e se sono precedute dalle simili", altri analoghi" elencazione di una serie di ipotesi omogenee che consentono di individuare un genere sotto il quale ricondurre sia i casi che sono menzionati espressamente e sia quelli che vengono evocati con quelle formule. Ad esempio, la norma che puniva la
vendita e la consegna di schiavi o grimaldelli a persona sconosciuta: tra i soggetti che potevano commettere questo reato il legislatore annoverava "chiunque eserciti il mestiere di fabbro o un altro mestiere simile". Per decidere sulla conformità o difformità della norma incriminatrice rispetto al divieto di analogia, anche la Corte costituzionale ha fatto riferimento all'omogeneità o eterogeneità dei casi menzionati nella norma incriminatrice: nella sentenza 120 del 1963 la corte ha affermato che solo l'omogeneità delle indicazioni esemplificative consente di individuare un preciso criterio di identificazione delle attività che sono simili a quelle menzionate espressamente, escludendo la possibilità che una norma attribuisca al giudice il potere di ampliare per analogia il precetto penalmente sanzionato.
8. L'analogia a favore del reo
Il divieto di analogia in materia penale opera solo quando l'applicazione analogica
andrebbe a sfavore dell'agente, si tratta dell'analogia in malam partem: infatti vietano al giudice di ricorrere all'analogia per punire l'art. 1 c.p. e l'art. 14 delle Preleggi fatti penalmente irrilevanti, o per applicare pene più gravi di quelle previste dalla legge;
Quindi il divieto di analogia non si estende alle norme che escludono o attenuano la responsabilità. In base all'art. 14 delle Preleggi il divieto di analogia non interessa solo le leggi penali ma anche quelle che dettano una disciplina eccezionale, (cioè che derogano alla normale disciplina apprestata dall'ordinamento) anche se la loro estensione analogica andrebbe a favore dell'agente. Appurata l'ammissibilità in linea di principio dell'applicazione analogica delle norme penali di favore, va però sottolineato che il ricorso all'analogia ha tre limiti: La norma di favore non deve ricomprendere la
caso in esame neanche se viene interpretata in1.m