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ELITTI CONTRO LA PERSONA

Sezione I – I delitti di omicidio.

Premesse generali.

L’omicidio costituisce il delitto “naturale” per antonomasia, come tale costantemente punito come

reato grave in tutte le legislazioni storiche.

Nel cod. pen. vigente sono previste varie fattispecie di omicidio accomunate tutte da un fatto base

sempre tipicizzato secondo il modello del reato di evento a forma libera: e consistente nella

causazione della morte di un uomo.

Ai fini della punibilità, quindi, non assumono rilievo le specifiche modalità con le quali l’evento

viene realizzato.

Bene protetto è la vita umana individuale.

Quanto alla portata del valore della vita, l’opinione più risalente ritiene che la protezione penale

viene accordata “non solo nell’interesse dell’individuo, ma anche nell’interesse della collettività”,

in quanto “l’ordinamento giuridico attribuisce alla vita del singolo anche un valore sociale, e ciò in

considerazione dei doveri che all’individuo spettano verso la famiglia e verso la Stato”.

Questa concezione non è più compatibile con l’ispirazione personalistica sottesa al sistema

costituzionale vigente, alla cui luce è sicuramente più corretto concepire la vita quale bene in sé

della persona umana considerata nella sua irripetibile individualità e dunque meritevole di essere

tutelata a prescindere da ogni suo possibile risvolto utilitaristico a vantaggio della società e dello

Stato.

Questa concezione non trova quindi riscontro nelle fattispecie incriminatrici ancora vigenti, le quali

continuano ad attribuire al bene della vita quel carattere di indisponibilità.

Esempio: l’art. 579 che incriminando l’omicidio del consenziente attesterebbe indirettamente che la

tutela penale della vita scatta a prescindere dalla volontà della persona titolare del bene; l’art. 580

che punendo l’istigazione o l’aiuto al suicidio confermerebbe che il nostro ordinamento disconosce

la libertà di vivere o di morire come diritto individuale esercitabile da ciascuno a proprio

piacimento.

Nel frattempo l’interprete può attenuare la rigidità del principio codicistico della indisponibilità

della vita: concedendo quindi spazio al riconoscimento del principio costituzionale della

incoercibilità del vivere e del connesso diritto a non curarsi e a lasciarsi morire.

Questo principio è indirettamente desumibile da una norma chiave (art. 32 Cost.), in base alla quale

“nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di

legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Da qui la conseguente sicura liceità del suicidio e la più che dubbia legittimità di una fattispecie che

seguita a incriminare l’istigazione o l’aiuto al suicidio.

Si arriverebbe inoltre ad una reinterpretazione diretta ad escludere dall’area della punibilità forme di

eutanasia cd. passiva, consistenti cioè nella mancata prestazione o nell’interruzione di cure da parte

del medico su richiesta consapevole o volontaria della stessa persona legittimata ad esprimere una

rinuncia a continuare a vivere.

Soggetto attivo può essere chiunque; eventuali qualificazioni dell’autore rilevano solo quali

circostanze aggravanti.

Nei casi di omicidio mediante omissione, il soggetto attivo deve essere titolare di una posizione di

garanzia dalla quale deriva uno specifico obbligo giuridico di impedire l’evento lesivo. 15

Soggetto passivo e oggetto materiale coincidono: si tratta dell’essere vivente, comprensivo del feto

durante il parto.

Non è necessario che l’essere vivente sia anche “vitale”, cioè capace di sopravvivenza: si configura

un omicidio anche quando si anticipi di una minima porzione di tempo il decesso di un malato

incurabile.

La tutela ha ad oggetto la persona umana, a prescindere dal possesso di requisiti di normalità fisio -

psichica: l’omicidio è pertanto configurabile anche ai danni di esseri cosiddetti “mostruosi”.

Per morte si intende la cosiddetta “morte cerebrale”: “la morte si identifica con la cessazione

irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo”.

Omicidio doloso (art. 575).

La verifica giudiziale dell’esistenza del fatto tipico si incentra sull’accertamento del nesso causale

tra l’azione aggressiva dell’omicida e l’evento-morte: a questo scopo soccorre il modello della

sussunzione sotto leggi specifiche.

È da puntualizzare che basta che la condotta diretta ad uccidere anticipi anche di poco tempo un

evento letale in ogni caso destinato, a causa delle particolari condizioni del soggetto passivo, a

verificarsi in un momento successivo.

Il dolo deve sussistere al momento dell’azione e deve perdurare per tutto il tempo in cui l’azione

stessa rientra nel potere di signoria dell’agente: cosicché la volontà deve abbracciare la condotta

tipica fino all’ultimo atto dotato di rilievo causale.

In base a queste premesse, appaiono problematiche le ipotesi c.d. di “dolo colpito a mezza via

dall’errore”, nelle quali cioè l’evento lesivo è voluto ma, a causa di un convincimento erroneo

dell’agente, si verifica per effetto non della condotta finalizzata ad uccidere, bensì di una condotta

successiva diretta ad altro scopo: per cui viene a mancare il rapporto di corrispondenza tra il

verificarsi dell’evento-morte e la volontà che sorregge la condotta realmente causativa dell’evento

stesso.

Le fattispecie di omicidio fungono da settore privilegiato per esemplificare la distinzione tra dolo

eventuale e colpa cosciente: distinzione che fa leva sul criterio dell’accettazione volontaria del

rischio di verificazione dell’evento e cioè, perché il soggetto agisca con dolo eventuale, non basta la

rappresentazione mentale della concreta possibilità che l’evento si verifichi come effetto della sua

condotta: è altresì necessario che egli faccia seriamente i conti con questa possibilità e, nonostante

ciò, decida di agire anche a costo di provocare l’evento criminoso.

Il tentativo, oltre ad essere configurabile in astratto, è di frequente verificazione nella prassi.

Perché un tentativo punibile si configuri, non occorre alcun evento lesivo: ad es. è sufficiente anche

un colpo d’arma da fuoco andato a vuoto, purché idoneo e sorretto dal fine di uccidere.

Per quanto riguarda le circostanze aggravanti dell’omicidio doloso, l’art. 576 (originariamente

rubricato come “circostanze aggravanti con pena della morte”) prevede:

a) Il concorso di taluna delle circostanze indicate nel numero 2 dell’art. 61, che disciplina il

c.d. nesso teleologico. La ragione dell’aggravamento di pena sembra dipendere dalla

peculiare intensità del dolo omicida (eseguirne un altro, occultarne uno o per procurare

vantaggio o impunità per sé o altri);

b) L’aver commesso il fatto contro l’ascendente o il discendente. La ratio risiede nella

particolare efferatezza dei delitti di sangue realizzati contro una persona legata da così stretti

vincoli di parentela; il legislatore richiede inoltre che il reo abbia agito per motivi abietti o

futili, oppure abbia adoperato sevizie o agito con crudeltà, oppure abbia adoperato un mezzo

venefico o altro mezzo insidioso o infine abbia agito con premeditazione.

c) Il fatto che l’omicidio sia stato commesso da un latitante, per sottrarsi all’arresto, alla cattura

o alla carcerazione ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza. 16

d) Il fatto che l’omicidio sia stato commesso dall’associato a delinquere, per sottrarsi

all’arresto, alla cattura o alla carcerazione. La condizione di associato per delinquere deve

essere accertata giudizialmente, anche se non occorre che tale accertamento preesista al

momento del fatto.

e) Il fatto che l’omicidio sia stato realizzato nell’atto di commettere taluno dei delitti preveduti

dagli articoli 519, 520 e 521. Questa circostanza aggravante non ha vigore per l’abrogazione

dei suddetti articoli.

L’art. 577 prevede come circostanze aggravanti l’aver commesso il fatto:

a) Contro l’ascendente o il discendente;

b) Col mezzo di sostanze venefiche o altro mezzo insidioso;

c) Con premeditazione;

d) Col concorso di talune delle circostanze previste nei numeri 1 e 4 dell’art. 61.

Omicidio colposo (art. 589).

È definibile come la causazione involontaria di un evento letale caratterizzata dalla violazione di

norme di condotta aventi finalità cautelare.

I punti nevralgici dell’omicidio colposo concernono la determinazione del nesso causale e

l’individuazione della regola cautelare violata.

La colpa nella sua dimensione oggettiva rileva già sul piano del fatto tipico: e ciò in quanto l’illecito

colposo si definisce sulla base del rapporto intercorrente tra la trasgressione del dovere oggettivo di

diligenza e i restanti elementi della fattispecie incriminatrice. Così il contenuto della regola

cautelare si specifica in rapporto all’evento morte da evitare.

Pertanto, la condotta tipica non è rappresentata dalla semplice causazione della morte di un uomo,

bensì da questa stessa causazione in quanto contrastante con una norma precauzionale. Se così è,

l’evento letale deve rappresentare una concretizzazione del rischio specifico che la norma di

condotta violata tendeva a prevenire.

Quanto all’accertamento del nesso causale, valgono le regole generali desumibili dal modello della

sussunzione sotto leggi scientifiche. Ai fini della prova giudiziaria della causalità possono essere

impiegate leggi statistiche con coefficienti probabilistici anche medio-bassi, purché sia altamente

probabile che l’evento del caso di specie non sia riconducibile a fattori causali ed alternativi rispetto

al fattore condizionante preso in considerazione sulla base della legge statistica o delle regole di

esperienza utilizzate.

Sul piano del fatto tipico ciò che rileva è la misura oggettiva della colpa, vale a dire la violazione

del c.d. dovere oggettivo di diligenza; l’individuazione della regola precauzionale applicabile va

correlata alle norme cautelari, scritte e non, conosciute o conoscibili al momento della realizzazione

della presunta condotta colposa.

Inoltre bisogna individuare le cautele esigibili nei diversi casi concreti enucleando la misura c.d.

soggettiva della colpa sulla base delle caratteristiche personali dei singoli agenti in carne ed ossa:

ciò allo scopo di accertare l

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Publisher
A.A. 2013-2014
40 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher diehard1987 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Calabria o del prof Caterini Mario.