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Parte IV LE CONSEGUENZE GIURIDICHE DEL REATO
Capitolo ILA PENA Sezione I.-NATURA DELLA PENA191 Nozione
La pena è, in generale, il castigo, ovvero il dolore, la sofferenza che viene inflitta a colui che ha violato un comando. Le pene che a noi interessano sono quelle che costituiscono una conseguenza specifica del reato, dette quindi "criminali", irrogate dall'autorità giudiziaria mediante processo. La pena criminale può quindi definirsi la sofferenza comminata dalla legge e irrogata dall'Autorità giudiziaria mediante processo a colui che viola un comando della legge medesima. Può incidere sulla vita (pena capitale), sulla libertà (pene restrittive della libertà personale) e sul patrimonio (pene pecuniarie).
192. Fondamento
In tutti i luoghi in cui esiste un aggruppamento di uomini ed è sentita la necessità di una disciplina per la coesistenza degli interessi in contrasto, esiste un sistema di punizioni. Il diritto
di punire rispetto allo Stato, per il quale costituisce un mezzo assolutamente necessario per imporre la sua volontà ai sudditi.
193. Il problema della funzione della pena
Con l'espressione "funzione della pena" si intende l'efficacia della pena, cioè gli effetti che produce e in vista dei quali è stata adottata dallo Stato. Questi effetti possono essere diretti verso il passato, facendo sorgere l'idea della repressione, oppure verso il futuro, facendo sorgere l'idea della prevenzione. Quest'ultima può essere generale o speciale: nel primo senso si intende l'efficacia che la pena esercita sulla generalità o massa dei sudditi per trattenerla dal commettere reati, nel secondo senso l'efficacia che la pena esplica sul singolo individuo che ha commesso il reato, per far sì che non torni a violare la legge penale. Molto si è discusso, e si discute, sul tema della funzione della pena; le teorie si accentrano
sulle idee della funzione retributiva, intimidatoria edell'emenda. Con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana l'idea dell'emenda ha avuto unnotevole sviluppo, per cedere poi il campo a quella della prevenzione generale. 194. Le principali teorie A) La retribuzione. La pena è la ricompensa che merita il reo: egli ha violato un comandodell'ordine giuridico e merita un castigo, una punizione. La retribuzione può essere morale, il maledeve essere retribuito con il male, o giuridica, il delitto è una ribellione del singolo alla volontà dellalegge e, come tale, esige una riparazione che valga a riaffermare l'autorità dello Stato.61 L'intimidazione: la pena ha la funzione di prevenire i delitti mediante l'efficacia intimidatrice cheB)le è inerente. Consistendo in una sofferenza, la pena è destinata a distogliere i proclivi a delinqueredal commettere azioni criminose. La intimidazione puòessere esercitata verso la massa deiconsociati oppure, secondo altre teorie, verso l'autore di un reato, per impedire che questo necommetta un altro.
L'emenda: poiché il delinquente, con il suo atto, ha dimostrato di essere proclive a commettere azioni criminose, al fine di prevenire la ricaduta nel delitto, occorre procurare il suo ravvedimento, migliorarlo, correggerlo. L'emenda del reo è, quindi, la vera funzione delta pena; conseguendo tale risultato, io Stato assicura la conservazione e il progresso del consorzio civile, arginando la criminalità.
195. Rilievi critici
Alle teorie appena esposte possono essere mosse le seguenti critiche. La teoria della retribuzione morale è criticabile in quanto non tutti i reati violano l'ordine etico e, anche se così fosse, non sarebbe con ciò dimostrato che spetti proprio allo Stato soddisfare l'esigenza etica di compensazione. La teoria trascura di considerare che lo scopo della pena
non è quello di ristabilire l'ordine turbato e che, concepita come una retribuzione, rappresenta una specie di vendetta legale. La teoria dell'emenda eccede nel sostenere che tutti gli autori di un reato abbiano bisogno di una vera e propria opera rieducativa, di risocializzazione, imponendo al reo dei presupposti ideologici determinati. La teoria dell'intimidazione, infine, comporta la conseguenza di creare pene il più possibili dure e crudeli, ignorando quanto l'esperienza insegna, ovvero che solo pene eque possono assolvere in modo opportuno il compito di prevenire i reati.196. Nostra opinione
Lo Stato, innanzitutto, minaccia la pena a chi non adempirà l'obbligo imposto e poi la infligge al trasgressore. Le fasi attraverso le quali passa la pena sono quindi due: la comminatoria legislativa e l'applicazione. Il legislatore, minacciando l'applicazione di una pena, che per sua natura indica sofferenza, mira ad esercitare sui consociati una
coazione psicologica affinché si astengano dal violare il comando. La funzione della pena è, in questa fase, quella della prevenzione generale dei reati. A questa fase segue, necessariamente, quella dell'applicazione della pena: lo Stato, nel momento in cui ha minacciato una sanzione a coloro che si comportano in un certo modo, non può non applicarla ai trasgressori. L'applicazione della pena, mentre neutralizza il turbamento prodotto dal fatto criminoso, previene futuri delitti. Ne deriva che le due fasi della comminatoria e dell'applicazione sono indissolubilmente legate fra loro, formando un tutto inscindibile. Entrambe hanno lo scopo della prevenzione generale dei reati. Da queste riflessioni emerge la vera funzione della pena, quella, cioè, di mantenere l'ordine giuridico, ovvero di proteggere la società contro le azioni degli individui che mettono in pericolo l'esistenza o lo sviluppo e, in tale senso, la difesa sociale.trasformazione della pena nel diritto vigente
La pena sta subendo nel tempo radicali trasformazioni, che vanno verso un miglioramento delle condizioni del recluso; a partire dall'ordinamento penitenziario di cui alla I. n. 354/1975 la funzione di emenda è stata sistematicamente perseguita con l'effetto di un costante affievolimento del profilo retributivo della sanzione penale.
Sezione II - DISCIPLINA GIURIDICA
198. Caratteri della pena
La pena criminale presenta i seguenti caratteri:
Al principio affermato dalla Costituzione "la responsabilità penale è personale" (art. 27)
A)consegue che la pena è strettamente personale (cd. personalità della pena): colpisce soltanto l'autore del reato, non si estende ai congiunti del reo e si estingue con la morte del colpevole.
L'applicazione della pena è disciplinata dalla legge (cd. legalità della pena): la pena non può
B)essere inflitta se non nei casi stabiliti dalla
legge e non si possono irrogare pene diverse da quelle previste e consentite dalla legge (art. 1 c.p.). La pena viene irrogata solo dall'Autorità giudiziaria nel procedimento penale.
La pena, una volta minacciata per un determinato fatto, è sempre applicata all'autore della violazione (ed. inderogabilità della pena). Questo carattere è la conseguenza della natura retributiva della pena ed è imposta dalla necessità di conservare alla comminatoria penale efficacia intimidativa sulla massa dei consociati (prevenzione generale).
La pena è proporzionata al reato (cd. proporzionalità della pena). Incidono su questo principio norme come l'art. 133 c.p., la quale fa obbligo al giudice di tener conto, nell'applicazione della pena, non solo della gravità del reato, ma anche della criminalità virtuale del soggetto.
199. Classificazione delle pene
Le pene, nel nostro ordinamento, si distinguono in principali ed
accessorie: le prime vengono inflitte dal giudice con la sentenza di condanna, le seconde conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali della stessa.
200. Pene principali
La pena di morte: è la pena capitale. È stata abolita nel vigente ordinamento (era prevista nell'art. 21 c.p.). La Costituzione la ammette, tuttavia, "nei casi previsti dalle leggi militari di guerra" (art 27).
L'ergastolo (art. 22 c.p.): consiste nella privazione della libertà personale per tutta la durata della vita. È scontato in uno degli stabilimenti a ciò destinati con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno. Il condannato può essere ammesso, fin dall'inizio della espiazione della pena, al lavoro all'aperto; l'ergastolano può essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia ottenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento ed abbia scontato 26 anni di pena (I. n. 663/1986).
Il condannato può essere anche ammesso al regime della semilibertà dopo aver espiato vent'anni di pena e possono venir detratti, ai fini dei computi suddetti, 45 giorni per ogni semestre di pena scontata se il condannato partecipa all'opera di rieducazione. Inoltre, dopo dieci anni, possono essere concessi permessi premio per non più di 45 giorni all'anno. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 168/1994, non è possibile infliggere la pena dell'ergastolo ai minori imputabili. La reclusione (art. 23 c.p.): è la privazione della libertà personale per un limitato periodo di tempo che va da quindici giorni a ventiquattro anni. Anche questa pena è scontata in appositi stabilimenti con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno. La multa (24 c.p.): consiste nel pagamento allo Stato di una somma che non può essere inferiore a lire 10.000, né superiore a lire 10.000.000 (limite abrogato per.singole figure criminose). Se la pena pecuniaria non è fissa, ma proporzionata al danno causato (come nei delitti previsti dagli artt. 251 e 252 c.p.), essa ha un limite massimo. Per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce soltanto la pena reclusione, il giudice può aggiungere la multa da lire 10.000 a lire 4.000.000.
Valutando le condizioni economiche del reo, il giudice può anche accrescere la multa sino al triplo quando ritenga che per la ricchezza del condannato, la stessa misura massima sia destinata a rimanere inefficace, e, per contro, può diminuirla sino al terzo quando, per le condizioni di indigenza del reo, reputi eccessiva anche la misura minima (art. 133 bis-c.p.).
E) L'arresto (art. 25 c.p.): si estende per un periodo che va da cinque giorni a tre anni, si sconta in uno degli stabilimenti a ciò destinati o in sezioni speciali, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno. Il condannato può
essere addetto a lavori anche diversi da quell