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Desistenza volontaria e recesso attivo
Rientrano sempre nel tema del delitto tentato e sono disciplinate dai commi 3-4 dell'art. 56.
In entrambe queste ipotesi, il soggetto si accinge a realizzare un delitto, però nel momento dell'esecuzione cambia proposito e non porta a compimento la sua condotta criminosa. La differenza rispetto al tentativo è che il soggetto sceglie di non proseguire, mentre nel tentativo è una pausa esterna che gli impedisce di portare a termine il suo iter criminoso.
Due i presupposti della desistenza e del recesso:
- Non deve essere integrata la consumazione del delitto
- Vi deve essere la possibilità di continuare l'esecuzione del programma criminale, perché se invece c'è un'impossibilità a proseguire, trattasi di causa esterna che impedisce al soggetto di consumare il delitto.
La possibilità può essere però oggettiva o soggettiva, in ambo i casi però esclude la
desistenza o il recesso e dà luogo al tentativo. Quando è possibile oggettivamente la realizzazione di un reato? Quando voglio forzare una serratura e ho una chiave sbagliata, e quindi nelle mie condizioni nessun altro può aprire o forzare la porta con quella chiave. Nel momento in cui mi arrendo, ho commesso un tentativo. L'impossibilità può essere però solo soggettiva nel caso in cui subentra un mio problema (es. tremore della mano) che mi impedisce di aprire la porta, ed un altro potrebbe farlo. Anche qui è un tentativo. Date queste diverse componenti, bisogna distinguere tra tentativo da un lato e desistenza e recesso dall'altro lato e tra desistenza e recesso stessi. Si ha desistenza quando il colpevole desiste volontariamente dall'azione, soggiace solo la pena per gli atti compiuti. Implica un'azione non ancora compiuta che viene interrotta nel suo svolgimento. Si ha recesso se volontariamente impedisce l'evento.soggiace la pena istituita per il delitto tentato diminuita. Implica un'azione compiuta che ha già innescato il processo causale e il soggetto ne impedisce l'evento. In entrambi i casi occorre che il soggetto faccia una scelta volontaria, non condizionata da un fattore esterno. La differenza sta nel mancato compimento della condotta. Ma quando si parla di desistenza e quando di recesso? Ovviamente le conseguenze sanzionatorie sono diverse, perché nel primo caso non è punibile, mentre nel secondo sì. Quando un reato è strutturalmente commissivo, cioè attivo come un furto, la desistenza è data da un comportamento omissivo (es. ladro che nel momento di rubare sceglie di non farlo). Nel recesso invece si richiede una contro-condotta, in cui il soggetto deve fare l'opposto di ciò che aveva pensato di fare, intervenendo (es. soccorrere, trasportare al pronto soccorso, ecc.). Entrambe le condotte devono essere volontarie.cioè non viene inflitta alcuna sanzione. La desistenza infatti dimostra che il soggetto ha rinunciato volontariamente all'azione criminale. Nel caso del tentativo, invece, la pena può essere ridotta. Infatti, se il soggetto ha compiuto atti idonei ad eseguire il reato ma non è riuscito a portarlo a termine per cause esterne, la pena può essere diminuita rispetto a quella prevista per il reato consumato. È importante sottolineare che la desistenza e il tentativo sono considerati circostanze attenuanti, cioè elementi che possono ridurre la gravità del reato commesso. Tuttavia, la loro valutazione dipende dal giudice e dalle specifiche circostanze del caso.però l'art. 56 comma 3 precisa che il soggetto potrebbe aver già integrato o consumato un reato, anche quando desiste da un altro. Perciò, in questo caso, verrà punito per il reato già commesso. Se tento di effettuare un furto e quindi ho violato un domicilio ma poi desisto dal furto in sé, risponderò solo della violazione di domicilio e non di furto (nemmeno tentato). Per il recesso attivo, la pena viene ulteriormente ridotta rispetto alla pena del tentativo passando da un terzo alla metà. Il diverso trattamento sanzionatorio tra queste due ipotesi può apparire discriminatorio perché chi desiste deve tenere una condotta omissiva, secondo alcuni, mentre chi recede deve tenere una condotta attiva impegnandosi molto di più per salvare il bene esposto al pericolo. In quest'ultimo caso meriterebbe una risposta più favorevole rispetto a quella prevista per la desistenza, ma nel caso di recesso si è.più esposti al pericolo.Il motivo per cui la maggior parte degli studiosi non si ribellano a questa disparità di trattamento è proprio il fatto che con la desistenza siamo ancora lontani da un’esposizione a pericolo del bene, mentre con un recesso abbiamo già avviato il processo causale quindi siamo più prossimi alla lesione del bene. È una questione di esposizione a pericolo, nella desistenza più ridotta e contenuta rispetto al recesso. Il fondamento politico-criminale di questo trattamento più benevolo rispetto al tentativo si spiega in 3 diversi modi, non pienamente soddisfacenti in toto.
- Teoria general preventiva (teoria del ponte d’oro): nel momento in cui si desiste e si recede, premiamo chi fugge. Ciò dovrebbe essere un incentivo a lasciar perdere l’azione criminosa, il criminale dovrebbe sapere che avrà un premio se desiste o recede, ma così non è perché si recede o desiste per
- Teoria special preventiva: soggetto che desiste manifesta una scarsa volontà nel delinquere e lo si premia perché non ha portato a compimento l'azione. Non è calzante perché magari ha altri motivi per desistere dalla condotta, e non implica il desistere dal proposito criminale, ma dalla condotta.
- Viene premiato il fatto che il soggetto non porti l'azione ad ulteriori conseguenze e manifesta una contro-condotta. Si difende in extremis il soggetto passivo dopo aver danneggiato il bene. Il soggetto potrebbe tornare al delitto per motivi di utilità, utilitaristici. Accertare che il soggetto abbia tenuto una condotta di desistenza o di recesso non è sempre facile, anche se in linea di massima la desistenza implica un'omissione e il recesso una condotta attiva. Va sempre appurata, in ogni caso, analizzando i fatti distinguendoli in due fasi:
1. Grado di sviluppo del fatto nel
momento in cui l'impresa criminosa è abbandonata2. Che tipo di attività il soggetto agente ha svoltoNon sempre la distinzione in due fasi risolve il problema.Esempi seguenti problematici:Ipotizziamo che un padre voglia suicidarsi insieme ai propri figli, e si chiude in macchina collegando il tubo di scappamento con l'abitacolo; i bambini si svegliano ed iniziano ad urlare, quindi il padre spegne il motore senza dare seguito alla sua intenzione. Cosa si configura in questo caso? Il genere di condotta non ci dice che genere di figura si è integrata. Potrebbe essere un tentativo perché la pressione dei figli sul padre può non aver dato scelta al padre (causa è esterna e allora un tentativo); potrebbe anche dirsi che il padre aveva in mano le redini della situazione e che avrebbe potuto proseguire, seppur sollecitato di interrompere. Non è necessario l'impedimento assoluto (da parte dei figli in questo caso) perché il padreChe vuole suicidarsi coi figli, se ne infischia. In questo caso potrebbe quindi essere tutto (esempio reale fu considerato tentativo).
Un'altra ipotesi problematica. Un soggetto che versa del veleno nel bicchiere della persona che si vuole uccidere, e la persona non lo ha bevuto ma solo portato alla bocca. Se lo stesso soggetto lo blocca nel momento in cui apporta il bicchiere alla bocca, si tratterebbe di desistenza. Il processo casuale non è stato avviato. Potremmo parlare di recesso se il soggetto avesse ingerito il veleno e poi fosse stato portato al centro antiveleni o gli fosse stato somministrato un antidoto.
Altro caso. Una moglie vuole uccidere il marito mentre dorme aprendo tutti i rubinetti del gas e esce di casa. Ma cambia idea e proposito, chiama i vigili che possono soccorrere il marito, che non si è accorto di nulla e non ha alcuna intossicazione. Di cosa si tratta? Lei ha completato l'azione, ha avviato il processo causale ed impedito l'evento comunque.
Però non c'è alcuna conseguenza. L'esposizione a pericolo è. Alcune dicono che la differenza la si deve vedere sulla continuità o discontinuità temporale. Se c'è interruzione temporale, come nel caso ultimo della signora che esce e poi interviene, si ha recesso, se invece c'è continuità temporale si parlerebbe di desistenza. ARTICOLO 49 COMMA 2 Una delle forme più complicate della materia, quella di reato impossibile. Art. 49 c.2 "La punibilità è altresì esclusa quando per la inidoneità o per l'inesistenza dell'oggetto di essa è impossibile l'evento dannoso o pericoloso", trattasi quindi di reato impossibile. Per alcuni questa disposizione è del tutto inutile, perché rappresenta l'altra faccia del tentativo. Cioè se gli atti sono idonei si ha tentativo, se gli atti sono inidonei si ha reato impossibile. E quindi lafigura sarebbe inutile. Sarebbe un doppione negativo e darebbe vita cioè ad un tentativo inidoneo, che non è punibile. In questo caso però, si può applicare una misura di sicurezza davanti ad un reato impossibile, perché lo dice l’ultimo comma, se ha manifestato, pur commettendo reato impossibile, una pericolosità sociale. Questa interpretazione fornita dalla dottrina tradizionale secondo cui l’art.49 comma 2 è una norma inutile non è plausibile innanzitutto perché sarebbe una anomalia legislativa il fatto che anticipi una faccia positiva (prima in negativo nell’art. 49 e poi in positivo nell’art. 56). Quindi già da questo punto di vista non si condivide l’idea che le due norme non siano identiche. Secondo una dottrina minoritaria che ha avuto seguito negli anni ’70, invece, non solo non è superfluo, ma è addirittura una norma fondamentale e cruciale del sistema penale.