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ISTIGAZIONE E AIUTO AL SUICIDIO

Per quanto riguarda l'inizio vita, il problema attiene essenzialmente alle tecniche di intervento sull'embrione, e quindi a tutte le questioni che ruotano attorno alla procreazione medicalmente assistita. È difficile stabilire quando l'embrione (90 gg) possa essere considerato vita umana tutelabile penalmente, le disposizioni penali che attualmente rinveniamo in materia di procreazione assistita danno luogo a un impianto estremamente problematico, che non si pone sempre in maniera coerente con le disposizioni in materia di interruzione volontaria di gravidanza. La legge in materia di interruzione di gravidanza e il Codice penale contengono anche disposizioni incriminatrici, i cosiddetti delitti di aborto. La filosofia che sta alla base dell'interruzione volontaria di gravidanza è opposta a quella che invece caratterizza la legislazione in materia di procreazione medicalmente assistita.

Per quanto riguarda invece lo stabilire...

quando la vita abbia fine si è detto che il paziente deve ritenersi morto in presenza di una morte cerebrale, cioè intesa come la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo. L'OMICIDIO DEL CONSENZIENTE - Caso Welby disciplinato dall'Art. 579 c.p. e l'ISTIGAZIONE O AIUTO AL SUICIDIO - Caso Dj Fabo disciplinato dall'Art. 580 c.p. L'art. 579 punisce chi cagiona la morte di un uomo con il suo consenso e la pena va da sei a undici anni di reclusione. L'art. 580 c.p., invece, punisce quelle che potremmo definire delle condotte collaterali rispetto al suicidio, cioè l'istigazione o l'aiuto. Quando si parla di istigazione si fa riferimento ad una forma di partecipazione morale, che consiste nel rafforzare il convincimento altrui in direzione dell'esito suicidario. Quando invece si parla di aiuto si fa riferimento a una partecipazione meramente materiale, che si indirizza nei confronti di un soggetto che.già liberamente e autonomamente ha deciso di porre fine alla propria vita da solo, mediante un atto suicida. Da un punto di vista sanzionatorio tanto l'art. 579 c.p. quando l'art. 580 c.p. sono fattispecie meno gravi rispetto all'omicidio comune (art. 575 c.p.). La fattispecie di istigazione o aiuto al suicidio è punita in maniera meno grave a sua volta rispetto all'omicidio del consenziente, con l'istigazione o l'aiuto che vengono poste sullo stesso piano dal punto di vista sanzionatorio. [Prima della sentenza della Corte costituzionale, (inizialmente) non c'era alcun tipo di riferimento testuale alle pratiche di fine vita. Anzi, nella relazione al Codice Rocco si escludeva esplicitamente che tanto l'art. 579 tanto l'art. 580 potessero avere come effetto quello di predisporre una tutela meno rigorosa in riferimento ai c.d. fatti di eutanasia. Nell'ottica di un approccio di diritto positivo per molto tempo si è]evitato di parlare di "eutanasia" perché questo concetto, nella misura in cui non trovi un esplicito riferimento normativo, rischia di risultare fuorviante. Per molto tempo non se ne è parlato. Abbiamo avuto bisogno dei casi Welby e Antoniani, davanti ai quali non si poteva rimanere indifferenti, e che i loro protagonisti hanno voluto arrivassero in tribunale affinché questa cortina di silenzio attorno alle pratiche di eutanasia risultasse quantomeno allentata, soprattutto nell'ottica del diritto penale. Spesso nella riflessione giuridica si utilizza una distinzione che ai medici convince molto poco: cioè la distinzione tra l'eutanasia passiva e l'eutanasia attiva, che in qualche modo viene riprodotta dai due casi di Welby e Dj Fabo. Quando si parla di eutanasia passiva, si farebbe riferimento all'omissione delle cure necessarie a mantenere in vita il paziente, ma anche all'interruzione di un trattamento già

Caso verificatori: una donna malata di diabete viene a sapere dal suo medico che l'unico modo di salvarsi la vita è quello di amputarsi la gamba. Rifiuta l'amputazione della gamba, pur sapendo che dal suo rifiuto e quindi dall'omesso intervento attraverso l'amputazione, sarebbe derivata la sua morte. Questa è la fattispecie in cui il soggetto rifiuta un trattamento che gli viene proposto ma che non è ancora iniziato.

Invece l'interruzione di un trattamento in corso è il caso di Piergiorgio Welby, tracheotomizzato, attaccato a un respiratore artificiale, chiede che venga interrotta la terapia di ventilazione che lo tiene in vita. Il trattamento già è iniziato, può essere interrotto.

Quando invece si parla di eutanasia attiva, si fa riferimento a condotte o trattamenti che abbiano come effetto quello di anticipare la morte del paziente. E quindi il soggetto interviene attivamente per cagionare la morte di

qualcuno che ne faccia richiesto. Un effetto di accelerazione della morte, però, potrebbe derivare anche come conseguenza dalla somministrazione di cure palliative, della terapia del dolore. La terapia del dolore, soprattutto quando praticata in dosi massicce perché riferita a questioni particolarmente complesse può avere come effetto quello di anticipare la morte. In questi casi si preferisce parlare di eutanasia indiretta. Come detto, l'omicidio del consenziente è più grave rispetto all'istigazione e aiuto al suicidio. La differenza tra l'articolo 579 e l'articolo 580 cp va individuata essenzialmente sulla base di un criterio causale. Si parlerà di omicidio del consenziente qualora la condotta da cui deriva causalmente la morte del soggetto che abbia a ciò consentito è posta in essere direttamente dal soggetto terzo. Si discuterà invece di istigazione o aiuto al suicidio, quando la condotta da cui deriva causalmente la mortecausalmente la morte è posta in essere dal soggetto che intende darsi la morte con l'aiuto morale e materiale di un terzo. Articolo 579 c.p. e la sua applicazione al caso di Piergiorgio Welby. Affermando che i delitti di omicidio sono posti a tutela del bene vita, se noi dicessimo che l'articolo 579 c.p., omicidio del consenziente, tutela il bene vita stiamo anche dicendo che l'articolo 579 c.p. esprimerebbe un principio di indisponibilità della vita umana. Il legislatore in questo caso sta dicendo che se c'è un consenso della vittima alla sua uccisione il fatto non è scriminato ex articolo 50 del c.p., consenso dell'avente diritto -> causa di giustificazione, ma la pena è attenuata rispetto a quella che sarebbe applicabile ex articolo 575 c.p., omicidio volontario. Il legislatore, però, non può né far finta che il consenso non ci sia ma nemmeno può rinunciare alla sanzione penale perché perl'articolo 579 c.p. però non va a tutelare la vita ma la libertà di autodeterminazione del singolo, al quale non viene riconosciuta ampiezza totale ma comunque viene riconosciuto un effetto significativo sul piano della tutela penale. La decisione di mettere fine alla propria vita, in quanto considerata scelta contraria all'istinto di sopravvivenza, giunge alla fine di un percorso sofferto, la richiesta di aiuto di un soggetto terzo infatti potrebbe proprio derivare dall'incapacità morale di porre fine autonomamente alla propria vita. L'Art. 579 cp al comma terzo prevede le disposizioni relative all'omicidio comune nei casi in cui il consenso, secondo il legislatore, non può essere fornito in maniera consapevole. Quando viene fornitoda minore di anni diciotto, persona inferma di mente o comunque in condizioni di deficienza psichica, per altre infermità o per l'abuso di sostanze stupefacenti, contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia, suggestione o carpito con inganno. La tutela del bene vita quando parliamo di pratiche di fine vita (con le pratiche di fine vita noi non parliamo più di un diritto di uccidersi ma di un diritto di lasciarsi morire a determinate condizioni) deve conciliarsi con altri principi di rango costituzionale: - articolo 32 della Costituzione: "si può essere sottoposti a trattamenti sanitari solamente con il proprio consenso" - articolo 13 della Costituzione: "non si può essere sottoposti a limitazioni della libertà personale se non nei soli casi e modi previsti dalla legge". La vicenda di Piergiorgio Welby è una vicenda complicata da un punto di vista giudiziario: lui rimane.

lucido ma è assolutamente impossibilitato a staccarsi la spina da solo, cioè a porre fine autonomamente al trattamento sanitario che lo tiene in vita, ha bisogno di un soggetto terzo. In particolare modo ha bisogno di un medico anestesista perché la procedura del distacco del ventilatore artificiale avviene a seguito dell'inniezione, da parte del medico anestesista, di un farmaco che ha come effetto quello di sedare il paziente per evitargli una inutile agonia. Successivamente il medico distacca il ventilatore artificiale con la conseguenza che la morte del paziente avviene non per effetto del farmaco iniettato endovena ma perché la malattia fa il suo corso a seguito del distacco della macchina. Welby si rivolge ad un primo anestesista che rifiuta di dar seguito alla sua richiesta. Allora Welby si rivolge al giudice civile e chiede di pronunciarsi con un provvedimento d'urgenza con l'obiettivo di ottenere un provvedimento del giudice che obblighi

l’anestesista a dar seguito alla richiesta di Welby. Il giudice civile dice che il diritto di Welby a veder staccato il respiratore artificiale che lo tiene in vita è un diritto che trova il suo fondamento costituzionale articoli 32 e 13 della Costituzione, però è un diritto che non può trovare tutela di fronte all’autorità giudiziaria. A questo punto Piergiorgio Welby trova un secondo medico anestesista il dottor Riccio che accetta di staccare il respiratore artificiale. A carico di Mario Riccio si apre un procedimento per omicidio del consenziente. La vicenda si chiude di fronte al giudice per l’udienza preliminare (GUP) di Roma che afferma che si tratta di un fatto scriminato perché dando seguito alla richiesta di Piergiorgio Welby Mario Riccio ha adempiuto al suo dovere (omicidio del consenziente scriminato dalla causa di giustificazione dell’adempimento di un dovere, articolo 51 cp.). Da ciò ne deriva che sel’anestesista di Welby aveva adempiuto un dovere vuol dire che forsequello di Welby era un DIRITTO. Da un punto di vista mer
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A.A. 2021-2022
91 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher raf.iannozzi1997 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Trapani Mario.