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II PARTE. IL REATO
IL REATO COMMISSIVO DOLOSO
I capitolo. Il fatto tipico. L'elemento oggettivo
-La tipicità
La fattispecie di reato consiste nel complesso di elementi che configurano ogni singolo
illecito penale e gli elementi costitutivi delle fattispecie mutano dunque in base alle varie
tipologie delittuose. La fattispecie legale assolve una funzione di garanzia perché ciò che
non rientra in una fattispecie disciplinata dalla legge non è reato. Essa fa riferimento a tutti
quegli elementi che condizionano la punibilità e riguarda non solo i criteri oggettivi ma
anche quelli di natura soggettiva della fattispecie criminosa.
Nella scienza penalistica, la tipicità in senso stretto delinea il fatto tipico come categoria
rispetto all’antigiuridicità ed alla colpevolezza e la fattispecie obiettiva designa
differente
solo gli elementi descrittivi (es., cosa, uomo) e obiettivi del fatto di reato che vanno
identificati nella condotta, nel rapporto causale e nell’evento lesivo: ad esempio, il furto è
rappresentato dal fatto materiale dell’apprensione e della sottrazione di una cosa.
Gli studiosi di diritto penale distinguono tra elementi:
A) normativi: tipologie di fattispecie che non si riferiscono a elementi della realtà esterna
ma rappresentano conseguenza finale di una qualificazione giuridica che si comporta nel
medesimo modo di una norma differente da quella incriminatrice: ad esempio, l’altruità
della cosa nel furto. dell’illecito.
B) subiettivi: fanno riferimento a componenti soggettive
L’orientamento dottrinale maggioritario interpreta il fatto tipico in senso più ampio non
solo perché esso oltre a elementi descrittivi può ricomprendere anche elementi
normativi ma anche per la questione che il fatto in senso materiale non esaurisce
completamente la tipicità ed occorre tenere conto anche di componenti soggettive,
aventi rilievo in quei reati di stampo soggettivo (ad es., ingiuria, diffamazione).
-Il concetto di azione
L'azione umana è la base fondamentale per l’elaborazione del reato commissivo doloso ed
esso ha il compito di fornire una nozione superiore di tipo unitario ed idonea ad adattarsi
tanto all'azione dolosa e all'azione colposa, quanto all'azione e all'omissione.
La condotta criminosa, o azione in senso ampio, comprensiva anche dell'omissione,
occupa un posto di primo piano e costituisce l'unico elemento indefettibile che assume
una posizione di indubbia centralità nella struttura della fattispecie: non può esistere
reato senza condotta criminosa (nullum crimen sine actione).
In tal senso, l'incriminazione di semplici stati personali come ad esempio quello di
appartenere ad una data famiglia o ad una certa etnia, o di pure situazioni obiettive, ad
esempio trovarsi in un determinato luogo al di là del proprio comportamento costituirebbe
una vera e propria degenerazione del diritto penale.
L'esistenza di fattispecie incriminatrici che prescindano dalla condotta criminosa
sarebbe contraddittorio mentre l'impiego di una sanzione penale dinanzi ad una
condotta che si basi su uno stato personale o su una situazione indipendente dal
comportamento significa servirsi della pena quale mezzo per annientare fisicamente
una persona in ragione delle sue qualità personali.
Un esigenza giuridica di garanzia induce ad identificare la condotta criminosa in quei
comportamenti umani esteriori che si manifestano nel mondo dell'esperienza umana
constatabile da soggetti terzi, con conseguente esclusione dei pensieri non manifestati e
degli atteggiamenti interiori purchè non si esplichino in condotte esteriori che trascendono il
foro interno del soggetto in quanto sono capaci di produrre effetti negativi nel mondo
esterno al soggetto agente ( ad esempio, il turbamento patito dall'ingiuriato).
ha elaborato
Nel corso degli anni la dottrina dell’azione diverse concezioni:
l’azione consiste nel
A) teoria causale: mutamento del mondo esterno derivante dalla
volontà umana ed il dolo non è soltanto un elemento costitutivo dell‟azione ma è inteso
come forma di colpevolezza. Tuttavia, questa tesi è respinta in quanto la mutevolezza del
mondo esterno non si adatta all’omissione quale forma di condotta priva di substrato
naturalistico e la funzione del dolo non è limitata al dato della colpevolezza ma funge anche
da componente dell’azione perché spesso solo la direzione della volontà colpevole delinea la
tipicità di un comportamento. l’azione umana consiste nell’esercizio
B) teoria finalistica (WELZEL): di un attività
finalizzata verso uno scopo perché l’uomo in base al suo sapere causale è in grado di
prevedere entro dati limiti le possibili conseguenze del suo agire, di porsi molteplici obiettivi
e di orientare la sua attività verso il loro raggiungimento.
dolo come elemento costitutivo dell’azione
Questa tesi considera il anche se le azioni
casuali non sono sempre espressioni di attività basate su schemi programmatici ed un
esempio è quello delle azioni impulsive. Inoltre, nell’ipotesi dei reati colposi ed omissivi, la
punibilità deriva dalla mancanza di svolgimento di azioni finalisticamente dirette agli scopi
di protezione enunciati dal legislatore.
C) teoria sociale: il comportamento penalmente rilevante consiste in ogni risposta
dell‟uomo ad una pretesa derivante da una situazione riconosciuta o riconoscibile
adottata e che permette la possibilità di una reazione liberamente scelta tra quelle
disponibili.
Questa tesi è collegabile a tutte le forme delittuose perché consente di reagire in modo non
coartato agli stimoli dell’ambiente esterno, ma risulta talmente generica da diventare priva
di contenuto informativo nei confronti del complesso di condotte desumibili dalle
fondamentali categorie criminose.
Queste diverse concezioni sono poco convincenti perché non considerano che i limiti
dell’azione penalmente rilevante derivano dall’interpretazione delle varie fattispecie e da
questioni riguardanti la configurabilità della stessa colpevolezza. In tal senso, i criteri che
determinano il concetto di azione si conformano ai principi dell’imputazione penale e non
viceversa.
L’elemento iniziale coincide sempre con la realizzazione di un accadimento lesivo di un
bene giuridico e solo in seguito si chiarisce se il suddetto evento è riconducibile al
comportamento di un soggetto in quanto è l'ordinamento penale a stabilire di volta in volta i
criteri di attribuzione della responsabilità.
il comportamento criminoso assume la forma di un‟azione in
Nel reato commissivo,
senso stretto che secondo una antica teoria equivale a movimento corporeo. L‟ art. 42,
primo comma, c.p. dispone che l‟azione è penalmente rilevante qualora consiste in un
movimento corporeo cosciente e volontario e la partecipazione effettiva della coscienza
e volontà nell‟azione è possibile solo nel reato commissivo doloso.
L’azione è punibile nel caso in cui sia collegata al requisito della coscienza e volontà anche
se poi tale requisito assume significato diverso in funzione della natura dolosa o colposa del
reato commesso.
Cosi, la condotta assume rilievo penale nel caso in cui vi sia la suitas, cioè quel
coefficiente psichico di personale riferibilità del comportamento al suo autore che non
consiste necessariamente in uno stato di coscienza vigile e di volontà attuale che
debbono sorreggere la condotta: ad esempio, si pensi alla differenza tra l'omessa
attivazione del faro marino da parte del custode che se ne è dimenticato in seguito ad
un avventura erotica in cui è rimasto coinvolto e il deliquio che colpisce il marinaio a
causa di un virus proveniente dal vento.
Nel primo caso, il soggetto avrebbe ben potuto (e dovuto) altrimenti governare le proprie
impazienze amorose mentre nel secondo esempio manca qualunque coefficiente di
riferibilità che non sia puramente fisico- naturalistico alla persona del soggetto.
sensi del quale “Nessuno può
Tale figura è prevista dall'art. 42, primo comma, c.p. ai
essere punito per un'azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha
commessa con coscienza e volontà” che non sia soltanto attuale bensì anche potenziale,
cioè quella coscienza e volontà che, pur non attuale, avrebbe dovuto essere attivata dal
soggetto con uno sforzo delle sue facoltà intellettivo-volitive, in modo che si possa parlare
in sostanza di un comportamento pur sempre dominabile dal soggetto.
La collocazione codicistica di tale disposizione induce a ritenere che la suitas sia requisito
soggettivo di una condotta illecita, e per tale motivo la dottrina tradizionale (ANTOLISEI)
riconduce la coscienza e volontà dell’azione/omissione all’elemento psicologico del reato e
che lega la condotta all’agente; mentre un diverso
la identifica col nesso psichico
individua questa categoria dogmatica nell’elemento materiale
orientamento maggioritario
della condotta. si differenzia dall’imputabilità, in quanto
La c.d. suitas essa consiste nella volontà del
che si realizza e nella riferibilità al suo autore, mentre l‟imputabilità è uno status
fatto
del soggetto, va valutata dopo che sia stata accertata la prima, e si identifica nella
capacità di intendere il valore sociale dell‟atto e di volere liberamente il
comportamento del medesimo.
Gli atti privi di suitas sono quelli non dominabili dalla sfera della volontà dell'uomo e
dunque estranei al concetto di condotta giuridicamente rilevante e consistono negli atti
riflessi, cioè derivanti da una stimolazione diretta del sistema nervoso (ad esempio la
bruciatura di sigaretta comporta la ritrazione del braccio che può urtare il corpo di un altro
soggetto), negli atti realizzati in pieno stato di incoscienza (es., sonnambulismo) o nei
movimenti derivanti da forza maggiore o costringimento fisico irresistibile.
dell‟azione
-Presupposti
I presupposti dell'azione risultano utili in una prospettiva di scomposizione analitica
dell'illecito, se circoscritti alle circostanze, di fatto o di diritto, che in taluni casi devono
preesistere o essere contigui alla condotta perché questa acquisisca un significato
criminoso: ad esempio, il precedente stato di gravidanza nel delitto di aborto.
Questo concetto può riferirsi al soggetto attivo del reato specificandone un ruolo od una
qualità (es., la qualifica di pubblico ufficiale nei delitti contro la P.A.), all’oggetto materiale
della condotta (documento da cui deriva la falsità in atti),