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DELITTO TENTATO
1. La consumazione del reato. È necessario partire da una distinzione tra:
- consumazione del reato che sia quando si genera la massima offesa al bene protetto
- perfezione, quando si vanno a realizzare concretamente tutti gli elementi descritti della fattispecie di parte speciale.
Solitamente tali momenti con il titolo come nel caso del omicidio, che col verificarsi dell'evento morte la fattispecie non solo è perfezionata, ma ricorre anche la massima lesione dell'interesse protetto, in alcuni casi può divergere come ad esempio il sequestro di persona, in quanto la perfezione si ha nel momento in cui il soggetto passivo viene privato della libertà personale, mentre la consumazione si raggiunge soltanto con l'ultimo atto in cui il soggetto viene liberato o comunque viene totalmente vulnerato il bene protetto, mediante l'evento morte.
2. inizio dell'attività punibile. Si usa distinguere, come affermava Carrara, in atti esecutivi,
erano punibili, ai quali contrapponeva gli atti preparatori, che non erano punibili, ma commentando una decisione dei giudici francesi che ravvisano gli estremi del tentativo punibile, nella situazione in cui un padre voleva uccidere il proprio figlio convivente, è cercò di sparargli con un fucile, che era stato precedentemente scaricato dalla vittima, e Infatti secondo Carrara gli atti inidonei, cioè lo scatto del grilletto di un'arma completamente scarica, susseguita da atti idonei, in braccio meglio del fucile, rientrano nell'estremo del tentativo perché rende quest'ultimi univoci e perciò punibili. Per ancorare la distinzione tra atti preparatori e atti esecutivi ad un dato più preciso, si è proposta la teoria formale oggettiva, che distingue gli atti preparatori da quelli esecutivi, in base al dettato della norma, ad esempio nel furto, inizio dell'attività punibile saprà con la sottrazione, il primo atto.descritto dalla fattispecie di reato. Ma questo provoca un duplice problema: - la prima vista di restringere eccessivamente l'area del penalmente rilevante in quanto nel furto non sarebbero punibili gli atti immediatamente prossimi alla sottrazione (art. 86); - tale teoria non garantirebbe le medesime esigenze di certezza nei reati a forma libera, cioè dove il legislatore non di scrivere le modalità della condotta. Per superare il primo degli inconvenienti si era proposta la teoria presente in Germania, ovvero la "materiale oggettiva", la quale attribuisce rilevanza penale non solo agli atti tipici ma anche a quelli prossimi all'esecuzione formale del reato, ma soffre di un evidente indeterminatezza intrinseca al concetto di prossimità, che contrasterebbe con l'articolo 25 della Costituzione. In merito alla seconda problematica la dottrina, secondo Marinucci-Dolcini, ha proposto il correttivo del concreto piano di azione dell'agente, e cioè nel valutare gli atti prossimi all'esecuzione.Bisogna considerare i passaggi esecutivi preordinati dall'autore del reato. In conclusione si può affermare come l'inizio dell'esecuzione, non deve essere basato alla luce della "non equivocità", ma in relazione allo stesso articolo 56 del c.p. che descrivi il delitto tentato come quella fattispecie in cui "l'azione non si compie o l'evento non si verifica". 3. l'idoneità degli atti E il secondo requisito del delitto tentato, in quanto la sola esecuzione non è sufficiente a determinare la pericolosità degli atti. Per idoneità si intende la probabilità che gli atti realizzati s'effocino nella commissione del reato, e Ciò significa che idoneo equivale a pericoloso per il bene. La ricostruzione in chiave probabilistica dell'idoneità viene fatta attraverso il criterio della prognosi postuma, cioè il giudice deve porsi mentalmente nel momento in cui l'agente haagito valutando le circostanze presenti all'epoca dell'accaduto, ed il grado di verificabilità del fatto di reato. Ma sono note 2 problematiche, la prima relativa alla quantità e qualità delle circostanze che il giudice è chiamato a valutare ai fini dell'accertamento dell'idoneità degli atti, che ha scritto la dottrina in due correnti: - la dottrina e giurisprudenza maggioritaria, che proponevano un indirizzo a base parziale, secondo cui il giudice deve prendere in considerazione solo le circostanze conosciute da un uomo mediamente ravveduto, o effettivamente note alla gente al momento dell'azione, e ciò si giustifica in virtù dell'efficacia preventiva del tentativo rispetto alla tutela del bene protetto. - Dottrina più recente, in posizione minoritaria, riteneva il giudizio di idoneità va da fatto a base totale, ovvero in riferimento a tutte le circostanze conosciute o conoscibili, purchéoggettivamentepresenti al momento del fatto, e si giustifica poiché il fondamento del tentativo poggia sullaanticipazione della tutela penale dei beni meritevoli, e ciò significa che, se il bene protetto non hasubito una messa in pericolo, non può ritenersi integrato il tentativo dal momento che l'articolo 56descrive un'ipotesi generale di pericolo concreto, poiché ragionando diversamente, edaccontentandosi di un idoneità astratta si corre il rischio di punire l'autore per la sola intenzionemalvagia piuttosto che per l'offesa al bene protetto.
Altra problematica riguarda il grado di verificabilità del reato, secondo una prima posizionesarebbe sufficiente, la mera possibilità di verificazione, ma tale giudizio non convince, perché rischia di confondere l'idoneità al pericolo, impedendo in questo modo all'aggredito di poter ricevere la legittima difesa per mancanza del presupposto del pericolo.
Ed è per questo che si protende per il giudizio a base totale, in quanto è maggiormente conforme alle caratteristiche di un diritto penale del fatto, poiché si lega perfettamente con il principio di materialità e di offensività, nonché permettendo di escludere contaminazioni fra i diversi piani del fatto tipico e della colpevolezza.
4. L'univocità degli atti
Il terzo requisito del delitto tentato è anche suscettibile a diverse interpretazioni:
- secondo Carrara intendeva luminosità in chiave oggettiva, nel senso che solo dagli atti posti in essere doveva ricavarsi la direzione criminosa intrapresa dalla gente, vedi che non convince perché richiede, per integrare l'univocità, che l'aggressore entri in casa del suo acerrimo nemico, a notte fonda armato fino ai denti.
- Una seconda tesi, sempre in tale oggettiva, era quella che riteneva che la direzione degli atti potesse essere provata anche in aliunde.
cioè attraverso la confessione del reo, la prova del Dolo ecc. purché la prova della direzione degli atti sia supportata dalla concreta realizzazione degli stessi, vedi che non sa fare sostenibile in Quando finisce per provare un presunto elemento oggettivo del reato attraverso l'accertamento del Dolo.- invece una terza tesi, è quella che ricostruiva l'univocità e idoneità come unico elemento, ritenendo che gli attacchi debbano essere idonei e in aggiunta non eccessivamente remoti rispetto al fatto da commettere, ma anche quest'ultima non appare accettabile perché non permette di effettuare una distinzione tra atti preparatori ed atti esecutivi. ed è per questo che si ricade nuovamente in una lettura soggettiva dell'univocità, facendoci coincidere tale requisito con la prova del Dolo, intesa come atteggiamento del Dolo. Nel senso che il Dolo del tentativo, è il medesimo del reato consumato, e quindi se il reatoconsumato non è fruibile ad esempio a titolo di dolo eventuale non potrà neanche esserlo la sua forma tentata.
l'elemento soggettivo e rapporti con l'univocità
Il delitto tentato è punibile esclusivamente a titolo di Dolo, e le maggiori problematiche le si ricavano dal dolo eventuale, in quanto nell'ipotesi in cui tizio accanito rapinatore sorpreso in flagranza di reato dagli agenti di Pg, si dà alla fuga per assicurarsi che nessuno lo segua e in tale intento fa fuoco ad uno degli agenti ferendone ad un braccio, la giurisprudenza tradizionale, applica pacificamente il tentativo di omicidio, sul presupposto che la colpevolezza del delitto tentato è quella del delitto consumato coincidono. Tale tesi è stata contestata dalla dottrina, in quanto affermava un'incompatibilità strutturale tra l'univocità e il dolo eventuale. Ma secondo la dottrina di Fiandaca-Musco, attraverso una lettura oggettiva del linfocita è
stato sostenuto, che sei già chisono orientati ad un determinato obiettivo, dal punto di vista soggettivo Sarebbe incompatibile conla mera accettazione del rischio propria, invece del dolo eventuale. Tale tesi non convince,perché opera una commissione tra il lato oggettivo dell'univocità,e quello soggettivo del Dolo, mase realmente l'univocità fosse totalmente un requisito oggettivo non si potrebbe ricavare alcunelemento soggettivo del tentativo.Ed è per questo che ti preferisce la ricostruzione in chiave 88soggettiva dell'univocità, in chiave più moderna, cioè legata alla realizzazione dello scopo presodi mira, e quindi il delitto tentato sarebbe compatibile soltanto con il tuo intenzionale escludendotutte le altre forme di Dolo. Sul punto è intervenuta la Cassazione con la sentenza del 96 haconfermato l'incompatibilità tra dolo eventuale e tentativo, Ma la giurisprudenza ha poi rispostocomeil tentativo sia compatibile col Dolo alternativo, in quanto l'esempio citato all'inizio del paragrafo viene risolto come tentativo di omicidio, non perdo l'eventuale ma per Dolo alternativo, in quanto l'agente voleva indifferentemente la lesione o la morte. Tale soluzione non appare condivisibile in quanto il soggetto, nel volo alternativo vuole uno dei due eventi è possibile realizzare, ma sia la volontà del soggetto, che gli atti, sono idonei alla realizzazione di un solo evento dannoso, quindi in tale ottica sembrerebbe preferibile il Dolo cumulativo, che sia Quando il soggetto agisce volendo cumulativamente o indifferentemente più eventi, ma entrambe le tesi non appaiono accettabili perché entra in contrasto con l'articolo 27 comma 1.6. tentativo e circostanze del reato. È possibile analizzare il rapporto tra delitto tentato e circostanze sotto due ipotesi differenti: - il tentativo circostanziato di delitto, Digli a quando lasituazione di fatto che concretizza Lacircostanza, si realizza già nel contesto di un'azione tentata, ed è per questo che non vi è alcun motivo