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a. TEORIE DELLA POSSIBILITA’ O PROBABILITA’ DEL VERIFICARSI DELL’EVENTO

Non permette in realtà la distinzione tra i due in quanto in entrambi i casi il

soggetto ha preveduto l’evento e ne conosceva la probabilità e la possibilità del

verificarsi. Inoltre non viene valutato il requisito della volontà, fondamentale nella

distinzione.

b. TEORIE DEL CONSENSO

Colui che commette reato rientrante nel dolo eventuale, dà il suo consenso

all’evento mentre ciò non avviene nella colpa cosciente.

Tra queste teorie quella più condivisa è quella di ACCETTAZIONE DEL RISCHIO

ovvero occorre verificare se il soggetto ha agito al costo di cagionare l’evento

(dolo eventuale) o se, pur prevedendo l’evento, non ne ha accettato il rischio

pensando che in concreto non si sarebbe verificato (colpa cosciente).

c. PRIMA FORMULA DI FRANK

Prevede una semplice domanda: il soggetto avrebbe agito ugualmente sapendo

con certezza, prima di agire, che la sua condotta avrebbe portato alla produzione

dell’evento? Se la risposta è si, si avrà dolo eventuale; altrimenti, colpa cosciente.

Ma la formula esposta ha il difetto di agire bene solo a livello ipotetico senza

poterla applicare a tutti i casi concreti.

d. TEORIA DEL RISCHIO DOLOSO

I sostenitori di questa teoria intendono il dolo costituito da tre elementi:

rappresentazione, volizione e rischio. Nel caso del rischio doloso, esso consiste in

un rischio che un agente modello (modello sociale di riferimento) non

prenderebbe in considerazione, contrariamente all’agente reo.

Oggetto del dolo. L’art. 43 identifica come oggetto del dolo solamente l’evento, ma

l’intero fatto tipico del reato è da considerare oggetto del dolo.

Se uno degli elementi dello stesso dipende da errore del soggetto, è da escludersi il

dolo.

Ma l’identificazione dell’oggetto del dolo divide gli studiosi in quanto la valutazione

deve sicuramente tener conto di altri elementi oltre alla rappresentazione e alla volontà

del fatto tipico, quali ad esempio la volontaria trasgressione della legge penale che

implica l’ignoranza della legge, che l’art. 5 c.p. ritiene irrilevante e quindi non fornisce

scusa al reo, a meno che non sia inevitabile.

Altri sostengono che il dolo sia presente quando c’è coscienza dell’immoralità e/o

dell’antisocialità del fatto, ma ciò non ha riscontro normativo.

Una tesi ulteriore, sviluppatasi nella seconda metà del ‘900 ritiene che il dolo implica la

volontà di ledere il bene protetto, ed è questa lesione a rappresentare l’evento giuridico

richiesto dall’art. 43 c.p. Essa rimane oggi, seppur aggiornata e lega il dolo al bene

giuridico attraverso l’offensività dello stesso, elemento della tipicità.

Nessuna di queste tesi però soddisfa la ricerca dell’oggetto del dolo che permane in

capo al fatto tipico limitatamente all’elemento oggettivo per i reati commissivi.

Per quanto riguarda i reati omissivi vi sono invece delle peculiarità in quanto la

situazione tipica deve essere conosciuta e vi deve essere l’omissione.

Nei reati omissivi propri o puri non è però sempre possibile individuare il dolo perché il

soggetto spesso non è consapevole di aver compiuto un’omissione perché non

conosce la legge penale (es. trasferimento da un comune all’altro senza denuncia del

possesso di armi da fuoco). In questo caso l’omissione ha natura normativa.

Nei reati omissivi impropri l’oggetto del dolo è invece individuato in obbligo giuridico

di garanzia del soggetto nei confronti del bene; situazione tipica che attiva l’obbligo di

agire; omissione dell’azione impeditiva dell’evento; evento.

Accertamento del dolo. E’ una questione spinosa perché il dolo, costituito da

rappresentazione e volontà del fatto, è sostanzialmente attinente agli atteggiamenti

psicologici del soggetto e quindi di difficile indagine materiale.

Diventa dunque importante ricostruire il movente e quindi ciò che ha spinto l’agente

all’azione.

Una maggiore difficoltà è poi data dalla dimostrazione del dolo eventuale al di là sia

della teoria dell’accettazione del rischio che del riscontro materiale di contromisure

messe in atto dal soggetto affinché l’evento non si verificasse.

Le forme del dolo. Alla principale distinzione tra dolo intenzionale e dolo eventuale, si

aggiunge quella tra dolo generico e dolo specifico. Si ha il primo tipo quando il

legislatore crea la fattispecie in modo astratto e l’oggetto del dolo coincide con il fatto

tipico oggettivo; si ha il secondo, quando la fattispecie indica come oggetto del dolo

uno o più elementi che non appartengono al fatto tipico (es. nel furto, il conseguimento

del profitto che non è elemento essenziale del fatto tipico). Nella formula normativa è

presente un “al fine di…” o “allo scopo di…”

Il dolo generico non deve poi essere confuso con il dolo generale in quanto in questo

secondo, prevede l’astrazione a dolo di un fatto che non è pienamente voluto dal

soggetto agente (voleva uccidere a martellate, ma non è morto…muore in seguito

dissanguato).

La volontà psicologica rimane comunque quella dell’omicidio, ma alcuni autori

sostengono che mancando per errore un elemento del dolo, occorrerà distinguere nella

prima parte un reato di tentato omicidio e uno di omicidio colposo.

Ultima distinzione è quella tra dolo di danno e dolo di pericolo legati ai rispettivi

omonimi reati (di danno e di pericolo).

L’intensità del dolo. La dottrina unanime ritiene l’esistenza di diversi livelli di intensità

del dolo, uniformemente all’art 133 c.p. il quale menziona, nel dettare i criteri

commisurazione della pena, l’intensità del dolo.

Fondamentali sono quindi la rappresentazione e la volontà, gli elementi del dolo e

l’adesione dell’agente ad essi.

La rappresentazione potrà essere quindi più o meno chiara al soggetto, fino ad arrivare

alla certezza dell’evento (dolo diretto); la volontà potrà essere invece più o meno

univoca per determinare l’intensità della stessa.

Verranno quindi distinti dolo eventuale e dolo intenzionale.

Un altro tradizionale indice di valutazione dell’intensità del dolo si collega alla durata

della risoluzione criminosa del soggetto: dolo d’impeto se il soggetto agisce d’impulso

sulla base di una subitanea passione (è l’ipotesi meno intensa di dolo); dolo di

proposito quando il soggetto agisce dopo aver meditato sul da farsi (è in posizione di

intensità intermedia) e dolo premeditato (o premeditazione) in quanto il soggetto

agisce dopo una lunga preparazione del misfatto (esprime la massima intensità del dolo

e costituisce circostanza aggravante in alcuni reati contro la persona).

La distinzione nasce da una lunga tradizione storica e dal sentimento di sicurezza dei

cittadini, maggiormente in pericolo con un agente che calcola freddamente le sue

mosse criminali piuttosto che un agente che spinto da momenti drammatici, agisce in

base alle emozioni per poi pentirsi subito dopo.

L’errore sul fatto consiste nella mancata o falsa rappresentazione di uno o più elementi

del reato e si distingue dall’errore sul precetto in quanto il soggetto non era sul fatto da

lui commesso, ma era per ignoranza della legge.

Ma soprattutto sono diverse le conseguenze sul reo in quanto nel caso di errore sul fatto

è sempre escluso il dolo; mentre nel secondo caso, l’ignoranza della legge penale è

scusabile solo se inevitabile questo perché nel primo non c’è nessuna volontà di lesione

di beni giuridici e c’è una falsa rappresentazione della realtà mentre nel secondo, il

soggetto vuole ledere il bene giuridico, ma non sa che è protetto e quindi non

percepisce l’illiceità del suo comportamento.

In entrambi i casi si verifica un errore, da parificare all’ignoranza e si presenta il

problema del dubbio.

Dubbio ed errore sono diversi infatti mentre nel primo esiste un margine di incertezza,

nel secondo c’è una falsa rappresentazione della realtà.

L’art. 47 c.p. cita che l’errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità

dell’agente, ma se si tratta di errore determinato da colpa non è esclusa quando il fatto

è preveduto dalla legge come delitto colposo.

L’errore deve essere essenziale e quindi deve essere su elementi che caratterizzano la

stessa sussistenza del fatto del reato (es. uccidere un cacciatore anziché un fagiano) e

non elementi minori (es. uccide un uomo al posto di un altro).

L’errore può quindi, secondo l’art. 47 essere incolpevole o essere determinato da colpa:

nel primo, la falsa rappresentazione della realtà fa si che il soggetto agisca convinto di

fare altro (es. sparare al fagiano tra le frasche dove sempre sono i fagiani, ma spara a un

cacciatore che si è nascosto lì a sua insaputa); nel secondo, c’è invece una responsabilità

colposa (ha sparato ad un probabile fagiano in un luogo dove i fagiani non si recano

mai).

Se il delitto è previsto dalla legge nella forma colposa, l’errore colposo porterà il

soggetto ad essere punito per esso mentre se non è previsto il delitto colposo per

quella fattispecie non sarà possibile la punibilità del soggetto (es. per distrazione ci si

impossessa di cappotto altrui. non esiste il furto colposo e quindi il soggetto non è

punibile).

Vi sono però limitate ipotesi espressamente riportate sul codice penale in cui è previsto

il dolo anche in caso di errore su un elemento fondamentale del reato (atti sessuali con

minore di 14 anni).

L’errore inoltre, può spesso causare il venir meno del dolo in relazione ad una

fattispecie, ma può realizzarne un’altra (es. resistere contro un pubblico ufficiale senza

sapere che lo sia, comporta il venir meno del dolo nell’aggressione a pubblico ufficiale,

ma configura la violenza privata).

Può inoltre esservi errore sugli elementi di fatto di una causa di giustificazione.

Si potrà poi avere un errore sugli elementi degradanti del fatto, come ad esempio

l’omicidio comune commesso con il consenso del morituro che in realtà scherzava: in

questo caso la valutazione del giudice dovrà incentrarsi sulla funzione svolta

dall’elemento degradante che agisce come una sorta di causa di giustificazione parziale.

L’art. 47 c.p. prevede poi l’errore su legge

Dettagli
A.A. 2014-2015
62 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher emilyalbertini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Stortoni Luigi.