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LA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI
a) L'elaborazione e l'adozione del testo
II Vertice di Colonia, quindi, decise di elaborare una "Carta sui diritti fondamentali dell'Unione". Nel successivo Vertice di Tampere del 1999, il Consiglio ha deciso la costituzione dell'organo ad hoc che avrebbe dovuto procedere alla elaborazione della Carta. Quest'organo venne concepito come rappresentativo degli Stati membri riuniti nel Consiglio, del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, con la partecipazione altresì della Commissione e quindi: un rappresentante per ciascun governo dei 15 Stati membri, 16 membri del Parlamento europeo e 30 membri dei Parlamenti nazionali. L'organo ad hoc si è autonomamente nominato "Convention" ed ha predisposto un progetto che ha sottoposto alle tre Istituzioni (Parlamento, Commissione e Consiglio. Al momento di apporre la firma al documento, il Presidente del Parlamento europeo, Nicole Fontaine, dichiarava: "...
utilizzando i tag html, il testo formattato sarebbe il seguente:la Carta sarà da questo momento la legge dell'Assemblea che essi (i cittadini) hanno eletto asuffragio universale, anche se ciò dovesse anticipare la sua piena trascrizione giuridica nel Trattato. Essa sarà d'ora in poi il nostro riferimento per tutti gli atti del Parlamento europeo che avranno un legame diretto o indiretto con i cittadini di tutta l'Europa-».
Nella dichiarazione finale del Consiglio di Nizza si legge:«II Consiglio europeo si compiace della proclamazione congiunta del Consiglio, del Parlamento e56della Commissione, della Carta dei diritti fondamentali che riunisce in un unico testo i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali finora enunciati in fonti diverse, internazionali, europee onazionali».
b) La Carta nel contesto dell'Unione Europea
II titolo «Carta dei diritti fondamentali», che evoca espressioni di rango costituzionale, non è inquadrabile in alcuna categoria di atti, se non
in quella dove confluisce tutto ciò che non è previsto, costituito dai cosiddetti "atti atipici", fra i quali rientrano le precedenti Dichiarazioni in materia di rispetto dei diritti umani. In attesa dell'entrata in vigore della Costituzione europea, che ne incorpora il testo, si può affermare che la Carta non è un accordo internazionale, non è firmato né sottoposto a ratifica e quindi non determina obblighi giuridici vincolanti a carico dell'Unione e degli Stati membri, ma riafferma principi già presenti in molteplici testi.
c) Il contenuto della Carta
Se è vero, pertanto, che la Carta non introduce nuovi diritti ma riafferma quelli esistenti in molteplici testi, la prima reazione che emerge dalla lettura del testo è che non si limita a riaffermare diritti preesistenti, ma agli stessi si aggiungono principi generali e norme di comportamento dell'Unione e delle sue Istituzioni. Se da una parte, infatti, vi
sono tradizionali diritti umani, quali, ad esempio, il diritto alla vita, il diritto all'integrità fisica ecc., dall'altra si trovano principi generalmente estranei alla tematica dei diritti umani, quali, ad esempio, il principio della libertà di impresa o della libertà delle arti e delle scienze, norme di comportamento spettanti all'Unione e che si aggiungono ai diritti fondamentali sopra accennati, quali il rispetto della diversità culturale, religiosa e linguistica, la tutela dell'ambiente. È evidente la radicale differenza fra le norme contenute nel documento nel quale si affiancano disposizioni programmatiche, come quella riferita sull'ambiente unitamente a tradizionali diritti fondamentali. Tale divergenza, come si vedrà, è stata poi risolta dalle "spiegazioni" aggiunte alla Carta al momento della sua incorporazione nel Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa. La prima categoria di norme,quelle che affermano i diritti fondamentali dell'individuo, sono norme dedotte dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo. Queste dispongono sul diritto alla vita, integrità fisica, divieto di tortura, schiavitù e lavoro forzato, libertà e sicurezza, vita privata e familiare, protezione dei dati personali, libertà di pensiero, coscienza e religione, libertà di riunione e di associazione; il diritto all'istruzione, quello di sposarsi e di fondare una famiglia, nonché il diritto di proprietà e le garanzie in caso di espulsione.
A fianco dei diritti umani tradizionali, desunti dalla Convenzione europea, vengono aggiunti anche altri diritti, pur sempre ascrivibili alla categoria dei diritti umani fondamentali, quali, il diritto al lavoro e alla libertà professionale ed il diritto di asilo, desunto dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati.
Certamente estranee alla materia di diritti fondamentali sono, invece, le
norme programmatiche che riguardano le politiche dell'Unione e tra queste, la tutela dell'ambiente già ricordata e la protezione dei consumatori. d) Natura e valore della Carta 57 Tutte le precedenti Dichiarazioni in materia di diritti umani sono sempre state interpretate quali atti di rilevanza meramente politica attraverso i quali le Istituzioni coinvolte manifestano, in maniera solenne e formale la volontà di conformarsi a certi principi nella attuazione delle loro competenze e delle loro attività. Per il coinvolgimento degli Stati è utile far riferimento alla composizione dell'organo ad hoc ("Convention") ed in particolare alla presenza degli Stati direttamente rappresentati nel Consiglio dell'Unione, ma indirettamente presenti anche attraverso i Parlamenti nazionali. La procedura seguita evoca soluzioni di tipo misto, cioè comunitarie ma anche intergovernative, attraverso i rappresentanti dei Parlamenti nazionali, checertamente non sono riconducibili ad alcun organo dell'Unione, e che, di conseguenza, costituiscono una forma di rappresentanza dei singoli Stati. Questo tipo di interpretazione permette di giungere ad una prima conclusione in ordine alla natura della Carta, che può essere così ricondotta alla categoria degli atti atipici, e segnatamente a quella delle Dichiarazioni interistituzionali, ma al tempo stesso interstatuale. In attesa della entrata in vigore del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, e che ne ha incorporato il testo, la Carta non ha alcun valore giuridico vincolante per gli Stati membri. Anche nei confronti delle Istituzioni, il suo valore dovrebbe essere soltanto di vincolo morale dal momento che l'hanno proclamata. Nel corso dei lavori, al momento della incorporazione della Carta, quale parte del progetto di Costituzione, la Convenzione ha ritenuto opportuno adottare alcune modifiche redazionali interessanti giacché con una breve nota.esplicativa ad ogni singola disposizione, si chiarisce il contenuto, gli effettie l'eventuale correlazione con altri testi, contribuendo ad eliminare molteplici dubbi e criticheanteriormente formulati al testo della Carta.
Vengono così risolti i contrasti con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU)determinati dalla sinteticità della formulazione di talune norme della Carta che, omettendo lespecificazioni dei diritti e o le eccezioni agli stessi, compiutamente elencati nella corrispondentedisposizione della CEDU, potevano far sorgere il dubbio che la Carta avesse voluto estendere il diritto (incaso di omissione delle eccezioni), ovvero limitarlo in caso di omissione della specificazione del diritto).
In relazione alla circostanza, già evidenziata, che il testo della Carta contiene non soltanto "diritti" maanche "principi" e regole di comportamento, la "spiegazione" chiarisce che i "diritti soggettivi sonorispettati,
mentre i principi sono osservati». Pertanto, mentre i «diritti» devono essere immediatamente rispettati, i «principi» possono essere attuati solo mediante la consueta attività normativa o amministrativa dell'Unione, conformemente alle proprie competenze; di conseguenza questi assumono rilevanza per il giudice solo quando i corrispondenti atti sono sottoposti a controllo.G. LA CITTADINANZA DELL'UNIONE EUROPEA
- L'ATTRIBUZIONE DELLA CITTADINANZA
L'idea di una cittadinanza europea era stata più volte manifestata in passato nell'intento di costruire l'Europa dei cittadini, ma erano sempre naufragate. Occorre attendere il 1984 con il Consiglio di Dublino affinché l'idea assuma contenuti concreti e sia prevista esplicitamente una cittadinanza comunitaria ed il riconoscimento di diritti politici e sociali ai cittadini comunitari.
L'evoluzione realizzata con la formulazione dell'Atto Unico non
consentì di raggiungere alcuna intesa in ordine al problema dell'Europa dei cittadini: l'unico elemento che è stato possibile realizzare dal 1985, è quello, meramente estetico, della forma dei passaporti rilasciati dagli Stati membri della Comunità ai propri cittadini. Nel negoziato per il Trattato di Maastricht, su iniziativa spagnola, il problema è stato ripreso e trova posto in pochi articoli del Trattato riuniti sotto l'ambizioso titolo "Cittadinanza dell'Unione". È cittadino dell'Unione ogni persona che abbia la cittadinanza di uno Stato membro; la determinazione di chi debba considerarsi cittadino di uno Stato membro resta riservata alla competenza di quest'ultimo. A conferma di ciò è stato stabilito che "La cittadinanza dell'Unione costituisce un complemento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest'ultima". Nonostante questa precisazione un problemapotrebbe porsi concretamente nei confronti di individui che possiedano una doppia cittadinanza, di cui una di un Paese dell'Unione. La Corte di giustizia ha già risolto la questione affermando che di fronte ad un cittadino di uno Stato membro, in grado di dimostrare la propria cittadinanza, gli altri Stati membri non hanno il diritto di contestare lo status civitatis eccependo che l'interessato possiede anche la cittadinanza di uno Stato terzo anche se quest'ultima, in applicazione della legge del Paese nel quale si pone il problema, potrebbe essere considerata prevalente. La soluzione adottata dalla Corte per risolvere un caso di doppia cittadinanza è diversa da quella generalmente accolta dalle giurisdizioni nazionali che tendono ad accertare l'esistenza di una cittadinanza "prevalente". Agli effetti del diritto comunitario, l'esistenza della cittadinanza di uno Stato membro, ancorché contemporanea ad altra cittadinanza di uno Stato terzo.prevale. Il principio, enunciato in tema di libertà di circolazione, dovrebbe essere a fortiori applicato alla nuova "cittadinanza".