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La situazione della portualità italiana negli anni '80

Alla fine degli anni '80 la situazione della portualità italiana era compromessa per cause di natura tecnologica, organizzativa e normativa; essa escluse il paese dai grandi traffici mondiali, catturati dai porti dei paesi del Nord Europa; molti porti italiani realizzavano scarsi volumi di traffico.

Contestualmente vi sono state profonde trasformazioni tecnologiche ed organizzative nei trasporti marittimi: dimensioni delle navi, modalità di spedizione standardizzate per il trasporto intermodale, affermazione dei containers (navi portacontainers, porti di transhipment detti hub, trasbordo da navi grandi a navi feeder).

Le innovazioni si sono riflesse anche sulla tipologia di servizi richiesti nei porti: non più quindi squadre numerose di lavoratori ma attrezzature tecnologiche specialistiche, per ridurre i tempi delle operazioni di carico e scarico delle merci, velocizzando così anche la filiera logistica ed abbattendo i relativi costi generali.

Ecco perché...

molti grandi operatori hanno fatto scelte di integrazione a valle attraverso la gestione di attività terminalistiche con l'ottenimento in concessione di grandi aree demaniali per realizzare le operazioni portuali per conto proprio o di terzi. Fino agli anni '50 si trasportavano solo materie prime e merci di massa, le merci di maggior valore viaggiavano su navi passeggeri, perché le operazioni di imbarco e sbarco erano lunghe, oltreché si necessitava di avere molte e lunghe banchine; inoltre i collegamenti tra entroterra e porto erano assicurati dalle ferrovie che rendevano lente e complesse tali operazioni. Tra gli anni '60 e '80 si sostituirono i pallets con i containers, migliorarono i collegamenti stradali e ferroviari, la meccanizzazione delle operazioni velocizzò i tempi di imbarco, sbarco ed ormeggio sulle banchine. Il porto era in questa fase un luogo non di sosta delle merci ma di transito nel minor tempo possibile. I porti danno valore.

aggiunto alla movimentazione delle merci, e si presentano come l'anello di congiunzione di due modalità di trasporto: marittima e terrestre. Il livello qualitativo dei servizi portuali ed il loro costo influenzano il complessivo processo di trasferimento delle merci dai luoghi di origine alla destinazione ultima, e determinano l'efficacia e l'efficienza dell'intera catena logistica. Già nel 1984 Confindustria elaborò un documento che evidenziava l'inefficienza delle compagnie portuali nel fornire servizi al passo con le mutate caratteristiche dei traffici marittimi e proponeva la separazione dell'attività di controllo da affidare ad enti portuali di natura pubblica, dalle operazioni portuali da far svolgere ad imprese private. Un primo tentativo di innovazione nella portualità italiana fu portato avanti nel porto di Genova, così come nel 1989 a La Spezia dove la società Contship ottenne la gestione di alcuni

terminal (primo esempio di impresa terminalista in Italia). La logica classica di amministrare le aziende pubbliche di stampo webberiano si basava sulla presunzione che il rispetto delle norme fosse condizione necessaria e sufficiente per raggiungere gli obiettivi istituzionali (gestione per atti). Il processo di aziendalizzazione si concretizza nella visione dell'amministrazione degli enti pubblici in una dimensione aziendale che si pone in rapporto di strumentalità rispetto ai fini. La giustificazione sociale ed economica dell'esistenza degli enti pubblici è legata ad una gestione che ponga un'equivalenza tra utilità consumate (valore dei fattori produttivi) e benefici ottenuti (valore sociale ed economico dei prodotti); il raggiungimento di questo equilibrio è subordinato alla ottimizzazione dell'utilizzo delle risorse (efficienza) e all'adeguatezza dei prodotti nel soddisfare i bisogni di natura sociale, economica, politica.biologicae psicologica (efficacia). Il settore dei servizi pubblici è stato oggetto di una riscrittura e cambiamento delle regole, sia comunitario che nazionale, al fine di definire una comune nozione di servizio pubblico: filoconduttore della riforma è stata la separazione tra principio di regolamentazione e quello digestione, nonché l'introduzione generalizzata della concorrenza. Il modello del monopolio pubblico è stato superato grazie ai mutamenti della società e dell'economia: - fallimento dello Stato imprenditore - innovazione tecnologica ed organizzativa che ha reso appetibile il settore ai privati - incremento del reddito medio (quindi maggiore disponibilità a pagare servizi migliori) - diminuzione delle risorse disponibili causate dall'indebitamento della finanza pubblica - evoluzione normativa Il processo di privatizzazione delle aziende pubbliche operanti nel settore dei servizi, ha visto lo "Stato di benessere"che si è trasformato in "Stato di Servizi", lo "Stato imprenditore" che produceva beni e servizi ha lasciato il posto allo "Stato regolatore" che governa direttamente e/o attraverso autorità indipendenti. In questo ambito si è inserito il processo di riforma della portualità italiana. Precursori della riforma sono stati il "Piano Generale dei Trasporti" elaborato nel 1984 che prevedeva otto sistemi portuali ed i c.d. "decreti Prandini", che stabilivano che alcune operazioni portuali non fossero assoggettate agli artt. 110 e 111 Cod.Navigazione. Inoltre la L. 10 ott. 1990 n° 287 affermava per la prima volta nel sistema normativo italiano il diritto all'autoproduzione. Ma nel 1991 l'autorità garante della concorrenza e del mercato indirizzò al Parlamento ed al Consiglio dei Ministri una segnalazione per evidenziare una situazione distortiva della concorrenza e del mercato.delle norme del Codice della Navigazione, per affermare il diritto all'auto-produzione, per sollecitare l'effettiva liberalizzazione del mercato; nonostante ciò vi fu immobilismo legislativo, pur essendo evidente il contrasto tra norme che regolavano il funzionamento dei porti e lo stesso Trattato istitutivo dell'UE in quanto si violavano i principi di divieto di discriminazione, di libera concorrenza, di libera circolazione delle merci, dei servizi e delle persone. Nel 1992 il Commissario Europeo alla concorrenza espresse una severa censura: si contestava all'ordinamento italiano la presenza di norme che permettevano ad una singola impresa di svolgere tutte le operazioni portuali, con divieto di auto-produzione, pur non essendovi ragioni economiche e sociali che giustificassero il monopolio (economie di scala e/o espletamento di servizio di interesse economico generale). Nonostante tutto, parte della giurisprudenza italiana continuò a ritenere.applicabili le norme del Codice della Navigazione. In senso contrario si espresse il Ministero della Marina Mercantile con due circolari nel luglio e agosto 1992; dopo una diffida della Commissione Europea allo Stato italiano fu emanato il D.L. 19 ott.1992 n° 409 che soppressela riserva di lavoro portuale e trasformò le compagnie portuali in società di capitale, oltre che fissati innovativi criteri di autorizzazione allo svolgimento delle operazioni portuali e di assegnazione in concessione delle aree portuali e delle banchine. Le concessioni venivano affidate, previa procedura pubblica, a chi dava maggiori garanzie in fatto di uso profittevole del bene demaniale, incremento dei traffici e della produttività del porto. Nel 1993 con una segnalazione con oggetto "Riordino della legislazione in materia portuale", l'Autorità garante della concorrenza e del mercato affermò la necessità di separare le funzioni di regolazione da quelle di

Gestione dei servizi portuali. La L. 28 genn. 1994 n° 84 modifica così profondamente le modalità di gestione dei porti in Italia scegliendo il modello delle "Port Autorità"; tale norma accoglie al suo interno la logica della de-regolamentazione, della liberalizzazione e della concorrenza nel settore; l'art. 6 della L. 84/94 ha creato in molti porti un nuovo soggetto, le Autorità Portuali, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia amministrativa, di bilancio e finanziaria. La P.A. attraverso le Autorità Portuali programma, regola e controlla la vita dei porti, al fine di garantire la tutela degli interessi della collettività e la concorrenza nel settore. Le imprese private svolgono invece, previa autorizzazione (ex art. 16), le operazioni di carico-scarico, trasbordo, deposito, movimento in genere delle merci e possono ottenere la concessione di aree e banchine demaniali per lo svolgimento delle

Operazioni portuali (art. 18). Per rendere effettiva la separazione tra attività amministrativa ed imprenditoriale le disciolte organizzazioni portuali sono state dimesse, società controllate e/o partecipate incorporate dalle stesse organizzazioni portuali, ed i beni mobili ed immobili ceduti (in alcune realtà le dismissioni sono rese difficoltose dalla mancanza di acquirenti).

Sulla natura giuridica delle A.P. possiamo dire che esse hanno personalità giuridica di diritto pubblico. Con l'attribuzione ai privati di tutti i compiti operativi rientranti nell'esercizio di attività imprenditoriali, l'art. 6 prevede il divieto di esercitare direttamente o indirettamente le operazioni portuali e le attività ad esse connesse, prescrive l'affidamento in concessione a privati tramite gara della fornitura di servizi d'interesse generale e le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni in ambito portuale.

Inoltre l'esclusione sancita dalla c.d. "legge sul parastato" colloca le A.P. tra gli enti pubblici non economici. Ma tali conclusioni non sono pacifiche né nella dottrina né nella giurisprudenza. Analizzando le attività che le A.P. svolgono per dettato normativo, delle quali quelle amministrative non rivestono sicuramente carattere imprenditoriale, possiamo affermare che esse svolgendo attività puramente istituzionale per il perseguimento di finalità pubbliche, e solo marginalmente in maniera episodica attività imprenditoriale, si configurino quali enti pubblici non economici.

Al di là di varie filosofie di pensiero, nel 2002 il Ministero dell'economia e delle Finanze inoltrava un quesito al Consiglio di Stato in ordine alla natura giuridica delle A.P., al fine di determinare il trattamento tributario cui assoggettare i canoni di concessione demaniale; a parere del Consiglio a favore delle A.P. sono applicabili le

disposizioni dell'art.88 (ora 74) comma 2 lettera a) del TUIR secondo cui non costituiscono esercizio di attività commerciale lo svolgimento di funzioni statali da parte di enti pubblici. Di parere contrastante l'Agenzia.
Dettagli
A.A. 2012-2013
6 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/06 Diritto della navigazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeriadeltreste di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto della navigazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Tullio Leopoldo.