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RIVOLUZIONE FRANCESE
Non si parla di una sola rivoluzione ma c’è ne più di una, perché si tratta di 10
anni di rivoluzione in cui si distinguono tre fasi:
1) 1789-1791 = prima rivoluzione, ma c’è ancora la monarchia e si cerca
una monarchia costituzionale
2) 1791-1794 = lotta politica interna, dove fa da protagonista la ghigliottina
e tale lotta coinvolge gli stessi autori della rivoluzione
3) 1794-1799= la rivoluzione sui suoi passi con l’ascesa di Napoleone
Il compito che la Costituente si era fissato nel luglio 1789 è chiaro già dal
nome: discutere e approvare una costituzione. E in effetti il risultato del lavoro
fu, a distanza di due anni, l’approvazione della Costituzione del settembre
1791. Anche per influenza del recentissimo modello d’oltre Atlantico,
certamente noto ai protagonisti della rivoluzione, il termine costituzione faceva
il suo ingresso nella storia politica del continente per designar le libertà
fondamentali e i pilastri dell’ordinamento pubblico dello stato.
La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino votata dall’Assemblea tra il
20 e il 26 agosto 1789 al termine di un’appassionante dibattito, consta di una
premessa e di 17 articoli. Tale dichiarazione è il frutto di un processo politico
antico, perché la Francia in quel periodo è in piena crisi economica. Tale
situazione gravosa per l’economia del paese induce Luigi XVI a convocare gli
Stati generali, dopo quasi due secoli di inattività per iniziativa soprattutto dei
Parlamentari, determinati ad impedire misure normative che riducessero i loro
privilegi.
La sessione fu preceduta da una gigantesca inchiesta sullo stato del paese dai
rappresentanti della nobiltà, del clero e del terzo stato (che era l’espressione
della classe dei possidenti fondiari e dei borghesi e mercanti della città). I
“quaderni di doglianza” (Cahiers de doleances) sono dei documenti che
forniscono al re l’elenco di tutte quelle cose che non vanno nella società
francese, mai prima di allora si era compiuta, né in Francia né altrove, una
ricognizione altrettanto approfondita delle attese della società civile.
Era in vigore la prassi per cui il voto degli Stati generali non valesse per testa,
ma per singolo stato generale, quindi un voto allo stato ecclesiastico, un voto
alla nobiltà ed un voto al terzo stato. Ma il terzo stato si impose e volle un voto
per testa e la rivolta attuata dal terzo stato si esprima mediante l’emanazione
di una Costituzione, attraverso la quale i rappresentanti si riuniscono in una
sala, detta della pallacorda, dichiarandosi assemblea costituente e il re di
Francia accettò la proposta con una vera e propria trattativa: questa assemblea
costituente sarà composta anche dagli ecclesiastici e dai rappresentanti
aristocratici.
Il testo esordisce con l’affermazione che tutti gli uomini che tutti “gli uomini
nascono e rimangono liberi ed eguali in diritti” (articolo 1): la dottrina del
pensiero giusnaturalistico sulla libertà originaria dell’uomo e sull’illiceità di
discriminazioni di status era formalmente tradotta in una formula giuridica.
Enumera poi, quali diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo, la libertà, la
proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione, dichiarando che lo scopo
di ogni associazione politica è di conservare questi diritti (art.2): chiara è la
traccia del pensiero di Locke. Si dichiara quindi che “la sovranità risiede
essenzialmente nella Nazione” e cha de essa deve espressamente derivare
ogni autorità di corpi o individui (articolo 3): si manifesta qui la concezione di
Rousseau, che collega e identifica sovranità, stato e nazione, smentendo così il
principio della sovranità in capo al sovrano. La libertà è definita come la
potestà di fare tutto ciò che non nuoce ad altri, nel rispetto dei diritti naturali
dell’uomo, ed è limitabile solo con la legge (art.4), mentre tutto ciò che la legge
non vieta non può essere impedito (articolo 5).
La legge, a sua volta, è espressione della volontà generale deve essere uguale
per tutti e tutti i cittadini debbono poter concorrere alla sua formazione,
personalmente o mediante i loro rappresentanti; e tutti sono ugualmente
ammissibili agli incarichi pubblici secondo le loro capacità (articolo 6).
Con una serie di enunciazioni non meno rilevanti si sancisce il diritto alla libera
manifestazione del pensiero, che include la libertà di parola, di scrittura e di
stampa, “salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati
dalla legge” (articolo 9), mentre si afferma che “nessuno deve essere
molestato per le sue opinioni, anche religiose, purchè la loro manifestazione
non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla legge “(articolo 10).
Una breve serie di articoli sulla libertà personale recepisce le idee di
Montesquieu, di Beccaria e di Voltaire sul principio di legalità e di irretroattività
della pena (articolo 8), sulla presunzione di innocenza dell’imputato sino alla
condanna (articolo 9), sul rispetto della procedura stabilita dalla legge quale
condizione tassativa per l’accusa, l’arresto e la detenzione di ogni cittadino
(articolo 7).
Nella costituzione francese si introduce il principio di eguaglianza formale, che
rende tutti liberi di fronte allo Stato, ma ci sono comunque dei limiti posti a tale
principio: l’eguaglianza formale è compatibile con differenziazioni razziali, non
solo negli Stati Uniti d’America (con gli indiani e lo schiavismo nero) ma anche
in Francia quindi, una potenza coloniale che non combatterà mai lo stato di
schiavitù nero nelle sue colonie (come quelle caraibiche).
Durante le diverse fasi della rivoluzione francese, la Francia intraprese una
serie impressionante di riforme normative, molte di esse riflettono gli assunti
del travaglio illuminista mentre altre di matrice radicale.
Alla conclusione del processo di codificazione cosa rimane in vita di tali
riforme?
Il diritto intermedio è quella serie complessa di riforme normative promulgate
in Francia dall’89 al ’99, intermedio perché dopo subentra napoleone. In questi
anni si parla di Antico Regime che comprende tutto ciò che è prima dell’89.
A livello di riforma amministrativa vengono aboliti i nomi delle Regioni
o francesi: la Francia ha una tradizione di consuetudini regionali e tale
particolarismo è stato sempre indicato come un male (la codificazione
infatti spazzerà via del tutto il particolarismo). Abolite le autonomie delle
regioni storiche, la Francia viene suddivisa in dipartimenti (83), suddivisi
in distretti, ciascuno comprendente più comuni a loro volta comprendenti
più cantoni, con assemblee locali elettive (su base censitaria) per ognuno
dei tre livelli superiori.
I dipartimenti dunque sono un ente più piccolo delle regioni, ma più
grande delle provincie, essi sono chiamati con dei numeri, per
spersonalizzare il territorio e ogni dipartimento non doveva avere un
nome geografico (tutto il territorio francese è uguale e non ci sono
differenziazioni). In Italia Napoleone farà i dipartimenti chiamandoli
secondo i nomi dei fiumi (non con i numeri per non confonderli con quelli
della Francia).
Viene riformato l’ordinamento giudiziario nel 1790. Esso viene improntato
o sulla semplicità e sulla semplificazione (una delle parole d’ordine
dell’illuminismo):
- ogni atto del processo deve essere scritto
- il processo è gratuito perché i giudici sono stipendiati (quello del giudice
non è una professione a sé, e quindi il giudice stesso non è cointeressato
alla litigiosità, è un funzionario dello Stato). Gli elementi critici del
sistema sono: in un primo momento i magistrati sono elettivi (come in
America); c’è la giuria popolare come nel modello inglese, un ristretto
gruppo di cittadini che emette sentenza. La giuria popolare avrà vita non
facile in Francia, lo stesso Napoleone vorrà abolirla, ma si trova un
compromesso: due giurie popolari, una in fase istruttoria, d’accusa, e
l’altra giuria popolare detta decidente( quella d’accusa prende parte al
dibattimento e decide solo se il fatto sussiste o meno).
- Ai due gradi di giudizio se ne aggiunge un terzo nel privato: la sentenza
poteva impugnarsi davanti all’unica Corte di Cassazione, ma soltanto
facendo valere un errore di diritto, cioè asserendo che i giudici di merito
avevano disapplicato la legge o l’avevano interpretata in modo erroneo.
L’istituzione della Cassazione nel 1790 aveva la funzione di assicurare
l’uniformità dell’interpretazione della legge entro l’intero stato: una
fondamentale funzione nomofilattica, finalizzata ad aumentare la
certezza del diritto e non al riesame nel merito del caso concreto. Tale
sistema lo spieghiamo se richiamiamo alla mente tutte quelle critiche
dell’illuminismo contro i giudici e gli avvocati, come categoria dannosa e i
rivoluzionari condividevano tale critica e infatti una delle prime leggi sarà
la totale abolizione degli ordini professionali liberali e delle corporazioni
(clima totalmente antigiurisprudenziale). La Cassazione così è una specie
di ufficio di ispezione del corretto operato dei giudici, che non devono
manipolare il diritto e devono essere stretti alla sua rigida osservanza: la
funzione nomofilattica come l’assicurazione dell’uniformità
dell’interpretazione della legge, nessun giudice può esser autorizzato a
proporre un’interpretazione difforme della legge (la Cassazione è un
tribunale particolare che non serve per giudicare, ma ha una funzione
accessoria-sussidiaria, serve per controllare l’operato dei giudici).
- Viene istituito l’istituto del referè legislative, cioè dell’interpretazione
autentica che sviluppa una sorta di altra norma. Il giudice nell’applicare
le norme, quando individua elementi di oscurità, si può rivolgere al
sovrano che produrrà un’interpretazione autentica (una specie di altra
norma); il giudice non può fare di testa sua ma deve rivolgersi al potere
legislativo. Ma Napoleone abolì tale istituto, perché esso poteva
permettere ai giudici di decidere se emettere o meno la sentenza.
In questi anni i rivoluzionari al di sopra delle riforme suddette
o promulgano delle Costituzioni (1791,1793,1795 e 1799), tutte fissano la
separazione dei poteri (c’è un principio espresso della de