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Beccaria e "Dei delitti e delle pene"
Beccaria scrisse "Dei delitti e delle pene" sicuramente stimolato dalle riflessioni dell'Accademia e dalle esigenze dell'epoca, scritta nel 1764, un'opera d'autore senza dubbio perché ricostruisce il diritto e la procedura penale in maniera agile, e i principi fondamentali erano trattati in ordine geometrico. Beccaria aveva una propensione per gli studi matematici, i principi esposti hanno un ordine logico per cui l'opera è agile e snella, questo fu uno dei motivi del successo dell'opera.
I temi trattati erano attuali ma non nuovi. Nell'Accademia c'era ottimismo verso la ricerca del bene comune, si doveva stabilire la riserva di legge per togliere il libero arbitrio al giudice, si dovevano eliminare le pene straordinarie che permettevano al giudice di stabilire la pena caso per caso, il giudice doveva invece compiere un sillogismo perfetto.
Premessa maggiore = legge
Premessa minore = applicazione della legge nel caso concreto
pene dovevano essere utili, e il diritto penale serviva alla società per automantenersi, le penesproporzionate erano inutili perché non serviva la repressione, la pena di morte era bandita come latortura, ed è vista con sfavore la grazia.
Secondo Beccaria gli uomini quando si riuniscono in una società civile, conferiscono una piccolaporzione di libertà (necessaria per la nascita della società civile), che non prevede la possibilità diessere uccisi (gli individui non conferiscono la propria vita), la grazia non viene ammessa perché lepene devono essere miti, proporzionate e certe.
La grazia serve in un sistema che prevede pene sproporzionate per evitare le ingiustizie, ma in unsistema come quello suddetto non sono necessarie.
In un sistema con pene adeguate non c'è bisogno di rimedi come la grazia, in quanto le penefungono da deterrente e la grazia potrebbe essere una via di fuga che non deve essere ammessa.
Meglio una
pena certa e giusta che una pena esagerata che lascia una via di fuga come la grazia. Inoltre la grazia viola anche il principio dell'uguaglianza, le pene devono essere miti per tutti.
Storia del diritto medievale e moderno – Parte modernistica "Dei delitti e delle pene" è il manifesto dell'illuminismo in campo penale, i principi cardine di quest'opera sono:
- Principio della riserva di legge.
- Subordinazione dei giudici alla legge.
- Presunzione di innocenza dell'imputato.
- Pene viste in chiave utilitaristica (miti, proporzionate e certe).
- Nessuna grazia.
- Inflitte con prontezza.
- Contro la pena di morte e la tortura, meccanismo del procedimento penale che contrasta con la presunzione di innocenza.
Anche Beccaria richiama il patto sociale, l'uomo nello stato di natura si trova in continua lotta, per cui decide in chiave utilitaristica di rinunciare a una parte della libertà per godere appieno.
Dellaparte rimanente, in questa rinuncia risiede il diritto di punire dello Stato. La società è costituita dall'uomo per l'uomo, non deve proporsi fini repressivi ma la salvaguardia dell'individuo, si devono prevedere gli strumenti e i mezzi per salvaguardare l'uomo e la società stessa.
Il diritto penale è laico, non deve essere espiazione del peccato commesso ma deve prevenire che se ne compiano degli altri, il potere dissuasivo è dato dal fatto che si hanno più vantaggi non commettendo il reato che commettendolo.
Solo le leggi possono decretare le pene, il sovrano può solo emanare leggi generali ed astratte.
Le pene atroci sono inutili, i giudici criminali devono solo applicare le norme (perfetto sillogismo) e non possono in alcun modo interpretarle.
Beccaria è contrario alla tortura perché era un mezzo per strappare confessioni o anche solo notizie riguardo eventuali complici, non serve ad ottenere la verità.
Perché la confessione dipende dallaresistenza fisica del soggetto, poteva capitare che un colpevole molto resistente non confessasse e un innocente debole cedere pur di far smettere i soprusi. La pena di morte è eccessiva, viola il patto sociale, comunque è più efficace la pena mite da cui non si può sfuggire. Inoltre l'uccisione di un uomo provoca forti emozioni nell'opinione pubblica ma per poco tempo, sicuramente fa più effetto la pena che non uccide ma è di durata maggiore. In sintesi ha un maggiore effetto dissuasivo la pena mite e persistente, l'uccisione pur colpendo gli animi ha un effetto breve. La "Leopoldina"35) Raccolta di norme di diritto e procedura penale emanata nel 1786 da Pietro Leopoldo granduca di Toscana, quest'opera tiene conto delle idee di Beccaria, al suo interno ci sono pene miti e proporzionate. Alla fine del 700' furono emanate molte opere che si allontanavano dalle consolidazioni, ma
ancoranon erano dei veri e propri codici, come modernamente intesi.29 Storia del diritto medievale e moderno – Parte modernistica
Questa è stata definita una fase di passaggio.
Alcuni storici hanno definito la Leopoldina come un codice ma in realtà è una consolidazione per vari motivi, la parte penalistica è incompleta, le norme di diritto penale sono funzionali all'applicazione della procedura penale, per la configurazione dei reati si deve guardare alla dottrina, inoltre la raccolta è eterointegrabile (i codici non lo sono).
Guardando il dettato normativo somiglia a un trattato, perché le norme non hanno il carattere dei codici moderni, sono prolisse con espressioni improprie delle leggi, insomma le norme non sono né chiare né semplici.
Padovani ha ritenuto classificarla come codice, considera che il diritto penale non ha una trattazione omogenea bensì funzionale alla procedura, rimane una tesi isolata.
Riguardo la
eterointegrabilità delle fonti, Padovani fa notare come un principio della Leopoldinaindica che le fonti estranee devono essere interpretate secondo lo spirito della riforma.
Raccolta breve, di appena 119 articoli, legata alla forte personalità di Pietro Leopoldo, partecipòattivamente ai lavori, e si sente molto la sua mano perchè i giuristi non seppero frenarlo, e questosicuramente è uno dei difetti della raccolta (Pietro Leopoldo non era un esperto di diritto).
Coceius e il Codice Prussiano36) Emanato nel 1794, indicato con la sigla ARL (dal tedesco), diritto comune dello statoterritoriale, Federico II fu il promotore della sua emanazione, salito al trono nel 1740 decise quasisubito di realizzare quest'opera, incaricò Samuel Coceius, giurista famoso ma di età avanzata (oltre60 anni), nel 1746 nell'atto in cui Federico II incaricava Coceius di realizzare l'opera, eranoelencate anche le direttive che avrebbe dovuto seguire.
per regidere il codice stesso.
La raccolta doveva essere di carattere generale, abbandonare il diritto romano e basarsi sul diritto territoriale tedesco e sui principi di ragione.
Federico II fece suo il pensiero di Montesquieu, in merito all'universalità della legge e alla loro adattabilità nei confronti dei diversi stati.
Sia Federico II che Coceius capirono che una riforma civile attraverso un codice, doveva essere preceduta dalla riforma della procedura civile e sull'ordinamento giudiziario.
Il sistema giudiziario doveva essere regolamentato mediante una razionalizzazione della procedura civile e attraverso il controllo delle magistrature, attività che dovevano precedere il codice, Coceius per questo si dedicò prima a queste due riforme.
In ambito di procedura civile la riforma fu deludente, Federico II voleva che si ideasse un processo civile diverso dal modello romano e più vicino al modello tedesco, l'intento non venne raggiunto, ma ci fu
Almeno uno snellimento del procedimento di tipo romano. Per quanto riguarda l'ordinamento giudiziario, venne sancita la distinzione tra atti amministrativi e giudiziari, i giudici furono pagati meglio in questo modo prevenendo la corruzione. Inizialmente questa raccolta fu vigente solo in Pomerania nel 1747 come "cavia", in seguito fu estesa al Brandeburgo tra il 1749 e il 1751. Il lavoro di Coceius venne pubblicato mano mano che veniva finito, ma un vero e proprio codice non venne mai completato, come mai? Si è data la colpa a Coceius perché ha redatto un codice troppo vicino al diritto romano, interpretazione troppo semplicistica che metterebbe Federico II in secondo piano. Coceius non aveva quindi rispettato le indicazioni di Federico II, in verità il diritto romano nel progetto di Coceius non era propriamente tenuto in vita, si era solo rifatto ad alcuni istituti e definizioni del diritto.
romano per rielaborare il diritto territoriale tedesco. Non c'era una cesura netta quindi con il diritto romano, ma è vero anche che venne usato per rielaborare il diritto territoriale tedesco. Il diritto romano non vige come fonte a se, è presente ma circoscritto, per questi motivi non si può imputare a Coceius il fallimento del progetto di redazione del codice. Il progetto fallì in realtà per altri motivi, Coceius aveva un'impostazione puffendorfiana, per cui identificava il diritto romano con il diritto di ragione, in quanto volontarista. Considerava le leges uno strumento di comando, che incideva anche sulla struttura a ceti (stande in area tedesca), questo profilo frenò la proposta. Inoltre la Prussia entrò nella guerra dei 7 anni (1756 - 1763), in quel momento il sovrano non si sentiva sicuro e non voleva sfidare gli stend, per cui il progetto rimase tale. Tesi di Birocchi: negli anni 80' del 700' inizia la fase
decisiva del codice, legato a tre giuristi, Carmer, Klein e Suarez. Il Codice Prussiano entrò in vigore nel 1794, composto da 20.000 articoli di diritto civile, commerciale, amministrativo ed ecclesiastico. L'uomo era al centro della redazione e venne anche considerato per i rapporti all'interno della struttura sociale, per questo era così voluminoso. I rapporti sono costituiti dalle universitates, rappresentate dagli stande. L'uomo è inserito nei ceti e le norme riguardano i rapporti tra i diversi ceti, si può dire che esistono tanti uomini quanti sono i ceti, per cui le disposizioni si moltiplicano. Ma proprio per questo manca l'unicità del soggetto di diritto, non c'è la proprietà ma il proprietario, non c'è nemmeno l'uguaglianza in senso assoluto, gli uomini sono uguali nello stesso ceto, manca anche l'unicità delle fonti del diritto, il Codice Prussiano si propone come norma di chiusura.
Il diritto territoriale generale rappresenta il fondamento del sistema giuridico di un paese. I giudici hanno l'obbligo di applicare e interpretare le leggi in modo imparziale e coerente, garantendo così la giustizia e la tutela dei diritti di tutti i cittadini.