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Tutte qualità presenti in Galanti e funzionali alla rappresentazione che la Corona in quegli anni voleva dare di sé. La somma degli avvenimenti, che dopo il 1780 aveva cambiato il clima politico napoletano e compromesso l'immagine e la credibilità della regina e della corte, era l'indice di una crisi gravissima e incombente, da arginare con immediati cambiamenti di rotta e di uomini.

Il ritorno dalla Sicilia di DOMENICO CARACCIOLO, nel 1786, la carica di primo ministro, avrebbe certamente ridato lustro al governo. Questa iniziativa fu adottata in linea con un disegno più generale di rinnovamento che mirava ad incidere sull'opinione pubblica: le riforme dovevano risultare tangibili e vistose. Gli incarichi affidati ad uomini come Galanti, erano gratificanti sul piano personale, ma non destinati a scalfire l'immobilismo del sistema; queste erano le regole del nuovo gioco.

sannita visse una fase di grande ottimismo e speranze: la possibilità di elaborare un programma di riforma globale per soddisfare i bisogni pubblici in maniera definitiva, fu una vera missione ma anche un modo per esibire il suo talento. Pensando di poter influire significativamente sulle scelte politiche, accantonò le linee moderate espresse alcuni anni prima per attestarsi su soluzioni radicali. Lo STATUS QUO appariva paralizzato dalla persistenza dei vecchi centri di potere, che opprimevano le province e annientavano i rapporti civili. La situazione delle finanze statali era posta in primo piano: i MALI della patria non derivavano soltanto dalla quantità dei tributi e di dazi imposti, ce n'erano di maggiori, il giurista si riferiva ai meccanismi di gestione e di riscossione, in particolare al sistema parassitario degli "ARRENDAMENTI", che moltiplicava all'infinito il debito pubblico con vantaggi limitati e per pochi. Lo scenario mostrava una condizione.economica assolutamente debilitata, insostenibile per i sudditi e rovinosa per il governo. Si profilava quindi la necessità di un intervento organico e razionale, non diverso da quello promosso in Francia da TURGOT e già vigente in Inghilterra. Le maggiori responsabilità del sottosviluppo sociale del regno e di un'economia scarsamente produttiva erano da attribuirsi al sistema feudale. Su questa fondamentale problematica l'intellettuale si era soffermato a lungo nelle sue opere, ma variando continuamente atteggiamento e punto di vista. Il perno intorno a cui ruotava la proposta formulata nel 1786 era rivolto da un totale abolizione di quel SISTEMA. Queste stesse posizioni furono ripercorse in TESTAMENTO FORENSE, ma per ora gli sembrava inaccettabile il rimedio di puntare sulla devoluzione e, come in Sicilia, di realizzare gradualmente il recupero dei feudi alla Corona ricorrendo a strumenti giuridici e processuali. Il giurista si poneva dalla parte del governo ma non

Era disposto a trascurare gli interessi della collettività: i due piani erano complementari per cui bisognava mirare alla sicurezza sia del trono che dei cittadini. In nome della pubblica felicità, ingenuamente, arrivò da immaginare la trasparenza delle finanze e dei conti pubblici. Quest'idea, ben lontana da quella che aveva ispirato l'istruzione del CONSIGLIO DELLE FINANZE, faceva parte del disegno galantiano di offrire al governo napoletano un progetto politico-istituzionale illuminante, che progettava la trasmutazione verso un modello produttivo che avrebbe dato risultati proficui in tempi brevi, per l'erario e per la società. Non fu certo un caso che le accorate pagine in cui Galanti raccolse queste idee fossero comprese in quella parte della DESCRIZIONE DELLE SICILIE che risultò più sgradita alla corte e che, dopo l'edizione del 1788, egli non riuscì a ripubblicare prima del 1806.

L'Europa ha assistito all'evoluzione dell'assolutismo costituzionale verso una forma di dispotismo sedicente illuminata. Questo ha creato forti scompensi nel tradizionale sistema di gestione del regno, indebolendo gli apparati. Negli ultimi lustri del '700, cominciavano a vacillare anche i più consolidati equilibri di potere.

Mentre la struttura di governo si militarizzava e rispondeva ad una linea verticistica, le magistrature supreme apparivano tese ad affilare i loro strumenti tecnici di difesa per resistere agli scossoni che minacciavano di spegnere la plurisecolare autorevolezza e segreta politicità.

L'autonomia residuata fu gestita nell'ottica della continuità ideologica con le antiche tradizioni e con il vecchio sistema ministeriale. Pur continuando a muoversi nell'ambito della IURIS PRUDENTIA, da cui si poteva aspettare ancora qualche garanzia, l'interesse prevalente coincise con l'autoconservazione.

Galanti fu abile a smascherare le logiche.

Ingombranti, anche private, del potere. Durante la sua lunga pratica dei tribunali e delle Segreterie di Stato egli aveva acquisito piena consapevolezza dei meccanismi legali dell'antico regime e della loro invasività. I principi su cui si fondava l'ORDINE CIVILE rispecchiavano la mentalità dei togati e gli interessi settoriali. Il realismo critico del sannita, di formazione genovesiana, non costituì mai un limite allo sviluppo del pensiero personale. Dall'ultimo quarto di secolo, gli ambienti più all'avanguardia del continente avevano maturato l'idea che l'esperienza giuridica non era materia soltanto tecnica e riservata a DOCTORES esperti: mentre gli addetti ai lavori ammantavano di legalità le vicende mondane il popolo cominciava a reclamare chiarezza e una diretta partecipazione. Contro quei meccanismi sofisticati le istanze di fondare l'ordinamento dello Stato sulla base di coordinate democratiche penetravano con rapida progressione.

La maggioranza degli illuministi era al corrente di questo nuovo sentire: percepiva che l'intera società aveva preso coscienza del significato politico dei diritti e che pretendeva di diventarne soggetto attivo autorappresentandosi. Galanti aveva il significato delle sollecitazioni provenienti da tutta Europa, che elaborò e trasfuse in molti suoi progetti, poi in TESTAMENTO FORENSE. Mostrò di condividere appieno l'idea di Rousseau di instaurare un ORDINE POLITICO rinnovato, che fosse naturalmente giuridico, ma lontano dagli schemi tradizionali, fondato sul diritto pubblico e sull'interesse comune5. Un giurista scomodo? I rapporti di Galanti con il governo e le Segreterie divennero intensi solo dopo gli anni '80 del secolo; dal 1790, però, fu inviato in giro per il Regno come VISITATORE. Le cognizioni acquisite durante i continui spostamenti costituirono la base su cui presero corpo numerose relazioni, poi convogliate in dettagliati piani di riforma: iviaggi compiuti e i dati raccolti incentivavano il moltiplicarsi delle sue riflessioni, ma l'attuazione di tante valide proposte fu continuamente differita e poi accantonata. Questo sistema rientrava nei disegni di MARIA CAROLINA: serviva ad appagare nell'immediato le diffuse esigenze di rinnovamento, ma non a innovare realmente. L'intento del governo era di lasciare largo spazio alle trattative e, nell'attesa di risoluzioni definitive, di mantenere ferma la gestione intrapresa e le possibilità di arbitrio. Su un piano più specifico, le peregrinazioni di GALANTI offrivano il vantaggio di allontanare dai posti di comando un personaggio troppo audace e potenzialmente pericoloso. Galanti riteneva che, per abbattere le minacce rivoluzionarie, il governo dovesse porsi, come obiettivo primario, il benessere del Regno; gli appariva indifferibile l'attuazione di riforme valide e durature e che avessero incidenza a livello costituzionale. Questo era in sintesi.Il messaggio più volte ribadito con schietta lealtà e a volte con toni duri, nelle relazioni presenti in TESTAMENTO FORENSE. La generosa fiducia accordata alla Corona si abbinava a decise sollecitazioni, ma in realtà motivi soggettivi ed oggettivi impedirono a tante idee un effettivo decollo. 6. Segni di un rinnovato radicalismo Nel percorso ideologico di GALANTI la rivoluzione francese rappresentò una tappa fondamentale. Per quanto nei suoi scritti siano riscontrabili riferimenti espliciti scarsissimi, egli fu consapevole della cesura realizzata e delle prospettive di generale riordinamento che tale vicenda apriva sul piano della politica e del diritto. Il crollo degli schemi del passato, anche se era avvenuto in forma clamorosa e a discapito della monarchia, mostrò che per l'ANCIEN REGIME il destino era ormai segnato. Si faceva strada una nuova percezione dell'ordine, esterno al mondo giudiziario e forense, di cui lo stato, in un'eccezione molto.

allargata,diventava attore e protagonista;ma con l'emergere della NAZIONE si paventavanoripercussioni anche estreme riguardo alla stabilità del regime regalistico e alla sua sopravvivenza.

L'opzione galantina,invece,manteneva il sovrano in una posizione centrale,quale depositario dellavolontà e delle esigenze generali:più concretamente l'avvocato cercò d'illuminare e persuadere lacorte che,per scongiurare la diffusione nel Regno del contagio rivoluzionario,si dovesse adottareuna DIFESA preventiva,ossia investire nelle riforme senza ulteriori rinvii;l'operazione di venditadei latifondi,gestita dal duca di CANTALUPO(1793),apparve proprio come l'inizio di questeriforme.

Se nella fase post-rivoluzionaria GALANTI si mostrò disposto a stemperare il radicalismototalizzante,il suo atteggiamento fu dettato più dall'ambiente esterno e dalle particolari vicendecontingenti,che dall'oggetto specifico della

questione; infatti la politica complessiva di MARIACAROLINA, che era impegnata a fronteggiare innanzi tutto le emergenze militari e finanziarie, ristagnava in un immobilismo di fondo, compromettendo la riuscita di interventi ampi e razionali. Al problema feudale, il cui impianto giuridico-istituzionale stava subendo i primi colpi, il sannita rivolse attenzione continua, vigilando sugli aspetti controversi e sull'effettività dei risultati che il processo evolutivo prometteva. Per quanto operazione politicamente rilevante, la vendita dei feudi devoluti non conduceva ad un'effettiva distruzione del sistema feudale, ma ne perpetuava gli svantaggi, facendo del compratore un nuovo "sovrano sull'acquisto fatto". Non era poi da sottovalutare la particolare situazione che si verificava all'interno dell'erario: i pesi feudali gravanti sul bene non si estinguevano mai del tutto per la duplicazione della figura del fisco, allodiale e della Corona. Questo stava a

Dimostrare che era urgente realizzare la riforma dei tributi diretti e indiretti aggiornando il catasto, in modo che ognuno pagasse in proporzione alle ricchezze possedute. Ma la buona riuscita di tante operazioni non era poi così...

Dettagli
Publisher
A.A. 2011-2012
48 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Moderno e Contemporaneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof Del Bagno Ilenia.