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SOCIALE.

Varie sentenze della Corte costituzionale e l’appoggio da parte della dottrina, hanno permesso di qualificare

come titolari del diritto di sciopero non solo i lavoratori subordinati, ma anche coloro che, nonostante un

diverso contratto, si trovano in una situazione di sottoprotezione sociale. Per tal motivo, godono del diritto di

sciopero anche i lavoratori autonomi PARASUBORDINATI (ossia coloro che mettono la propria attività

autonoma al servizio di un datore di lavoro, esempio medici convenzionati).

-Questo orientamento estensivo nei confronti dei lavoratori autonomi PARASUBORDINATI, non va portato oltre il

segno: lo SCIOPERO è storicamente STRUMENTO DI LOTTA DI GRUPPI SOCIALI SUBALTERNI, che con

esso, mirano a REIEQUILIBRARE il loro DEFICIT DI FORZA SOCIALE. Se la disuguaglianza non sussiste, non

si può configurare uno sciopero ex art. 40 Cost.

Quindi, l’astensione dal lavoro AUTONOMO, NON costituisce esercizio del diritto di sciopero tutelato

dall’art. 40 Cost.: in tal caso, infatti, non si ha alcuna sottoprotezione sociale tutelabile, limitandosi tale

astensione ad integrare una manifestazione della libertà associativa, di cui all’art.18 Cost. (è il caso

dell’astensione dalle udienze degli avvocati).

8. Natura giuridica del diritto di sciopero

-Alcuni autori hanno definito il diritto di sciopero come “DIRITTO PROTESTATIVO” del lavoratore;

l’esercizio di questo diritto costituirebbe un negozio giuridico che produce l’effetto di far venire meno il

diritto del datore di lavoro alla prestazione lavorativa; tale diritto non potrebbe esercitarsi se non in

funzione di una pretesa diretta contro il datore di lavoro. Quindi sarebbe legittimo solo lo sciopero motivato

da interessi connessi allo svolgimento del rapporto con l’imprenditore da cui il prestatore dipende.

Alcune nozioni:

o Per “diritto potestativo” s’intende una situazione giuridica soggettiva che attribuisce al titolare il potere di agire

per la tutela di un proprio interesse, cui si contrappone la situazione di soggezione del soggetto nei cui confronti

è esercitato il diritto: quest’ultimo non potrà far nulla per impedire l’esercizio del diritto potestativo.

o Per “negozio giuridico” s’intende una dichiarazione di volontà con la quale vengono enunciati gli effetti

perseguiti ed alla quale l’ordinamento giuridico ricollega effetti (giuridici) conformi al risultato voluto. Si tratta

di dichiarazioni di volontà con le quali i privati esprimono la volontà di regolare in un determinato modo i

propri interessi, nell’ambito dell’autonomia a loro riconosciuta dall’ordinamento.

o Per “fatto giuridico“ s’intende qualsiasi avvenimento al quale l’ordinamento ricolleghi conseguenze giuridiche.

Questa costruzione denominata “teoria della disponibilità della pretesa” comporta che lo sciopero, per

essere legittimo, deve essere praticato solo a sostegno di rivendicazioni che possano essere 70

soddisfatte dal datore di lavoro, quindi SOLO nei confronti del datore di lavoro. Questa dottrina

lascia fuori una vasta fenomenologia dello sciopero: quello nei confronti della pubblica autorità, lo

sciopero di solidarietà, ecc.

Questa teoria è stata molto CRITICATA ed è, invece, posizione molto diffusa dalla giurisprudenza

della Corte costituzionale e dalla dottrina il definire lo SCIOPERO con riguardo agli interessi

economico-professionali intesi in senso ampio.

-Abbandonata la teoria del “diritto protestativo” si riguarda al diritto di sciopero come DIRITO ASSOLUTO

DELLA PERSONA, condizionato all’esistenza di un contratto di lavoro, ma non necessariamente inerente al

rapporto giuridico con il datore di lavoro, si perviene ad una definizione più comprensiva, meglio adeguata al

fenomeno ed alla valutazione sociale ad esso. Inoltre consente la legittimità delle ipotesi di sciopero di solidarietà e

di sciopero diretto ad esercitare una pressione sulla pubblica autorità allo scopo di indurla a prendere

provvedimenti che riguardano le condizioni di lavoro (il c.d. Sciopero economico-politico).

-Non è convincente nemmeno la qualificazione dello sciopero come NEGOZIO GIURIDICO: nel

comportamento del lavoratore che attua lo sciopero non si ravvisa alcun intento negoziale; questo intento

potrebbe essere individuato nella proclamazione dello sciopero da parte dell’organizzazione sindacale ma la

legittimità dello sciopero discenderebbe dalla sua proclamazione da parte di un sindacato, mentre la titolarità

dello sciopero è dei lavoratori: pertanto, tale teoria, è inaccettabile.

- Il diritto di sciopero è, in realtà, un SEMPLICE FATTO GIURIDICO: qualsiasi astensione dal lavoro, in quanto

concertata da un gruppo di lavoratori ed avente per obbiettivo la soddisfazione di un interesse collettivo, rileva non

per la dichiarazione di volontà che esse possa implicitamente esprimere, ma come SEMPLICE

COMPORTAMENTO: è il FATTO dell’ASTENSIONE dei lavoratori per la difesa di un interesse collettivo che

viene assunto come rilevante dall’ordinamento, il quale vi ricollega l’effetto giuridico della sospensione del

rapporto di lavoro.

=Lo sciopero si può definire così come “COMPORTAMENTO NON ATTUATIVO DI UNA PRESTAZIONE

DI LAVORO”. Quindi, è agevole risolvere il problema del rapporto intercorrente tra il lavoratore e

l’associazione sindacale: non è necessaria la proclamazione da parte di quest’ultima. La proclamazione, infatti,

assume esclusivamente il significato di un invito a scioperare.

È sufficiente, quindi, che un gruppo di lavoratori ATTUI L’ASTENSIONE affinché si abbia esercizio del

diritto di sciopero. Difatti la giurisprudenza ha affermato che, al di fuori dei servizi pubblici essenziali

regolati dalla L. 146/1990, non vi è ALCUN OBBLIGO DI PREAVVISO.

9. Sciopero e retribuzione

-L’effettuazione di uno sciopero SOSPENDE, per il lavoratore che vi abbia partecipato, il diritto alla

retribuzione; tale sospensione, però, non si estende a diritti diversi da quelli relativi alla retribuzione: la

sospensione non incide sulla sfera dei diritti sindacali e sul diritto di assemblea garantito dall’art. 20 St. Lav.

-La sospensione della retribuzione deve essere riferita a TUTTI GLI ELEMENTI della stessa e, quindi, anche agli

elementi accessori che abbiano carattere retributivo, quali la tredicesima mensilità, premi, altre mensilità

aggiuntive,ecc. Sarà legittima la trattenuta operata in misura proporzionale alla DURATA dello sciopero.

-Si ritiene che anche il periodo di ferie vada ridotto proporzionalmente alla durata dello sciopero: il diritto alle

ferie retribuite risponde all’esigenza di reintegrare le energie del lavoratore spese durante un anno di lavoro, ma non

avendo questi, durante il periodo di sciopero, speso alcuna energia ricollegabile alla prestazione di lavoro, ne consegue

che il periodo di ferie vada congruamente ridotto.

Una dottrina meno accreditata, prevede invece che lo sciopero non debba ricadere né sulle ferie, né sugli

elementi accessori della retribuzione, il che, però, non è concepibile alla luce della sospensione dell’attività

lavorativa.

-Un aspetto molto controverso riguarda gli “SCIOPERI BREVI”: di durata INFERIORE ALLA GIORNATA di

lavoro; in tali casi la trattenuta sulla retribuzione deve essere operata in proporzione non alla durata dello sciopero,

ma alla diminuita utilità della prestazione: questa opinione finisce per accollare al prestatore di lavoro il compito di

effettuare non una prestazione che sia utile in sé, ma una prestazione che realizzi l’utilità economica finale cui è

preposta l’organizzazione produttiva; è apparso più corretto riconoscere che al lavoratore non spetti nulla quando

la prestazione, in conseguenza dello sciopero breve, sia scesa al di sotto di quel livello di normalità tecnica

mancando la quale essa viene a perdere la sua stessa identità originaria. 71

-È possibile parlare di una minima unità tecnico-temporale infrazionabile, al di sotto della quale l’attività

lavorativa non ha di per sé alcun significato, esaurendosi in una erogazione di energie senza scopo.

(esempio: interruzione di un servizio di trasporto in località da cui non sia più possibile ripartire, oppure

interruzione della cottura di un materiale che successivamente non può più essere ripresa, ecc). L’utilità del

risultato andrebbe misurata non in relazione al risultato finale cui l’imprenditore tende, bensì in relazione alla

natura della singola prestazione: al di sotto dell’unità tecnico-temporale, infatti, sarà ammessa la

sospensione della retribuzione.

10. Le attività strumentali all’esercizio dello sciopero

-Il riconoscimento del diritto di sciopero implica necessariamente il riconoscimento del diritto di porre in essere

comportamenti strumentali rispetto alla stessa astensione dal lavoro.

-L’ordinamento giuridico, quando riconosce il diritto di sciopero al fine di predisporre per i lavoratori un efficace

strumento di partecipazione all’organizzazione dei rapporti economico-sociali, non può negare la propria tutela a

quei comportamenti strettamente collegati con l’effettiva possibilità di esercizio di sciopero es:

1. attività di propaganda, volta alla promozione dello sciopero,

2. le pubbliche manifestazioni, per far si che anche il resto dei cittadini solidarizzi con i lavoratori scioperanti,

3. i cortei interni, sebbene non debbano essere occasione per la commissione di atti illeciti.

-Quanto al cd PICCHETTAGGIO (organizzazione da parte di sindacati o lavoratori di una vigilanza

all’ingresso dei luoghi di lavoro): è considerato LECITO a condizione che non si traduca in

comportamenti autonomamente rilevanti sul piano penale.

o La giurisprudenza ha sempre affermato che non rientra nel diritto di sciopero la condotta

diretta ad impedire con violenza o minaccia l’esecuzione della prestazione da parte dei

lavoratori non scioperanti.

CAPITOLO DODICESIMO – LIMITI AL DIRITTO DI SCIOPERO

1. La tecnica definitoria

-L’art. 40 Cost. recita: “Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano”. Va precisato, però,

che tale enunciato non presuppone che lo sciopero possa essere attuato solo in presenza di una legislazione a riguardo,

bensì che lo sciopero, presto o tardi, avrebbe meritato una tutela legislativa in aggiunta al dettato costituzionale,

in assenza della quale avrebbe a ciò supplito la giurisprudenza.

-Fino alla legge 146/1990 è MANCATA quasi del tutto un’attività del legislatore ordinario, ma la giurisprudenza ha

individuato una serie di limiti.

- In effetti,

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A.A. 2011-2012
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alexandra87bo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Del Lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Zoli Carlo.