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SINDACALE
Lo sciopero rappresenta lo strumento basilare sul quale si costruisce l'autonomia
collettiva e consiste nell'astensione dal lavoro di più lavoratori.
Il diritto di sciopero è un atto di autonomia e non solo di tutela dei lavoratori.
L'organizzazione sindacale esiste ed opera nell'ambito di un sistema economico
incentrato sul mercato e sull'iniziativa economica privata, per rimuovere la
diseguaglianza sociale tra lavoratore e datore di lavoro. Lo sciopero come libertà può
farsi risalire ai primi del novecento, col processo che dallo sciopero “reato” portò
allo sciopero “libertà” e infine allo sciopero “diritto”.
La libertà di sciopero costituisce un diritto sociale e distinguiamo il diritto di libertà
pubblicistico dal diritto in senso privatistico. In quest'ultimo, lo sciopero si pone
come rivendicazione economica o economico politica; diversamente, il diritto
pubblicistico comporta la liceità dello sciopero sul piano penale, anche se può essere
illegittimo sul piano contrattuale. Nei regimi di Common Law, pur essendovi libertà
di sciopero, questo legittima il licenziamento. Pertanto lo sciopero nel nostro
ordinamento ha caratteristiche diversissime rispetto a quello inglese o americano.
L’art. 40 garantisce l'esercizio del diritto di sciopero nell'ambito delle leggi che lo
regolano; questo articolo non definisce lo sciopero, pertanto deve rinviarsi al
concetto sociologico derivato dalle relazioni industriali. Il riferimento, dapprima
limitato ai soli lavoratori subordinati, è oggi riconosciuto come diritto riferibile a
qualsiasi forma di prestazione o di servizio.
Lo sciopero è normalmente visto come diritto potestativo del lavoratore di
sospendere l'esecuzione della prestazione al quale corrisponde la soggezione della
datore di lavoro che deve subire tale sospensione. Al carattere potestativo fa
riscontro l'incolpevole inadempimento dell'imprenditore, colpito da uno sciopero, nei
confronti della clientela. 9
Secondo i fautori delle teorie personalistiche, il diritto di sciopero è diritto della
personalità, in quanto costituisce un attributo del cittadino lavoratore, con una
posizione di assoluta preminenza. La giurisprudenza riconosce lo sciopero come
diritto soggettivo in quanto potere spettante a ciascuno di disporre della propria
attività lavorativa, mezzo di tutela dei lavoratori per la tutela di interessi
professionali collettivi.
Ogni sindacato rappresenta virtualmente la categoria di appartenenza, e il diritto di
sciopero è riconosciuto a qualsiasi organizzazione sindacale. Si suole distinguere le
condizioni di legittimità dello sciopero secondo limiti interni ed esterni, intendendo i
primi quelli inerenti allo stesso concetto di sciopero e i secondi quelli inerenti la
proibizione di determinate forme di sciopero. Pertanto limiti interni devono essere
rinvenuti nell'attinenza dello sciopero ad un rapporto di lavoro subordinato,
nell'astensione totale dal lavoro, nella natura economica degli interessi da tutelare.
Limiti esterni sono invece quelli posti ad un'azione sindacale ontologicamente
configurabile come sciopero, ma penalmente illegittima, come lo sciopero con
finalità sovversive.
Secondo una risalente giurisprudenza, la legittimità dello sciopero si realizzerebbe
ontologicamente solo a fronte della reciprocità dei sacrifici, vale a dire nella
corrispettività tra danno del datore e perdita dei lavoratori. Quindi lo sciopero è
legittimo solo se non mira a disorganizzare l'impresa, come avviene quando la
prestazione lavorativa è resa in forma anomala.
Sono illegittimi: - gli scioperi compiuti senza preavviso (a sorpresa);
-gli scioperi con astensione frazionata nel tempo (a singhiozzo);
-le astensioni effettuate in tempi brevi e diversi gruppi di lavoratori con attività
interdipendenti nell'organizzazione del lavoro (a scacchiera).
La corte costituzionale ha affermato che se lo sciopero si snatura rispetto al suo fine
di turbamento del processo produttivo dell'impresa, arrecando ad essa un danno
sproporzionato, la astensione si traduce in violazione degli obblighi di usare la
diligenza e la collaborazione. Negli anni 80, la corte di cassazione ha rinviato per la
definizione di sciopero al comune linguaggio adottato nell'ambiente sociale, ossia
astensione collettiva da lavoro, disposta da una pluralità di lavoratori per raggiungere
un fine comune. I parametri per ritenere legittimo lo sciopero, non sono più i limiti
interni, ma stavano le norme che tutelano posizioni soggettive concorrenti con quel
diritto, dando rilievo ai limiti esterni. 10
Lo sciopero sarebbe illegittimo allorché venisse realizzato con modalità tali da
rendere impossibile la cooperazione creditoria del datore in relazione alle prestazioni
offerte.
La suprema corte nel 1980 ha riconosciuto la facoltà dell'imprenditore di sospendere
la produzione aziendale nei casi di difficoltà di mantenimento del ciclo produttivo o
di potenziali danni alla funzionalità degli impianti. La cassazione ha così fissato il
criterio dell'illecita delle astensioni sulla rilevanza costituzionale degli interessi
coinvolti. Sarà sempre sul datore di lavoro che graverà all'onere della prova
dell'impossibilità oggettiva di utilizzare le prestazioni offerte. Parlare di sciopero
illegittimo significa riconoscere al datore di lavoro la legittimità dei propri
comportamenti difensivi.
La legge ha disciplinato lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Tale disciplina si
incentra sul contemperamento della tutela dei diritti costituzionali, per cui i servizi
che attengono alle elementari esigenze di vita dei cittadini vengono protetti
dall'eccessiva virulenza delle azioni di sciopero. La legge espressamente ma non
tassativamente menziona la sanità, l'igiene pubblica, la Protezione civile, la raccolta e
lo smaltimento dei rifiuti, le dogane, l'approvvigionamento di energia e beni di prima
necessità, l'amministrazione della giustizia, l'erogazione delle retribuzioni,
l'istruzione, le poste, l'informazione radiotelevisiva pubblica. La legge impone il
necessario rispetto di una serie di adempimenti prodromici all'esercizio del diritto di
sciopero. È previsto che la contrattazione collettiva debba contenere apposite
procedure di raffreddamento e di conciliazione da esperirsi prima della
proclamazione dello sciopero. Una volta esperite, le procedure consentono la
proclamazione di uno sciopero e delle azioni connesse alla medesima vertenza. Lo
sciopero va programmato nel rispetto di un termine di preavviso non inferiore a 10
giorni e c'è l'obbligo di comunicare per iscritto la durata, le motivazioni e le modalità
di attuazione dello sciopero alle imprese che erogano il servizio pubblico, alle
autorità competenti le comunicheranno alla commissione di garanzia.
Lo sciopero senza preavviso e senza indicazione della durata è possibile solo nei casi
di:
-astensione dal lavoro in difesa dell'ordine costituzionale;
-astensione dal lavoro e protesta per gravi eventi lesivi dell'incolumità e della
sicurezza dei lavoratori. 11
È considerata forma filiale di azione sindacale la revoca spontanea dello sciopero
proclamato e del quale si era già stata data informazione, poiché si realizzerebbe
ugualmente il turbamento senza però privare gli scioperanti della retribuzione. È
legittima la revoca qualora sia intervenuta prima della comunicazione all'utenza. È
previsto un intervallo minimo di tempo collocato tra l'effettuazione del precedente
sciopero e la proclamazione del successivo, così da evitare la sovrapposizione con il
termine di preavviso minimo. Le prestazioni minime a garantire devono essere
contenute in misura non eccedente il 50% delle prestazioni normalmente erogate.
Alle organizzazioni sindacali viene demandato il compito di specificare il precetto
legale secondo le esigenze di ciascun servizio.
La commissione di garanzia e un'autorità indipendente composta da nove membri
nominati dal presidente della Repubblica su designazione dei presidenti della camera
e del Senato mediante scelta tra esperti in materia di diritto costituzionale, di diritto
del lavoro e di relazioni industriali. Valuta l'idoneità dei contratti e degli accordi
collettivi che disciplinano prestazioni indispensabili ed emana una provvisoria
regolamentazione in caso di inerzia delle parti sociali né il raggiungimento di un
accordo sulle prestazioni indispensabili. Se la commissione valuta positivamente
l'accordo, le imprese e le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di applicare ai
propri dipendenti, in caso di sciopero, le regole ivi contenute. In caso di valutazione
di inidoneità, la commissione formula una sua proposta sulla quale le parti sociali si
pronunciano entro 15 giorni. Se non viene raggiunto l'accordo, la commissione di
garanzia adotta una provvisoria regolamentazione per il settore. Inoltre questa può
convocare le parti sociali; può valutare la corretta proclamazione dello sciopero; può
chiedere il differimento di uno sciopero se concomitante con quello programmato da
altri; irroga le sanzioni previste per la violazione delle regole prescritte (da € 2500 a
€ 25500). In genere le azioni di sciopero non possono durare più di un giorno e sono
previste prestazioni minime essenziali garantite nel giorno di sciopero. Il risultato è
quello di infastidire l'utenza senza che si arrivi ai ad una situazione di emergenza. È
nata la proposta dello sciopero virtuale, ossia una forma di agitazione tesa a non
danneggiare l'utenza, ma a colpire economicamente la controparte, per cui i
lavoratori pur lavorando non percepiscono retribuzione, ma di contro le aziende
dovranno destinare in beneficenza il profitto maturato in quella giornata.
Lo sciopero generale che coinvolge i pubblici servizi essenziali rientra nella
competenza della commissione di garanzia; le parti sono esentati dalle attività di
12
raffreddamento e conciliazione. La legge ha imposto il rispetto delle prestazioni
minime indispensabili.
La serrata consiste nella chiusura totale o parziale dell'impresa ad opera del datore di
lavoro, il quale rifiuta le prestazioni lavorative che gli vengono offerte e intende
sottrarsi al pagamento della retribuzione. La costituzione non sancisce alcun diritto di
serrata. La suprema corte parla di responsabilità del datore di lavoro sul piano
civilistico, con l'obbligo di corrispondere le retribuzioni per le prestazioni rifiutate
senza motivo legittimo. È un illecito civile e costituisce l'inadempimento del datore
rispetto alla pres