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P.A.

La Corte Costituzionale ha individuato nel concorso pubblico il modello unico anche per quanto

riguarda la progressione in carriera dei lavoratori pubblici: l’amministrazione potrà dunque destinare

al personale interno una riserva di posti non superiore al 50%, ed inoltre che una valutazione positiva

conseguita per almeno 3 anni costituisce titolo rilevante ai fini dell’attribuzione dei posti riservati nei

concorsi per l’accesso all’area superiore. La collocazione per 3 anni consecutivi, o 5 non consecutivi,

nella fascia alta delle graduatorie di merito costituisce titolo ai fini della progressione di carriera.

La Corte Costituzionale ha precisato che l’elemento della residenza non deve mai assumere un valore

prioritario rispetto alla valutazione di merito.

Sono di competenza del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali

per l’assunzione dei dipendenti delle P.A., lasciando all’interprete stabilire se la previsione si estenda

anche alle progressioni verticali e orizzontali. 22

7. Profili di criticità sul piano applicativo.

Sono emerse delle criticità in merito allo svolgimento delle procedure di reclutamento del personale

pubblico, nello specifico:

 Concorsi di massa, lunghezza patologica delle procedure, scarse garanzie per i partecipanti e

difficoltà di individuazione dei soggetti più qualificati;

 Necessità di predisporre meccanismi di ingresso nei ruoli del personale pubblico che

consentano di evitare la perdita di risorse idonee alla realizzazione di percorsi formativi.

Per risolvere tali problemi si prospettava il passaggio al sistema dei concorsi unici e l’attivazione di

alcuni istituti volti a decongestionare gli stessi concorsi: la nuova riforma ha però confermato il

principio della concorsualità per l’accesso al lavoro e per le progressioni di carriera. 23

Capitolo 8 – Ordinamento professionale e disciplina delle mansioni.

1. Mansioni ed ordinamento professionale nel lavoro pubblico: limiti di coerenza.

La contrattualizzazione del lavoro pubblico ha inciso sulla regolamentazione dell’ordinamento

professionale dei lavoratori pubblici e sulla disciplina delle mansioni. In precedenza l’assunzione ad

un impiego pubblico passava da varie fasi di natura pubblicistica il cui esito finale era

l’incardinamento formale del lavoratore in un posto in organico, ossia il ruolo. Con l’art. 52 da una

parte c’è stata un’apertura al contratto individuale, dall’altra si è conservato qualcosa del vecchio

regime speciale. La contrattualizzazione ha in pratica spostato l’accento dalla qualifica alle mansioni.

Ancora oggi però lo svolgimento della prestazione lavorativa in una P.A. rende piuttosto difficile il

completo ricorso all’autonomia negoziale.

La disciplina lega la definizione del contenuto obbligatorio della prestazione lavorativa alle esigenze

generali di organizzazione dei pubblici uffici, e ciò crea alcuni problemi:

 Limiti del potere datoriale di attribuzione delle mansioni alle esigenze dell’organizzazione;

 Coerenza tra organizzazione, inquadramento professionale e modelli di valutazione del

personale.

2. I modelli di inquadramento del personale.

I lavoratori pubblici sono classificabili in base alle categorie legali di cui all’art. 2095 cc (dirigenti,

quadri, impiegati, operai). L’applicabilità del 2095 cc al lavoro pubblico non è però completa: manca

infatti nel pubblico impiego una categoria corrispondente a quella dei quadri. È vero che il legislatore

ha previsto la vice-dirigenza, come corrispondente alla categoria dei quadri, ma si tratta di una figura

troppo controversa, primo perché la sua istituzione risulta integralmente affidata alla contrattazione

collettiva, poi perché questa appare una qualifica attribuita a lavoratori specializzati. La recente

riforma ridefinisce i sistemi di classificazione professionale, i quali sono stati articolati su 3 o 4 aree

o categorie. Le aree o categorie si articolano al loro interno in posizioni economiche o livelli

economici o fasce retributive o fasce di merito e nell’ambito delle categorie si individuano i diversi

profili professionali, che consentono di identificare in concreto le mansioni. In alcuni comparti sono

distinguibili le posizioni economiche apicali, che rappresentano un incremento stipendiale ma anche

un livello professionale differenziato all’interno dell’area stessa.

Non riguardano l’inquadramento professionale le c.d. posizioni organizzative, che non sono

qualifiche ma incarichi a tempo determinato specificamente retribuiti, che possono essere assegnati

dai dirigenti con atto motivato ai dipendenti che rivestono qualifiche apicali.

3. Le mansioni esigibili ed il perimento dell’equivalenza.

L’art. 52 continua ad caratterizzare il sistema sulla nozione di mansioni, piuttosto che su quella di

qualifica. Il perimetro della prestazione dovuta dal lavoratore pubblico risulta tracciato dall’insieme

delle mansioni esistenti al momento della sua presa di servizio, così come descritte nel contratto. In

realtà non sempre nel contratto individuale si trovano elencate le mansioni di impiego del lavoratore.

La legge consente il mutamento di mansioni, ossia lo spostamento del lavoratore stesso ad un’altra

attività, e la determinazione di questo mutamento è affidata alla nozione di equivalenza. Il concetto

di equivalenza è dato dallo stesso sistema di inquadramento professionale: per la dottrina prevalente

le mansioni collocate in un’area contrattuale sarebbero equivalenti in quanto tali. È comunque più

ragionevole ritenere che il perimetro dell’equivalenza vada di volta in volta espressamente definito

dalla contrattazione collettiva.

Non ci sono riferimenti sulla possibilità di adibizione a mansioni inferiori, cosicché si ritiene

sussistere un divieto generale. 24

4. Assegnazione di mansioni superiori.

L’art. 52 prevede il potere del datore di adibire temporaneamente i lavoratori all’esercizio di mansioni

della qualifica immediatamente superiore per esigenze di servizio. Le differenze tra le due discipline

sono numerose:

 Individuazione dei presupposti causali che legittimano l’esercizio dello ius variandi

nell’ambito del rapporto di lavoro pubblico. Si tratta nello specifico di:

- Vacanza del posto in organico, per non più di 6 mesi (prorogabili fino a 12);

- Sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto.

 Delimitazione fatta dalla legge della fattispecie sostanziale: viene così ridimensionata la

vecchia problematica del mansionismo, cioè il sistematico svolgimento da parte dei lavoratori

di mansioni diverse rispetto a quelle proprie.

Il lavoratore assegnato a mansioni superiori ha diritto ad un credito retributivo corrispondente al

trattamento previsto per la qualifica superiore, ma non matura un diritto al definitivo conseguimento

della qualifica corrispondente. L’esercizio di fatto delle stesse non ha effetto ai fini

dell’inquadramento: questa è la principale differenza tra pubblico e privato.

5. Le progressioni di carriera.

Anche per la materia delle progressioni di carriera la riforma ha sancito la fine della

contrattualizzazione e l’attribuzione alla fonte pubblicistica. Le progressioni all’interno della stessa

area avvengono secondo principi di selettività, in base alle qualità culturali e professionali, all’attività

svolta ed ai risultati conseguiti ed attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Le progressioni fra le

aree avvengono per concorso pubblico, a parte la possibilità per l’amministrazione di destinare al

personale interno una riserva di posti, comunque non superiore al 50%.

Altra novità del legislatore riguarda le c.d. posizioni economiche apicali: per accedere a tali posizioni

è definita una quota di accesso massima del 50% da riservare a concorso pubblico. La norma non è

chiara, non si capisce se la riserva valga per gli accessi esterni mentre gli interni, dipendenti in

servizio, parteciperebbero alla copertura del 50% o più attraverso le normali selezioni, oppure la

norma imporrebbe una selezione pubblica aperta, con partecipazione di interni ed esterni al corso-

concorso. Prevale la prima interpretazione. 25

Capitolo 9 – La retribuzione nel lavoro pubblico.

1. La retribuzione del lavoro pubblico. La competenza esclusiva della fonte contrattuale.

Nel settore pubblico è l’art. 2 del D.Lgs. 165/2001 ad attribuire in via esclusiva alla contrattazione

collettiva le competenze per la determinazione della retribuzione del personale della P.A.,

consentendo ai contratti individuali di intervenire soltanto nei limiti previsti dalla contrattazione

collettiva. In questo modo il legislatore conferma l’esclusività della fonte collettiva in materia di

trattamenti retributivi.

2. La disciplina legale e contrattuale della retribuzione.

La norma che disciplina il trattamento economico dei dipendenti pubblici è l’art. 45 del D.Lgs.

165/2001. Secondo questo articolo la retribuzione definita dal contratto è composta da:

 Un trattamento economico fondamentale;

 Un trattamento economico accessorio.

Gli ultimi rinnovi contrattuali hanno fatto sì che siano ormai entrati nell’uso comune anche al settore

pubblico le seguenti definizioni:

 Retribuzione base mensile;

 Retribuzione individuale mensile;

 Retribuzione globale di fatto annuale;

 Retribuzione giornaliera;

 Retribuzione oraria.

3. Il trattamento economico fondamentale.

Nel trattamento economico fondamentale c’è la retribuzione tabellare, calcolata a seconda

dell’inquadramento/posizione economica del dipendente, dall’indennità integrativa speciale, e

dall’eventuale retribuzione annuale di anzianità.

4. Il trattamento accessorio.

Il trattamento accessorio è caratterizzato dalla non universalità dei soggetti destinatari, e ad esso sono

riconducibili una pluralità di voci retributive determinate dal contratto collettivo. Il trattamento

economico accessorio indica 3 parametri in base ai quali deve essere riconosciuto:

 La performance individuale;

 La performance organizzativa;

 Lo svolgimento di attività disagiate o pericolose o dannose per la salute.

Il legislatore ha voluto introdurre trattamenti economici accessori collegati alla valutazione

meritocratica ed ha quindi introdotto una serie di procedure per la misurazione e la valutazione delle

performance creando così organismi preposti alla valutazione ed alla verifica degli obiettivi da

raggiungere ed al dirigente il cui compito di valutare il proprio personale secondo il principio del

merito.

Tale intervento si è reso necessario poiché fin dai primi acco

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A.A. 2013-2014
64 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher diehard1987 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Calabria o del prof Carinci Franco.