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8. IL SINDACATO COMPARATIVAMENTE PIU’ RAPPRESENTATIVO
La 1° legge in cui appare la formula di sindacato comparativamente più rappresentativo è la legge n. 549
del 1995 art. 2, ma è una legge che non si occupa strettamente di diritto sindacale bensì di diritto
previdenziale e in particolare è volta a definire qual è l’importo della retribuzione che serve per calcolare i
contributi previdenziali dei lavoratori che sono a carico sia del lavoratore che del datore di lavoro per i 2/3,
calcolati come percentuale sulla retribuzione mensile.
Quanto più si abbassa la retribuzione tanto più i contributi si abbassano, quindi per gli imprenditori è meglio
avere retribuzioni più basse perché i contributi gravano per la maggior parte su di lui. In una categoria
produttiva possono esserci più contratti collettivi che prevedono retribuzioni diverse e ogni imprenditore può
aderire a quello che preferisce. Quindi i contributi si calcolano sempre sulla retribuzione contenuta nei
contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, in modo che non ci siano
imprese che ne pagano meno e altre che ne paghino di più e che quindi gli imprenditori siano incentivati a
sottoscrivere i contratti collettivi che prevedono salari minori. I sindacati comparativamente più
rappresentativi sono ancora una volta i sindacati storici che stipulano contratti con retribuzioni più alte
avendo maggiore forza contrattuale; quindi per deduzione empirica arriviamo a dire che il legislatore anche
questa volta intende CGIL, CISL e UIL.
C. Cost. 231 del 2013 e Accordo interconfederale 31 maggio 2013
Il contratto collettivo è il contratto stipulato all’esito della contrattazione collettiva (processo negoziale), in
genere ha funzione normativa poichè deve normare i rapporti di lavoro e ha una certa durata dopo il quale
deve essere rinnovato, ma non vi è una durata stabilita dalla legge. Così le parti sociali si sono messe
d’accordo stipulando degli accordi interconfederali nel 2009 in cui hanno disciplinato la durata del contratto
collettivo a 3 anni.
Ogni 3 anni le parti si devono rincontrare per rinnovare gli accordi, si devono rincontrare diversi mesi prima
della scadenza per iniziare a contrattare il rinnovo. Questo non è previsto dalla legge ma da accordi tra le
parti.
Se alla scadenza le parti non hanno trovato un accordo, i contratti nazionali di categoria contengono delle
clausole di ultrattività che permettono al contratto di rimanere attivo oltre la scadenza. La retribuzione resta
quella del vecchio contratto, inoltre avranno una copertura minima disciplinata dagli stessi contratti collettivi
nazionali di categoria per il periodo di ritardo del rinnovo.
Il negoziato per prassi si svolge a partire dal sindacato dei lavoratori che presenti la piattaforma e si
incarica di aprire la contrattazione per il rinnovo; è anche prassi che la piattaforma sia sottoposta
all’approvazione nelle varie aziende.
È intervenuto i questa materia un accordo il 28/06/2011 e un altro nel maggio 2013 che sostengono che in
realtà i innovi contrattuali a livello nazionali di categoria possono essere avviati solo dai sindacati che
hanno una certa rappresentatività (mentre per la legge non ci sono limiti al negoziato), i sindacati hanno
invece fatto una selezione con accordi firmati da confindunstria, CGIL, CISL e UIL.
Sono ammesse alla contrattazione collettiva nazionale le Federazioni delle organizzazioni sindacali
(firmatarie del Protocollo d’intesa del 31.05.2013) che abbiano, nell’ambito della categoria produttiva di
applicazione del contratto, una rappresentatività minima del 5% come media tra dato associativo e dato
elettorale (rappresentatività minima).
Mentre la legge utilizza formule incerte, le parti sociali hanno individuato criteri certi, ovvero il rinnovo
contrattuale va aperto tra organizzazioni che hanno una rappresentanza minima. Si considera il dato
associativo che è il numero di iscritti nel settore produttivo e il dato elettorale che è il numero di voti riportati
nelle elezioni delle RSU, dati che rappresentano una certa forza del sindacato e una certa forza di
rappresentatività.
In assenza di piattaforma unitaria, ovvero se i sindacati non sono unitari e non chiedono tutti la stessa
cosa, la parte datoriale farà in modo che la contrattazione si avvii sulla base della piattaforma presentata
da organizzazioni sindacali che abbiano complessivamente una rappresentatività nel settore pari almeno al
50%+1.
I contratti collettivi nazionali sottoscritti formalmente dalle organizzazioni sindacali che rappresentino
almeno il 50%+1 della rappresentanza, come sopra determinata, previa consultazione certificata dei
lavoratori, a maggioranza semplice saranno efficaci ed esigibili.
Pertanto, le rispettive Federazioni s’impegnano a dare piena applicazione e a non promuovere iniziative di
contrasto agli accordi così definiti.
I CCNL dovranno altresì definire clausole e/o procedure di raffreddamento per garantire l’esigibilità degli
impegni assunti e le conseguenze di eventuali inadempimenti.
CAPITOLO 7: I DIRITTI SINDACALI
1. RATIO STORICO-POLITICA DEI DIRITTI SINDACALI NELL’IMPRESA
La libertà sindacale del 1° comma dell’art. 39 Cost. rimarrebbe un principio astratto e poco incisivo qualora
dovesse operare solo sul piano extra aziendale e non evolvesse in diritto sindacale all’interno dell’impresa.
Le norme dello statuto che riguardano il diritto sindacale sono le norme del TITOLO SECONDO (art. 14 e
seguenti)
L'art. 39 trova trasposizione nella legge ordinaria nello Statuto dei lavoratori che traduce e concretizza nella
singola azienda la libertà sindacale.
Sarebbe stata ben poca cosa, però, se la libertà sindacale si fosse esaurita nel riconoscimento del solo
diritto dei lavoratori ad organizzarsi collettivamente all’interno dell’azienda e a costituire propri organismi
sindacali, senza consentire l’attivazione di ulteriori situazioni strumentali in individuali e collettive. È proprio
per questi motivi che il TITOLO TERZO (art. 19 e seguenti) – ATTIVITA’ SINDACALE NEI LUOGHI DI
LAVORO – ha ricondotto a specifiche situazioni di diritto. Sono norme che disciplinano non la semplice
libertà sindacale nei luoghi di lavoro ma i diritti sindacali. Le norme del titolo terzo introducono la possibilità
di usufruire nel luogo di lavoro di diritti sindacali che spettano al sindacato che rappresentano uno sviluppo
della libertà sindacale del titolo secondo, infatti la libertà sindacale trova un limite nel fatto che si può
estrinsecare senza alterare la normale attività produttiva.
In ragione della loro natura, i diritti sindacali del titolo III sono generalmente accordati non a qualunque
organizzazione dei lavoratori presente in azienda, così com’è per la libertà sindacale del titolo II, ma solo
alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA), in quanto costituite nell’abito di sindacati particolarmente
qualificati, cioè i sindacati maggiormente rappresentativi dell’art. 19 St. lav. e/o alle RSU.
2. ASSOCIAZIONE E ATTIVITA’ SINDACALE IN AZIENDA (ART. 14)
14 dello Statuto dei lavoratori, che afferma la libertà sindacale positiva nelle singole aziende
«Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i
lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro.»
Tale articolo costituisce la concretizzazione a livello aziendale del principio di libertà di organizzazione
sindacale. Esso garantisce pure il diritto di costituire e far operare in azienda organizzazioni ed organismi
sindacali al di fuori di quelli dell’art. 19 St. lav.
Infine tutela lo stesso pluralismo sindacale: assicura protezione legislativa a forme di dissenso sia
stabilizzato in forme alternative all’associazione sindacale tradizionale, sia esprimentesi in momenti di
organizzazione collettiva spontanea di carattere transitorio o occasionale.
3. IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE (ARTT. 15 E 16)
L'art. 15 dello Statuto dei Lavoratori, emanato con legge 300 del 1970, sancisce la nullità di qualsiasi
atto o patto avente carattere discriminatorio nei confronti del lavoratore per il fatto di aderire ma anche di
non aderire ad un certo sindacato.
«È nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una
associazione sindacale ovvero cessi di farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei
provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale
ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero.
Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione
politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basata sull'orientamento sessuale o
sulle convinzioni personali.»
Questo carattere non trova riconoscimento nei provvedimenti OIL poichè ci sono alcuni statuti che per un
lungo periodo non hanno riconosciuto la libertà sindacale negativa, addirittura nei paesi anglosassoni non
venivano assunti lavori che si rifiutavano di iscriversi ad un determinato sindacato.
16 dello Statuto dei lavoratori, che disciplina i trattamenti economici collettivi discriminatori
«È vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio a
mente dell'articolo 15.
1
Il pretore ( ), su domanda dei lavoratori nei cui confronti è stata attuata la discriminazione di cui al comma
precedente o delle associazioni sindacali alle quali questi hanno dato mandato, accertati i fatti, condanna il
datore di lavoro al pagamento, a favore del fondo adeguamento pensioni, di una somma pari all'importo dei
trattamenti economici di maggior favore illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno.»
4. SINDACATI DI COMODO (ART. 17)
17 dello Statuto dei lavoratori sancisce il divieto per i sindacati di comodo (sindacati piegati dai datori di
lavoro al loro volere).
«È fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni di datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi
finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.»
Ci sono due tipi di diritti sindacali riconosciuti nelle norme del titolo terzo:
• delle norme stabiliscono che alcuni diritti sindacali possono essere agiti dall’ RSA intesa nel suo
complesso come organismo unitario.
I diritti sindacali che spettano all’RSA intesa come organismo unitario sono:
5.IL DIRITTO D’ASSEMBLEA (ART. 20)
art. 20 Statuto dei l