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RSU

Quando I Consigli di fabbrica entrarono in crisi negli anni 80, fu necessario forme nuove di rappresentanza.

Dopo vari tentativi, furono realizzate le RSU (Rappresentanze sindacali unitarie) istituite in base al

protocollo intervenuto tra Governo e parti sociali il 23 luglio 1993 e poi analiticamente regolate da un

accordo stipulato da Cgil, Cisl e Uil con la Confindustria il 20 dicembre 1993. Si tratta di un protocollo

importante, ampio e famoso xkè è stato l’accordo in base al quale (sottoscritto da Ciampi) le parti, in

applicazione delle sentenze della Corte costituzionale che avevano salvato l’art 19 ponendo l’attenzione

sull’evoluzione in base ai tempi, concordavano sul fatto di non cambiare l’art 19 (dopo 2 anni sarà

modificato dal referendum) ma stabiliscono che da quel momento in poi la rappresentanza sindacale dei

lavoratori sarà unitaria all’interno delle fabbriche. RSU specificava e integrava un modo di essere delle RSA;

è un modo di attuazione di queste ultime. L’accordo infatti del 20 dicembre, infatti, prevede che le

organizzazioni sindacali firmatarie acquistino il diritto, nelle unità produttive che abbiano più di 15

dipendenti, di promuovere la formazione delle RSU e di partecipare alle relative elezioni, rinunciando a

costituire proprie RSA. Di conseguenza la RSU subentra alle RSA di tutti i sindacati che hanno stipulato

l’accordo o che vi abbiano successivamente aderito. Per evitare che la formazione della RSU dipenda dalla

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previsione che ciascuna organizzazione sindacale fa di un esito favorevole delle elezioni, l’accordo stabilisce

che l’iniziativa per la costituzione delle RSU o per il loro rinnovo possa essere presa: dalla RSU di cui sta

per scadere il mandato, da ciascuna delle associazioni sindacali firmatarie del Protocollo del 1993 e

dell’accordo interconfederale, da quelle firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato

nell’unità produttiva e infine dalle altre associazioni sindacali che raccolgano un nr di firme non inferiore al

5% dei lavoratori aventi diritto al voto. A queste condizioni, rimangono esclusi i gruppi occasionali di

lavoratori per evitare che le elezioni per le RSU siano l’occasione per regolare eventuali dissidi interni alle

organizzazioni stesse. Obiettivo delle RSU è quindi essere autonomi e indipendenti dalle associazioni

sindacali ma nonostante ciò queste ultime non hanno rinunciato del tutto a strumenti di controllo e di

raccordo per prevenire rischi di incoerenza tra contrattazione collettiva nazionale e aziendale.

Differenze tra RSA E RSU?

1. Il dato più importante è che la RSU è unitaria, unica quindi un sistema governato da un protocollo d’intesa

in base al quale nella rappresentanza convergono tutti i sindacati maggiormente rappresentativi (invece

pluralità sindacale nelle RSA: ogni sindacato maggiormente rappresentativo ha titolo di istituire una propria

RSA).

2. Come si passa dalle + RSA all’unica RSU aziendale? Si arriva alle RSU tramite votazione, c’è un

meccanismo elettivo proporzionale per cui tutti i soggetti che aderiscono alla RSU aderiscono ad un modello

in base al quale devono misurarsi; (non ci può essere designazione da parte degli altri sindacati). Si va verso

un sistemo che privilegia e misura la capacità di ogni singolo sindacato di essere realmente rappresentativo

dei lavoratori.

3. Altra differenza è che la RSA è disciplinata dalla legge, la RSU è disciplinato da un protocollo del 1993.

Che collegamento c’è? Nel protocollo si dice che i sindacati che aderiscono al protocollo rinunciano a

costituire rappresentanze sindacali proprie (RSA). Una volta aderito al protocollo l’obbligo di non costituire

RSA vale x tutte le aziende. Si passa quindi ad un sistema di rappresentanza unitaria che è un sistema aperto

(alle elezioni possono partecipare non solo i sindacati firmatari del protocollo). Rsu esercita tutti i diritti

sindacali esercitati dalle RSA. Una utilizzazione delle RSA viene garantita ai sindacati dal momento in cui

1/3 (2/3 partecipano tutti quelli che hanno una lista compreso quelli maggiormente rappresentativi; quindi

più votati in base alle liste) dei componenti delle RSU sono ripartiti tra i solo sindacati maggiormente

rappresentativi che hanno sottoscritto il contratto collettivo applicato per un unità produttiva. E in che %? In

base alla % di voti riportata dalle rispettive liste. In questo modo si individua il terzo riservato e nella cui

determinazione non prevale più il meccanismo elettivo (serve solo x determinare quanti rappresentati

dovranno rappresentare quel sindacato). xkè si riserva un 1/3? Xkè i sindacati vogliono assicurarsi di

incidere sulle scelte delle RSU attraverso i rappresentati che hanno firmato. I sindacati maggiormente

rappresentativi attraverso 1/3+2/3 si assicurano la maggioranza nelle RSU rispetto agli altri sindacati tipo

quelli autonomi o altre associazioni non aderenti alle associazioni sindacali che raccolgono tra tutti i

lavoratori aventi diritto il voto il 5%. Quindi il terzo riservato serve a garantire al sindacato che ha firmato il

contratto collettivo e il protocollo il governo delle RSU. Il sindacato aveva paura di perdere la sua centralità

all’interno dell’azienda passando dalle RSA alle RSU. Si passa da un rapporto diretto tra sindacato

maggiormente rappresentativo e RSA (attraverso la designazione) ad un rapporto molto particolare tra

rappresentanza interna dell’azienda e rappresentanza esterna unitaria RSU; x governare questo rapporto

particolare i sindacati maggiormente rappresentativi si riservano 1/3. Questo rapporto viene governato anche

xkè Nella contrattazione aziendale accanto alla RSU c’è anche il sindacato esterno all’azienda e insieme

formano la delegazione che sottoscrive il contratto aziendale. È vero che si arriva ad un Meccanismo

elettivo, che si ha rappresentanza unitaria ma è anche vero che il sindacato maggiormente rappresentativo

esterno si inserisce x avere un ruolo molto importante nelle scelte aziendali.

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La partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese

L’art. 46 cost. riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende nei modi e nei limiti

stabiliti dalla legge. Il legislatore parte dall’idea che l’impresa non è un fatto privato dell’imprenditore ma un

fenomeno sociale che coinvolge gli interessi di una pluralità di soggetti, in primo luogo i lavoratori. Tale

concetto è svolto garantendo diritti di informazione e di consultazione che consentano alle rappresentanze

dei lavoratori di influenzare le decisioni di impresa ma senza imporre la presenza di rappresentanti dei

lavoratori negli organi di gestione della società. In particolare i lavoratori possono influenzare le politiche

imprenditoriali attraverso altre forme di partecipazione dei lavoratori che si svolgono attraverso una modalità

diversa rispetto a quelle viste fino ad oggi tra sindacato e impresa; sono forme più vicine a quelle tedesche ad

es. cogestione : forma di organizzazioni che non prevedono rapporti di contrapposizione tra sindacato e

impresa ma hanno una funzione di partecipazione dei rappresentati dei lavoratori alle scelte dell’impresa, ai

meccanismi di supporto, di gestione ecc. oppure attraverso la contrattazione collettiva, o ancora attraverso la

cd procedimentalizzazione dei poteri dell’imprenditore diretta ad obbligare quest’ultimo a considerare gli

interessi dei destinatari delle scelte organizzative che intende compiere. In Italia l’art 46, che prevede un

modello diverso da quello di conflittualità ma un modello di cogestione, non ha trovato applicazione infatti

viene privilegiato un modello conflittuale tra capitale e lavoro più che di partecipazione. Trovandosi però

questo art nella carta costituzionale non è escluso che nel giro di qualche mese ci sia l’intervento da parte del

governo su questo punto con l’introduzione di norme che attuino quanto contenuto in tale art.

CAE (COMITATO AZIENDALE EUROPEO)

L’idea di impresa come fenomeno sociale è propria anche dell’ordinamento comunitario. Fondamentali sono

la definizione di impresa o gruppo di imprese (data nell’art 2 della direttiva del 1994 rifusa nella direttiva

del 2009) sulla base di 2 parametri: il nr complessivo di lavoratori occupati nei diversi Stati dell’Unione

(almeno 1000) e una presenza significativa in più di uno Stato membro (almeno 150). L’art 3 dà poi una

definizione di gruppo di imprese fondata sulla nozione di influenza dominante che l’impresa controllante

esercita sulle imprese controllate. In queste imprese o gruppi di imprese deve essere istituito un CAE

attraverso un accordo in forma scritta tra la direzione e una delegazione speciale di negoziazione formata in

modo da garantire la rappresentanza dei lavoratori dei diversi Stati membri interessati. Alla direttiva è,

inoltre, allegata una regolamentazione dettagliata del CAE. Questo comitato ha come scopo garantire il

diritto di informazione e consultazione ma la sua costituzione non è obbligatoria. A livello comunitario è

stabilito un secondo tipo di società in grado di garantire il diritto di informazione e consultazione, questa è la

Società europea (SE). Questa viene definita come “qualsiasi meccanismo, ivi comprese l’informazione, la

consultazione e la partecipazione, mediante il quale i rappresentanti dei lavoratori possono esercitare

un’influenza sulle decisioni che devono essere adottate nell’ambito della società”.

È affidato agli stati membri il compito di determinare le modalità di esercizio del diritto di informazione e

consultazione. Il nostro Paese ha attribuito la titolarità di questo diritto alle RSU e rinviato ai contratti

collettivi la determinazione delle modalità di esercizio.

Il rappresentante per la sicurezza

Una forma specializzata di rappresentanza dei lavoratori è quella del rappresentante per la sicurezza

introdotto da una direttiva in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro nel 1994. Tale

rappresentante svolge la sua azione non solo in favore dei lavoratori subordinati ma anche nei confronti di

tutti i tipi di lavoratori. La rappresentanza per la sicurezza si inserisce in una complessa trama di poteri,

funzioni ed obblighi di tutti i soggetti coinvolti nel processo produttivo diretta a realizzare il massimo di

sicurezza possibile nei luoghi di lavoro. Essa deve essere istituita a livello territoriale, aziendale o di sito

produttivo (rappresentante che opera in luoghi dove vi sono una pluralità d’imprese). L’art 47 della direttiva

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rende obbligatoria la formazione di questa rappresentanza in tutte le aziende. Il rappresentante ha diritto a

permessi retribuiti e a mezzi necessari per l’esercizio de

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A.A. 2013-2014
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher marilindag di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Chieco Pasquale.