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L’UNIONE E IL SUO PECULIARE ORDINAMENTO
Le caratteristiche che fanno dell’Ue qualcosa di difficilmente assimilabile con le categorie tradizionali del
diritto pubblico sono:
- Governo su di un territorio che non è suo;
- Mancanza della competenza delle competenze, ai sensi del principio di attribuzione;
- Assenza di un apparato in grado di esercitare un potere coercitivo sugli stati (di fatto per l’esercizio
del suo potere esecutivo deve passare per il tramite necessario dell’apparato e del autorità degli
stati);
- Assenza di potere impositivo sul bilancio.
- L’insieme dei cittadini europei non può considerarsi un unico popolo, tanto da mettere in crisi l’idea
di una comunità politica. LE FONTI DEL DIRITTO
CHE COSA SONO LE FONTI DEL DIRITTO
Definiamo le fonti del diritto i fatti o gli atti che l’ordinamento giuridico rende idonei a creare, modificare o
estinguere norma giuridiche. I requisiti che le fonti devono innanzitutto rispettare sono due:
- Generalità: la norma deve essere riferita ad una pluralità indistinta di soggetti;
- Astrattezza: la norma deve prevedere una regola che sia ripetibile nel tempo, a prescindere dalle
fattispecie concrete.
Importantissima distinzione è tra:
- Fonti di produzione del diritto: insieme di fatti (eventi naturali o comportamenti umani non volontari)
e atti (comportamenti umani volontari e consapevoli) ai quali l’ordinamento giuridico abilita a
produrre imperativi.
- Fonti sulla produzione: norme che disciplinano le modalità di produzione del diritto oggettivo, quindi
delle stesso fonti di produzione, individuando i soggetti titolari del potere normativo, i procedimenti di
formazione e gli atti prodotti.
In questa categoria possiamo distinguere le fonti di cognizione, cioè quegli atti privi di natura
normativa la cui funzione è quella di portare alla conoscenza del diritto oggettivo (quindi del frutto
delle fonti di produzione).
Si distingue poi tra:
- Fonti fatto: la norma è frutto del riconoscimento da parte dell’ordinamento alla totalità o porzione del
corpo sociale della capacità di produrre norme in modo autonomo, quindi senza che lo facciano
istituzioni espressamente deputate e senza seguire determinate procedure; basta pensare alle
consuetudini.
- Fonti atto: la norma è prodotta da un soggetto istituzionale sottoposto ad una certa volontà e al
rispetto di procedure previste dalle fonti sulla produzione; basta pensare alla costituzione, legge,
regolamento, ecc.
LA COSTITUZIONE COME FONTE SULLE FONTI
La Costituzione è fonte del diritto preordinata a tutte le altre (c.d. fonte delle fonti), in quanto individua le
fonti del diritto, legittimandole, e disciplina i modi di produzione delle norme giuridiche appartenenti
all’ordinamento; ad ogni fonte abilitata la Costituzione va ad attribuire due particolari tipi di forze o efficacia
formale:
- Forza o profilo attivo: capacità di innovare, quindi abrogare o modificare,atti fonte equiparati o
subordinati;
- Forza o profilo passivo: capacità di resistere all’abrogazione o modifica da part edi atti fonte di
minore forza.
Nello specifico va a legittimare i processi di produzione delle:
- Norme di rango costituzionale: leggi costituzionali, leggi di revisione costituzionale, leggi di
approvazione degli statuti delle regioni speciali.
- Norme di rango primario: leggi ordinarie, decreti legislativi e decreti legge, i regolamenti
parlamentari, gli statuti delle regioni ordinarie e le leggi regionali. Gli atti fonte primari godono della
forza di legge ai sensi dell’art. 77 C., anche al fine di individuare quegli atti normativi del governo
equiparati agli atti del Parlamento.
Le norme di rango primario vanno a costituire un sistema chiuso, per cui:
- Escludendo l’ipotesi della revisione costituzionale, non possono essere costituiti atti fonte primari al
di là da quelli espressamente previsti dalla Costituzione.
- Ogni atto normativo non può disporre di una forza maggiore di quella che la Costituzione gli
attribuisce.
Le norme di rango secondario vanno a costituire un sistema aperto, essendo la individuazione degli atti
di fonte secondaria lasciata alla disponibilità dei soggetti titolari di potestà normative primarie, fermo
restando limiti costituzionali (gerarchia, competenza elle fonti e legalità).
UNITÀ, COERENZA E COMPLETEZZA DELL’ORDINAMENTO
La pluralità delle fonti del diritto richiede la compresenza di 3 fondamentali elementi:
- Unità: tutte le norme devono poter risalire all’atto fondante dell’ordinamento giuridico, la
Costituzione.
- Coerenza: l’ordinamento, in quanto sistema, vieta contraddizioni tra le parti che lo compongono(atti
e norme). Il rischio a cui si va incontro è infatti quello delle antinomie normative, quali contrasti tra
norme, o meglio i casi in cui due norme disciplinano un unico comportamento ma la osservanza di una
norma determina l’inosservanza dell’altra.
- Completezza: l’ordinamento richiede l’assenza di lacune o vuoti normativi, quindi casi non previsti
dal diritto oggettivo/positivo.
Una volta che l’atto normativo entra in vigore, questo diviene efficacie, cioè diventa obbligatorio per tutti ed
è suscettibile di applicazione in concreto; tuttavia valgono di norma solo per il futuro, cioè per i fatti e
rapporti sorti successivamente dall’entrata in vigore. Vige allora di norma il divieto di efficacia retroattiva; se
la legge invece fosse retroattiva, questa si applica anche ai fatti e rapporti sorti prima della sua entrata in
vigore, sottraendoli così alla disciplina che prima vigeva; tuttavia la retroattività della legge non è assoluta,
in quanto riguarda i soli rapporti pendenti (ancora da regolare) e non quelli esauriti.
Al fine di contrastare le antinomie normative, l’ordinamento individua, tramite la Costituzione a alcune
preleggi del codice civile del 1942, 3 principali criteri di risoluzione; si badi che la risoluzione è
un’operazione pratica, in quanto non è svolta in sede di produzione del diritto, ma in sede di applicazione
dello stesso (ad opera del giudice):
- Criterio cronologico: in caso di contrasto tra norme stabilite da fonti di pari rango gerarchico e della
stessa competenza, in caso quindi di fonti equiparate (es. tra due leggi ordinarie), prevale e deve
applicarsi quella posta cronologicamente dopo (quindi più recente). In base al criterio la norma
precedente nel tempo è abrogata da quella successiva e cessa dunque di essere efficace: la
abrogazione non elimina la noram precedente ma ne circoscrive nel tempo l’efficacia (l’efficacia è
limitata a tutti i fatti sorti dalla data di entrata in vigore a quella della abrogazione); diverso è parlare
invece di deroga, per cui la disciplina è mantenuta, ma se ne circoscrive l’efficacia nel tempo, nello
spazio o nei destinatari.
L’abrogazione, ai sensi dell’art. 15 delle preleggi, può essere di 3 tipi:
Abrogazione espressa: disposta direttamente dal legislatore quando nel testo di una legge si
o indicano espressamente le disposizioni precedenti abrogate.
Abrogazione per incompatibilità (o tacita): non disposta direttamente dal legislatore ma
o accertata per via interpretativa quando l’interprete rileva in contrasto tra due norme dal
contenuto incompatibile ed è chiamato ad scegliere una delle due.
Abrogazione per nuova disciplina dell’intera materia: a parità di disciplina la legge posteriore
o si sostituisce a quella anteriore.
- Criterio gerarchico: in caso di contrasto tra fonti non equiparate ma di eguale competenza, prevale
la norma posta dalla fonte superiore o sovraordinata. La norma sottordinata a seguito
dell’applicazione di questo criterio non viene abrogata, ma è invalidi, cioè viziata per non avere
rispettato l’ordine gerarchico delle fonti: dovrà allora essere eliminata dall’ordinamento tramite
annullamento ad opera degli organi giurisdizionali competenti (in caso di contrasto tra Costituzione
e legge, la legge invalida può essere dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte
Costituzionale; in contrasto tra legge e regolamento dal giudice amministrativo). A differenza
dell’abrogazione, l’invalidità ha efficacia retroattiva in quanto determina l’eliminazione
dall’ordinamento dell’atto e la caducazione di ogni sua efficacia, anche passata, quindi sia ex nunc
che ex tunc.
- Criterio della competenza: in caso di contrasto tra fonti non equiparate e di diversa competenza (in
relazione alla dimensione territoriale nel quale l’atto fonte è destinato ad operare o alla materia
disciplinata) prevale la norma posta dalla fonte più competente a disciplinare la fattispecie concreta.
La norma non competente anche qui diviene invalida, e deve essere eliminata dall’ordinamento
trami annullamento.
INTERPRETAZIONE DEL DIRITTO
Interpretare il diritto significa ricostruire il significato degli atti normativi partendo dal loro dettato; i criteri che
regolano l’attività interpretativa sono quelli previsti dall’art. 12 delle preleggi e da quei criteri elaborati in
dottrina o giurisprudenza nel corso del tempo:
- Interpretazione letterale o testuale: interpretazione operata secondo il significato proprio delle parole
in base alla connessione di queste.
- Interpretazione teleologica: interpretazione operata secondo il fine o l’intenzione del legislatore, nel
senso soggettivo (scopo del legislatore al tempo in cui ha posto la disposizione) o nel senso
oggettivo (scopo della norma in sé).
- Interpretazione logico-sistematica: interpretazione operata in base alla connessione tra le varie
disposizioni all’interno dell’ordinamento complessivo.
Nel momento in cui gli ultimi due criteri non bastassero, si ricorre all’interpretazione analogica, salvo per le
leggi penali e leggi speciali; tale interpretazione si distingue a sua volta, in:
1. analogia legis (o semplicemente analogia): quando vi sono norme che regolano casi simili o materie
analoghe, la lacuna può essere colmata rinviando alla loro disciplina;
2. analogia iuris: quando mancano anche norme che regolano casi simili e materie analoghe, la lacuna
può essere colmata facendo ricorso ai principi generali dell’ordinamento giuridico, che vanno ricavati
sempre per interpretazione dal complesso delle norme giuridiche vigenti.
FONTI DEL DIRITTO
Le fonti del sistema costituzionale italiano o in esso operanti sono:
1- La Costituzione e le fonti costituzionali: la Costituzione vigente è rigida (a differenza dello statuto
Albertino, al quale bastava una legge ordinata dello stato per modificarlo), cioè può essere modificata
solo da un procedimento aggravato, fermo restando la forma repub