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Quanto al secondo aspetto, relativo alla responsabilità del
Governo e dei suoi membri di fronte al Parlamento: se il Governo
decide di discostarsi in tema di riserve da quanto deliberato dal
Parlamento, se la decisione non è presa dopo che il Parlamento è
stato informato e se non si tratta di riserve dal contenuto del
tutto tecnico, allora scatteranno i meccanismi di controllo del
Parlamento sull’operato dell’Esecutivo.
È importante anche sapere che nel sistema della Convenzione di
Vienna sono gli Stati contraenti che devono far valere la loro
obiezione alla riserva, nell’ambito dei trattati relativi ai diritti
umani (come per la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma
di discriminazione contro le donne), si è affermata la prassi per
cui gli organismi di protezione (come comitati), istituiti dai vari
trattati, possono decidere: se la riserva è o meno compatibile con
lo scopo e l’oggetto del trattato;
Questo genera una conseguenza dirompente nel sistema
generale del diritto dei trattati poiché si viene a negare il
fondamento consensualistico degli Stati, dal momento che se per
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il comitato la riserva è valida, lo Stato si trova obbligato ad un
qualcosa che non vuole.
10° giorno: interpretazione degli accordi, teoria dei poteri impliciti, successione
degli Stati nei trattati.
Molti Stati non erano concordi alla codificazione del metodo
interpretativo dato che ritenevano l’interpretazione una
questione giuridica non paragonabile alle altre (come i trattati, le
riserve …) e le regole relative alla stessa, principi non aventi fonte
giuridica.
In realtà, dietro tale motivazione, si nascondeva l’interesse degli
Stati alla realizzazione della c.d. interpretazione unilateralistica,
cioè ogni Stato interpretava lo stesso testo sulla base delle
proprie considerazioni interne.
Si decise tuttavia di codificare un metodo di interpretazione, delle
regole giuridiche in grado di disciplinare i due metodi
d’interpretazione:
1. pone l’accento
metodo d’interpretazione soggettiva,
sull’intenzione dello Stato (cosa intendeva lo Stato quando ha
redatto quella determinata clausola?);
2. accantona l’intenzione
metodo d’interpretazione oggettiva,
dello Stato per basarsi su un dato oggettivo: il testo.
Ovviamente il metodo d’interpretazione soggettiva era condiviso
dagli Stati più potenti, ma a prevalere fu comunque il metodo
d’interpretazione oggettivo; come risulta anche dalla
Convenzione di Vienna nella quale la maggior parte dei criteri
previsti dagli articoli concernenti l’interpretazione sono di natura
oggettiva. 39
La regola generale relativa all’interpretazione è sancita dall’art.
31 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati: “Un
trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso
ordinario da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto e
questo 1°comma dell’art. 31, prevede un
alla luce del suo scopo”;
tipo di interpretazione testuale.
2°comma: “Ai fini dell’interpretazione di un trattato, il contesto
comprende, oltre al testo, il preambolo e gli allegati ivi compresi:
- ogni accordo in rapporto col trattato e che è stato concluso
fra tutte le parti in occasione della conclusione del trattato;
- ogni strumento posto in essere da una o più parti in
occasione della conclusione del trattato e accettato dalle
parti come strumento in connessione col trattato.”
3°comma: “Si terrà conto oltre che del contesto:
- di ogni accordo ulteriore intervenuto fra le parti in materia di
interpretazione del trattato o delle applicazioni delle sue
disposizioni;
- di qualsiasi prassi successivamente seguita nell’applicazione
del trattato attraverso la quale si sia formato un accordo
delle parti in materia di interpretazione del medesimo.”
L’unico riferimento all’interpretazione di tipo soggettivo lo si
riscontra nel 4°comma dell’art. 31: “Un termine verrà inteso in
senso particolare se risulta che tale era l’intenzione delle parti”.
L’art. 31 della Convenzione di Vienna, non è certo strutturato in
modo gerarchico; contrariamente lo è l’art. 32 concernente i
“Mezzi complementari di interpretazione” (come i “lavori
preparatori”, i quali contengono i motivi per i quali alcuni Stati
sono giunti alla conclusione di un accordo internazionale): “Si può
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far ricorso ai mezzi complementari d’interpretazione, e in
particolare ai lavori preparatori e alle circostanze nelle quali il
trattato è stato concluso, allo scopo, sia di confermare il senso
(cioè il senso che risulta
che risulta dall’applicazione dell’art. 31
dall’applicazione dell’interpretazione testuale ed oggettiva,
tenendo anche conto degli ulteriori accordi delle parti) sia di
determinare il senso quando, l’interpretazione data in conformità
dell’art. 31, lascia il senso ambiguo o oscuro, oppure conduce ad
un risultato che è manifestatamente assurdo o irragionevole.”
Va precisato che se il testo è ambiguo è perchè le parti del
trattato non erano concordi su quei punti; ad esempio, nel 1967
fu chiesto il ritiro di Israele dai territori da esso occupati con una
guerra di 6 giorni, questo ritiro venne chiesto tramite una
risoluzione del Consiglio di Sicurezza molto ambigua dal
momento che chiedeva: “il ritiro da territori”!
La richiesta così impostata, lasciava intendere che Israele poteva
anche lasciar libero un solo territorio occupato, se invece si fosse
chiesto il ritiro territori, allora sarebbe stato evidente che ci si
dai
stava riferendo al complesso dei territori occupati.
Dall’analisi dei dibattiti che hanno accompagnato l’adozione della
risoluzione, si evince che gli Stati non erano d’accordo proprio su
quel punto rimasto ambiguo, infatti per degli Stati Israele doveva
ritirarsi da alcuni territori, per altri, invece, Israele doveva ritirarsi
dai territori occupati.
Tutto questo serve a farci capire che l’art. 32 della Convenzione di
Vienna non è che ci aiuti molto nell’interpretazione, perché
l’eventuale ambiguità contenuta in un testo si rifletterà
inevitabilmente anche nella comprensione del testo stesso.
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I trattati posso essere redatti anche in più lingue, infatti ai sensi
dell’art. 33 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati,
rubricato “Interpretazione dei trattati autenticati in due o più
lingue”: “Quando un trattato è stato autenticato in due o più
lingue, il suo testo fa fede in ciascuna di queste lingue, a meno
che il trattato non dispone o che le parti non convengano che in
(la parte
caso di divergenza prevalga un testo determinato …”
sottolineata indica l’affermazione più chiara del divieto
d’interpretazione unilateralistica) “… Una versione del trattato in
una lingua diversa da una di quelle in cui il testo è stato
autenticato sarà considerata come testo autenticato solo se il
trattato lo prevede o se le parti si sono accordate in tal senso; si
presume che i termini di un trattato abbiano lo stesso significato
nei diversi testi autentici.”
Ma cosa succede se non si riesce ad eliminare la divergenza tra
due testi autentici?
Ebbene a ciò vi provvede il 4°comma dell’art. 33, il quale sancisce
che in tal caso, si “adotterà il senso che, tenuto conto dell’oggetto
e dello scopo del trattato, permette di conciliare meglio i testi in
anche questa disposizione tende ad escludere
questione”;
l’interpretazione soggettiva.
Nell’ambito del diritto internazionale opera anche la teoria dei
poteri impliciti.
Si tratta di un principio giuridico proveniente dal diritto degli Stati
Uniti, sviluppato col fine di estendere le competenze dello Stato
federale a scapito delle competenze degli Stati membri.
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Secondo questa teoria ogni organo disporrebbe non solo dei
poteri espressamente attribuitigli dalle norme costituzionali, ma
anche di tutti i poteri necessari per l’esercizio dei poteri espressi.
La Corte Internazionale di Giustizia, nell’applicare la teoria dei
poteri impliciti agli organi dell’ONU, ne ha addirittura ampliato
notevolmente la portata finendo col dedurre certi poteri degli
organi direttamente ed esclusivamente dalle norme sui fini
dell’Organizzazione. L’uso di questa teoria da parte degli organi
dell’ONU è stato comunque eccessivo!
La teoria dei poteri impliciti viene utilizzata, qualora resti nei
limiti di un’interpretazione estensiva o analogica, anche per
garantire ad un organo il pieno esercizio delle funzioni che il
trattato istitutivo dell’organizzazione gli assegna.
Nel trattato istitutivo della CE vi è una norma espressa in materia
di poteri impliciti la quale afferma che: “Quando un’azione della
comunità risulti necessaria per raggiungere, nel funzionamento
del mercato comune, uno degli scopi della comunità, senza che il
presente trattato abbia previsto i poteri d’azione all’uopo
richiesti, il Consiglio deliberando all’unanimità su proposta della
Commissione e dopo aver consultato il Parlamento Europeo,
prende le disposizioni del caso”.
Per quanto riguarda la la
successione degli Stati nei trattati,
stessa può avvenire per le cause e nei modi più vari.
Può darsi che una parte del territorio di uno Stato passi, per
effetto di cessione o di conquista, sotto la sovranità di un altro
Stato già esistete, oppure si costituisca (col consenso dello Stato
da cui si distacca o in seguito ad una rivoluzione) in Stato
indipendente; può darsi invece che il cambiamento di sovranità
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riguardi l’intero territorio dello Stato e cioè che l’intera comunità
territoriale sia incorporata o si fonda con un altro Stato, oppure si
smembri e dia luogo a Stati nuovi.
Il problema che ci si pone è per l’appunto se, una volta
verificatosi in fatto un cambiamento di sovranità, i diritti e gli
obblighi internazionali che facevano capo al predecessore passino
allo Stato subentrante.
Alla successione degli Stati rispetto ai trattati, è dedica una
Convenzione predisposta dalla Commissione di diritto
internazionale delle Nazioni Unite e firmata a Vienna nel 1978.
Quanto alla sfera di applicazione di detta Convenzione, se uno
Stato successore aderisce alla stessa, la sua adesione retroagisce
fino