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I MOVIMENTI DI LIBERAZIONE NAZIONALE

La differenza con il fenomeno dell’insurrezione sta nella finalità perseguita. In tale caso si tratta dei

popoli stessi che prendono le armi per la propria autodeterminazione contro regimi coloniali,

razzisti o stranieri.

Si tratta di una distinzione di cui hanno preso atto i citati protocolli addizionali alle convenzioni di

Ginevra i quali offrono agli insorti, con il secondo protocollo, una protezione di diritto umanitario

più limitata rispetto a quella dei movimenti di liberazione nazionale (primo protocollo).

In particolare l'autorità che rappresenta un popolo impegnato contro uno Stato parte in un conflitto

di liberazione nazionale può impegnarsi ad applicare il protocollo e le convenzioni di Ginevra del

1949, indirizzando una dichiarazione unilaterale al depositario del protocollo. Con tale

dichiarazione le convenzioni e il protocollo prendono immediatamente effetto per tale autorità, in

quanto parte al conflitto, ed essa diviene titolare degli stessi diritti ed obblighi spettanti alle parti

contraenti.

Nell'ambito del sistema delle nazioni unite vi è la pratica corrente di invitare i movimenti di

liberazione nazionale riconosciuti dall'unità africana o dalla lega degli Stati arabi a partecipare,

quali osservatori, alle sessioni dell'assemblea generale, delle agenzie specializzate e delle altre

organizzazioni del sistema, oltre che ai lavori delle conferenze convocate sotto gli auspici di tali

organizzazioni.

Da tenere presente che si tratta di materia controversa per cui taluni Stati hanno deciso di non

ratificare il primo protocollo.

Per quanto riguarda la nascita dei movimenti di liberazione nazionale è illuminante una sentenza

arbitrale del 1989 su un caso africano (Guinea Bissau e Senegal). Il punto importante è stabilire non

il momento preciso in cui è sorto ma quello in cui ha assunto una portata internazionale. E ciò

avviene nel momento in cui a causa dell'attività del movimento, il governo costituito è obbligato a

prendere misure eccezionali per cercare di dominare gli avvenimenti, mezzi che non sono quelli che

si impegnano normalmente per fare fronte a disordini occasionali.

Due esempi di movimenti di liberazione nazionale:

• Il Fronte Polisario (Fronte popolare per la liberazione del Sakiet-El-Hamra e del Rio de

Oro) è un movimento che lotta per l'indipendenza del Sahara occidentale, prima colonia

spagnola, poi dal 1975 occupato dal Marocco come parte integrante del territorio nazionale.

Numerose risoluzioni delle Nazioni Unite definiscono il Fronte Polisario come l'ente che

rappresenta il popolo del Sahara occidentale e ne raccomandano la partecipazione a qualsiasi

soluzione politica definitiva circa l'assetto di tale territorio. Vi sono elementi sufficienti per

parlare di movimento di liberazione nazionale (accordo del 1979 con la Mauritania in forza

del quale questa ha rinunciato ad ogni pretesa sul territorio in questione, conduzioni di

operazioni militari contro il Marocco, controllo di una parte del territorio e governo di una

comunità stanziata in Algeria). Tuttavia non si può ancora parlare di costituzione di nuovo

Stato (che vorrebbe essere la Repubblica Araba Saharoui DemocraticaRASD) in

conseguenza di una dichiarazione di indipendenza del 1976. Neppure è decisivo il fatto che

oltre 60 Stati abbiano formalmente riconosciuto la repubblica e che nel 1982 sia stata

ammessa all'Organizzazione della Unità Africana. Infatti il territorio controverso non ha

ancora una stabile condizione e la stessa ammissione del RASD all'OUA ha causato notevoli

spaccature (per es. il Marocco ne è uscito).

• L'Organizzazione per la liberazione della Palestina. Da anni al centro dell'attenzione

mondiale partecipando ampiamente alla vita di relazione internazionale ed è considerato

dalla Assemblea delle Nazioni Unite quale rappresentante del popolo palestinese

nell'esercizio del suo diritto alla autodeterminazione. In base all'accordo del 13 settembre

1993 "Dichiarazione di principi sull'autogoverno palestinese" si è previsto un Consiglio 27

palestinese con poteri amministrativi per la durata di 5 anni, terminante con un accordo di

pace definitivo. Dal punto di vista storico l'OLP ha avuto una esistenza storica travagliata.

Infatti nonostante l'apertura di un ufficio di missione di osservatore presso la sede delle

Nazioni Unite a New York nel 1987 gli USA con una legge antiterrorismo condannarono

duramente l'OLP come organizzazione terroristica nemica vietandone la costituzione di sedi

in territorio statunitense. Si aprì una controversia fra USA e ONU estinta con una sentenza

di una corte distrettuale degli Stati Uniti che ha dichiarato la legge inapplicabile alla

missione di osservatore dell'OLP presso le Nazioni Unite. La proclamazione di

indipendenza dello Stato di Palestina è del 1988. Ma non corrispondeva certo ad un effettivo

controllo su di un territorio. Neppure costitutiva la risoluzione dello stesso anno delle

Nazioni Unite che prende atto della proclamazione affermando la necessità che il popolo

palestinese eserciti la sua sovranità sul territorio occupato nel 1967. Come ha sottolineato

anche una sentenza della corte di cassazione penale italiana per il momento non si può

ritenere la Palestina uno Stato sovrano, mancando di indipendenza e sovranità su di un

territorio. Anche dopo i recenti avvenimenti è prematuro parlare di Stato palestinese anche

se si tratta certamente di un passo deciso in quella direzione. 28

C APITOLO VI

L’INDIVIDUO COME TITOLARE DI DIRITTI E OBBLIGHI: DIRITTI DELL’UOMO E

CRIMINI INTERNAZIONALI

Preliminare è il problema di stabilire l’eventuale personalità giuridica di diritto internazionale del

singolo individuo. Sebbene a prima vista i soggetti tipici dell'ordinamento giuridico internazionale

siano gli Stati e gli organismi di collaborazione fra gli Stati stessi esistono elementi per considerare

anche il singolo come titolare di diritti e obblighi internazionali che lo configurerebbero come

soggetto giuridico internazionale. Tuttavia i fenomeni si prestano a più interpretazioni, sia quelle

favorevoli che quelle contrarie alla personalità internazionale dei singoli. Il rischio è quello di una

questione inutile e sterile.

I diritti della persona umana.

Affermatisi nelle carte costituzionali sono divenuti oggetto di norme di diritto internazionale. Oggi

esiste un insieme di norme scritte e non scritte, consuetudinarie e pattizie, di portata generale e

regionale, che impongono agli Stati obblighi in materia di trattamento della persona umana o

meglio di rispetto di diritti che a questa vengono riconosciuti in quanto tale. Tali norme trovano

appoggio in strutture istituzionali che in taluni casi consentono agli individui di far valere tali diritti

nei confronti degli Stati. Una risoluzione del 1989 afferma che “i diritti dell’uomo sono espressione

diretta della dignità della persona umana. L’obbligo per gli Stati di assicurarne il rispetto deriva

dallo stesso riconoscimento di tale dignità proclamata già dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla

Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Questo obbligo internazionale è un obbligo erga

omnes; esso vale per ogni Stato rispetto alla comunità internazionale nel suo insieme e ogni Stato ha

un interesse giuridico alla protezione dei diritti dell’uomo”. Il rispetto dei diritti dell’uomo e delle

libertà fondamentali per tutti è uno dei fini delle Nazioni Unite. L’azione delle Nazioni Unite è stata

ed è infatti propulsore di essenziale importanza dello sviluppo delle norme internazionali,

sostanziali e di carattere istituzionale, in materia di protezione dei diritti della persona umana. Da

persuasivi risultati di indagini svolte da specialisti sembra emergere che esistono norme

consuetudinarie che obbligano gli Stati ad astenersi nei confronti degli individui, indipendentemente

dalla loro cittadinanza, da pratiche quali la schiavitù, il genocidio, la tortura e i trattamenti inumani,

uccisioni, discriminazioni razziali. Emerge anche chiaramente che nel determinare se una norma ha

o meno natura consuetudinaria ha spesso rilievo chiarire se si prendono in considerazione solo le

violazioni sistematiche o massicce o anche le violazioni occasionali. In materia di diritti umani

l’esistenza di una prassi contraria al precetto normativo non impedisce di per sé la formazione o la

persistente validità di una norma consuetudinaria. Come espresso da una Corte interna americana in

relazione al divieto di tortura “nessuno Stato ha mai rivendicato un diritto a torturare i propri

cittadini. Di fronte a credibili accuse di tortura, uno Stato è solito rispondere negandone l’esistenza

o affermando che la condotta non era autorizzata o che essa costituiva un trattamento duro, ma non

qualificabile come tortura”. Per la protezione di diritti umani accanto a diritti civili e politici

emergono anche diritti economici e sociali (diritti di seconda generazione) tra cui il diritto al lavoro,

alla salute, all’istruzione e diritti di solidarietà di carattere collettivo (diritti di terza generazione)

come il diritto all’autodeterminazione, allo sviluppo, ad un ambiente sano. A livello universale sono

numerosi gli strumenti convenzionali che riguardano settori specifici sulla protezione dei diritti

umani. Si va dalla Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, alle

Convenzioni relative ai diritti della donna e del fanciullo a quella contro la tortura. Molte di queste

Convenzioni hanno generato organi composti di esperti denominati in genere Comitati, ai quali gli

Stati periodicamente hanno l’obbligo di presentare rapporti periodici sullo stato di adempimento

degli obblighi previsti dalle convenzioni stesse. Tale obbligo costituisce un onere molto rilevante

per gli Stati, da cui derivano ritardi ed inefficienze dannosi per l’efficace protezione dell’individuo.

Sul piano giuridico la Convenzione europea ha avuto un triplice merito essenziale:

• Ha trasformato i diritti previsti nella Dichiarazione universale del 1948 nell’oggetto di

obblighi internazionali per gli Stati contraenti 29

• Ha aperto la strada alla formazione dei patti delle Nazioni Unite

• Ha introdotto dei meccanismi aventi ad oggetto il controllo della messa in opera dei diritti da

parte degli Stati contraenti ivi compresa l’istituzione di una Corte europea dei diritti

dell’uomo, cui ora possono rivolgersi direttamente i privati.

I diritti procedurali dell’individuo nei meccanismi internazionali per l’applicazione delle norme sui

diritti umani.

L’azione delle Nazioni Unite e specialmente le convenzioni adottate in tale ambito e gli organi in

base ad esse costitui

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A.A. 2011-2012
135 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher renaissence di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Treves Tullio.