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HARNEY

International Law una nuova stagione per lo sviluppo del diritto internazionale consuetudinario in

termini oggettivistici - addirittura universalistici - nel senso di regole preposte alla tutela di interessi

generali e indivisibili della comunità internazionale che vincolano tutti gli Stati, anche quelli che

non hanno espressamente partecipato alla loro formazione con il proprio consenso.

La prassi degli anni successivi, caratterizzata da una graduale inopinata ricostituzione delle

disarmonie sulla scena internazionale, ha presto attenuato, fino a smentirli, i contenuti di tale

affermazione, primariamente in ragione proprio dell'atteggiamento del Governo degli Stati Uniti nei

riguardi del diritto internazionale:

Gli atteggiamenti cumulativi di tipo unilateralistico americano - vertenti proprio su diverse

concezioni e diversi comportamenti in tema di diritto internazionale, cui si sono aggiunti in quegli

anni alcuni contenziosi commerciali tra USA e UE - hanno determinato un significativo stato di

tensione tra Europa e Stati Uniti. Oltre a divergenze basate su concreti interessi commerciali

strategici e commerciali, tale tensione transatlantica maturata nel corso della seconda metà degli

anni '90 trova tra le sue motivazioni una crescente separazione delle rispettive visioni circa il

concetto di legalità internazionale, sostanzialmente coincidenti durante la Guerra Fredda e nei

primissimi anni successivi alla caduta del muro di Berlino.

Il Professor Francis F , rilevava un contrasto di fondo tra Europa e Stati Uniti: «Gli

UKUYAMA

americani tendono a non contemplare alcuna fonte di legittimazione demoratica superiore a quella

dello stato-nazione costituzionale e democratico. Ciò al punto che, se una organizzazione

internazionale viene ritenuta come dotata di legittimità, è perché delle maggioranze costituite

hanno trasmesso ad essa tale legittimità attraverso una dinamica negoziale e contrattuale. Tale

legittimità può essere ritirata in ogni momento dalle parti contraenti. Il diritto e l'organizzazione

internazionale non esistono indipendentemente da questo tipo di accordo volontario tra

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stati-nazione sovrani. Gli europei, al contrario, tendono a ritenere che la legittimità democratica

derivi dalla volontà di una comunità internazionale più ampia di quella risultante da ciascuno

stato-nazione. Questa comunità internazionale non si concreta in un unico sistema costituzionale

democratico globale. Eppure, [per gli europei] essa conferisce legittimità alle istituzioni

internazionali esistenti, che ne concretizzano, almeno in parte, l'idea».

Tra il 2001 e il 2003, la percezione della propria forza da parte del Governo degli Stati Uniti è stata

estremamente alta, coniugandosi in termini diretttamente proporzionali con la percezione che il

principio della legalità internazionale - e quindi della saldezza della teoria delle fonti del diritto

internazionale - fosse sfavorevole ai propri interessi nazionali. Ciò, particolarmente in relazione

all'attacco all'Irak, ha portato quel Governo a impiegare risorse di pensiero nel tentativo di

perseguire e legittimare una politica di egemonia sulla scena internazionale in chiave

unilateralistica.

Si tratta di posizioni che minano alle fondamenta le stesse fonti del diritto internazionale:

da un lato, mentre nella posizione sovietica terzomondista le norme materiali il cui ripudio

- giungeva fino alla contestazione della fonte consuetudinaria che le aveva prodotte

riguardava le regole del diritto internazionale dell'economia, nel caso americano si tratta

della norma fondante della legalità internazionale dal dopoguerra in poi, cioè, il divieto

dell'uso della forza;

dall'altro, mentre i Paesi in via di sviluppo contestavano la consuetudine come fonte

- autonoma di diritto, salvo reintrodurla in termini selettivi come accordo tacito, nel caso

americano si arriva a contestare ambedue le fonti della legalità internazionale con

riferimento tutte quelle regole internazionali che non ottengano il consenso statunitense.

Attribuire immediata efficacia estintiva di regole contenute in un accordo internazionale alla

volontà contraria da parte di uno Stato che si percepisce egemone costituisce un attacco

ipervolontaristico contro l'ordinamento giuridico internazionale nel suo insieme.

Nel caso americano, come in tutti i casi precedenti di tendenze egemoniche o, tale rifiuto si

accompagna all'intento di introdurre una nuova legalità basata su nuovi contenuti ritenuti più

confacenti ai propri interessi nazionali. Mentre la fase di disconoscimento della legalità esistente si

basa su rivendicazioni di tipo ipervolontarista, secondo cui la semplice volontà contraria a un

determinato ordine giuridico, o a elementi di esso, ne dovrebbe determinare l'abrogazione, la fase

affermativa di una nuova legalità si fonda su argomentazioni che si possono definire di tipo

ipergiusnaturalistico. Secondo questo approccio, la pretesa nuova legalità si fonderebbe, non certo

su regole prodotte attraverso fonti giuridiche disconosciute, bensì su un fondamento di pretesa

legittimazione etica universalmente benefica per la comunità internazionale secondo un

autoaccertamento unilaterale. Ciò diventa quindi una autolegittimazione etica per sovvertire la

legalità esistente, introducendone una nuova.

Il fenomeno delle tendenze egemoniche e del rigetto della legalità da parte di una potenza in un dato

momento storico non è irreversibile. Questo fenomeno e il suo impatto sui parametri della legalità

internazionale sono soggetti all'andamento della evoluzione storica della società internazionale. Tale

evoluzione potrebbe portare nei prossimi anni a una redistribuzione del potere sulla scena

internazionale tra un numero maggiore di attori, con particolare riguardo a Cina e India. È naturale

che «il più forte» possa ritenere sul breve termine di avere meno bisogno degli altri di regole che

vincolino la sua libertà d'azione, o di non averne alcuno. Eppure, sul medio-lungo termine, potrebbe

servire proprio agli interessi del più forte di oggi mantenere una soglia minima di legalità, condivisa

nelle sedi multilaterali, nella prospettiva di una futura redistribuzione del potere internazionale e di

una gestione pacifica del mutamento.

Coincidenze tra opposti: la retorica giusnaturalistica e quella giuspositivistica

quando la società internazionale trova un assetto relativamente omogeneo tra i suoi membri

- la fonte consuetudinaria ha maggiore rilevanza (approccio di tipo giusnaturalistico: tali

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regole, in quanto «naturali», vincolerebbero tutti i membri della società internazionale,

indipendentemente dall'esplicito consenso di ogni singolo soggetto dell'ordinamento);

nei periodi di maggiori divisioni e conflittualità prevale la fonte pattizia (approccio

- giuspositivistico-volontarista: subordina l'esistenza e l'obbligatorietà di ogni regola giuridica

alla volontà dello Stato).

Tenuto conto che la giurisdizione del giudice internazionale si fonda sempre sul consenso degli Stati

in lite, nell'esprimere tale consenso, essi manifestano implicitamente fiducia in un approccio al

diritto internazionale che contiene elementi di tipo giusnaturalistico. In tal caso gli Stati si spogliano

della loro prerogativa di interpretare unilateralmente il diritto, o di negoziare in termini

volontaristici ogni possibile diversa interpretazione con le altre parti interessate, per rimettersi al

giudizio di un terzo. La natura non scritta del diritto consuetudinario - ma anche il carattere spesso

generale di numerose disposizioni convenzionali contemporanee, frutto di compromessi elaborati in

una dimensione multilaterale sempre più ampia - comporta che il giudice svolga una funzione in

qualche misura creativa del diritto nell'accertamento e interpretazione delle regole applicabili. Si

assiste alla convenzionalizzazione del diritto consuetudinario, particolarmente nel processo di

codificazione, ma anche a livello bilaterale.

FORMAZIONE DELLE CONSUETUDINI

Tradizionalmente si ritiene che le regole consuetudinarie si formano sulla base di comportamenti

degli Stati ripetuti nel tempo con una certa regolarità (diuturnitas) e del convincimento da parte

degli Stati stessi che tali comportamenti siano giuridicamente dovuti o che, in fase di formazione

della regola, sia necessario che lo divengano (opinio ìuris sive necessitatis). Possiamo rivolgerci in

larga misura alla prassi giurisprudenziale internazionale come strumento illustrativo largamente

imparziale la cui autorevolezza è generalmente tenuta in massima considerazione e utilizzata dagli

Stati anche in contesti stragiudiziali. Brani di sentenze internazionali relative a controversie tra Stati

terzi vengono frequentemente invocati a sostegno dei propri interessi dai rappresentanti governativi

come autorevoli statuizioni del diritto nella corrispondenza diplomatica o nei dibattiti e negoziati

bilaterali o multilaterali.

Simile atteggiamento è significativo, pur in assenza nel diritto internazionazionale del principio del

precedente giurisprudenziale, o dello stare decisis (esprime il principio dell'autorità formale, ossia

dell'obbligatorietà del precedente giudiziale). In base allo Statuto della Corte internazionale di

giustizia, le sentenze della Corte sono vincolanti esclusivamente per le parti della controversia con

specifico riferimento all'oggetto della stessa. Il riferimento a brani della Corte da parte di

rappresentanti di governi terzi rispetto alle parti della causa come termini di riferimento per

dimostrare lo stato della consuetudine in una determinata materia è spesso un mezzo per dare

fondamento alle proprie pretese e, allo stesso tempo, una manifestazione di opinio juris che

corrobora la formazione o il consolidamento di una consuetudine.

Un caso in tema di uso della forza: sentenza Nicaragua e Sta ti Uniti

Sentenza della Corte internazionale di giustizia del 1986 nella causa tra Nicaragua e Stati Uniti

circa le attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua costituisce un caso per la

individuazione degli elementi costitutivi della consuetudine.

In quel frangente la Corte era vincolata ad applicare esclusivamente il diritto consuetudinario in

base alla dichiarazione unilaterale di accettazione della sua giurisdizione da parte degli Stati Uniti.

L'oggetto della controversia in esame era costituito proprio dal divieto dell'uso della forza e dal

diritto di legittima difesa, ambedue disciplinati nella Carta delle Nazioni Unite e in quella

dell'Organizzazione degli Stati Americani.

Si trattava di valutare se il finanziamento, l'addestramento e altre forme di supporto

nei riguardi della guerriglia antigovernativa in Nicaragua da parte degli Stati Uniti

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A.A. 2013-2014
94 pagine
18 download
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Tanzi Attila.