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2. GLI ELEMENTI DELLA CONSUETUDINE
Il processo di formazione di norme consuetudinarie richiede la presenza di due elementi.
L’uno è il c.d. o ossia l’esistenza di una prassi generalizzata e diffusa;
elemento oggettivo materiale,
l’altro è l’elemento o ossia la convinzione da parte degli Stati che quella prassi
soggettivo psicologico,
corrisponda a diritto o sia dettata da necessità sociali. Quanto al requisito dell’uniformità, la CIG
ha precisato che esso non deve essere inteso in senso assoluto: casi di difformità non significano
necessariamente che la norma consuetudinaria non si sia formata.
Circa l’elemento psicologico, nel momento iniziale della formazione della norma
consuetudinaria esso consisterà principalmente nel convincimento degli Stati che una certa prassi
sia socialmente doverosa (opinio piuttosto che giuridicamente imposta. Di solito un certo
necessitas)
comportamento si diffonde e si reitera tra gli Stati per rispondere ad esigenze di natura economica,
militare o politica. In assenza di opposizioni consistenti da parte della maggioranza dei membri
della comunità internazionale, gradualmente la prassi originata da quel comportamento si
consolida, ed è da quel momento che inizia ad affiorare la convinzione che essa rifletta il diritto
esistente, e sia dunque giuridicamente vincolante.
Quanto al ruolo del esso potrà essere tanto più breve quanto più è diffuso un
fattore tempo,
determinato comportamento tra i membri della società internazionale. In questo senso si è espressa
anche la CIG.
Il tempo, invece, è del tutto irrilevante per i sostenitori della concezione volontaristica della
consuetudine.
Il ruolo dell’«usus»
a. È importante rilevare che, quando sussistono forti divergenze d’interessi, l’usus può avere
una grande importanza nella formazione di una norma consuetudinaria. In altri casi è l’opinio juris
a svolgere un ruolo preminente nel processo di creazione di norme consuetudinarie, in
ac necessitas
38
particolare laddove la formazione di tali regole trae origine da motivazioni chiaramente logiche e
razionali.
Il diverso ruolo degli elementi della consuetudine in materia di diritto dei conflitti armati
b. L’elemento oggettivo e quello soggettivo della consuetudine svolgono un ruolo affatto
peculiare in materia di diritto internazionale dei conflitti armati. Ciò grazie alla nota clausola
«fino a che non sarà adottato un più completo codice delle regole applicabili ai conflitti
Martens:
armati, le popolazioni ed i belligeranti restano sotto la salvaguardia e sotto l’imperio dei principi
del diritto delle genti, quali risultano dagli usi stabiliti fra le nazioni civili, dalle leggi d’umanità e
dalle esigenze della coscienza pubblica».
Essa fu successivamente adottata in vari trattati internazionali, tra le quali le Convenzioni di
Ginevra del 1949 e i Protocollo addizionali del 1977.
Ogni volta che occorre dimostrare l’esistenza di un principio o di una regola che riflettono le
leggi d’umanità o le esigenze della coscienza pubblica, per effetto della clausola Martens, il
requisito dell’usus è meno rilevante rispetto a quanto invece avviene per la formazione di norme
che rispondono a bisogni economici, politici o militari. La clausola Martens, per la sua attuale
valenza giuridica, indebolisce, nel settore del diritto internazionale umanitario, l’importanza di
uno dei due elementi di formazione della consuetudine, ossia l’usus, mentre eleva l’altro, l’opinio
ad un rango maggiore di quanto tradizionalmente richiesto.
juris, Questa soluzione trova una propria giustificazione nel fatto che, in materia di diritto bellico,
le esigenze umanitarie devono trovare un bilanciamento anche prima che il rispetto di tali esigenze
umanitarie si traduca in una prassi generalizzata e omogenea.
3. LA RILEVAZIONE DELLE NORME CONSUETUDINARIE
L’opera di rilevazione della consuetudine è assai delicata, e richiede che vari e diversi
elementi siano presi in considerazione. Fra questi, assumono particolare importanza i documenti
diplomatici degli Stati, le posizioni espresse da questi ultimi in seno a conferenze multilaterali, la
giurisprudenza internazionale, la legislazione e la giurisprudenza nazionale e finanche i trattati
internazionali stipulati in una certa materia. Occorre peraltro osservare che, molto spesso, gli Stati
assumono deliberatamente determinati comportamenti, proprio al fine di influire sul processo di
formazione ed evoluzione di norme consuetudinarie (c.d. interventi volontari).
4. LA PORTATA GENERALE DELLE NORME CONSUETUDINARIE E LA DOTTRINA
DELL’OBIETTORE PERSISTENTE
Secondo la concezione della consuetudine come accordo tacito, le norme consuetudinarie
avrebbero portata universale, e sarebbero quindi vincolanti per tutti i membri della società
internazionale, solo se fosse possibile dimostrare che ogni Stato abbia tacitamente accettato quelle
regole. Un’altra conseguenza logica della teoria volontaristica della consuetudine è che uno Stato
potrebbe sottrarsi all’applicabilità, nei suoi confronti, di una norma consuetudinaria se tale Stato si
fosse persistentemente e inequivocabilmente opposto alla sua formazione (c.d. teoria dell’obiettore
persistente).
In realtà, oggi prevale l’idea che la consuetudine non necessiti, per la sua formazione, del
sostegno di tutti i membri della società internazionale. Si richiede soltanto che un certo
comportamento sia diffuso tra la maggioranza dei soggetti internazionali, unitamente alla
convinzione di questi ultimi che tale comportamento sia giuridicamente obbligatorio. Le norme
consuetudinarie vincolano quindi tutti i soggetti, ivi inclusi quelli che non hanno direttamente
partecipato, con il proprio comportamento, alla loro formazione. 39
Oggi, le relazioni internazionali si ispirano, più che in passato, a valori la comunità
solidali;
internazionale appare, in altri termini, maggiormente integrata e volta a tutelare interessi propri
dell’interna comunità.
Si può quindi concludere che uno Stato non può invocare l’inapplicabilità, nei suoi confronti,
di una norma consuetudinaria sostenendo che esso si è opposto alla sua formazione. Parimenti, gli
Stati di nuova formazione sono giuridicamente vincolati a conformarsi alle norme consuetudinarie
preesistenti.
5. LE C.D. CONSUETUDINI LOCALI O PARTICOLARI
L’esistenza di norme consuetudinarie regionali, ossia operanti solo nei rapporti reciproci di
Stati appartenenti ad una determinata area geografica, è stata riconosciuta dalla CIG. Secondo la
Corte, una regola consuetudinaria regionale o locale deve presentare due elementi (soggettivo e
oggettivo) tipici di ogni norma consuetudinaria. Esse devono però presentare altri due elementi. In
primo luogo, esse devono essere state accettare da tutte le parti interessate. In secondo luogo, la
loro esistenza deve essere provata dallo Stato che le invoca, a differenza delle consuetudini
«generali», la cui esistenza deve essere accertata dal giudice internazionale, infatti spetta all’organi
di giustizia accertare qual è il diritto applicabile.
6. IL RUOLO DELLA CONSUETUDINE NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE ODIERNA
Dopo la Seconda guerra mondiale, il ruolo della consuetudine ha perso progressivamente
importanza. Da un lato, in molti settori del diritto internazionale le norme consuetudinarie
preesistenti sono state messe in discussione dall’emergere di una prassi contrastante. Dall’altro, il
ricorso alla consuetudine per la disciplina di nuovi settori è divenuto sempre più raro. La crisi è
stata in gran parte il risultato della crescente importanza assunta dai paesi socialisti e
dall’emergere dei paesi del Terzo mondo, entrambi i quali insistevano sulla necessità di un
processo di revisione delle norme consuetudinarie preesistenti, che erano percepite come il
distillato dei valori tradizionali occidentali.
La maggioranza degli Stati ritenne che il processo di revisione delle norme consuetudinarie
potesse avvenire attraverso la stipulazione di appositi trattati, ossia attraverso l’elaborazione di
convenzioni di codificazione.
L’altro motivo della crisi della consuetudine nella comunità internazionale odierna è legato
all’aumento dei suoi membri.
L’esistenza di numerose organizzazioni internazionali, facilita ed accelera il processo di
creazione di norme consuetudinarie. In particolare, sotto questo profilo, l’Onu svolge un ruolo
assai efficace, poiché costituisce un foro di discussione e dibattito a livello universale. All’interno
degli organi delle NU, gli Stati indicano la strada da seguire, mentre i trattati o le consuetudini a
essi seguenti forniscono la segnaletica di dettaglio e, eventualmente, creano organismi atti a
sanzionare le infrazioni.
Il ruolo della consuetudine svolge una funzione di crescente importanza, in primo luogo,
nelle aree in cui si delineano come nel caso del diritto del mare. La rapida
nuovi interessi economici,
affermazione di nuove esigenze economiche spesso non può essere opportunamente disciplinata
per mezzo di convenzioni internazionali, a causa dei contrasti tra diversi raggruppamenti. In
secondo luogo, la consuetudine svolge un ruolo importante nei settori in cui vi sono marcati
e in cui nuovi bisogni della comunità internazionale possono condurre
conflitti politici e istituzionali
a profondi disaccordi tra gli Stati, per cui può essere molto difficile stabilire una disciplina per via
convenzionale.
40 Per via consuetudinaria è avvenuta la modifica dell’art. 27, par. 3 della Carta dell’Onu: la
mera astensione del membro permanente non impedisce l’adozione delle delibere del CdS.
Un terzo settore in cui il ruolo del processo di formazione di norme consuetudinarie è molto
importante, concerne tutte quelle parti del diritto consuetudinario che gli Stati di nuova
indipendenza hanno reputato «accettabili», ma bisognosi di modifiche e specificazioni.
7. LA CODIFICAZIONE DELLE NORME CONSUETUDINARIE
Le convenzioni di codificazione
a. Molti membri della comunità internazionale tendono a preferire i trattati alla consuetudine,
giacché i primi garantiscono maggiormente la certezza del diritto. Tra gli anni ’60 e ’80 del secolo
scorso, gli Stati di nuova formazione ritenevano opportuno rivedere e aggiornare il diritto
consuetudinario alla luce delle loro esigenze. Si avviò quindi un’intensa opera di codificazione del
diritto internazionale.
La è intesa come quell’insieme di azioni e procedimenti il cui scopo e possibile
codificazione
risultato è l’elaborazione di norme giuridiche vinc