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STRANIERI
Particolari limiti alla potestà del governo nell'ambito del territorio sono previsti dal diritto consuetudinario
per quanto riguarda gli agenti diplomatici. Esse si concretano nel rispetto delle c.d. Immunità diplomatiche.
Le immunità riguardano gli agenti diplomatici accreditati presso lo Stato territoriale e accompagnano
l’agente dal momento in cui essa entra nel territorio di tale Stato per esercitarvi le sue funzioni fino al
momento in cui ne esce. La presenza dell’agente è, come quella di qualsiasi straniero, in tutto e per tutto
subordinata alla volontà dello Stato territoriale, volontà che si esplica, per quanto riguarda l’ammissione,
attraverso il gradimento e, per quanto riguarda l'espulsione, attraverso la cosiddetta consegna dei passaporti
e l'ingiunzione a lasciare entro un certo tempo, il Paese.
Le immunità diplomatiche sono le seguenti:
A) L’agente diplomatico deve essere anzitutto protetto contro le offese alla sua
Inviolabilità personale:
persona mediante particolari misure preventive e repressive.
B) Si intende per domicilio sia la sede della missione diplomatica, sia l'abitazione
Inviolabilità domiciliare:
privata dell’agente diplomatico.
C) A questo proposito bisogna distinguere tra atti compiuti
Immunità della giurisdizione penale e civile:
dal diplomatico in quanto organo dello Stato e atti da lui compiuti come privato.
I primi sono coperti da quella che viene chiamata immunità funzionale: l’agente non può essere citato in
giudizio per rispondere penalmente e civilmente degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni. Anche
gli atti che l’agente compie come privato sono immuni dalla giurisdizione civile e penale, salvo, per quanto
riguarda la giurisdizione civile, le azioni reali concernenti immobili situati nel territorio dello Stato
accreditatario, le azioni successorie e quelle riguardanti attività professionali o commerciali dell’agente e le
domande riconvenzionali. Ne consegue il carattere esclusivamente processuale dell'immunità: l’agente non è
dispensato dall'osservare la legge ma è solo immune dalla giurisdizione, finché si trova sul territorio dello
Stato che lo riceve e finché esplica le sue funzioni. Una volta che la sua qualità di agente diplomatico sia
venuta meno, egli potrà essere sottoposta al giudizio anche per gli atti o i reati compiuti quando rivestiva tale
qualità; mentre, finché dura la funzione, non potrà essere sottoposto a processo neppure per gli atti o per i
reati compiuti prima del periodo della funzione.
D) Essa sussiste solo per le imposte dirette personali.
Esenzione fiscale:
Le immunità si estendono a tutto il personale diplomatico delle missioni. Esse si estendono anche alle
famiglie degli agenti e di coloro che fanno parte di questo personale. Si ritiene che le descritte immunità
spettino per il diritto internazionale consuetudinario anche ai capi di Stato nonché, quando si recano all'estero
in forma ufficiale, ai capi di governo e ai ministri degli esteri.
L'immunità della giurisdizione “ratione come qualsiasi atto e dunque anche eventuali crimini
personae“
internazionali commessi dall'individuo al quale spettano le immunità diplomatiche. Ciò ovviamente solo
finché dura la funzione.
Poiché i crimini internazionali sono normalmente commessi proprio dagli organi supremi dello Stato,
sarebbe assurdo negare che possa essere punito l’agente diplomatico o altro individuo al quale spettano le
immunità diplomatiche, una volta cessata la funzione.
Anche la Corte Internazionale di Giustizia, nella sentenza del 14.2.2002 tra il Congo e il Belgio, ha negato
che la giurisdizione per crimini internazionali possa esercitarsi sui beneficiari delle immunità mentre essi
sono in carica, ammettendo invece questo esercizio una volta cessata la funzione.
Per qualsiasi altro organo statale il diritto internazionale non prevede particolari immunità. Neanche i consoli
godono delle immunità personali.
Per gli organi statali stranieri che si trovino, ufficialmente o meno, nel territorio, valgono le comuni norme
sul trattamento degli stranieri, anche qui il dovere di protezione dovrà essere commisurato al rango
dell'organo e alle circostanze in cui esso opera.
Agli organi e agli individui inseriti in missioni speciali inviate da uno Stato presso un altro Stato per la
trattazione di questioni determinate, la Convenzione del 1969 sulle missioni speciali, promossa dalle Nazioni
Unite, estende l'immunità diplomatiche d'uso.
28. IL TRATTAMENTO DEGLI STATI STRANIERI
Per quanto riguarda il trattamento degli Stati stranieri il principio della non ingerenza negli affari altrui è
venuto via via perdendo la sua autonoma sfera di applicazione con l'affermarsi di altre e più pregnanti regole
generali, le quali ne hanno assorbito la fattispecie. La più importante di queste regole è costituita dal divieto
della minaccia o dell'uso della forza.
È sintomatico al riguardo quanto afferma la Corte Internazionale di Giustizia nella sentenza del 27.6.1986
nel caso delle attività militari e paramilitari contro il Nicaragua, a proposito dell'assistenza prestata da uno
Stato sotto forma di fornitura di armi, a forze ribelli che agiscono nel territorio di un altro Stato. Anche se la
Corte non ritiene che questa fattispecie sia assorbita dal principio che vieta la minaccia o l'uso della forza,
essa però considera l'assistenza alle forze ribelli come contraria sia all'uno sia all'altro principio.
Per quanto riguarda le possibili applicazioni del principio della non ingerenza, vengono in rilievo gli
interventi dello Stato diretti a condizionare le scelte di politica interna ed internazionale di un altro Stato. Si
pensi in particolare alle misure di carattere economico.
Infine, resta da chiedersi se dal principio della non ingerenza derivi l'obbligo di impedire che nel proprio
territorio si tengano comportamenti che possono indirettamente turbare l'ordine pubblico e più in generale
l'indisturbato svolgersi della vita nell'ambito di Stati stranieri.
I pareri sono discordi, di fronte ad una prassi confusa, forse l'unica regola consuetudinaria di cui possa
affermarsi con sicurezza l'esistenza è quella che impone di vietare la preparazione di atti di terrorismo diretti
contro altri Stati. Tutto il resto appartiene alla sfera del diritto convenzionale.
Il problema più interessante in tema di trattamento degli Stati stranieri e se questi siano assoggettabili alla
giurisdizione civile dello Stato territoriale. Sul tema ha lavorato per molti anni la Commissione di diritto
internazionale nonché, un comitato ad hoc nell'assemblea generale delle Nazioni Unite; alla fine, una
Convenzione di codificazione è stata adottata dall'Assemblea il 2.12.2004 ed aperta alla firma degli Stati. La
Convenzione non è ancora entrata in vigore, e nessuno Stato l'aveva ratificata alla fine del 2005.
Nel secolo scorso ed agli inizi del nostro, la teoria universalmente accolta in merito al problema del
trattamento degli Stati stranieri, e che si ispirava al principio “ ”, era
par in parem non habet iudicium
quella favorevole all'immunità assoluta degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile.
Sono state la giurisprudenza italiana e quella belga nel periodo successivo alla prima guerra mondiale a dare
inizio ad un'inversione di tendenza che ha portato poi alla revisione della regola tradizionalmente sostenuta
dell'immunità assoluta, con l'elaborazione della teoria dell'immunità ristretta o relativa.
Secondo l’esenzione degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile è
la teoria dell'immunità ristretta,
limitata agli atti “ jure imperii “ e non si estende invece agli atti “jure gestionis o jure privatorum”, ossia agli
atti aventi carattere privatistico.
La distinzione tra atti e atti non è sempre facile da applicare ai singoli casi
jure imperii jure gestionis
concreti; anche qui il diritto consuetudinario lascia un ampio margine all'interprete, nella specie al giudice
interno e può sostenersi che, in caso di dubbio, debba concludersi a favore dell'immunità anziché a favore
della sottoposizione dello Stato straniero alla giurisdizione.
Uno dei campi in cui oggi viene in rilievo il problema dell'immunità ed in cui la distinzione tra atti jure
imperii e jure gestionis si rivela di difficile applicazione, è quello relativo alle controversie di lavoro: si tratta
per lo più di giudizi instaurati da lavoratori aventi la nazionalità dello Stato territoriale. È difficile stabilire in
questi casi quali aspetti del rapporto di lavoro debbano essere presi in considerazione per essere qualificati
come pubblicistici o privatisti ai fini dell'immunità.
La Convenzione adotta per i rapporti di lavoro, il criterio della nazionalità del lavoratore cumulato con
quello del luogo delle prestazioni: se il lavoratore ha la nazionalità dello Stato straniero che lo recluta,
l'immunità sussiste in ogni caso; se il lavoratore ha la nazionalità dello Stato territoriale, o qui vi risieda
abitualmente pur essendo cittadino di un terzo Stato, e il lavoro deve essere prestato nel territorio, l'immunità
è esclusa. Va poi menzionato il Progetto di Convenzione predisposto dall'organizzazione degli Stati
americani che è ancora più favorevole agli interessi del lavoratore in quanto esclude comunque l'immunità,
all’art. 6 lett. (a quando il lavoro è prestato nel territorio dello Stato del foro.
Per quanto riguarda la giurisprudenza italiana, una sentenza della Cassazione già nel 1989 si era allineata alla
nuova tendenza, rifiutandosi di concedere l'immunità con riguardo al lavoro prestato in Italia da cittadini
italiani e ciò limitatamente agli aspetti patrimoniali del rapporto e con esclusione, delle azioni che avessero
per oggetto l'assunzione o la reintegrazione nel posto di lavoro. Successivamente, in una serie di sentenze, la
Cassazione ha emesso decisioni non sempre univoche, prendendo talvolta una chiara presa di posizione a
favore della tesi qui sostenuta, utilizzando dall'altra una nozione restrittiva di “ aspetti patrimoniali “ e
tornando infine ad applicare addirittura, in qualche sentenza, la distinzione tra rapporti e
jure imperii jure
La giurisprudenza che applica la nozione restrittiva di aspetti patrimoniali è senz'altro quella
gestionis.
prevalente. C'è chi ritiene che l'immunità cada per tutte le norme di norme che prevalendo sulle
jus cogens,
Convenzioni internazionali, dovrebbe