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GLI OBIETTIVI DELLA RIFORMA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO IN ITALIA: IL NECESSARIO ADEGUAMENTO DEL NOSTRO SISTEMA AI NUOVI PRESUPPOSTI COSTITUZIONALI E LEGISLATIVI
La legge 218 del 1995 rappresenta lo stadio finale di un processo di riforma del diritto internazionale privato iniziato dieci anni prima; l'Italia, con questa riforma, ha provveduto ad adeguare le proprie norme di conflitto a principi che gli stati europei avevano già accolto. Prima della legge di riforma il sistema italiano di diritto internazionale privato era quello espresso dalle norme contenute negli artt. 17-31 delle preleggi; tali regole erano state introdotte ai tempi del codice civile del 1865 e, sebbene in parte modificate dal legislatore del '42, difatti erano inadeguate alle esigenze di una società moderna e soprattutto per molti aspetti incostituzionali. Proprio l'incostituzionalità è stata un elemento di notevole accelerazione del processo di riforma: infatti con due sentenze la Corte Costituzionale ha
di fattoazzoppato il sistema precedente, costringendo il legislatore a intervenire. Di fronte alla duplice possibilità di intervento e cioè colmare i vuoti legislativi creati dalla Corte Costituzionale, oppure operare una riforma radicale il legislatore ha fatto opportunamente la seconda scelta, poiché bisognava, come detto, cambiare un sistema di fatto obsoleto. Volendo segnalare alcuni motivi di inadeguatezza del vecchio sistema di dir. int. priv. segnaliamo l'eccessiva astrattezza e rigidità di queste norme; le lacune che il sistema presentava rispetto a materie "moderne"; la scarsa considerazione e tutela degli interessi materiali; l'eccessivo spazio dato al criterio della nazionalità (cavallo di battaglia del regime fascista); la mancanza di collegamento tra il dir. int. priv. e il dir. processuale civile internazionale, elementi che vedremo essere invece naturalmente connessi. Concludiamo con un accenno ad un problema proposto in.dottrina: l'opportunità di operare una riforma attraverso l'intervento del legislatore nazionale piuttosto che operare tale riforma in sede convenzionale. Questa obiezione, che si fonda su una presunta superiorità del metodo convenzionale è stata superata dai fatti, che hanno dimostrato come gli accordi internazionali sono estremamente limitati dagli interessi di parte che ciascuno degli aderenti cerca di imporre, il che molto spesso porta a compromessi eccessivi che lasciano irrisolti molti problemi. Si è perciò imposta l'idea della necessaria complementarietà tra l'opera del legislatore nazionale e di quello convenzionale.
LE PRINCIPALI NOVITÀ DELLA LEGGE 218 DEL 1995.
La legge è divisa in 5 titoli, l'esame dei quali ci consente di evidenziare anzitutto come il legislatore non si è limitato ad adeguare il sistema, ma ha riformato la materia, ampliandola ricomprendendovi materie che in passato si
consideravano non rientranti nel diritto internazionale privato: ad esempio ancor prima di stabilire la legge applicabile è necessario stabilire a quale paese spetti la giurisdizione, materia da sempre considerata di procedura civile e oggi invece giustamente, in quanto collegata, inserita nel diritto internazionale privato. Altro dato che balza evidente è quello per cui il legislatore ha deciso di occuparsi direttamente di problemi prima non affrontati e lasciati all'elaborazione di dottrina e giurisprudenza. Il ruolo delle convenzioni internazionali di diritto internazionale privato uniforme nella legge di riforma. Il carattere di legge particolarmente dettagliata è evidenziato anche dal fatto che per alcune materie viene operato un rinvio alle convenzioni internazionali in cui partecipa l'Italia. E questo rinvio è particolarmente forte, visto che le norme che operano, dicono che la convenzione troverà applicazione "in ogni caso", eliminando in tal modo ogni ostacolo in questo senso, in.caso applicata. Tuttavia, questa interpretazione potrebbe essere problematica in quanto potrebbe portare a una sovrapposizione o contraddizione tra le norme nazionali e le convenzioni internazionali. Inoltre, è importante considerare il problema dell'interpretazione delle norme internazionali che fanno riferimento alle convenzioni internazionali. Questo perché le convenzioni internazionali possono essere interpretate in modi diversi da diversi paesi. Pertanto, potrebbe essere necessario un processo di interpretazione per determinare il significato e l'applicazione delle convenzioni internazionali. In conclusione, è fondamentale considerare attentamente le convenzioni internazionali e le loro implicazioni nell'ambito delle leggi nazionali. La corretta interpretazione e applicazione delle convenzioni internazionali è essenziale per garantire la coerenza e l'efficacia del sistema legale internazionale.caso considerata un modello da seguire dal legislatore nell'ambito della recezione materiale da esso effettuata. E' chiaro che stando così le cose abbiamo che, per la parte in cui la convenzione è applicata tramite rinvio recettizio (procedimento speciale) siamo di fronte ad un'unica norma internazionale, mentre nell'altro caso siamo di fronte a una norma nazionale di contenuto identico a quella internazionale a cui si affianca, ma con differenze a livello di interpretazione. Infatti se le norme oggetto di rinvio formale verranno interpretate secondo i criteri del diritto internazionale, o i criteri degli organi internazionali, quelle recepite mediante rinvio materiale, in quanto norme interne, potranno essere interpretate secondo principi interni, persino in contrasto con i criteri internazionali. Altro problema legato alla recezione delle norme internazionali è dato dal fatto che tale tipo di adattamento ha l'effetto di "cristallizzare" laconvenzione al momento della sua recezione, con la conseguenza che l'Italia potrebbe rimanere insensibile ai mutamenti che potrebbero essere determinati sia dall'adesione di nuovi stati (subordinata a eventuali cambiamenti), sia dalla giurisprudenza della Corte di giustizia internazionale. Il problema si può risolvere non verificando quale tecnica di adattamento al diritto int. il legislatore ha usato, quanto tenendo presente quale fosse lo scopo del legislatore nel dettare questa regola: ed è evidente che tale scopo è quello di semplificare la vita dei giudici, consentendo loro di applicare un unico gruppo di norme in riferimento a una serie di materie. Ed essendo questo lo scopo del legislatore, è chiaro che la norma non può essere vista come impeditivi di evoluzioni dovute a cambiamenti nelle norme convenzionali, in quanto questo non porterebbe armonizzazione, ma diversificazione. Nel caso in cui una norma convenzionale venisse abrogata, anche seLa norma interna di ricezione di quella internazionale è autonoma rispetto a questa, proprio in coerenza a quanto detto poc'anzi, si dovrà aggiornare il contenuto della norma interna. Nella legge 218 è contenuto un principio generale in cui si fa salva l'applicazione delle norme convenzionali: si tratta di un principio giustamente inserito che elimina ogni possibilità di equivoco, visto che la legge 218 richiama espressamente alcune convenzioni, per cui potrebbero sorgere dubbi in merito alle convenzioni non richiamate. La legge 218, nello stesso art. 2 (in cui è contenuto quanto detto finora), ma al comma 2°, contiene un principio che potrebbe apparire superfluo: quello per cui nell'interpretazione delle convenzioni bisogna tenere conto del loro carattere internazionale e della loro applicazione uniforme. Questo principio potrebbe apparire qualcosa di scontato, ma non lo è se lo si intende nella sua forza espansiva e cioè
In riferimento alle convenzioni non espressamente richiamate dalla legge 218. Un'altra questione da analizzare è quella relativa alla necessità di chiedere una pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia internazionale anche quando si tratta di applicare norme interne (di recezione materiale); la dottrina ha risposto di si, ma seguendo due strade: 1) c'è chi dice che ciò sia necessario perché è come se il giudice stia applicando norme convenzionali; 2) c'è chi invece giustifica tale risposta facendo riferimento al fatto che il legislatore nazionale ha usato la convenzione come modello. Questa questione che diventa concreta con riferimento alla convenzione di Bruxelles, è già stata posta al vaglio della Corte da parte della Gran Bretagna e ha visto la Corte dichiararsi incompetente, non perché la tesi della dottrina che abbiamo presentata sia errata, quanto perché nel caso di specie mancano dei presupposti.
Quindi è come se laCorte desse ragione a questo pronunciamento della dottrina, perché in presenza deipresupposti richiesti, si evince che avrebbe accettato la questione pregiudiziale. Resta ilfatto che desta perplessità che una tale competenza alla Corte sia assegnata dalla dottrinae non dalla stessa convenzione. SEGUE: LA "MODERATA RIVOLUZIONE" OPERATA DALLA RIFORMA. LENUOVE FORME DI FLESSIBILITÀ ED ELASTICITÀ NEL MODO DI OPERAREDELLE NORME DI DIR. INT. PRIV. La legge 218 presenta importanti elementi di novità rispetto all'impostazione tradizionale, che vedeva applicato nei rapporti interindividuali il criterio per cui si applicava la legge dello stato in cui la fattispecie appariva maggiormente localizzata. Era un criterio rigido, per il quale ogni rapporto faceva parte di categorie predefinite e alle quali venivano applicate le norme già stabilite. Era un criterio di collegamento molto astratto, che solo in un secondomomento consentiva di verificare la compatibilità delle norme di un ordinamento con le norme interne. Questa impostazione negli ultimi decenni è stata fortemente criticata per il suo carattere rigido e queste critiche hanno indubbiamente avuto delle conseguenze, tanto è vero che di esse hanno tenuto conto sia i paesi che hanno riformato il loro sistema di diritto internazionale privato, sia quelli che non hanno fatto così (attraverso l'interpretazione giurisprudenziale). Queste critiche hanno portato da un lato a una maggiore "specializzazione", cioè a una regolamentazione della materia molto minuziosa, in modo da cercare di predisporre ogni soluzione per ogni problema; dall'altro a una maggiore "flessibilità", che però è stata più o meno realizzata in diversi paesi. Sicuramente il grado maggiore di flessibilità è stato raggiunto da quei sistemi, che impongono al giudice di individuare per ognicaso concreto la normativa da applicare anche quando, esso rientri in uno dei casi prestabiliti. La maggiore pr