Riassunto esame Diritto Internazionale, prof. Picone, libro consigliato Diritto dell'Organizzazione Mondiale del Commercio
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L’organo d’appello ha proceduto a verificare se tra gli stessi prodotti esistesse una relazione
di diretta concorrenzialità o succedaneità, accertandola per alcuni periodici, nonostante le
differenze riscontrabili in relazione alla loro proprietà, natura e qualità, nonché a livello dei
gusti e delle abitudini dei rispettivi acquirenti nel mercato canadese.
Una simile reazione non esiste tra una rivista, ad esempio di informazione generale e una
rivista di giardinaggio, ma di sicuro tra riviste dello stesso genere.
Nel caso di riviste d’informazione generale, può presupporsi un certo interesse da parte del
pubblico canadese anche per la vita del paese vicino, specie in occasione d’eventi particolari,
mentre per riviste specializzate in un certo settore il rapporto di succedaneità è ancora più
evidente, essendo il loro contenuto informativo scarsamente influenzato dal luogo d’origine.
Quindi è stato possibile individuare nel comportamento canadese un intento protezionistico
giungendo così ad una condanna delle misure canadesi.
Un settore in cui le disposizioni sulla clausola del trattamento nazionale trovano ampia
applicazione è quello degli alcolici.
Si possono ricordare i casi Canada – Import, Distribution and Sale of Alcoholic Drinks by
Canadian Provincial Marketing Agencies (reclamo degli USA) e USA – Measures Affecting
Alcoholic and Malt Beverages (reclamo del Canada): in entrambi i casi, le misure impositive
sono state condannate per violazione dell’art. III, par. 2, in quanto prevedevano delle tasse
federali o statali più elevate per i prodotti stranieri che per quelli interni.
Anche il mercato Giapponese ha creato grandi problemi nel settore delle bevande alcoliche.
Per la tradizione giapponese, il sistema di classificazione e di tassazione delle bevande
alcoliche separa i prodotti tipici locali (sake, schochu e mirin) dai prodotti occidentali (birra,
vino, brandy, grappa)sottopendoli ad una tassazione più elevata.
Inoltre il sistema giapponese prevedeva una classificazione basata sul tasso alcolico di ogni
bevanda, e proporzionando la tassazione al diverso grado alcolico; in questo modo i prodotti
occidentali venivano comunque tassati maggiormente a causa del loro maggiore tasso alcolico.
Sia la giurisprudenza del GATT che quella dell’OMC hanno ritenute queste pratiche illecite in
caso di trattamenti impositivi diversi:
1. tra prodotti nazionali ed esteri di eguale denominazione
2. tra prodotti nazionali ed esteri di diversa denominazione ma oggettivamente simili per
le loro caratteristiche
3. tra prodotti riconducibili a categorie o sottocategorie distinte: infatti, in questa
ipotesi è da ritenere possibile che il consumatore giapponese delle proprie bevande
nazionali voglia cambiare e bere bevande provenienti dall’estero se fossero più
economiche.
PARAGRAFO 4
L’art. III par. 4 si occupa di tutte le altre misure interne diverse dalle imposizioni fiscali, e
quindi le prescrizioni normative derivanti da leggi, regolamenti o altre fonti, relative alla
commercializzazione, al trasporto, alla distribuzione e all’utilizzazione delle merci sul mercato
interno.
Tra queste misure possono essere comprese:
a. quelle che riguardano le caratteristiche delle merci;
b. tutte le altre disposizioni che non hanno carattere impositivo o fiscale: le
regolamentazioni quantitative interne concernenti la mescolanza, la trasformazione o
l’utilizzazione di certi prodotti, menzionate al par. 1 dell’art. III e disciplinate
dettagliatamente nei parr. 5 e 7.
L’obbligo del trattamento nazionale costituisce la base per la normativa prevista dall’art. XVII
riguardante i monopoli commerciali statali (=imprese commerciali di Stato).
Questi monopoli sono consentiti se i loro acquisti e le loro vendite (le importazioni e le
esportazioni) sono conformate al principio generale di non discriminazione.
Per effetto degli accordi nati dall’Uruguay Round l’obbligo del trattamento nazionale è stato
esteso a settori diversi dallo scambio di merci;
al settore degli investimenti esteri (art. 2 dell’accordo TRIM );
s
i servizi (art. III del GATT);
la protezione della proprietà intellettuale (art. 3 dell’Accordo TRIP ).
s
In tutte queste materie gli Stati conservano un ampio margine di autonomia e sono liberi di
fissare i provvedimenti che ritengono necessari rispettando sempre il principio generale di
non discriminazione.
Nella prassi ci sono numerosi esempi di prescrizioni applicati ai vari settori del commercio.
Importante è il caso della benzina degli USA, USA – Standards on Reformulated and
Conventional Gasolina, che è stata la prima controversia decisa dopo la nascita dell’OMC che
vedeva opposti Venezuela e Brasile (ricorrenti) e USA.
Oggetto della controversia era un regolamento tecnico adottato nel 1993 da un ente federale
degli USA in attuazione di una legge del congresso finalizzata a ridurre le esalazioni tossiche
causate dalla combustione di benzina fabbricata e raffinata negli USA o lì importata.
Per questo motivo veniva prescritto per ogni raffinatore un livello di esalazioni calcolato in
base alla composizione chimica del carburante prodotto, non superiore a quello fatto
registrare in USA nel 1990.
La possibilità di riferirsi alla precedente qualità della propria benzina era consentito alle
imprese importatrici estere a patto che importassero nel mercato USA il 75% della benzina
prodotta.
In mancanza di queste condizioni le imprese straniere dovevano automaticamente conformarsi
allo standard USA del 1990, che comportava dei valori più rigorosi.
Il regolamento concedeva dunque un trattamento di favore ai raffinatori americani; erano
disposizioni contrarie all’art. III, par. 4 del GATT.
Anche l’obbligo del trattamento nazionale presenta delle eccezioni, infatti:
non si applica gli acquisti pubblici, cioè prodotti acquistati da organismi governativi e
destinati alle necessità dei pubblici poteri e non destinati ad essere rimessi in
commercio o impiegati nella produzione di merci destinate alla vendita (art. III, per. 8
lett. A ).
Questa eccezione è stata rimossa dall’Accordo dell’OMC sugli appalti pubblici; poiché si tratta
di un accordo commerciale plurilaterale si applica solo in una ristretta cerchia di Stati.
È consentita ai soli prodotti nazionali una sovvenzione pubblica, comprese le sovvenzioni
che sono ricavate da tasse interne e le sovvenzioni sotto forma di acquisto di prodotti
nazionali da parte dei pubblici poteri o per loro conto (art. III, par. 8, lett. b).
VI IL PRINCIPIO DI RECIPROCITà
Il secondo principio fondamentale del sistema degli scambi internazionali di merci è quello
della reciprocità.
questo principio è enunciato nel Preambolo dell'Accordo dell'OMC e nel Preambolo
dell’Accordo generale del 1947.
Il principale ambito di operatività del principio risiede nel campo delle concessioni tariffarie.
Infatti i negoziati multilaterali previsti dall’art. XXVIII bis del GATT per la riduzione
progressiva dei dazi doganali devono essere svolti “su una base di reciprocità e di mutui
vantaggi “.
Gli Stati dunque si impegnano a realizzare diminuzioni delle tariffe doganali di analoga entità
in relazione ad un determinato prodotto o a determinate categorie di prodotti.
Ugualmente devono essere effettati i negoziati tra i Membri dell’OMC e uno Stato terzo in
occasione di nuove adesioni.
Queste infatti devono avvenire “a condizioni da convenirsi” ( art. XII Accordo OMC e art.
XXXIII del GATT).
Il principio di reciprocità si estende:
1. ai negoziati relativi alla rimozione delle barriere al commercio dei servizi: art. XIX del
GATS
alla proprietà intellettuale: è infatti richiamato nel quadro dell’Accordo TRIP art. 7,
2. s,
in cui la protezione dei diritti di proprietà intellettuale si considera finalizzata alla
promozione dell’innovazione tecnologica, al trasferimento e alla diffusione della
tecnologia, “a reciproco vantaggio dei produttori e degli utilizzatori di conoscenze
tecnologiche” e nell’”equilibrio tra diritti e obblighi” degli Stati.
La reciprocità investe ogni campo del rapporto GATT/OMC, influendo su tutta la normativa
internazionale in materia di commercio.
Il concetto di reciprocità assume due connotati diversi a seconda del modo in cui viene
considerato:
sotto il profilo formale, il concetto di reciprocità serve per designare la simmetricità
a. degli impegni convenzionalmente assunti dagli Stati e dei diritti e vantaggi ad essi
riconosciuti sul piano normativo;
sotto il profilo sostanziale, la reciprocità esige un costante bilanciamento tra i vantaggi
b. effettivamente ottenuti dagli Stati sul piano materiale e un soddisfacimento
equilibrato dei loro rispettivi interessi economici.
Ulteriori criteri permettono di individuare:
una reciprocità basata su concessioni dello stesso genere(una riduzione tariffaria
1. contro un’altra) o di genere diverso ma di valore equivalente (la franchigia da una
imposizione sulle importazioni contro la riduzione di un dazio di pari entità);
una reciprocità positiva , se riguarda obblighi di facere, e una reciprocità negativa, se
2. riguarda obblighi di non facere;
una reciprocità settoriale, relativa al trattamento di un determinato prodotto o gruppo
3. di prodotti, e una reciprocità globale.
Nel sistema GATT/OMC, il principio di reciprocità formale e quello sostanziale sono concepiti
come tendenzialmente coincidenti, nel senso che entrambi i modi di vedere presuppongo la
volontà degli Stati di realizzare un effettivo equilibrio tra i vantaggi derivanti dalle
reciproche concessioni.
In ogni caso però, le due accezioni mantengono una loro autonoma portata e possono entrare in
conflitto tra loro.
p.e.: uno Stato, dopo aver pattuito con un secondo Stato una comune riduzione delle tariffe
doganali in un determinato settore, non riceva i benefici che si aspettative in termini di
esportazione dei propri prodotti, mentre vede accrescere nel proprio mercato il flusso di
importazioni provenienti da un altro Stato.
All’equivalenza de vantaggi concessi su piano giuridico non corrisponde un’equivalenza di
vantaggi reali.
In condizioni normali, questa situazione è in perfetta sintonia con gli obiettivi di stampo
neoliberista del sistema GATT/OMC, che mira a favorire le produzioni più efficienti e
dinamiche, capaci di trarre beneficio dalla rimozioni degli ostacoli al libero scambio.
Per questo motivo la nozione di equilibrio dei vantaggi è stata costantemente interpretata, nel
GATT 1947 come nell’OMC, in termini di pari opportunità commerciali e non di pari volume di
scambio.
Considerando equivalenti le dimensioni formale e sostanziale della reciprocità, presuppone
condizioni di eguaglianza o affinità almeno relative degli Stati, e non è facilmente realizzabile
in presenza di squilibri strutturali o di notevoli dimensioni nei rapporti di scambio.
p.e. nazioni che producono ed esportano merci dal prezzo molto inferiore di quelle importate.
Le circostanze descritte hanno indotto a predisporre deroghe al principio della reciprocità
formale e ad attribuire un rilievo normativo maggiore al principio della reciprocità sostanziale.
In base a questo è formulata il sistema delle eccezioni alle regole generali del GATT e degli
altri Accordi OMC. Questo sistema è considerato come uno strumento di correzione del
funzionamento della reciprocità formale, in tutti i casi in cui si verifichi una notevole
divergenza tra vantaggi ottenuti dagli Stati e vantaggi concessi.
La funzione di correzione è evidente:
1. nell’art. XIX del GATT che consente di ritirare o modificare gli obblighi
precedentemente assunti al fine di eliminare un grave pregiudizio derivante da
un imprevisto aumento delle importazioni indotto da quegli stessi obblighi;
2. nell’art. XII del GATT, articolo a protezione dell’equilibrio della bilancia dei
pagamenti.
Queste disposizioni si riferiscono a casi di natura eccezionale.
Più incisiva è la normativa prevista a favore dei Paesi in via di sviluppo a partire dall’adozione
della Parte IV del GATT nel 1966, la quale sancisce la rinuncia alla reciprocità nei negoziati
commerciali condotti dagli Stati industrializzati con questi paesi e autorizza a concedere un
trattamento preferenziale ai prodotti provenienti dai medesimi.
VII IL PRINCIPIO DI PROTEZIONE DOGANALE ESCLUSIVA E IL DIVIETO DI
RESTRIZIONI QUANTITATIVE
Gli impegni che gli Stati assumono sulla base dei principi di non discriminazione e di
reciprocità riguardano principalmente la rimozione dei dazi doganali e degli altri ostacoli al
commercio.
L’art. XXVIII bis del GATT afferma la necessità di una riduzione progressiva dei dazi, ma non
li vieta, anzi li riconosce come unico strumento di protezione dei mercati nazionali consentito.
Fatta eccezione per i dazi, tutte la altre forme di barriere non doganali sono destinate ad
essere completamente rimosse, perché più dei dazi comportano effetti distorsivi sul
commercio.
L’eliminazione delle barriere non tariffarie al commercio è richiesta da tre articoli del GATT:
a. art. III: richiede per i prodotti importati e per i prodotti nazionali un pari
trattamento in materia di tasse e di regolamentazioni interne e vieta, al par. 1, che
queste tasse e regolamentazioni siano imposte per favorire un protezionismo dei
prodotti interni;
b. art. VIII (“oneri e formalità relativi all’importazione e all’esportazione): impone
l’obbligo di limitare tutti gli oneri e le imposizioni diversi dai diritti doganali e dalle
tasse di cui all’art. IIIche siano percepiti in occasione dell’importazione o
dell’esportazione (visti consolari, informazioni statistiche ecc.) al costo approssimativo
dei servizi resi. Tutto ciò per evitare che siano adoperati come una protezione
indiretta dei prodotti nazionali o come oneri di carattere fiscale sui prodotti importati
o esportati;
art. XI (“ eliminazione generale delle restrizioni quantitative”): prevede l’interdizione
c. assoluta delle restrizioni quantitative al commercio, e cioè “dei divieti o delle
restrizioni diversi dai dazi doganali, tasse o altre imposizioni, ancorché attuati sotto
forma di contingenti, licenze d’importazione o d’esportazione o in qualunque altra
maniera”. Queste misure sono molto più pericolose dei dazi; con l’interdizione
all’importazione, per esempio, si elimina del tutto una concorrenza straniera con la
conseguenza di far sopravvivere industrie nazionali scarse o poco efficienti. Con un
dazio alto invece l’esportatore straniero potrebbe risolvere il problema compensando
con una diminuzione del prezzo dei loro prodotti incrementandone così la vendita.
I divieti e le restrizioni quantitative sono molto importanti al fine di perseguire obiettivi
politici; possono essere usati come strumento di pressione o sanzione nei confronti di governi
avversari, per ottenerne concessioni politiche o provocarne l’abbattimento.(p.e. embargo a
Cuba).
Nell’art. XI del GATT sono contemplate le ipotesi dei contingenti e delle licenze.
I contingenti comportano la fissazione di un ammontare prestabilito della quantità o del valore
di un prodotto che può essere importato o esportato.
L’assegnazione tra i vari Stati di questo ammontare può avvenire in diversi modi:
contingente globale : la quantità o il valore delle importazioni od esportazioni consentite
vengono predeterminati in generale, senza l’indicazione degli Stati o degli operatori
economici destinati ad usufruirne. Vige il principio “primo arrivato meglio servito”.
Contingenti in quote : con le quote si garantisce il principio di non discriminazione poiché
vengono ripartite rispettando i diritti di tutti gli Stati.
Il sistema delle contingenze è preferito a quello delle licenze.
Le licenze presuppongono un divieto generale alle importazioni o all’esportazione che può
essere derogato tramite autorizzazioni amministrative di volta in volta concesse ai privati.
CAPITOLO IV SEZIONE I
MISURE TARIFFARIE E REGIMI SPECIALI
Dal GATT emerge la concezione che prevede i dazi come unico strumento consentito di
protezione dei mercati nazionali nei confronti della concorrenza estera.
I dazi doganali possono comunque costituire un ostacolo al commercio:infatti le aliquote
superiori al 15%, definite picchi tariffari sono considerate proibitive per gli scambi
internazionali.
È molto importante la natura dell’imposizione tariffaria.
In base a quest’ultima possiamo classificare i dazi in relazione:
allo scopo da essi perseguiti: dazi fiscali e dazi economici;
3. alle attività colpite: dazi di importazione, dazi e di esportazione e dazi di transito;
4. alle modalità di percezione:dazi ad valorem, specifici e misti.
5.
Terminologicamente la nozione di dazio è distinta da quella di tariffa, che è l’elenco delle
merci con la misura del dazio applicabile a ciascuna di esse; nel linguaggio economico questi
termini sono considerate equivalenti.
Per quanto riguarda lo scopo e le attività colpite, tutti i dazi doganali hanno natura fiscale,
poiché sono configurabili come un’imposta sulle importazioni e sulle esportazioni.
I dazi fiscali in senso stretto sono quelli che perseguono esclusivamente l’obiettivo di
procurare un gettito alla finanza pubblica senza ostacolare il commercio con l’estero.
L’obiettivo fiscale prevale non caso di dazi sull’esportazione percepiti in occasione
dell’esportazione di prodotti nazionali.
I dazi di importazione hanno uno scopo essenzialmente economico, poiché sono quasi sempre
finalizzati a proteggere o a stimolare l’industria nazionale contro la concorrenza delle merci di
origine straniera, mentre rivestono un carattere fiscale quando siano percepiti su delle merci
che non vengono prodotte nell’ambito dello Stato impositore, oppure quando corrispondano ad
una imposta interna applicata in modo tale da non favorire le merci di produzione locale.
Natura prettamente fiscale hanno i dazi di transito applicati alle merci provenienti da uno
Stato estero e dirette nel territorio di un altro Stato estero, le quali non esercitano alcuna
influenza sull’economia dello Stato impositore.
Se si analizza invece il punto di vista delle modalità di percezione sono più frequenti i dazi ad
valorem, almeno tra i paesi dell’OCSE (tranne Austria, prima dell’adesione alla CE, e la
Svizzera).
I dazi ad valorem sono calcolati in proporzione al valore delle merci importate o esportate
stabilito dalle autorità doganali di ciascun paese; sono considerati meno distorsivi del
commercio internazionale poiché incidono in percentuale costante sul prezzo dei prodotti
scambiati e diminuiscono in valore assoluto in presenza di prezzi più bassi, favorendo le merci
più concorrenziali.
I dazi specifici prevedono un’aliquota di prelievo fissa per unità fisica o per unità di peso del
prodotto.
A volte si utilizzano anche dazi misti, che combinano un prelievo fisso rispetto alla quantità
delle merci ad un prelievo commisurato al loro valore.
In Italia la materia doganale è disciplinata, a partire dal 1°gennaio 1994, dal Codice Doganale
Comunitario, un corpus normativo che disciplina il movimento delle merci sia all’interno sia
all’esterno dell’Unione Europea, consistente in due regolamenti CE.
Questa normativa è basata sull’applicazione di dazi ad valorem.
I principali problemi che colpiscono il commercio internazionale sono:
variabilità delle tariffe: ogni Stato è libero di modificare le aliquote applicate sui
3. diversi prodotti a seconda delle circostanze. L’esigenza di eliminare l’incertezza che ne
deriva per gli operatori economici ha condotto nella prassi internazionale a concordare
delle bande di oscillazione delle aliquote. Le tariffe vengono consolidate (=bound) al
livello dell’aliquota massima. L’effetto del consolidamento è però parziale perché un
operatore economico può trovarsi in ogni momento a far fronte a tariffe diverse da
quelle previste, anche se entro margini prefissati;
dispersione tariffaria : si tratta di variazioni che si registrano nello stesso momento
4. tra le aliquote applicate da uno Stato a prodotti diversi rispetto al livello generale
medio delle tariffe;
dispersione geografica : si tratta di variazioni di aliquota intercorrenti nello stesso
5. momento tra diversi Paesi, siano relative ad un singolo prodotto, ad un settore
merceologico o al livello generale dei dazi doganali.
La dispersione tariffaria è particolarmente accentuata quando c’è una presenza congiunta di
picchi tariffari (aliquote superiore al 15%) e di dazi a livello zero, o molto bassi.
Più è alto il coefficiente di dispersione, maggiori sono gli effetti distorsivi sui flussi
internazionali di merce e i condizionamenti subiti dalle strategie commerciali e di investimento
degli operatori economici e dalle scelte dei consumatori.
Un particolare fenomeno di dispersione tariffaria è quella della tariff escalation, che si
verifica quando un prelievo doganale imposto da uno Stato in un certo settore aumenta in base
allo stadio di lavorazione o in base al valore aggiunto delle merci importate, di modo che le
tariffe applicate ai prodotti finiti sono maggiori di quelle relative ai prodotti semilavorati.
Il livello e la natura delle tariffe, il livello ed estensione del loro consolidamento, i coefficienti
di dispersione contribuiscono a configurare la struttura dello schema tariffario di ciascun
Paese e a determinare il grado complessivo di protezione doganale del corrispondente mercato
nazionale.
Tramite queste variabili il GATT opera per espandere gli scambi internazionali.
L’art. XXVIII bis non si limita a fissare l’obiettivo della “riduzione sostanziale del livello
generale dei dazi percepiti all’importazione e all’esportazione”, ma sottolinea anche
l’importanza di procedere “in particolare alla riduzione dei dazi elevati che ostacolino le
importazioni di merci anche in quantità minima”, così come l’importanza del “consolidamento
dei dazi” e dell’”impegno di non portare al di la di livelli determinati questo o quel dazio o i dazi
medi che colpiscono i prodotti costituenti categorie determinate”.
Il principale strumento con cui il GATT cerca di realizzare i suoi obiettivi è costituito dai
negoziati (=rounds)tariffari multilaterali organizzati periodicamente nell’ambito del GATT
1947 e dell’ OMC.
Questi negoziati e i loro esiti sono vincolati:
c. al principio di reciprocità
d. alla clausola della nazione più favorita.
Non è facile assicurare una piena reciprocità, anche perché non esiste un modo sicuro per
calcolare il valore di una concessione.
I primi cinque negoziati nel quadro del GATT si sono svolti bilateralmente o tra una piccola
cerchia di Stati con il metodo prodotto per prodotto: ogni Stato negoziava le concessioni su
ogni singolo prodotto dando la priorità al principale fornitore dello stesso con cui scambiava
liste di richieste di concessioni, fino a raggiungere un incontro tra richieste ed offerte.
Le concessioni venivano poi estese a tutte le parti contraenti del GATT (per la clausola della
nazione più favorita ).
A partire dal Kennedy Round si è passati ad una procedura di negoziazione detta di riduzione
lineare, consistente in una riduzione d’ammontare uniforme dei dazi doganali per ampie
categorie di prodotti.
Le concessioni accordate da ciascuno Stato nell’ambito dei negoziati tariffari sono elencate in
liste numerate (un numero per ogni Stato ) che vengono annesse all’Accordo generale,
divenendone parte integrante.
Ciò è avvenuto nel quadro degli otto rounds di negoziati tariffari svoltisi.
In quelle sedi le liste di concessioni sono confluite in un accordo a sua volta annesso al GATT
in forma di protocollo tariffario.
Nel caso di nuove adesioni all’OMC la lista di concessioni dello Stato aderente viene definita in
base ad un accordo stipulato tra tale Stato e l’insieme dei Membri dell’Organizzazione.
Le concessioni tariffarie relative ai prodotti elencati nelle liste annesse all’Accordo generale
sono soggette alla regola del consolidamento, con cui è fatto divieto di imporre nuovi dazi o di
inasprire quelle esistenti e di modificare dette concessioni al di fuori delle procedure
appositamente previste a tal fine dagli artt. XXVIII e XXVIII bis del GATT.
L’aliquota tariffaria consolidata è un’aliquota massima.
La clausola di consolidamento comporta il divieto di procedere ad una modifica o ad una revoca
delle concessioni prima del decorso di un periodo di tempo di tre anni.
L’art. XXVIII bis riguarda il meccanismo delle periodiche conferenze multilaterali volte alla
riduzione dei dazi doganali.
L’art. XXVIII riguarda la facoltà per i singoli Stati di modificare le precedenti concessioni o
di revocarle del tutto.
L’art. XXVIII per. 1 subordina il ritiro o la modifica di una concessione allo svolgimento di un
negoziato e alla conclusione di un accordo con ogni altro Stato con cui la concessione era stata
negoziata in origine.
La stessa condizione è prevista nei confronti di un qualsiasi altro Stato riconosciuto come
fornitore principale del prodotto oggetto della concessione.
In base all’art. XXVIII, il principale fornitore, lo Stato che richiede la modifica o il ritiro
della concessione e gli altri Stati che sottoscrissero la concessione sono considerate parti
contraenti principalmente interessate, e tra di loro devono svolgersi i negoziati.
Agli Stati che hanno un interesse sostanziale è concesso un diritto di consultazione.
Nel GATT 1947 il fornitore principale era ogni Paese che rispetto alle esportazioni di un
determinato prodotto conseguisse una quota del mercato nazionale dello Stato che richiedeva
la modifica o revoca di una concessione più elevata di quella detenuta dal negoziatore
originario.
L’Intesa dell’OMC sull’interpretazione dell’art. XXVIII del GATT 1994 stabilisce che lo
status di fornitore principale è accordato anche al paese che destini al mercato del Paese che
revoca o modifica la concessione la più alta percentuale delle proprie esportazioni.
Si sono così allargati i limiti di partecipazione alla negoziazione aprendo la partecipazione agli
Stati in via di sviluppo. CAPITOLO V
GLI OSTACOLI NON TRIFFARI AL COMMERCIO
Sezione IX: le sovvenzioni pubbliche e le misure compensative
Le sovvenzioni pubbliche costituiscono oggetto di una specifica disciplina solo a partire dal
GATT del 1947, anche se erano utilizzate già da tempo.
Le sovvenzioni diventano uno strumento fondamentale poiché consentono il raggiungimento di
importanti obiettivi economici e sociali.
Le sovvenzioni possono assumere varie forme.
Anche se generalmente tale distinzione non è utilizzata, bisognerebbe inizialmente
distinguere le sovvenzioni da:
sussidio : che si limita a particolari contributi finanziari
e. aiuto : che si riferisce a qualsiasi forma di intervento volto ad alleviare i costi e gli
f. oneri gravanti sul bilancio delle imprese.
Le principali distinzioni di carattere generale che riguardano le sovvenzioni possono essere
distinte in tre categorie:
riguarda il carattere specifico o meno delle sovvenzioni. Solo le sovvenzioni destinate a
2 particolari soggetti sono suscettibili di conferire agli stessi dei vantaggi significativi;
riguarda le modalità di erogazione delle sovvenzioni che possono essere:
3 3. dirette: consistono in vere e proprie attribuzioni di denaro alle imprese in funzione
delle attività che si intendono premiare
4. indirette:quando le imprese beneficiano in maniera meno palese di una riduzione dei
costi e degli oneri che devono affrontare
1. riguarda la distinzione tra:
sovvenzioni all’esportazione : l’aiuto statale viene concesso allo scopo di
e. incrementare le esportazioni, consentendo alle imprese di vendere i loro
prodotti sul mercato mondiale ad un prezzo più basso di quello praticato sul
mercato interno e quindi più concorrenziale rispetto a prodotti stranieri
similari;
sovvenzioni interne : sono finalizzate a sostenere in maniera selettiva lo sviluppo
f. dell’industria nazionale sul piano interno.
Anche se è impossibile formulare un quadro completo delle sovvenzioni è possibile formulare
un elenco esemplificativo delle forme di erogazione delle sovvenzioni cui gli Stati ricorrono
più frequentemente:
incentivi fiscali: è la forma più rilevante e possono essere realizzati in forma diversa:
4. sgravi, esenzioni, rinvii: è la forma più diretta di incentivo fiscale e sono relativi
f. al pagamento delle imposte dirette su redditi derivanti dall’esportazione di
particolari beni. P.e. sono note le sovvenzioni DISC (Domestic International
Sales Corporation Act emanato nel 1972 negli USA) che hanno dato vita ad una
controversia nel GATT 1947, che si è conclusa con la condanna della legislazione
USA. Questa prevedeva un differimento, per un periodo indeterminato e senza
l’applicazione di alcun interesse, del pagamento delle imposte dirette sui
prodotti realizzati dalle filiali o consociate delle imprese USA, fino al momento
in cui questi profitti non venivano riportati in paria. Il DISC è stato sostituito
nel 1985 dal nuovo sistema Foreign Sales Corporation (FSC), ritenuto illecito
nell’ambito dell’OMC;
detrazione del reddito imponibile di costi legati all’attività di esportazione(in
g. particolare costi di promozione dei prodotti). Sono utilizzate molto perché
consentono di incoraggiare le esportazioni senza dare l’impressione di rendere
più gravosi gli oneri della spesa statale;
politica dei prezzi di trasferimento(transfer pricing): si tratta di trasferimenti
h. tra imprese esportatrici e acquirenti stranieri con cui delle imprese collegate
possono aumentare o ridurre i costi e i ricavi determinando un trasferimento di
utile da un’impresa all’altra.
Oltre che le imposte dirette gli incentivi possono riguardare quelle indirette.
Si tratta di quelle imposte che riguardano le vendite, il volume di affari o il valore aggiunto, le
tasse di bollo ecc.
Rientra in questa categoria una forma particolare data dall’esonero o dalla restituzione di
oneri, e del dazio doganale applicati ai prodotti importati che siano utilizzati per la
realizzazione di prodotti da esportare.
2. incentivi non fiscali: tra questa categoria rientrano i crediti a tassi agevolati concessi dallo
Stato direttamente o attraverso enti pubblici e spesso congiuntamente a enti finanziari
privati. Poiché è una pratica molto diffusa le comunità internazionale si sta preoccupando di
fissare delle regole comuni in questa materia. (si pensi all’accordo detto Consensus).
Altre forme di credito agevolato sono quelli che si realizzano con forme di partecipazione
statale alla proprietà di imprese, consistenti in acquisti da parte del governo di titoli o azioni
a prezzi superiori a quelli riscontrabili sul mercato.
Una forma di agevolazione delle esportazioni che racchiude in se tutte le misure di
sovvenzionamento sono le zone franche di trasformazione per l’esportazione.
Sono delle aree industriali in cui entrano prodotti stranieri destinati ad essere assemblati o
trasformati in prodotti di esportazione, senza dazi o altri oneri e formalità doganali, che si
applicano nel territorio doganale del Paese interessato.
Anche se l’intervento pubblico realizzato tramite le sovvenzioni è uno dei più efficaci
strumenti della politica economica e sociale degli Stati rappresenta anche un fattore di
distorsione della libera concorrenza tra le imprese sul piano internazionale, capace di alterare
il prezzo di mercato dei prodotti, e quindi di provocare un danno alle imprese produttrici di
beni similari rispetto a quelle sovvenzionate.
I Paesi di appartenenza danneggiati possono realizzare forme di autotutela;sono ipotizzabili
diversi scenari a seconda dei mercati in cui le misure di sovvenzione vengono ad esplicare i
loro effetti. Possiamo distinguere:
la sovvenzione può comportare per l’impresa beneficiaria un vantaggio
vii. competitivo sul mercato estero determinando in esso un aumento delle
vendite del bene sovvenzionato a danno dei beni similari prodotti
dall’industria locale. Il Paese importatore può reagire attraverso le misure
compensative, cioè dei dazi doganali speciali, percepiti allo scopo di
neutralizzare l’effetto della sovvenzione;
viii. il danno arrecato dal bene sovvenzionato può non riguardare le imprese
nazionali, poiché per esempio il Paese non produce beni similari, ma le
imprese che appartengono ad uno Stato terzo. Questo Stato dovrà
ricorrere a misure di ritorsione di natura economica diversa dalle misure
compensative che esentano solo allo Stato importatore;
ix. il danno può verificarsi nel mercato dello stesso Pese che erga la
sovvenzione a scapito delle imprese straniere che vi esportano beni simili a
quello sovvenzionato e che vedono ridotte le loro quote di esportazione per
effetto della maggiore concorrrenzialità acquisita dall’industria locale
grazie al sostegno pubblico;
per evitare ogni tipo di abuso la comunità internazionale a partire dal GATT 1947 ha cercato
di disciplinare questa complessa materia sul piano multilaterale.
Tutta la disciplina delle sovvenzioni e la sua progressiva evoluzione ruota intorno a tre
elementi e allo sforzo di raggiungere un equilibrio tra gli stessi.
Questi tre elementi sono:
l’utilità economica e sociale delle sovvenzioni
la tutela degli Stati e delle loro imprese colpiti da effetti pregiudizievoli delle
sovvenzioni
la tutela degli Stati erogatori di sovvenzioni da reazioni arbitrarie o sproporzionate da
parte dei primi Stati
prima della fine della II guerra mondiale la materia era regolata nell’ambito delle singole
legislazioni statali che si occupavano principalmente dei dazi o dei diritti antidumping.
Queste legislazioni non si occupavano delle sovvenzioni in se, ma si limitavano a consentire agli
Stati l’imposizione di dazi sulle importazioni di prodotti straniere introdotti nel loro territorio
ad un prezzo inferiore di quello di mercato.
Nel GATT 1947 si ha una prima regolamentazione del fenomeno delle sovvenzioni pubbliche sul
piano multilaterale.
Vi è comunque uno sbilanciamento verso il mantenimento delle prerogative degli Stati.
L’Accordo generale del 1947 infatti all’art. XVI si limitava a prevedere in capo agli Stati
l’obbligo di redigere un rapporto sulle sovvenzioni erogate da notificare alle parti contraenti
del GATT e l’obbligo di aprirsi a consultazioni con altri Stati che subissero o temessero di
subire un pregiudizio per valutare una diminuzione delle sovvenzioni.
La Sessione di revisione del GATT 1955 introdusse una modifica all’art. XVI con il quale
furono vietate le sovvenzioni all’esportazione dei prodotti manifatturieri che avessero come
conseguenza la vendita di tali prodotti ad un prezzo inferiore a quello del mercato interno(è il
bi-level pricing o dual pricing requirement).
Diverso era il trattamento delle sovvenzioni all’esportazione dei prodotti di base. Erano
generalmente consentite anche se i contraenti del GATT si impegnavano ad evitarle.
La disparità tra prodotti di base e prodotti manifatturieri non fu mai accettata dai paesi in
via di sviluppo che si ritenevano discriminati.
La disciplina del GATT del 1955 evidenziò nella prassi gravi limiti dovuti alla scarsa
determinatezza di alcune delle nozioni giuridiche fondamentali.
Risultò difficile la determinazione del concetto di più di una parte equa del commercio
mondiale di esportazione cui era legata la possibilità di ritenere lecite anche le sovvenzioni
all’esportazione dei prodotti di base.
L’interpretazione di questo concetto creò un contenzioso tra USA e CE nel settore delle
sovvenzioni alle imprese agricole.
Il contenzioso USA/CE influenzò il Codice del 1979sulle sovvenzioni e sulle misure
compensative a conclusione del Tokyo Round. Tale Codice comportò notevoli innovazioni.
Infatti, veniva accolta la disciplina delle contromisure ampia e condivisa da tutti gli Stati e la
disciplina delle sovvenzioni veniva ristretta, evitando di toccare il settore agricolo.
La maggiore novità dell’Accordo 1979 riguarda il divieto delle sovvenzioni alle esportazione dei
prodotti diversi da quelli primari.
La nozione di prodotti primari sostituisce quella di prodotti di base e vi comprende solo i
prodotti dell’agricoltura, della pesca e delle foreste e non i prodotti minerari rientranti in
quelli manifatturieri.
Ai prodotti primari non si applicava il divieto di sovvenzioni delle esportazioni.
Restava aperto il problema della dimostrazione dell’esistenza di una relazione causale tra le
sovvenzioni concesse da uno Stato ad un proprio prodotto primario e l’effetto di conseguire,
grazie a tali sovvenzioni, una quota del mercato mondiale superiore a quanto consentito dalla
nazione di equità accolta dall’art. XVI.
Importante è la controversia EEC – Subsidies to Wheat Flour tra USAe CE all’inizio degli
anni 80.
Il panel competente affermò l’impossibilità di stabilire un nesso causale tra le sovvenzioni
ricevute dai produttori comunitari di farina e di frumento e l’incremento di esportazione da
essi conseguito in diversi mercati a scapito dei produttori di altri Paesi.
Esso si dichiarò non del tutto convinto dell’inesistenza di un danno materiale per gli USA e di
una corrispondente infrazione del codice e ne raccomandò comunque la modifica provocando il
rifiuto di far approvare il panel da parte della CE.
Un altro problema che sorgeva era quello riguardante la distinzione tra prodotti primari e
altro che primari, dovendo stabilire entro quale livello di lavorazione un prodotto agricolo,
forestale e della pesca potesse essere considerato come primario.
La questione si pose con la controversia delle sovvenzioni comunitarie all’esportazione della
pasta, EEC – Subsides on Export of Pasta Product, intercorsa tra USA e CE e decisa nel
1983.
Nel rapporto finale del panel si affermava che la pasta non era un prodotto primario perché
richiede una lavorazione prima dei essere considerato un prodotto finito, il che implica un
aumento del valore aggiunto. Il rapporto finale non fu mai approvato dalle parti per ferma
opposizione della CE.
L’Accordo riaffermava la liceità delle sovvenzioni interne quali che fossero i settori
interessati.
L’Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative dell’OMC (detto anche Accordo SCM)
si è preposto di ridisegnare la disciplina della materia su basi completamente nuove, superando
le lacune dei precedenti accordi.
L’Accordo SCM è composto da 32 articoli e 5 allegati e le sue disposizioni vanno coordinate
con quelle dell’Accordo sull’agricoltura.
La necessità di contrastare l’eccessivo utilizzo delle sovvenzioni ha comportato
un’irrigidimento del sistema previsto dal GATT delle origini che prevedeva solo divieti
condizionali: sono divieti che scattano solo nei confronti di determinate pratiche e misure di
per se lecite qualora producano un comprovato effetto negativo per altri soggetti.
L’Accordo SCM amplia i casi di divieti assoluti, che colpiscono direttamente le misure statali
di sostegno pubblico i cui effetti pregiudizievoli per la concorrenza internazionale siano
ritenuti inevitabili e particolarmente gravi.
L’Accordo SCM mostra comunque un’estrema prudenza nell’attuazione di questi inasprimenti
per non intaccare troppo la libertà statuale.
Per questo motivo nell’Accordo SCM è presente una attenta catalogazione delle categorie di
sovvenzioni.
Infatti nell’Accordo SCM si rinviene per la prima volta una distinzione esplicita di:
sovvenzione in generale (art. 1)
vii. sovvenzione specifica (art. 2)
viii.
ix. i singoli elementi che compongono queste nozioni.
La normativa non è più differenziata secondo le diverse categorie di prodotti ma in rapporto
alle diverse categorie di sovvenzioni.
Vengono così definiti 3 tipi di sovvenzioni cui corrispondono 3 tipi di regimi normativi e 3
diverse procedure in sede contenziosa.
La nozione di sovvenzione accolta dall’Accordo SCM all’art. 1 è composta da 2 elementi:
l’esistenza di in aiuto pubblico: la nozione di contributo finanziario è formulata in
d. maniera molto ampia e comprende forme di aiuto molto indirette che formalmente
hanno poco a che fare con una prestazione finanziaria. L’Accordo SCM pur non
fornendo una definizione di organismi pubblici chiarisce che a questi organismi sono
equiparati gli enti di finanziamento e gli organismi privati che svolgono la funzione di
erogazione di contributi pubblici per conto del Governo (p.e. in ambito comunitario il
FEAOGA, il Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia). Quindi, non ha
importanza la qualificazione del soggetto erogante, ma l’origine della sovvenzione;
il conferimento di un vantaggio alle imprese: è necessario perché si parli di sostegno
e. finanziario ai sensi dell’art. 1 dell’Accordo SCM che, derivi dallo stesso un particolare
vantaggio per i soggetti che lo ricevono. (p.e. il prestito conferito da un ente pubblico
ad un’impresa non costituirà una sovvenzione se l’impresa non beneficia di un tasso di
interesse o di condizioni di prestito più favorevoli di quelle normalmente esistenti sul
mercato).
La nozione di specificità assume nell’Accordo SCM un significato decisivo ai fini della
determinazione del regime giuridico delle sovvenzioni poiché, solo sovvenzioni specifiche
possono essere vietate o dar luogo ad una delle azioni previste dall’Accordo SCM (art. 1, par.
2).
La sovvenzione è specifica quando è destinata ad una singola impresa o ad un singolo settore di
produzione, oppure a gruppi di imprese o settori di produzione comunque determinati, tra
tutti quelli situati nell’ambito di giurisdizione dell’autorità che li concede.
L’Accordo SCM ha previsto un regime tripartito, definito “sistema-semaforo”.
Tale sistema distingue le sovvenzioni in:
sovvenzioni rosse: soggette ad un divieto assoluto e quindi ad azione legale (Parte II
3. dell’Accordo)
sovvenzioni gialle: lecite ma passibili di azioni legale perché suscettibili di avere un
4. impatto negativo sul commercio e di creare pregiudizi nel mercato(Parte III)
sovvenzioni verdi: sempre lecite e non passibili di azione legale (Parte IV)
5.
Solo le sovvenzioni specifiche possono ricadere in tutti e tre i regimi giuridici, mentre le
sovvenzioni non specifiche sono sempre considerate verdi.
Le sovvenzioni rosse
L’art. 3 indica 2 tipi di sovvenzioni vietate:
le sovvenzioni all’esportazione : sono stabilite regole dettagliate per indicare con
7. maggiore sicurezza le caratteristiche di queste sovvenzioni. L’art. 3 fa riferimento alle
“sovvenzioni condizionate, di fatto o di diritto, singolarmente o nel quadro di altre
condizioni generali, ai risultati dell’esportazione”. Si tratta dunque delle sovvenzioni
erogate tenendo conto dei risultati dell’esportazione de cioè del concreto
trasferimento all’estero delle merci prodotte da tali imprese. L’Accordo SCM
riproduce , all’Allegato I, l’elenco illustrativo delle sovvenzioni all’esportazione gia
annesso al Codice del 1979 conservando il valore puramente esemplificativo.
le sovvenzioni condizionate all’uso preferenziale di merci nazionali : si tratta delle
8. sovvenzioni condizionate, singolarmente o nel quadro di altre condizioni generali, all’uso
preferenziale di merci nazionali rispetto a prodotti importati ed è l’innovazione più
grande dell’Accordo. Sono infatti presi in considerazione gli effetti dell’aiuto statale
nel mercato del Paese in cui i beni sovvenzionati sono prodotti.
La previsione di questa disposizione fu voluta dagli USA per risolvere una controversia che si
trascinava con la CE, a causa delle sovvenzioni da essa erogate ai trasformatori e ai
produttori comunitari di semi oleaginosi e di proteine destinate all’alimentazione degli animali
(caso Oilseeds).
Nel 1989 tali sovvenzioni erano state giudicate in sede GATT contrarie all’art. III
dell’Accordo SCM ma la CE non aveva accettato il verdetto ritenendo l’art. III inapplicabile
alla materia delle sovvenzioni pubbliche regolate dagli artt. VI, XVI e XVIII dell’Accordo
generale, che non prevedevano il divieto di sovvenzioni aventi l’effetto di favorire nel mercato
interno le produzioni nazionali a scapito dei prodotti esteri importati, divieto che era stato
ammesso in via interpretativa dal panel.
Le sovvenzioni gialle
Vi appartengono quasi tutte le sovvenzioni interne di carattere specifico, ad eccezioni di
quelle riguardanti il settore agricolo e il settore degli aeromobili civili.
L’Accordo SCM, in oltre, fornisce un elenco illustrativo delle pratiche si sovvenzionamento
pubblico che possono configurare un grave pregiudizio agli interessi di un altro membro.
Le pratiche di sovvenzionamento vengono distinte in altre due sottocategorie a seconda di
come sia ripartito l’onere della prova del grave pregiudizio.
Si avranno dunque:
3. sovvenzioni giallo scuro: se il grave pregiudizio è presupposto fino a prova contraria da
parte dello Stato erogatore
4. sovvenzioni giallo chiaro: se è lo Stato leso a dover fornire la prova del pregiudizio.
Le sovvenzioni verdi
Sono tutte le sovvenzioni di carattere non specifico-
A queste si aggiungono tre categorie di sovvenzioni che pur essendo specifiche rispondono ad
obiettivi di particolare rilevanza sociale essendo volte a fornire:
assistenza alla ricerca: è generalmente avvertita la necessità si sostenere con l’aiuto
6. statale gli sforzi compiuti nella ricerca dalle imprese che non sarebbero in grado di
sopportarne i costi;
aiuto alle regioni sfavorite: il carattere sottosviluppato di alcune regioni rischia sotto
7. diversi profili di rendere più costosa l’attività produttiva e quindi di rendere la regione
poco competitiva sul piano nazionale e internazionale. Una volta che la regione si sia
stabilizzata cessa la motivazione della sovvenzione. Per non essere illecita è necessario
che la sovvenzione sia estesa a tutti i vari settori;
assistenza all’adeguamento degli impianti produttivi a nuovi obblighi in materia
8. ambientale imposti da leggi e regolamenti: è necessario che gli impianti risalgano ad
almeno due anni prima dell’entrata in vigore della legge o del regolamento e il tetto
massimo previsto per le sovvenzioni è molto più basso degli altri due casi;
sospetterebbe all’iniziativa privata l’adeguamento delle proprie strutture.
Una caratteristica peculiare dell’Accordo SCM è che il regime giuridico delle categorie di
sovvenzioni è definito in base ai mezzi di ricorso e al sistema di contromisure utilizzabili.
L’Accordo SCM conferma quanto dettato nell’Accordo 1979 che definiva 2 procedimenti
diversi:
procedimento volto all’imposizione unilaterale di misure compensative nei confronti
7. delle imprese per neutralizzare gli effetti pregiudizievoli dell’importazione di prodotti
sovvenzionati (procedimento definito track I )
procedimento multilaterale per la soluzione delle controversie tra gli Stati membri
8. dell’OMC (procedimento definito track II).
I regimi di garanzia relativi alle singole categorie di sovvenzioni sono:
i. Sovvenzioni rosse: ogni volta che un membro dell’OMC ritiene violato il divieto
di cui all’art. 3 può far ricorso alla procedura delle misure compensative e può
aprire una controversia davanti all’OMC. Nel caso in cui si sia accertata la
presenza di una sovvenzione vietata nasce l’obbligo, in capo allo Stato erogante
di cessare l’illecito con la revoca della sovvenzione. In caso di inadempimento
dell’obbligo di cessazione lo Stato ricorrente potrà essere autorizzato ad
adottare contromisura adeguate consistenti nella sospensione unilaterale di
concessioni o altri vantaggi discendenti da Accordi OMC. tali contromisure non
devono essere eccessive. ma proporzionate. Per la gravità della situazione è
previsto un rito più veloce.
j. Sovvenzioni gialle: gli Stati possono servirsi di entrambi i mezzi di tutela
previsti dall’Accordo SCM ma poiché sono misure di perse non illecite ai fini
dell’accoglimento del ricorso è necessario che sia provata l’esistenza di una
sovvenzione specifica e pregiudizievole. In caso di esito positivo del ricorso lo
Stato che accorda o mantiene la sovvenzione non deve necessariamente
revocarla ma può limitarsi a rimuoverne gli effetti pregiudizievoli. È ammesso
per la soluzione della controversia un accordo tra le parti in causa volto alla
compensazione degli effetti pregiudizievoli della sovvenzione.
k. Sovvenzioni verdi: non sono utilizzabili nessuno dei due metodi previsti
dall’Accordo SCM.
Questi procedimenti possono essere applicati alle controversie tra due o più Stati aventi ad
oggetto qualsiasi aspetto delle sovvenzioni.
I procedimenti possono sfociare:
4. In contromisure autorizzate dell’OMC
5. In dazi compensativi attuabili unicamente dallo Stato importatore.
I dazi compensativi per essere imposti devono risultare dall’esito di una procedura prevista
dall’Accordo SCM che è articolata in 2 fasi:
vi. l’inchiesta preliminare
vii. l’imposizione e riscossione dei dazi compensativi.
In base all’art. 11 la procedura può essere aperta su istanza dei produttori nazionali
interessati o anche dalle autorità dello Stato importatore (la commissione per la CE).
Queste autorità devono verificare l’esistenza dei requisiti:
3. soggettivi: verificare la legittimazione ad agire del ricorrente e cioè se sia
rappresentativo dell’industria nazionale;
4. oggettivi: le domande devono contenere prove sufficienti di tre elementi fondamentali:
e. l’esistenza di una sovvenzione al prodotto importato e il suo ammontare
f. il pregiudizio arrecato all’industria nazionale dello Stato importatore
g. il nesso di causalità tra le importazioni sovvenzionate e il pregiudizio presunto.
La prova fondamentale è la prova numero 3.
L’inchiesta può avere tre esiti:
il rigetto della domanda da parte dell’autorità inquirente nel caso in cui il ricorso risulti
infondato o se mancano elementi di prova sufficienti
sospensione o chiusura del procedimento senza ricorrere ai dazi compensativi se
interviene un accordo tra l’autorità inquirente e i soggetti interessati avente ad
oggetto l’impegno di eliminare il pregiudizio derivante dalla sovvenzione o a sopprimere
o limitare la sovvenzione stessa facendo venir meno l’effetto dannoso che creava
l’accoglimento della domanda con la conseguente imposizione e riscossione dei dazi.
Sezione X: il dumping e i diritti antidumping
Dumping= paesi terzi che vendono sul mercato europeo prodotti a prezzi inferiori al prezzo
di vendita sul mercato d’origine della merce (importazioni in dumping);
Le disposizioni originarie del GATT trattavano le materie del dumping e i diritti antidumping,
art. VI del GATT, riflettendo l’impostazione seguita dalle legislazioni nazionali che
prevedevano la facoltà di imporre diritti antidumping sulle importazioni di prodotti stranieri
venduti nel proprio territorio antidumping un prezzo inferiore al normale prezzo di mercato.
In molte delle legislazioni nazionali era accolta una nozione di dumping comprendente il
dumping sui prezzi e il dumping sociale, derivante dal minor costo del lavoro nel paese di
esportazione e/o dalle caratteristiche economiche e sociali di quel paese tali diritti
antidumping incidere sui costi di produzione)previdenza sociale, tutela della sicurezza del
lavoro ecc.).
In tempi più recenti si è posta l’esigenza di un dumping ecologico concernenti le merci
provenienti dai paesi in cui non esistono vincoli.
Anche se la materia del dumping e delle sovvenzioni presentano punti in comune dal punto di
vista economico i due fenomeni sono molto diversi: se l’intervento dello Stato a sostegni delle
proprie imprese può costituire un elemento discorsivo del libero scambio, il ribasso del prezzo
di un prodotto, quale strategia commerciale delle imprese, rientra tra gli obiettivi
dell’economia di mercato e sono i diritti antidumping a costituire un ostacolo al commercio
internazionale se applicati in maniera arbitrale e a fini protezionistici.
Sono emerse nella dottrina opinioni differenti:
3. orientamento concorrenziale: i diritti antidumping sarebbero legittimi solo quali
strumenti di reazione antidumping atti di concorrenza sleale. Si tratta delle pratiche
di dumping predatorio consistente nella vendita di un prodotto antidumping un prezzo
inferiore a quello di costo al fine di estromettere le imprese concorrenti diritti
antidumping un determinato mercato e conquistare così una posizione predominante.
4. Orientamento di salvaguardia: tende a condannare la vendita di un prodotto estero al
di sotto del prezzo di mercato tutte le volte che ne scaturisce un pregiudizio per i
produttori del paese importatore, a prescindere dal fatto che la vendita sia frutto di
una politica di concorrenza sleale o meno.i diritti antidumping avrebbero così una
funzione di salvaguardia, essendo volti ad assicurare alle imprese nazionali una
protezione speciale
5. Orientamento anti-sovvenzione: la forma di dumping condannata è la c.d. cross
subsidization, cioè la sovvenzione che le imprese sarebbero in grado di attribuire alle
proprie esportazioni in un determinato mercato estero grazie ai vantaggi ottenuti in
termini di prezzi più elevati nel mercato interno o in un mercato terzo quando tali
mercati risultino protetti dalla concorrenza internazionale.
La prassi seguita dagli Stati prima del GATT 1947 tendeva a considerare i diritti antidumping
come strumenti di salvaguardia delle industrie nazionali contro la concorrenza sleale.
Il GATT 1947 con l’art. VI prende invece o in considerazione solo il dumping sui prezzi, inteso
come “l’introduzione dei prodotti di un paese sul mercato di un altro paese ad un prezzo
inferiore al loro valore normale”.
Questa pratica non è vietata e viene condannata quando “causa o minaccia di causare un
pregiudizio importante per una produzione in atto di una parte contraente o se ritarda
sensibilmente la creazione di un’industria nazionale”.
L’art. VI intende i diritti antidumping come una sorta di misura di salvaguardia degli interessi
delle imprese nazionali contro le importazione provenienti dall’estero.
Soltanto nel 1967 in seguito al primo Codice antidumping si attribuì all’art. VI un’efficacia
obbligatoria generale costringendo le parti contraenti ad adeguarvi le legislazioni interne.
L’Accordo antidumping dell'OMC non ha rivoluzionato la disciplina precedente .
I negoziati dell’Uruguay Round hanno riformulato la normativa con riguardo alle regole di
carattere materiale attinenti all’accertamento del dumping, del suo ammontare e dei suoi
effetti, alle regole riguardanti lo svolgimento delle inchieste applicate dalle autorità
competenti a alle caratteristiche dei diritti antidumping eventualmente autorizzati.
Invariata è la nozione di dumping accolta dall’accordo.
Gli elementi condannabili del dumping sono simili a quelli richiesti per l’imposizione di misure
compensative nei confronti delle importazioni di prodotti sovvenzionati.
DESCRIZIONE APPUNTO
Riassunto per l'esame di Diritto Internazionale, basato su appunti personali e studio autonomo del testo consigliato dal docente Diritto dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, Picone (dal terzo capitolo in poi). Gli argomenti trattati sono i seguenti: gli accordi multilaterali sugli scambi di merci e la normativa di base, la normativa del GATT, l’obbligo del pari trattamento delle merci o divieto di discriminazione, l’eliminazione degli ostacoli tariffari e non tariffari, la clausola della nazione più favorita.
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