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CAPITOLO V - IL DIRITTO DEI TRATTATI
1. Introduzione.
I trattati sono menzionati dall’art. 38 lett. a) dello statuto della Corte Internazionale di Giustizia. In
particolare, la norma parla di convenzioni generali e convenzioni particolari che stabiliscono regole
espressamente riconosciute dagli Stati contendenti.
I trattati si caratterizzano per il fatto di produrre norme vincolanti solo per gli Stati che vi sono parte: ciò è
affermato agli artt. 26 e 34 della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati:
1. Art. 26 Esso prevede la regola base per i trattati ai sensi della quale ogni trattato in vigore è
obbligatorio per le parti contraenti (pacta sunt servanda);
2. Art. 34 Esso dice che un trattato non crea né obblighi né diritti per uno Stato terzo senza il suo
consenso (res inter alios acta).
La Convenzione di Vienna è molto importante. Infatti, con essa si è cercato di codificare il diritto
internazionale dei trattati, cioè quell’insieme di norme di origine consuetudinaria che regolano la conclusione
di trattati, l’interpretazione, l’applicazione, l’invalidità e l’estinzione.
La norma più importante è la norma “pacta sunt servanta”, per la quale si riteneva, già migliaia prima la
nascita di Cristo, che i trattati fossero vincolanti (es. trattato tra Egizi e Ittiti).
Le regole che riguardano il diritto dei trattati sono di origine consuetudinaria, ma oggi sono state codificate
nella Convenzione di Vienna. Con il termine “codificazione” si intende la procedura con cui viene data forma
scritta e ordine sistematico alle norme del diritto internazionale consuetudinario, al fine di rendere più
semplici e stabili le relazioni internazionali. Non c’è un legislatore internazionale che possa adottare delle
leggi, quindi si procede alla codificazione con lo strumento del trattato, l’unico mezzo che può dare forza
vincolante alla codificazione delle norme internazionali.
La Convenzione di Vienna ha codificato le norme consuetudinarie relative al trattato come fonte. Tuttavia,
questa procedura si è seguita anche in altri settori, come nel caso della Convenzione di Montevideo, la quale
ha l’obiettivo anch’essa di codificare il diritto consuetudinario internazionale relativamente a cosa si intende
per Stato. Anche il diritto del mare è stato oggetto di convenzioni di codificazione.
Quindi quando si parla di codificazione si fa riferimento all’adozione di norme con forza di trattato che danno
espressione scritta alle norme consuetudinarie, come nel caso della regola pacta servanta sunt che è stata
codificata nell’art. 26 della Convenzione di Vienna.
Nella prassi delle Nazioni Unite, le Nazioni Unite hanno anche fra i vari scopi quello di promuovere la
codificazione (anche la Convenzione di Vienna è stata promossa nel quadro delle Nazioni Unite), ma nella
carta dell’ONU si dice che l’Assemblea Generale dovrebbe promuovere la codificazione in senso stretto e lo
sviluppo progressivo del diritto internazionale. In effetti, quando si procede alla codificazione, oltre a
codificare norme già esistenti le istituzioni che promuovono la codificazione svolgono anche la funzione dello
sviluppo progressivo del diritto internazionale. Questo vuol dire che generalmente, nelle convenzioni di
codificazione troviamo sia norme di codificazione in senso stretto che mettono per iscritto delle norme
consuetudinarie già esistenti che norme innovative del diritto internazionale consuetudinario.
Anche la Convezione di Vienna è in gran parte di codificazione, ma vi sono anche norme innovative.
Le convenzioni di codificazione vincolano solo gli Stati contraenti. Siccome questa convenzione riformula
norme consuetudinarie, le norme di vera codificazione ivi contenute possono essere riferite a tutti in quanto
non sono inserite nuove regole. Tuttavia, quando fu adottata nel 1969 vi erano anche delle c.d. norme
innovative di sviluppo progressivo che riguardano la procedura di formazione di un trattato. Tuttavia, tali
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norme non corrispondono al diritto consuetudinario e quindi vincolano solo gli Stati che hanno ratificato il
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trattato .
La convenzione di Vienna del 1969 riguarda solo i trattati conclusi tra Stati, mentre un’altra Convenzione di
Vienna del 1986 riguarda trattati conclusi tra organizzazioni internazionali e Stati o tra organizzazioni
internazionali (es. i c.d. Accordi di sede tra ONU e uno Stato membro).
Cosa si intende per trattato? Il trattato è dato dalla convergenza di volontà di due o più Stati o di altri soggetti
del diritto internazionale allo scopo di regolare una certa materia mediante regole vincolanti.
Affinché si abbia un vero e proprio trattato la convergenza di volontà deve essere accompagnata dalla volontà
di obbligarsi in quanto si ha un trattato per definizione solo quando abbiamo un documento vincolante,
ovvero produttivo di obblighi giuridici. Molto spesso gli Stati concludono tra loro trattati senza la volontà di
obbligarsi. L’esempio più classico è quello dato dai c.d. summit o vertici internazionali (es. G20 che è un
vertice composto dai Capi di Stato delle venti economie più importanti al mondo). Al termine del summit in
genere viene adottato un testo scritto (c.d. dichiarazione finale) che non è un trattato in quanto abbiamo una
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convergenza delle volontà ma sul presupposto che si tratta di un atto non vincolante (c.d. soft law) .
Come si fa a distinguere un documento di soft law da un trattato? Generalmente, il problema non sorge
neppure in quanto gli Stati quando mettono per iscritto un documento, essi sono molto attenti che risulti
ben chiaro il fatto che esso sia vincolante o meno. Nei casi dubbi, per sapere se un documento è vincolante
o no, bisogna guardare prima al linguaggio usato nel documento e poi all’insieme delle circostanze nelle quali
il documento è stato redatto.
Nel diritto internazionale non c’è una terminologia del tutto rigorosa, nel senso che i trattati possono essere
denominati con termini diversi che hanno lo stesso significato (es. carta, statuto, costituzione), ma ci sono
anche terminologie ambigue (dichiarazione, comunicato). La terminologia del documento è un elemento da
tenere in considerazione, ma ci sono terminologie chiare, ambigue ed il nome non è un elemento decisivo,
perché il testo va preso in considerazione nella sua totalità al fine di stabilire se siamo di fronte ad un trattato
17 Una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia parlava della possibilità di ritenere che la CEE fosse o no vincolata
dalla Convenzione di Vienna. La corte applica nei confronti della CEE una serie di norme che si ritiene corrispondano al
diritto consuetudinario. D’altra parte, la Corte afferma che la CEE non è vincolata dalle norme procedurali per fare valere
le cause di invalidità o di estinzione.
La Convenzione di Vienna ha avuto largo successo, (è stata ratificata da più di 100 Stati) ma scorrendo l’elenco degli
Stati ci sono importanti assenze come gli USA (essi hanno negoziato e firmato la convenzione ma non l’hanno mai
ratificata) La Convenzione di Vienna è soprattutto una convenzione di codificazione, quindi in maggior parte riflette
il diritto consuetudinario. ciò vuol dire che pur non essendo formalmente vincolante nei confronti degli USA, gran parte
delle norme risultano applicabili nei confronti degli USA a titolo di diritto consuetudinario, tranne le norme di sviluppo
progressivo.
18 Nel 1992 si è tenuta un’importante conferenza dell’ONU a Rio de Janeiro sull’ambiente e lo sviluppo. Questa
conferenza per la prima volta si sono affrontati i maggiori problemi climatici continentali e globali, come:
1. Il surriscaldamento globale. Questo problema ha portato a Rio de Janeiro una c.d. Convenzione quadro sul
cambiamento climatico;
2. La perdita della diversità biologica: ogni anno si estinguono un numero elevatissimo di specie sia vegetali che
animali. La discussione su questo problema ha portato all’emanazione a Rio de Janeiro di una Convenzione sulla
diversità biologica;
3. La deforestazione, ossia la perdita di foreste tropicali. Mentre i paesi occidentali volevano che si adottasse una
convenzione sulle foreste, i paesi forestali (es. Brasile e Colombia) non accettavano l’idea di concludere un
accordo vincolante. Quindi, si è deciso di adottare un documento scritto sprovvisto di forza vincolante, la c.d.
Dichiarazione autoritativa di principi non legalmente vincolante per un consenso globale sulla gestione,
conservazione e sviluppo sostenibile di tutti i tipi di foreste. È un tipico esempio di soft law.
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o no, così come va tenuto conto delle circostanze nelle quali il testo è redatto (es. dichiarazioni orali,
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verbale) .
Tuttavia, la materia non è semplice. Infatti, ci sono continuamente nella prassi dei documenti che vengono
conclusi per i quali non è pienamente accertato se si tratta di documento non vincolanti o vincolanti solo sul
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piano politico o se si tratta di veri e propri accordi internazionali . La questione diventa rilevante nel caso in
cui dovesse insorgere una controversia fra le parti e in caso di non attuazione.
2. La conclusione dei trattati.
La conclusione degli accordi internazionali sono regolati dal principio della libertà nelle forme di conclusione
degli accordi internazionali. Quindi non ci sono forme richieste ab substantiam. Tuttavia, generalmente gli
Stati nel concludere trattati seguono delle procedure più o meno tipiche. Infatti, gran parte dei trattati sono
stipulati in forma scritta anche se il diritto internazionale non la richiede. La Convenzione di Vienna si applica
solo ai trattati conclusi in forma scritta, ma precisa che il fatto che i trattati conclusi in forma orale non siano
regolati dalla Convenzione di Vienna non pregiudica la loro validità. Questo avviene raramente e ciò avviene
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in casi di estrema urgenza .
Gli accordi scritti seguono due procedure:
a. Solenne. Essa inizia con il momento della negoziazione. L’accordo è negoziato dai c.d. pleni poteniziali
ossia individui dotati di pieni poteri: essi sono un documento emanato dall’autorità competente di
un certo Stato in base al quale una certa persona è abilitata a negoziare il trattato. Normalmente, il
trattato è negoziato da diplomatici o da un funzionario di un ministero, appunto dotati di pieni poteri.
Ci sono persone esentate nell’esibire i pieni poteri, ossia il Capo dello Stato e Capo del Governo
assieme al Ministro degli Affari Esteri. Lo stesso vale per il capo missione diplomatica quando si tratta
di un accordo concluso fra lo Stato (o organizzazione internazionale) presso cui è accreditato e lo
Stato di rinvio.
19 La Corte Internazional