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Il Consiglio d'Europa e gli organi europei per la tutela dei diritti umani
Il Consiglio d'Europa e l'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ed il Consiglio d'Europa sono stati istituiti dopo la seconda guerra mondiale al fine di consolidare i vincoli esistenti tra i paesi europei.
Il Consiglio d'Europa, che attualmente comprende più di 40 stati membri, salvaguarda e promuove gli ideali e i principi costituenti il patrimonio comune e promuove il progresso economico e sociale dei paesi membri.
Ogni membro del consiglio deve accettare il principio della preminenza del diritto ed il principio per cui ogni persona, posta sotto la sua giurisdizione, deve godere dei diritti e delle libertà fondamentali dell'uomo.
Gli organi del Consiglio d'Europa sono il comitato dei ministri, l'assemblea consultiva ed il segretariato.
Il Consiglio d'Europa predispone convenzioni in materie giuridiche, di solito non vincolanti. La più importante di
queste convenzioni è la convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa è composta da:
- una parte sostanziale, con un catalogo di tali diritti e libertà;
- una parte procedurale in cui sono istituiti gli organi (la commissione e la corte europea dei diritti dell'uomo) per garantire il rispetto di tali diritti e libertà.
I due organi (commissione e corte) si sono fusi in un unico organo: la corte europea dei diritti dell'uomo.
A seguito dell'esperienza della convenzione europea sui diritti dell'uomo sono state elaborate una convenzione americana sui diritti umani e altri patti internazionali.
LE RACCOMANDAZIONI DEGLI ORGANI INTERNAZIONALI
A parte la CE, le altre organizzazioni internazionali non possono emanare atti vincolanti per gli stati, ma hanno solo poteri di esortazione che si manifestano con la raccomandazione.
Le raccomandazioni sono gli atti tipici degli organi internazionali e non sono
Vincolanti per gli stati. Producono il c.d. effetto di liceità nel senso che non commette illecito lo stato che, per eseguire una raccomandazione, tenga un comportamento contrario ad impegni precedentemente assunti con accordi o in base al diritto internazionale generale. L'effetto di liceità si applica: ai rapporti tra gli stati membri della stessa organizzazione internazionale; quando tali stati hanno votato a favore delle raccomandazioni senza riserve quando la raccomandazione è legittima, cioè promana dall'organo competente. In base al principio della cooperazione tra stati, parte della dottrina ritiene che sia illecito il comportamento di uno stato che non osservi una serie di raccomandazioni. 28 Le raccomandazioni reiterate nel tempo non sono comunque vincolanti: se così fosse non si rispetterebbe la natura stessa dell'atto che non è, per definizione, vincolante. La gerarchia delle fonti internazionali Al vertice delle fonti si
Trovano le norme consuetudinarie, compresa la categoria costituita dai principi generali di diritto comuni a tutti gli ordinamenti, fonti di secondo grado, sono trattati che trovano il loro fondamento della loro obbligatorietà nelle norme consuetudinarie.
Infine abbiamo gli atti delle organizzazioni internazionali (o fonti previste da accordi) che sono fonti di terzo grado.
Secondo l'opinione comune le norme consuetudinarie, fonti di primo grado, possono essere derogate dall'accordo, fonte di secondo grado, in base al c.d. carattere flessibile della consuetudine.
Tale regola, però, non è assoluta, nel senso che si parla sempre più frequentemente di un gruppo di norme di diritto internazionale generale che sarebbero cogenti, cioè inderogabili mediante accordo.
Anche la convenzione di Vienna sul diritto dei trattati si pronuncia in tal senso; stabilisce all'art. 53 che è nullo qualsiasi trattato che, al momento della sua conclusione,
è incontrasto con una norma imperativa del diritto internazionale generale, dovendosi intendere per norma imperativa del diritto internazionale generale una norma accettata e riconosciuta dalla comunità degli stati come norma alla quale non può essere apportata nessuna deroga e che non può essere modificata che da una nuova norma di diritto internazionale generale avente il medesimo carattere. La convenzione di Vienna parla di diritto cogente, ma non indica in senso assoluto quale esso sia. (diritto cogente o ius cogens indica le norme di diritto internazionale che tutelano i valori che la comunità internazionale ritenute fondamentali e intangibili). Il Conforti sostiene che tale gruppo di norme va individuato con riferimento all'art. 103 della carta delle NU, secondo il quale "in caso di contrasto tra gli obblighi contratti dai membri delle NU con il presente statuto e gli obblighi da essi assunti in base a qualsiasi altro accordo internazionale,prevarranno gli obblighi derivanti dal presente statuto”.
Conforti ritiene che la regola sancita dall’art. 103 della carta delle NU non sia una semplicedisposizione pattizia, ma una norma consuetudinaria cogente. E’ opportuno tuttaviaprecisare che l’art. 103 sancisce la prevalenza e non l’invalidità degli obblighi che derivanodalla Carta su quelli discendenti da altri accordi, per cui l’accordo incompatibile potràriacquistare efficacia una volta cessato l’obbligo.
Si pensi agli obblighi di carattere temporaneo ad esempio quelli derivanti dalle decisioni delconsiglio di sicurezza interna, di mantenimento della pace. Quindi lo ius cogens deveintendersi in termini di inderogabilità e non di invalidità.
Le norme della Carta dalle quali discendono veri e propri obblighi agli stati e che quindipossono rientrare nella sfera di applicazione dell’art. 103 sono:
- astensione dall’uso o dalla minaccia della
- Forza nei rapporti internazionali;
- Collaborazione degli stati in campo economico;
- Rispetto della dignità umana;
- Principio di autodeterminazione dei popoli (inteso come condanna della soggezione di un popolo ad un governo straniero).
Tali principi generali, però, sono scarsamente suscettibili di applicazione per cui è necessario enucleare da questi principi norme maggiormente circoscritte e dettagliate che sono:
- Norme sul mantenimento della pace;
- Norme sulle cause di invalidità ed estinzione dei trattati.
Tali norme sono inderogabili in quanto regolano la struttura dell'accordo e non il suo contenuto.
Per quanto riguarda la possibilità che un atto emanato da un'organizzazione internazionale deroghi a norme contenute nel trattato istitutivo dell'organizzazione, bisogna valutare ogni caso separatamente. È chiaro che un atto emanato senza la prescritta maggioranza è da considerarsi nullo, in quanto
costituisce una violazione di una norma cogente. Nei rapporti tra atti delle organizzazioni internazionali e diritto consuetudinario, si ritiene che le norme convenzionali possano derogare al diritto consuetudinario.PARTE SECONDA
IL CONTENUTO DELLE NORME INTERNAZIONALI
La sovranità territoriale e i suoi limiti
Premessa
Il contenuto del diritto internazionale può essere, in linea generale, definito come l'insieme di limiti all'uso della forza da parte degli stati. L'uso della forza può essere diretto verso l'esterno, cioè forza internazionale, sotto forma di violenza di tipo bellico, oppure può essere diretto verso l'interno, cioè forza interna, sotto forma di potestà di governo nei confronti degli individui e dei loro beni.
Per forza interna non deve intendersi solo la coercizione materiale posta in essere dal governo, ma anche la mera attività normativa astratta (leggi e atti amministrativi). È chiaro che, finché
all'emanazione di una legge non segue la sua applicazione, non c'è propriamente una violazione del diritto internazionale generale. Pertanto sembra corretto sostenere che l'esercizio del potere di governo trova i suoi limiti nel diritto internazionale quando consiste nell'intervento concreto degli organi statali, sia che esso abbia natura coercitiva, sia in quanto possa essere coercitivamente posto in essere. La sovranità territoriale La più importante norma consuetudinaria in tema di delimitazione del potere di governo dello stato è quella della sovranità territoriale che comporta la disponibilità esclusiva del territorio statale. Essa trae la sua origine all'epoca della monarchia assoluta come una sorta di proprietà del sovrano. Tale principio attribuisce ad ogni stato il diritto di esercitare in modo esclusivo il potere di governo sulla comunità territoriale propria, cioè sugli individui e sui loro.beni che si trovano nell'ambito del territorio. Correlativamente ogni stato ha l'obbligo di astenersi dall'interferire nella vita che si svolge nell'ambito del territorio altrui e non può esercitarvi il proprio potere di governo senza il consenso dello stato locale. Anche se in linea di principio la sovranità dello stato è esclusiva e libera da qualsiasi ingerenza esterna è da notare che negli ultimi anni la formazione di varie norme internazionali (tra cui quelle sulla cooperazione economica e sociale, sui diritti umani, ecc) hanno limitato sempre più questa sovranità assoluta dello stato. Tuttavia, tali limitazioni, lungi dall'essere imposte agli stati, sono generalmente da questi liberamente accettate, oltre alle eccezioni derivanti dal diritto internazionale. Le prime eccezioni formatesi per consuetudine e per diritto pattizio sono costituite dalle norme che impongono un certo trattamento degli stranieri (ad es. agenti).diplomatici). I limiti che derivano da queste norme al potere dello stato oggi non sono dei più importanti, anzi per quanto riguarda la condizione degli stranieri la loro specificità si è andata attenuando sia perché essi sono confluiti per una certa parte nelle norme che tutelano tutti gli esseri umani, sia perché per un'altra parte (precisamente quella riguardante la protezione dei beni dello straniero) si sono affievoliti sotto con le rivendicazioni dei paesi in via di sviluppo. La libertà dello stato nell'ambito del suo territorio è ribadita da alcuni principi del nuovo ordine economico internazionale molto cari ai paesi in sviluppo.
In particolare il principio della sovranità permanente dello stato sulle risorse naturali, secondo il quale ogni stato possiede ed esercita liberamente una sovranità completa e permanente su tutte le sue ricchezze, risorse naturali e attività economiche, ed al principio per cui
ogni stato ha il diritto di scegliere il proprio sistema