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Effetti delle clausole di tregua sulla posizione dei singoli lavoratori
Diverso è il problema degli effetti delle clausole di tregua sulla posizione dei singoli lavoratori. Una parte della dottrina ha affermato che nelle clausole di tregua è implicita una rinuncia al diritto di sciopero, per cui la clausola vincolerebbe non solo il sindacato che l'ha sottoscritta, ma anche - attraverso il normale rapporto di rappresentanza associativa - i singoli lavoratori iscritti al sindacato (S P ). Questa tesi conduce ad affermare un effetto non più solo obbligatorio ma anche normativo delle clausole; e da essa nascerebbe una responsabilità diretta dei lavoratori in caso di violazione della tregua. In verità, non può affermarsi aprioristicamente che tali clausole mirino a realizzare un simile effetto normativo: è una questione di interpretazione delle stesse. Dalla struttura che, di solito, le clausole di pace presentano, si può desumere che esse impegnino solo i sindacati stipulanti e
che proprio per questo sono inquadrabili nella parte obbligatoria. Ad esempio, proprio il Protocollo del 1993 impegna "le parti" a non assumere iniziative unilaterali e a non procedere ad azioni dirette durante il periodo di tempo che va da tre mesi prima ad un mese dopo della scadenza del contratto: sono, dunque, le parti che hanno sottoscritto il Protocollo e non i singoli lavoratori ad essere obbligati. La clausola di tregua, pertanto, implica l'assunzione - pienamente legittima - di un obbligo relativo a comportamenti propri dell'associazione, ma non pone in essere un atto di disposizione del diritto di sciopero del quale, del resto, sono titolari i lavoratori e non le organizzazioni sindacali. Va, infine, menzionato il dovere di influenza che impegna le organizzazioni che stipulano il contratto collettivo ad influire sui propri associati perché applicano la parte normativa del contratto stesso. La c.d. procedimentalizzazione dei poteri dell'imprenditore.Il contratto gestionale rientra nella parte obbligatoria anche le norme contrattuali che obbligano l'imprenditore a dare alle rappresentanze dei lavoratori informazione preventiva su alcune decisioni gestionali che intende assumere; in genere, a seguito dell'informazione le rappresentanze sindacali possono chiedere un incontro per esaminare il problema e il potere dell'imprenditore di assumere la decisione rimane sospeso per la durata del procedimento. Questa tecnica normativa ha assunto il nome di procedimentalizzazione del potere dell'imprenditore, la quale consiste in una complicazione del processo decisionale dell'imprenditore, essenzialmente volta a garantire che nel formarsi di certe decisioni si tenga conto degli interessi antagonistici sui quali va ad incidere l'esercizio del potere.
Queste clausole creano certamente diritti in testa alle organizzazioni destinatarie dell'informazione preventiva e, quindi, correttamente sono inquadrabili
tra le clausole obbligatorie. Non è da escludersi, però, che abbiano anche un effetto normativo, nel qual caso l'illegittimità dell'atto posto in essere dall'imprenditore senza il rispetto della procedura sarà valutabile anche in relazione al singolo rapporto di lavoro. La limitazione del potere imprenditoriale attraverso la sua procedimentalizzazione è opera non solo della contrattazione collettiva ma anche della legislazione, italiana e comunitaria. Con tali norme non si obbliga l'imprenditore a pervenire ad un accordo se vuole porre in essere l'atto di gestione: infatti, trascorso il termine fissato nella norma senza che l'accordo sia realizzato, il potere dell'imprenditore sottoposto al vincolo procedurale ritorna integro; ma la possibilità per il sindacato di intervenire prima che la decisione sia presa gli consente di mettere in campo la sua forza contrattuale. L'obiettivo di questa tecnica normativa è,dare indicazioni specifiche sulla gestione dei problemi aziendali. In questo caso, il contratto aziendale diventa uno strumento di regolamentazione interna, che permette alle parti di concordare soluzioni personalizzate e adattate alle esigenze specifiche dell'azienda. Per formattare il testo utilizzando tag HTML, puoi seguire le seguenti indicazioni: - Utilizza il tag per indicare i paragrafi del testo.
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- Utilizza il tag Dunque, quello di favorire soluzioni concordate alla gestione dei problemi aziendali; ma l'esito positivo della procedura e, cioè, l'effettiva stipulazione del contratto aziendale rimane nella disponibilità e nella responsabilità delle parti. Il contratto collettivo aziendale ha, quindi, una doppia funzione: da un lato, i contratti aziendali possono - come gli altri contratti collettivi - dettare norme sul trattamento economico e normativo dei lavoratori e sulle relazioni sindacali, assolvendo dunque anch'essi ad una funzione normativa e ad una funzione obbligatoria. In tale ipotesi i problemi del fondamento giuridico, della legittimazione a negoziare, dell'efficacia soggettiva e dell'inderogabilità in peius non presentano peculiarità rispetto a quanto già detto. Ma il contratto aziendale può assumere anche una funzione gestionale, cioè non quella di dettare norme astratte e generali, bensì quella di dare indicazioni specifiche sulla gestione dei problemi aziendali. - per creare un paragrafo
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La negoziazione - l'accordo non spiega direttamente alcun effetto sul rapporto individuale di lavoro, ma è solo un momento (eventuale) del procedimento che l'imprenditore deve seguire per esercitare un proprio potere sul piano del rapporto individuale di lavoro; ciò che spiegherà effetto su quest'ultimo non è l'accordo, bensì l'atto (negoziale) con il quale il datore di lavoro esercita il suo potere. Per esempio, il potere dell'imprenditore di procedere all'licenziamento collettivo per riduzione del personale è sottoposto, dagli artt. 4 e 24 legge n. 223 del 1991, al vincolo della informazione preventiva alle r.s.a. e dell'esame congiunto con le stesse. Da tale procedura può scaturire un accordo oppure no; ma anche in caso positivo, l'effetto di risoluzione del rapporto scaturirà dal negozio di licenziamento posto in essere dall'imprenditore e non dall'eventuale accordo che lo preveda. Quindi, per Questo tipo di contratti aziendali, non si pone il problema di una loro efficacia normativa sui rapporti individuali di lavoro e, dunque, dell'estensione o meno erga omnes della stessa. I contratti collettivi espressamente previsti da norme di legge La più stretta integrazione tra legge e contratto collettivo - che è uno degli effetti tipici della concertazione - ha creato anche altre ipotesi in cui la disciplina di quest'ultimo non è, per lo meno integralmente, riconducibile a quella elaborata in più di un cinquantennio dalla dottrina e dalla giurisprudenza sul contratto collettivo di diritto comune. Innanzi tutto, la sua rilevanza giuridica non è ulteriormente affidata all'art. 1322 c.c., ma alle norme di legge che espressamente lo prevedono. Inoltre, differisce il profilo funzionale: il contratto collettivo non è più una mera autoregolamentazione di interessi privati, ancorché collettivi, da parte delle organizzazioni che ne sono portatrici e del quale l'ordinamento si limita a regolare, riconoscendola, l'efficacia giuridica. Tale autoregolamentazione - ferma restando la natura privata e dei soggetti e degli interessi regolati - è, invece, chiamata a svolgere una funzione integrativa o sostitutiva del precetto legale e la legge, di conseguenza, predetermina la materia sulla quale negoziare e i soggetti ovvero i contratti chiamati a svolgere questa funzione. In altre parole, il legislatore ritiene che alcuni aspetti delle relazioni di lavoro siano meglio regolati dal contratto collettivo, in quanto strumento normativo più flessibile, più aperto alle sperimentazioni ed alle innovazioni, più vicino alle situazioni concrete da regolare e - forse soprattutto - più idoneo a porre regole sulle quali si realizzi il consenso dei destinatari. Le tecniche utilizzate per realizzare questa integrazione funzionale tra legge e contratto sono diverse e possono essere così: • La norma legale pone una regola e, contemporaneamente, consente al contratto collettivo di derogarla: è il caso dell'art. 2120 c.c. il quale prevede che, ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, siano considerate tutte le voci non occasionali della retribuzione annua, ma - contemporaneamente - autorizza i contratti collettivi a disporre diversamente. • La norma legale pone una regola di massima e attribuisce al contratto collettivo il compito di integrarla: un esempio è nel d. lgs. n. 61 del 2000, sul contratto di lavoro a tempo parziale, con il quale il legislatore si limita a dettare una normativa quadro della materia e prescrive che alcuni aspetti, anche di grande rilevanza, siano regolati dai contratti collettivi. • La norma legale pone una regola suppletiva, da applicare quando la materia non sia regolata da un contratto collettivo: l. sui criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità.
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